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Sfida nel deserto: Harmony Collezione
Sfida nel deserto: Harmony Collezione
Sfida nel deserto: Harmony Collezione
E-book149 pagine2 ore

Sfida nel deserto: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

La mano di Sara Williams è stata comprata quando lei era ancora soltanto una bambina, per saldare un debito. Sara ha sempre saputo che, prima o poi, il giorno del suo matrimonio sarebbe arrivato, ma ora che è una donna indipendente e affermata non ha alcuna intenzione di diventare la moglie di nessuno...
Suleiman Abd al-Aziz, abile diplomatico, è colui al quale è stato affidato l'onore di accompagnare la futura sposa verso il suo destino nel deserto ma, con Sara decisa a sedurlo pur di sfuggire al matrimonio che la attende, la sua ferrea volontà verrà messa a dura prova.
LinguaItaliano
Data di uscita9 apr 2021
ISBN9788830527812
Sfida nel deserto: Harmony Collezione
Autore

Sharon Kendrick

Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.

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    Anteprima del libro

    Sfida nel deserto - Sharon Kendrick

    Copertina. «Sfida nel deserto» di Kendrick Sharon

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Defiant in the Desert

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2013 Sharon Kendrick

    Traduzione di Maria Paola Rauzi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-781-2

    Frontespizio. «Sfida nel deserto» di Kendrick Sharon

    1

    «C’è un uomo alla reception che vuole vederti.»

    «Chi è?» chiese Sara senza alzare la testa dal disegno a cui stava lavorando.

    «Non l’ha detto.»

    A quel punto lei guardò Alice, la segretaria dell’ufficio, che la stava fissando con una strana espressione dipinta in viso. Era una ragazza giovane ed entusiasta, ma in quel momento pareva... rapita, per non dire incredula.

    «È la vigilia di Natale» sospirò lei notando il cielo grigio fuori dalla finestra. Purtroppo non stava nevicando. C’era soltanto una pioggia fastidiosa che colpiva il vetro. Peccato. Una spruzzata di neve avrebbe aiutato a migliorare il suo umore e ad allontanare l’inevitabile sensazione di disagio che provava in quel periodo dell’anno. Trovava difficile apprezzare il Natale e proprio per quel motivo tendeva a ignorare le festività. «E presto me ne andrò a casa, per cui se è un rappresentante non sono interessata e se si tratta di chiunque altro fissagli un appuntamento per il nuovo anno.»

    «Ha detto che non andrà da nessuna parte finché non ti avrà visto» rispose Alice.

    Sara posò la penna con le dita che le tremavano ripetendosi di non essere stupida e che era perfettamente al sicuro lì, nell’ufficio della famosa agenzia pubblicitaria per cui lavorava.

    Non c’era motivo di provare quel senso di oscuro disagio che le fece venire la pelle d’oca.

    «Cosa significa che non andrà da nessuna parte?» le domandò cercando di mantenere un tono fermo. «Cos’ha detto esattamente?»

    «Che ti vuole vedere» ripeté Alice. «E che reclama soltanto pochi minuti del tuo tempo.»

    Reclama... Nessun uomo moderno inglese avrebbe usato un simile termine, pensò lei sentendo il cuore stringersi in una morsa d’acciaio.

    «Che... che aspetto ha?» si informò roca.

    Alice giocherellò con il pendente che aveva al collo. «Be’, se proprio vuoi saperlo è incredibile. Non solo per il fisico, ma...» La sua voce vacillò prima di proseguire. «... In realtà sono i suoi occhi.»

    «I suoi occhi, cosa?» sbottò Sara con le pulsazioni a mille.

    «Sono neri, come il cielo quando non ci sono la luna e le stelle. Come...»

    «Alice» la interruppe lei provando a iniettare una nota di normalità nella descrizione della ragazza perché voleva convincersi a tutti i costi che si trattava di un terribile errore e non di ciò che temeva di più. «Digli...»

    «Perché non me lo dici di persona, Sara?» la bloccò una voce fredda dall’accento marcato.

    Lei si girò e scorse un uomo stagliarsi sulla porta del suo ufficio.

    Shock, dolore e desiderio si alternarono in rapida successione. Non lo vedeva da cinque lunghi anni e per un istante quasi non lo riconobbe. Era sempre stato bellissimo, con un volto e un cervello che l’avevano catturata completamente.

    Ma adesso... adesso...

    Il cuore le batteva fortissimo. Qualcosa in lui era cambiato. Indossava un abito di sartoria invece della veste tradizionale. La giacca grigio scuro sottolineava il suo torace scolpito e i pantaloni le gambe lunghe e muscolose.

    Aveva sempre avuto il prestigio e il fascino che gli derivavano dall’essere il consigliere più stretto del sultano del Qurhah, tuttavia in quel momento la sua naturale aria di autorità sembrava essere sostenuta da una determinazione d’acciaio che non gli aveva mai visto prima.

    All’improvviso la riconobbe per quello che era: potere. Sembrava emergere da ogni poro del suo corpo e caricare l’atmosfera serena del suo ufficio di elettricità, cosa che aumentò la sua diffidenza.

    «Suleiman...» sussurrò lei. «Che ci fai qui?»

    Lui le sorrise, ma si trattava del sorriso più freddo che avesse mai visto. Più freddo persino di quello che l’aveva gelata l’ultima volta che erano stati insieme, quando si era liberato dal suo abbraccio appassionato e l’aveva guardata come se fosse la più ripugnante delle creature.

    «Suppongo che puoi arrivarci anche da sola» rispose Suleiman entrando nel suo ufficio. «Sei una donna intelligente, sebbene a volte poco assennata. Hai ignorato le ripetute richieste del sultano di tornare nel Qurhah per diventare sua moglie.»

    «E allora?»

    Lui la guardò con indifferenza e stupidamente lei si sentì ferita.

    «In tal caso ti stai comportando come una sciocca» ribatté lui. La sua frase conteneva una implicita minaccia che la raggelò.

    Alice sussultò. Sara si voltò a fissarla, aspettandosi di vedere orrore sul viso della segretaria dai capelli tinti di rosa perché un uomo non doveva parlare così, giusto?

    Invece Alice si limitò a osservare Suleiman con uno sguardo di rapita adorazione. Era una cosa molto strana, perché di solito non notava mai una presenza maschile in ufficio malgrado i bei fusti che lavoravano per l’impero di Gabe Steel.

    La verità era che Suleiman Abd al-Aziz era come una macchia di petrolio su un lenzuolo di lino bianco. Aveva ridefinito il concetto stesso di virilità rendendolo cento volte più significativo.

    Per quanto la riguardava aveva sempre avuto l’abilità di fare apparire qualsiasi altro uomo insignificante, ma ora qualcosa in lui era cambiato.

    Era sparito l’affetto che aveva sempre mostrato nei suoi confronti. La persona fidata, che durante la sua infanzia le aveva insegnato a cavalcare, era stata sostituita da un’altra. I suoi occhi neri erano freddi e vuoti, le sue labbra rigide. Non era odio quello che vedeva sul suo viso. Anzi, la sua espressione lasciava intendere che non fosse nemmeno degna di un’emozione così forte come quella.

    Aveva quasi la sensazione che la considerasse un intralcio e quello l’ultimo posto in cui si sarebbe voluto trovare.

    E poteva biasimare soltanto se stessa. Lo sapeva. Se non gli avesse permesso di baciarla invitandolo silenziosamente a fare di più...

    Abbozzò un sorriso sperando che fosse convincente. Aveva fatto di tutto per dimenticare Suleiman e il modo in cui la faceva sentire, eppure era bastata una sola occhiata per risvegliare tutte quelle emozioni familiari.

    All’improvviso il suo cuore venne stritolato da una morsa dolorosa che un tempo credeva fosse amore. Lo stomaco le si contrasse al pensiero che non sarebbe mai stato suo.

    Be’, Suleiman non lo avrebbe mai saputo e non avrebbe mai scoperto che era ancora in grado di farla sentire così. Non gli avrebbe offerto la possibilità di umiliarla e respingerla un’altra volta.

    «Davvero carino da parte tua questa visita inaspettata» disse usando un tono leggero. «Ma purtroppo in questo momento sono molto impegnata. È la vigilia di Natale come ben sai.»

    «Tu però non festeggi il Natale, Sara. Oppure sei cambiata al punto da avere adottato valori e consuetudini occidentali?» commentò lui guardandosi attorno con un’espressione di disgusto che non si prese la briga di nascondere.

    I suoi occhi scuri si soffermarono sulle vistose decorazioni che ricoprivano i poster di alcune delle campagne pubblicitarie di maggior successo dell’agenzia e sull’albero di Natale tradizionale con tanto di lucine colorate.

    Sara posò le mani in grembo. Le tremavano terribilmente e non voleva che lui le vedesse e pensasse che fosse spaventata.

    «Senti, sono davvero impegnata e Alice non vuole ascoltare...»

    «Alice non deve ascoltare un bel niente perché ci lascerà continuare questa nostra conversazione in privato» la interruppe Suleiman voltandosi a guardare la ragazza sorridendo. «Non è vero, Alice?»

    Sara osservò la segretaria che praticamente si sciolse a quel sorriso, arrossendo persino. L’emancipata ragazza londinese si era trasformata in uno svenevole stereotipo ottocentesco.

    «Naturalmente» rispose Alice sbattendo le palpebre. «Magari prima vuole che io le porti una tazza di caffè?»

    «No, grazie, non ora» disse lui sorridendole di nuovo. «Anche se immagino che il suo caffè sia assolutamente eccellente.»

    «Oh, per l’amor del cielo!» sbottò Sara. «Alice lo ordina al bar di fianco. Non va di certo in Brasile a procurarsi direttamente i chicchi!»

    «Sono molto dispiaciuto per il Brasile...» mormorò Suleiman.

    Lei avrebbe voluto gridare alla vista dell’espressione della segretaria.

    «È tutto. Grazie, Alice» la congedò secca. «Puoi andare a casa. Buon Natale.»

    «Grazie» rispose la ragazza, riluttante ad allontanarsi. «Ci vediamo dopo Capodanno.»

    Nell’ufficio cadde un silenzio totale mentre osservavano la ragazza recuperare la borsa e il regalo che le aveva fatto Gabe Steel, il loro capo.

    Una volta soli, Suleiman tornò a guardarla con occhi duri.

    «Adesso giochi a fare la manager, Sara?»

    Lei deglutì. Non le piaceva la maniera in cui aveva pronunciato il suo nome. O meglio, detestava la reazione che le procurava, facendole desiderare di inumidirsi le labbra secche con la lingua.

    Le rammentava troppo quando lui l’aveva baciata, oltrepassando il confine e facendo quello che era proibito a entrambi.

    Il ricordo riemerse vivido nella sua mente, quasi fosse accaduto soltanto il giorno prima. Era successo la sera dell’incoronazione di suo fratello Haroun a re del Dhi’ban.

    Un giorno che molti avevano pensato non sarebbe mai arrivato a causa delle relazioni tese tra gli stati confinanti.

    Tutti i dignitari dei paesi vicini avevano partecipato a quella cerimonia, compreso il sultano del Qurhah, insieme a Suleiman, il suo fidato emissario.

    Lei si era mostrata fredda e distante nei confronti del sultano a cui era promessa. Ma chi poteva biasimarla? La sua mano era stata il prezzo pagato per salvare il Dhi’ban dalla bancarotta. Praticamente era stata venduta dal padre come un pezzo di mercanzia umana.

    Quella sera aveva evitato di guardare il potente sovrano così minaccioso, tuttavia il suo atteggiamento, invece di irritarlo, lo aveva divertito. Oltretutto aveva trascorso la maggior parte del tempo in riunioni con gli altri sceicchi della regione.

    Il pensiero di rivedere Suleiman dopo sei anni di lontananza, però, l’aveva riempita di felicità. Era stato lui a insegnarle a cavalcare, facendola ridere durante quelle due lunghe estati in cui il sultano aveva negoziato il salvataggio finanziario con suo padre.

    Due estati che da allora avevano occupato un posto speciale nel

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