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Il mistero del bosco
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Il mistero del bosco
E-book217 pagine7 ore

Il mistero del bosco

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1817
Tornata in Inghilterra dopo una lunga permanenza all'estero, Lady Gwendolen Warrender si stabilisce nella casa di campagna ereditata dall'anziano marito. Ma la quiete idilliaca dell'antica dimora si colora ben presto di giallo: la sua più cara amica, infatti, viene uccisa in un bosco vicino e ben presto Gwendolen scopre che anche altre donne prima di lei hanno subito la stessa sorte. Decisa a risolvere il mistero, l'intraprendente gentildonna chiede aiuto a un affascinante e carismatico vicino, Mr. Jocelyn Northbridge, e insieme a lui, grazie a una serie di acute deduzioni e a un anello trovato sul luogo dell'ultimo delitto, a poco a poco stringe il cerchio intorno allo spietato assassino.
LinguaItaliano
Data di uscita9 nov 2018
ISBN9788858990599
Il mistero del bosco
Autore

Anne Ashley

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il mistero del bosco - Anne Ashley

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Lady Gwendolen Investigates

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2008 Anne Ashley

    Traduzione di Daniela Mento

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-059-9

    1

    Le locande in Inghilterra erano sempre così affollate?, si chiese Gwendolen vedendo un garzone di stalla che attraversava con un paio di cavalli sudati il cortile pieno di gente.

    Gwendolen era stata diversi anni all’estero e forse aveva dimenticato certi aspetti della terra in cui era nata, anche se ne aveva conosciuti tanti prima del suo matrimonio con Sir Percival Warrender, quando era la figlia di un semplice curato di campagna.

    Si fece da parte per lasciar passare i passeggeri di una diligenza, che dalla locanda tornavano alla loro vettura senza badare ai soffi di aria gelida. A differenza di lei che, ormai abituata a climi molto più miti, si stringeva addosso il mantello foderato di pelliccia da quando era scesa dalla carrozza a nolo.

    Alzò anche il cappuccio, che la fece sentire finalmente al caldo, pur limitando il suo campo visivo. Entrò nella locanda, si fermò un attimo per assaporare il calore dell’interno e, di colpo, qualcuno le andò a sbattere contro.

    Una forte mano maschile la sorresse, impedendole di cadere, e Gwendolen non poté fare a meno di sentire un’imprecazione soffocata che proveniva dal proprietario della mano.

    Alzò lo sguardo e vide un volto molto più impaziente che preoccupato, mentre il gentiluomo si informava se si fosse fatta male.

    «Sto bene, grazie. Vi prego di scusarmi, la colpa è solo mia» rispose Gwendolen.

    Con un gesto elegante e deciso riabbassò il cappuccio e vide che i bei lineamenti del gentiluomo si raddolcivano nel contemplare i suoi riccioli ramati. Ma l’animosità dello sconosciuto non si placò fino al punto di evitarle un secco rimprovero.

    «Vi pregherei di stare più attenta, d’ora innanzi» le disse senza alcun garbo. «Viaggiare in questa stagione è già abbastanza fastidioso senza avere a che fare con la stupidità degli altri.»

    Gwendolen rimase senza parole. Non era abituata a tanta scortesia, pensò mentre il suo scorbutico interlocutore se ne andava disinvolto. La sua infanzia in un vicariato di provincia e il suo matrimonio in giovane età con uno stimato gentiluomo l’avevano sempre protetta da gente sfacciata e scostante.

    Ora le cose sarebbero cambiate, perciò non doveva lasciarsi spaventare da incontri come quello. Ormai era sola al mondo, senza nessuno a difenderla, e non poteva contare sulla cara Gillie anche per quei piccoli contrattempi.

    Cercò con lo sguardo la figura grassottella della cameriera e la vide mentre parlava con un uomo così affaccendato che non poteva che essere il locandiere. Anche Gillie la vide e le fece un segno di saluto tanto sconsolato che Gwendolen capì subito: non c’erano più salette private a disposizione dei viaggiatori, quindi avrebbero dovuto accontentarsi di pranzare insieme a tutti gli altri clienti.

    Gillie le indicò i sedili con l’alto schienale davanti al caminetto, ma purtroppo quello più vicino al fuoco era già occupato e Gwendolen dovette accontentarsi di quello dietro. Gli schienali erano appoggiati l’uno all’altro e, dopo essersi accomodata, sentì che chi era seduto dietro di lei stava parlando al gatto della locanda, che accarezzava tenendolo in grembo.

    Il gentiluomo, che le volgeva la schiena, non era altri che il maleducato in cui era incappata all’entrata. Pur non vedendolo in viso, aveva riconosciuto la sua voce autoritaria mentre diceva a qualcuno che la carrozza sarebbe stata pronta in cinque minuti. Era arrivato infatti un altro signore elegante che si era seduto accanto alla vecchia conoscenza di Gwendolen.

    «Beato te che viaggi con la tua carrozza privata, Pont» disse l’altro gentiluomo. «È molto più comodo che usare la diligenza postale.»

    «Ho fatto il possibile per finire al più presto quello che dovevo fare qui a Bristol, adesso non mi resta che andare nella capitale. Spero che per te vada bene, anche con la sosta a Bath per fare visita alle mie pupille.»

    «Non vado a Bath da quando è morta la mia prozia Beatrice, dieci anni fa.» Seguì un breve silenzio. «Come vanno le tue pupille in collegio?»

    «Sembrerebbe benissimo, dalla lettera della direttrice, ma io non mi fido.» L’uomo abbassò la voce in modo tale che Gwendolen, che origliava senza alcun pudore, dovette avvicinare l’orecchio allo schienale della panca per non perdere una parola. «Voglio vedere la situazione con i miei occhi e parlare con le ragazze. Per loro non è un momento facile, voglio essere davvero sicuro che si trovino bene nel collegio di Bath.»

    «Fai bene, Pont. È stato un brutto affare, un brutto affare davvero. Erano così affezionate alla loro istitutrice.»

    «Per loro è stato un trauma terribile.»

    «Non hai scoperto nulla?»

    «L’istitutrice era in corrispondenza con qualcuno, non so con chi. Ho cercato fra le sue cose nella speranza di trovare un indirizzo, una traccia qualsiasi, ma è stato inutile, perciò non ho potuto avvertire nessuno della sua scomparsa. Strano, molto strano, perché so che scriveva tutte le settimane e che riceveva regolare risposta.»

    Il tono della sua voce era così triste che Gwendolen ebbe il dubbio che il gentiluomo non fosse quel mostro che le era sembrato. Purtroppo, però, lui aggiunse subito un’osservazione che la fece ricredere.

    «D’accordo, era una donna, ma neppure una donna senza cervello come capita spesso d’incontrarne sarebbe andata in giro per Marsden Wood in pieno gennaio, e per di più da sola. Dimmi, Merry, non sembra strano anche a te?»

    Gwen aguzzò le orecchie, ma tutto quello che sentì fu una risata da parte di Merry.

    «Dimmi, Pont, com’è possibile che un misogino come te speri di poter capire che cosa passa per la testolina di una donna?» ribatté l’amico.

    «Tu mi accusi di misoginia, Merry? Proprio tu? Eppure, nel corso degli anni ti ho parlato bene di parecchie donne.»

    «Sarà, ma non ti sei mai sposato.»

    «Come te, del resto. Non per odio nei confronti delle donne, ma perché non ho ancora trovato l’anima gemella, una donna con cui sarei lieto di trascorrere il resto della vita.»

    «Come potrai trovare una donna da sposare, quando tutte per te hanno qualche difetto di carattere o di aspetto, caro Pont?»

    «Allora mettiamola così, Merry. È inutile che io cerchi la donna perfetta per la semplice ragione che un essere simile non esiste. Qualunque donna, nel giro di pochi minuti, rivela i suoi difetti e io non devo nemmeno perdere tempo a cercarli. Mi balzano agli occhi chiaramente.»

    Ci fu un breve intervallo in cui Merry tentò di portare argomenti a favore delle donne, ma il suo interlocutore ribatté prontamente.

    «Vedi, per esempio, quell’idiota in cui mi sono imbattuto appena entrato in questa locanda? Non c’era bisogno di parlarle per sapere che era senza cervello. Entra in un luogo affollato con un cappuccio sulla testa e si ferma di colpo. Poi, quando io le vado addosso, mi squadra dall’alto in basso come se il torto fosse mio.»

    «L’hai guardata, almeno? Hai visto se era carina?»

    «No, non saprei dirlo» ammise il gentiluomo di nome Pont. «Ho solo notato i capelli, davvero di un bel colore ramato. Non potrei garantire, però, che il colore fosse naturale. Sai come sono le donne, ricorrerebbero a qualunque artificio pur di attirare l’attenzione. Probabilmente erano tinti.»

    «Che faccia tosta!» si lasciò sfuggire Gwendolen, ma nessuno dei due gentiluomini la sentì perché si erano alzati in quel preciso momento.

    «Non voglio lasciare i miei cavalli al freddo» disse il più giovane, Pont.

    Gwendolen lo guardò con astio, senza riuscire ad apprezzare la sua statura e il suo fisico prestante. Quello che l’aveva tanto indignata non era la bassa opinione che aveva del sesso femminile, perché lei stessa, nel suo quarto di secolo di vita, si era imbattuta in una quantità di donne senza cervello. E nemmeno l’epiteto di idiota provocava il suo risentimento, perché entrare con un cappuccio in una stanza affollata e fermarsi di colpo non era una delle cose più intelligenti da farsi. Quello che la faceva davvero infuriare era che quell’arrogante credesse che lei si tingeva i capelli. E perché? Per attirare l’attenzione degli uomini!

    C’era una sola consolazione in tutta quella storia: che nessuna donna, con i capelli tinti o meno, aveva accettato di dividere la propria vita con quel noioso tacchino pieno di boria che se ne era appena andato.

    «Mrs. Gwennie» le disse Gillie sedendosi accanto a lei, «non vi ho più visto un’espressione simile da quando vostra madre, che il cielo l’abbia in gloria, vi proibiva di giocare con Miss Jane prima di avere finito i compiti.»

    Il ricordo d’infanzia distese i bei lineamenti di Gwendolen. «Jane era molto più veloce di me nel fare i compiti e la mamma sperava che apprendessi qualcosa da lei, ma io ero così lenta che non imparavo niente.»

    «Non è vero, siete sempre stata molto intelligente, però vi applicavate solo in quello che vi interessava. Mi scuso per essere rimasta a parlare con il locandiere così a lungo, ma voi non sareste dovuta entrare da sola nella locanda» aggiunse Gillie con riprovazione. «Non si sa mai che gente si può incontrare in un luogo come questo.»

    «Parole sante» si limitò a commentare Gwendolen. «Ho l’impressione che non ci sia un salottino privato disponibile.»

    «No, infatti. Ce ne sono solo due e sono entrambi occupati. Il locandiere, però, sarebbe disposto a servirci il pranzo in una delle camere da letto libere, a patto che ci accolliamo la spesa.»

    «Spero che tu gli abbia risposto come si meritava» fu la replica di Gwendolen.

    Non fu delusa. Martha Gillingham non era bella né molto istruita, ma sapeva mettere al suo posto chiunque tentasse di approfittare di lei o della padrona.

    «Gli ho detto che saremmo state felici di pranzare nel salone, in mezzo a tutti gli altri avventori.»

    «Ben fatto, Gillie! Uno dei garzoni di stalla mi ha detto che siamo quasi arrivate. Entro sera saremo a destinazione, quindi non intendo fermarmi per molto.»

    «Sarete di sicuro ansiosa di vedere la vostra nuova casa.»

    «Sono più ansiosa di vedere se Jane è cambiata come me in tutti questi anni. A me sembra di essere un’altra persona.»

    Lo sguardo di Gillie divenne preoccupato, poi si raddolcì.

    «Non siete cambiata quanto credete. Avete lo stesso spirito indipendente di un tempo e la stessa lingua tagliente, se si tratta di dire quello che pensate. Per fortuna avete perso un po’ della testardaggine che avevate da bambina.»

    «Spero che l’abbia persa anche Jane. Dalle sue lettere mi è sembrata molto contenta di aver trovato un lavoro come istitutrice per quelle due povere orfane, oltretutto così vicino alla casa avita del mio caro Percival, dove stabilirò la mia residenza.»

    Il garzone di stalla aveva ragione, arrivarono al tramonto alla casa di Sir Percival Warrender, il defunto marito di Gwendolen. Gli ultimi raggi di sole si riflettevano nelle finestre ad arco sostenute da colonnine e la bella residenza in stile Neoclassico sarebbe sembrata ancora più incantevole se un giardino incolto e un’edera infestante non l’avessero soffocata.

    Gwendolen non sapeva nulla della governante, una certa Mrs. Travis, se non che Percival l’aveva sempre considerata un’ottima cuoca e una persona di completa fiducia, tanto da affidarle la casa per tutti quegli anni. Era quindi sua intenzione continuare a servirsi di lei, a meno che il parere del marito non si fosse rivelato errato. Gillie sarebbe stata come sempre la sua cameriera personale e confidente, nulla sarebbe cambiato.

    Sempre che fosse stata d’accordo.

    Gwendolen amava moltissimo la cameriera, ma ciò non le impediva di vedere i suoi difetti. Gillie l’aveva aiutata a venire al mondo ed era sempre stata trattata come una di famiglia, più che come una domestica. Questo significava che non avrebbe tenuto per sé il suo parere sul modo in cui la casa era tenuta, ma che avrebbe detto chiaramente alla governante quello che pensava.

    Per fortuna l’eventuale scontro fra le due donne fu evitato dal fatto che, al loro arrivo, Mrs. Travis era a letto malata.

    «È stata male tutta la settimana per un forte raffreddore, ma ieri è peggiorata e ha dovuto mettersi a letto» riferì loro una cameriera alta e bruna.

    «Avete già chiamato un medico?» s’informò Gwendolen.

    «Un medico? No, certo. Per Mrs. Travis, Lady Warrender?» replicò la giovane donna come se fosse del tutto estranea all’idea di chiamare il medico per un servitore.

    «Rivolgetevi pure a me come Mrs. Warrender» la pregò Gwendolen, che non si era mai abituata al titolo nobiliare. «Come vi chiamate?»

    «Il mio nome è Annie, Annie Small.»

    Annie era alta e robusta, il ritratto della salute.

    «Convocate subito un medico per Mrs. Travis. So che mio marito aveva anche un servitore per occuparsi della casa.»

    Annie alzò gli occhi al cielo, come se non approvasse il poveretto.

    «Si chiama Manders, signora, e deve essere in giro da qualche parte. In casa non mette piede spesso, prima di tutto perché è un buono a nulla e poi perché lui e Mrs. Travis non si possono vedere. Si è trovato un posticino tranquillo sopra la stalla e di solito se ne sta lì, cercando di non essere infastidito da nessuno.»

    Gwendolen, pur non conoscendo né Annie né Manders, finì per pensare che la domestica avesse detto la verità.

    «Se sapete dove si trova, non vi sarà difficile scovarlo e mandarlo a chiamare il dottore. Ma, prima di tutto, accompagnatemi da Mrs. Travis.»

    Se Manders non faceva altro che poltrire tutto il giorno, non era difficile capire perché il giardino fosse in quelle condizioni. La quantità di alberi e cespugli era tale da nascondere chiunque arrivasse e, infatti, nessuno era andato ad accogliere lei e Gillie, che aveva dovuto scaricare da sola parte dei bagagli.

    Mrs. Travis aveva a disposizione un piccolo alloggio di due stanze di fianco alla cucina, una camera da letto e un salottino. La prima impressione di Gwendolen fu favorevole, perché i locali erano puliti e ordinati.

    La povera Mrs. Travis, vedendo entrare lei e Gillie, fece per alzarsi dal letto, ma loro glielo impedirono. Sembrava spaventata dall’irruzione della padrona nelle proprie stanze, come se non fosse abituata ad avere rapporti diretti o di confidenza con i padroni.

    «State a letto e pensate solo a guarire» le raccomandò Gwendolen mettendo fine alle sue scuse imbarazzate. «Non è certo colpa vostra se siete malata e sono sicura che, se vi curerete, tornerete presto ai vostri compiti.»

    Gwendolen aggiunse poi che Gillie sarebbe stata più che sufficiente per sostituirla come cuoca e che di tutto il resto non doveva preoccuparsi.

    Mrs. Travis sembrò rilassarsi, perché aveva temuto che il suo posto di governante fosse in pericolo. Era magra ed esile e le rughe di preoccupazione appesantivano il suo viso invecchiato anzitempo.

    Riuscì a ritrovare il fiato sufficiente per parlare solo quando Gwendolen accennò ad Annie.

    «Annie non lavora qui in maniera permanente. L’ho assunta io quando Mr. Claypole mi ha suggerito di prendere qualcuno che mi aiutasse a preparare la casa per il vostro arrivo. Sapeva bene che c’eravamo solo Manders e io.»

    Aggiunse poi che Mr. Claypole era degno del più grande rispetto.

    «Mi ha sempre pagato alle scadenze, senza un giorno di ritardo, ed è sempre stato disponibile a sostenermi in ogni difficoltà.»

    Gwendolen fu lieta di sentirlo, perché anche lei aveva avuto un’ottima impressione dell’amministratore del defunto marito e contava di mantenerlo in servizio. Sir Percival non l’aveva lasciata in povertà, anzi. Tuttavia, lei non intendeva sprecare denaro

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