Cenerentola e il principe del deserto: Harmony Collezione
Di Kim Lawrence
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Info su questo ebook
Le favole, però, spesso non sono solo frutto della fantasia e questa innocente Cenerentola riuscirà presto a diventare una regina carismatica per il suo potente sceicco... e la donna che ogni uomo sogna di avere accanto.
Kim Lawrence
Autrice inglese, rivela nei suoi romanzi la propria passione per le commedie brillanti.
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Cenerentola e il principe del deserto - Kim Lawrence
successivo.
1
Abby Foster era accaldata e le dolevano i piedi, accidenti a quel terribile servizio fotografico! Aveva dovuto scalare immense dune di sabbia con dei tacchi altissimi e un paio di shorts striminziti. Qualcosa le aveva anche morso il braccio! Lo spesso strato di trucco mascherava il gonfiore, ma non impediva che le prudesse e pulsasse in modo infernale.
Tutto questo sembrava già abbastanza terribile, ma la ciliegina sulla torta era che il loro mezzo di trasporto sembrava averli piantati in asso. In realtà, lei avrebbe dovuto viaggiare sul primo SUV, quello su cui era salita ad Aarifa verso la loro destinazione nel deserto, ma la stilista l'aveva quasi spinta via per guadagnarsi un posto accanto all'assistente del fotografo, per cui aveva una terribile cotta.
Così, a causa di quel giovane amore, ora Abby era bloccata in mezzo al nulla, cercando di ignorare le voci sempre più rabbiose all'esterno. Finora aveva resistito all'impulso di unirsi alla mischia, ma i denti stavano iniziando a dolerle a furia di rimanere serrati. Ma lasciare stare, rimaneva sempre la migliore strategia, così insieme a Rob - che aveva reagito all'essere bloccato nel deserto come un'opportunità per schiacciarsi un pisolino - era rimasta dentro al veicolo guasto.
Ben presto iniziò a rimpiangere quella decisione: la temperatura dentro la macchina scura era ormai insopportabile e Rob, il fotografo responsabile delle faticose arrampicate su quelle maledette dune per ottenere gli scatti giusti, aveva iniziato a russare. Rumorosamente!
Alzando gli occhi al cielo, estrasse una bottiglia d'acqua dal borsone che portava sempre con sé. Nonostante i suoi frequenti viaggi, da quando aveva intrapreso la carriera di modella, Abby non aveva mai imparato l'arte di viaggiare leggera. Aveva già svitato il tappo per metà, quando si sentì sopraffare dalla prudenza e decise che sarebbe stato meglio moderarsi. Prima di addormentarsi, Rob le aveva detto che sarebbero stati tratti in salvo entro pochi minuti, ma se invece fosse stato troppo ottimista e il loro soggiorno forzato si sarebbe protratto più a lungo?
Quel dialogo interiore non durò a lungo, i suoi nonni l'avevano cresciuta insegnandole a essere sempre prudente, peccato non avessero applicato la stessa regola anche in materia finanziaria, visto che un consulente disonesto li aveva truffati, depredandoli di tutti i loro risparmi. Infine la cautela ebbe la meglio. Mentre riavvitava il tappo e rimetteva la bottiglia nella borsa, il bel viso di Gregory, con il suo sorriso sincero e infantile, le si materializzò nella mente. Serrò il mento e combatté il familiare miscuglio di senso di colpa e disprezzo di se stessa che provava ogni volta che considerava la propria parte nella situazione dei suoi poveri nonni. Si facevano coraggio, ma Abby sapeva quanto fossero infelici.
Da qualunque punto di vista si considerassero le cose, la colpa era sua se avevano perso la tanto agognata sicurezza finanziaria. Se lei non fosse stata tanto stupida da innamorarsi degli occhi blu di Gregory e non lo avesse portato a casa a conoscerli, loro avrebbero avuto ancora la sicurezza del denaro per cui avevano lavorato tanto duramente e che non vedevano l'ora di godersi. Invece ora non avevano più nulla. Abby scacciò le lacrime, ripetendosi che non avrebbero sistemato proprio nulla. Ciò che serviva era un piano e, finalmente, lei ne aveva uno. Una luce combattiva le illuminò gli occhi verdi. Secondo i suoi calcoli, se accettava ogni singolo lavoro che le veniva offerto, in circa diciotto mesi sarebbe stata in grado di ricomprare il bungalow che i nonni avevano perso a causa di quel truffatore del suo boyfriend e dove sognavano di ritirarsi. Era stata Abby a portarlo nelle loro vite e quel mascalzone li aveva indotti a fidarsi di lui, per poi sparire con tutti i loro risparmi. In una crudele frase di congedo, le aveva pure mandato una foto di lui in compagnia di un altro uomo. Il loro atteggiamento inequivocabile rendeva superflua la crudele nota a piè pagina Tu non sei davvero il mio tipo.
La pazienza di Gregory nei confronti della sua inesperienza e il suo continuo rassicurarla sul fatto che non gli importava aspettare perché la rispettava, ora avevano perfettamente senso.
Scacciando quei ricordi umilianti prima che la travolgessero, Abby sfilò una salviettina umida dalla tasca interna della borsa e si strofinò viso e collo, rimuovendo i rimasugli del trucco, insieme alla polvere e allo sporco.
Stava ripetendo il gesto, sognando una doccia fresca e una birra gelida, quando uno dei due uomini dall'esterno infilò la testa nell'auto. Trafficò con qualcosa accanto al volante, prima di sbraitare con disapprovazione.
«Abby, avresti anche potuto dire qualcosa! Sono ore che stiamo cercando di aprire quel dannato motore»!
Diede un forte strattone alla leva che aveva individuato e gridò all'altro uomo fuori. «Fatto, Jez!»
Secondo i suoi conti, in realtà erano solo dieci minuti. «A me sono sembrati giorni» replicò, più preoccupata per il gonfiore del morso sul braccio che di difendersi da quell'ingiusta critica. A denti stretti, si arrotolò la manica della camicia. Aveva ancora indosso il completo scelto per il servizio fotografico di quel giorno - un paio di shorts e una camicia leggera - che a quanto pare, avrebbero dovuto convincere il pubblico che se una ragazza sceglieva il nuovo shampoo che l'azienda stava lanciando, sarebbe stata in grado di scalare le dune di sabbia nel deserto, sempre con capelli perfetti e luminosi. Naturalmente veniva omesso che si sarebbe ritrovata delle belle vesciche con quei maledetti tacchi!
Guardò attraverso il finestrino punteggiato di mosche e vide che gli sviluppi non sembravano per nulla buoni. Entrambi gli uomini avevano fatto un balzo indietro per il vapore bollente che fuoriusciva dal motore e poi avevano iniziato a gridarsi addosso. Abby diede un colpetto al piede di Rob con il proprio. «Dovremmo scendere e vedere se possiamo dare una mano.» O quantomeno impedire che si ammazzino a vicenda pensò, mentre afferrava una sciarpa dalla sua borsa e si scostava dal viso le ciocche umide di sudore, legandosi le onde fiammeggianti sulla nuca in una coda di cavallo.
Mentre si alzava in piedi, Rob aprì un occhio, annuì, poi lo richiuse e iniziò di nuovo a russare.
Bene non era la parola giusta, ma almeno la temperatura esterna era un po' meno opprimente di quella all'interno dell'auto.
«Allora ragazzi, qual è il verdetto?» chiese, adottando un tono di voce allegro.
Il suo atteggiamento non contagiò i due uomini.
Quando lavorava con il tecnico delle luci, Jez aveva sempre la battuta pronta anche nelle situazioni più difficili, ma quel giorno il suo senso dell'umorismo sembrava averlo abbandonato. Decisamente accigliato, indietreggiò dal motore fumante, con il viso madido di sudore e richiuse il cofano.
«Non va e prima che lo chiediate, non ho la minima idea di quale sia il guasto, o di come ripararlo. Se qualcun altro sente il bisogno di provarci, si accomodi pure.» Il tecnico tarchiato lanciò un'occhiata di sfida all'uomo più giovane, ma l'aggressività dello stagista era svanita e ora se ne stava lì in piedi a mangiarsi le unghie, di colpo molto spaventato.
«Non c'è bisogno di preoccuparsi Jez. Sono sicura che quando si accorgeranno che ci hanno lasciati indietro, torneranno a cercarci» osservò Abby, decisa a vedere il lato comico, nonostante il fatto che il sole stesse rapidamente tramontando e l'oscurità iniziasse ad avanzare nel deserto attorno a loro.
«Non avremmo dovuto fermarci» mormorò tra sé l'uomo più giovane, prendendo a calci uno pneumatico.
Jez annuì. «Che cosa sta facendo lui?» Fece un cenno verso il veicolo dove il riconosciuto genio della fotografia giaceva profondamente addormentato, esausto per lo sforzo compiuto a prendere decine di scatti di una roccia dalla forma insolita, con una lucertola sopra. Quando infine era stato soddisfatto del risultato, i due veicoli in testa al loro convoglio erano spariti verso la città dalla quale erano arrivati quella mattina presto.
«Si è addormentato.»
L'annuncio di Abby fu salutato da sguardi attoniti e un grido all'unisono. «Ma che cavolo, è incredibile!»
I due uomini si guardarono e risero, il loro reciproco disgusto per Rob alleggerì la situazione. Tuttavia, i sorrisi non durarono a lungo.
«Qualcuno ha segnale nel telefono?»
«No, niente. Cosa potrebbe accaderci di peggio?»
«Morire di una morte lenta e dolorosa per la sete?» la voce di Rob s'inserì di colpo, mentre scendeva dal veicolo sbadigliando.
«Seriamente, cos'è il peggio che può succedere? Almeno avremo una storia da raccontare a cena quando torneremo a casa.»
«Ragazzi!»
Tutti si voltarono verso Jez, che sorrideva sollevato, mentre puntava un dito verso pennacchi di polvere in distanza. «Stanno tornando per noi!»
Abby sospirò e si asciugò il sudore dalla fronte. «Grazie a Dio!» Trasalì al rumore che arrivava dalla direzione dei veicoli che si avvicinavano rapidamente. «Che cos'è?»
Il giovane uomo scosse la testa, confuso quanto Abby. I due uomini più anziani si scambiarono occhiate preoccupate e Rob si rivolse a lei: «Forse dovresti tornare dentro Abby, tesoro».
«Ma...» questa volta quei suoni crepitanti erano più forti e Abby sentì svanire l'iniziale sollievo e avvertì i primi brividi di paura, mentre fissava la nuvola di polvere che si avvicinava «... sono spari?» sussurrò.
«Va tutto bene» rispose Jez, proteggendosi gli occhi. «Siamo ad Aarifa, siamo più che al sicuro, lo sanno tutti.» Un'altra scarica di spari interruppe le sue parole e lui guardò Abby. «In ogni caso, non dovresti andare dentro e tenere la testa giù...?»
Il cavallo Arabo di razza pura si mise al passo nella profonda oscurità densa e vellutata, contro cui si stagliava la svolazzante veste candida del suo cavaliere. Destriero e cavallerizzo si muovevano armonicamente sulla sabbia e rallentarono solo quando raggiunsero i primi speroni rocciosi. A distanza, la colonna di roccia sembrava ergersi verticalmente dal terreno, ma in realtà il sentiero saliva a spirale verso la cima, punteggiato da una serie di zone relativamente piatte. Quando raggiunsero la vetta il cavallo, ben allenato, ansimava, soffiando aria dalle narici dilatate. Il cavaliere aspettò di provare il solito senso di pace che quel luogo gli dava, ma non quella sera. Perfino il magnifico panorama a trecentosessanta gradi che si stagliava contro lo sfondo oscuro di un cielo vellutato cosparso di stelle, non riuscì a sollevare l'umore di Zain Al Seif. Tuttavia, sentì svanire parte della tensione che gli attanagliava i muscoli, mentre si perdeva nella vista delle antiche mura illuminate del palazzo che, con le sue torri e guglie, era visibile per miglia e miglia. Quella sera arrivavano più luci del solito dalla città vecchia costruita all'ombra delle sue mura e che si estendeva fino a una sorta di disegno geometrico, creato dai viali fiancheggiati di alberi della città moderna con i suoi alti palazzi di vetro.
Anche qui vi era un'esplosione di luci perché quel giorno tutto il paese era in festa. Era stato celebrato un matrimonio, un matrimonio reale, cosa che il mondo adorava, rifletté Zain. Le sue labbra sensuali si torsero in una smorfia cinica, il mondo meno lui.
Il cavallo rispose alla sua imprecazione con un nitrito che risuonò nel silenzio, iniziando a scalpitare.
«Scusa, amico...» sussurrò, dandogli un colpetto sul collo. Aspettò che l'animale si calmasse prima di smontare con mossa esperta e agile. Liberò le redini, fece due passi avanti e rimase sul ciglio del dirupo, fissando i suoi profondi occhi blu sulle luci della città. Mentre guardava, il flebile sorriso che gli aveva incurvato le labbra sparì, lasciando il posto a un'espressione truce. Le sue sopracciglia scure si strinsero in una linea parallela sopra il naso dritto da falco, mentre si sentiva travolgere da un'ondata di disprezzo per se stesso.
Meritava di sentirsi uno stupido perché lo era stato, un maledetto, compiacente stupido!
L'aveva scampata bella e il problema era che si era trattato solo di fortuna. Zain si vantava sempre di essere abile nel giudicare le persone, ma la bella sposa festeggiata da un intero paese e da numerosi dignitari stranieri lo aveva davvero tratto in inganno con quel gesto. La sola cosa positiva che riusciva a trovare nella situazione era che il suo cuore non era stato coinvolto. In quanto all'orgoglio, quella era un'altra faccenda e aveva ricevuto un duro colpo. Naturalmente, ripensandoci, ora riconosceva chiari indizi, ma durante la loro piacevole frequentazione durata sei mesi, ne era stato del tutto ignaro, perfino quando era andato ben oltre la linea che si era sempre imposto. I progressi nell'avvicinarsi erano stati così insidiosi che lui non aveva sentito i campanelli di allarme, quando aveva iniziato a pensare a ciò che condividevano come a una relazione. Chissà a cos'avrebbe condotto?
Fortunatamente Zain non aveva mai dovuto scoprirlo, perché Kayla si era stancata di quel suo temporeggiare e, appena ricevuta un'offerta migliore, l'aveva accettata. Lui, sempre in preda all'illusione di agire secondo le proprie regole, non aveva mai sospettato che la deliziosa, velenosa Kayla si stesse prendendo gioco di lui. Dopo essere andata ad Aarifa a trovare la propria famiglia, la donna