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Vendetta araba: Harmony Collezione
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E-book146 pagine2 ore

Vendetta araba: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Prudence Smith, insegnante in un collegio per signorine d'alta classe, si sente uno spirito libero, una donna indipendente alla quale piacerebbe immensamente esplorare il mondo con uno zaino in spalla. E non può fare a meno di trasmettere alle sue allieve la capacità di pensare con la propria testa e l'importanza di essere autonome e di vivere secondo i desideri del proprio cuore. Mai avrebbe immaginato, però, che una di quelle signorine fosse la sorella dello sceicco Karim Al-Ahmad, l'uomo più tradizionalista e intransigente che abbia mai incontrato. E quando la ragazza scompare, ovviamente Prudence viene considerata l'unica responsabile. Se desidera provare la propria innocenza, deve seguire Karim nel suo regno e subire l'ira della passionale vendetta dell'uomo.

LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2014
ISBN9788858926611
Vendetta araba: Harmony Collezione
Autore

Kim Lawrence

Autrice inglese, rivela nei suoi romanzi la propria passione per le commedie brillanti.

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    Anteprima del libro

    Vendetta araba - Kim Lawrence

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Blackmailed By the Sheikh

    Harlequin Anthology

    © 2007 Kim Jones

    Traduzione di Federica Ressi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5892-661-1

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    C’erano due uomini nel salottino privato, proprio accanto all’unità di terapia intensiva della clinica svizzera.

    Il più vecchio osservò in perfetto silenzio la reazione di quello più giovane alle notizie che gli stava comunicando. Nulla, a parte la tensione dei muscoli del collo mentre deglutiva, rivelò che avesse compreso l’informazione.

    «Un biglietto?» chiese alla fine.

    Il vecchio fece un cenno di assenso e, a differenza di quello che avrebbero fatto molti altri uomini, non abbassò lo sguardo di fronte a quegli occhi penetranti. Quegli occhi in più di un’occasione erano stati paragonati all’azzurro luminoso del cielo del deserto.

    «Hamid me lo ha letto per telefono» spiegò il vecchio, chinando la testa in segno di rispetto mentre l’altro uomo si avvicinava. «L’ho trascritto.»

    Si interruppe per porgergli il foglio.

    Il giovane lo prese e lo lesse attentamente, poi lo appallottolò lentamente.

    «Be’, perlomeno non si tratta di un rapimento, signore.»

    Karim, che stava procedendo verso la finestra, si fermò di colpo, inspirò profondamente e represse la risposta acida che aveva sulla punta della lingua, limitandosi invece a utilizzare il suo abituale sarcasmo: «Sì, è stato estremamente premuroso da parte di mia sorella lasciare un biglietto».

    Data tutta la pressione che doveva sostenere in quel momento avrebbe potuto facilmente cedere alla tentazione di sfogare rabbia e frustrazione su chi aveva accanto.

    Se solo non si fosse trattato di Rashid...

    Il profondo rispetto e l’affetto che provava per l’uomo che era stato la sua guardia del corpo sin dall’infanzia gli rendeva impossibile anche il solo pensare di prendersela con lui.

    Per certi versi, Karim era più legato a lui di quanto non lo fosse al padre, che era sempre stato una figura distante, più simile a una specie di eroe mitologico delle leggende greche che a un genitore. Era difficile conciliare l’immagine di lui quale figura enigmatica e carismatica che aveva costruito e da sempre preservato nella sua mente, con quella del fragile uomo anziano cui solo qualche momento prima aveva accarezzato le ormai deboli mani.

    Un uomo inerme, tenuto in vita dalle macchine.

    Fece un respiro profondo e scacciò le immagini e le emozioni che gli affollavano la mente. Rischiavano di impedirgli di pensare in modo lucido.

    Nel corso degli anni, Karim aveva imparato a non sprecare energie in situazioni che non poteva controllare: per fortuna erano poche, ma l’intervento al cuore di suo padre era senz’altro una di queste. In quel frangente aveva dovuto riporre la propria fiducia nelle capacità mediche di coloro che adesso si prendevano cura di Tair Al-Ahmad e inoltre aveva tentato di rassicurare se stesso con la consapevolezza che l’indomabile forza di volontà di suo padre non andava certo sottovalutata. E lui lo sapeva bene.

    Per quel che riguardava le condizioni di salute del padre, avrebbe anche potuto ammettere di essere impotente, ma non era altrettanto disposto ad arrendersi quando si trattava di sua sorella. Il futuro di Suzan dipendeva dal fatto che lui prendesse le decisioni giuste, e che le prendesse alla svelta.

    Karim annuì. «Hai ragione... dobbiamo ringraziare il cielo che non si tratti di un rapimento.» Sudava freddo al pensiero che la sorella finisse nelle mani di chi l’avrebbe usata come una pedina politica, di chi non avrebbe esitato a farle del male. «Se dovesse succederle qualcosa, io...»

    «Sono certo che non accadrà» disse Rashid con voce decisa.

    Le lunghe ciglia di Karim si sollevarono a quelle parole di conforto, rivelando lo splendore dei suoi occhi cerulei.

    Nel mondo moderno, la minaccia di un rapimento era una spiacevole realtà con cui persone come lui e la sua famiglia dovevano convivere. Si trattava di trovare un equilibrio per mantenere un minimo di serenità mentre si cercava di tenere sotto controllo l’allarme causato dal dover vivere in uno stato di costante preoccupazione.

    Il problema era che sua sorella non si tutelava mai abbastanza dagli eventuali pericoli cui era costantemente esposta.

    Karim aveva tutte le intenzioni di farla spaventare sul serio una volta che l’avesse avuta sottomano.

    «Sì, lo spero anche io» convenne. «Quel che non capisco è come abbia fatto una ragazzina che va ancora a scuola a eludere la sorveglianza di... quante persone?»

    Indipendentemente da come fosse potuto succedere, ancor più preoccupante era la possibilità che, se questa informazione fosse trapelata, sua sorella potesse correre un reale pericolo.

    Karim serrò la mascella.

    Non lo avrebbe permesso.

    I due uomini smisero di parlare quando la porta si aprì e una giovane donna con la divisa da infermiera fece capolino nella stanza. Li fissò sbalordita forse anche perché indossavano gli abiti tipici della loro cultura, lunghe vesti morbide e coprenti.

    Uno aveva una cicatrice frastagliata lungo la guancia sinistra, l’altro era forse l’uomo più bello che avesse mai visto.

    «Pardon, messieurs...» mormorò, prima di ritornare bruscamente sui suoi passi.

    La porta si chiuse e i due ripresero a parlare, ma questa volta, probabilmente senza farci caso, si esprimevano in francese. Entrambi parlavano fluentemente diverse lingue, visto che Zafsid era un paese in cui convivevano diversi idiomi.

    «Credo che fossero otto, signore. Esclusi i due che lavoravano sotto copertura nel collegio in qualità di inserviente e giardiniere.»

    «Otto!» esclamò con forza Karim, poi cominciò a borbottare sottovoce mentre percorreva la stanza a lunghi passi.

    Osservandolo, Rashid non poté fare a meno di pensare a una pantera in gabbia.

    «La principessa è una giovane donna... davvero piena di risorse» disse il vecchio, cercando di risultare diplomatico.

    «La principessa è...» Con un respiro profondo, Karim fece un visibile sforzo per contenere le proprie emozioni, poi prese una sedia da sotto la finestra e vi si lasciò cadere sopra, con una grazia innata. I gomiti si adagiarono sui braccioli di mogano e lui poggiò il mento sulle lunghe dita. La pelle dorata della fronte si corrugò mentre cercava di concentrare tutte le sue risorse mentali sul problema che doveva affrontare.

    «Mio padre riprenderà conoscenza nelle prossime ventiquattro ore.» I suoi occhi si posarono brevemente sul viso dell’altro uomo e sicuro di sé asserì: «Per allora avrò ritrovato Suzan».

    «Naturalmente.» Nulla nell’atteggiamento di Rashid suggeriva che dubitasse delle capacità di quel giovane uomo di realizzare quest’ambizione.

    «Dopodiché...»

    Si interruppe e fece una smorfia.

    Dopodiché sarebbero iniziati i veri problemi.

    Non era sicuro di cosa avrebbe dovuto fare per impedire a Suzan di ripetere questa bravata o di optare per un gesto altrettanto avventato.

    L’unica alternativa efficace sembrava quella di rinchiudere la fuggitiva nella sua stanza. Un provvedimento che senza alcun dubbio avrebbe conquistato l’approvazione della minoranza non proprio silenziosa di Zafsid che poco tollerava le abitudini moderne della sua famiglia.

    Il comportamento della sorella nel corso degli ultimi mesi non suggeriva certo che sarebbe stato possibile fare affidamento sul suo buonsenso... qualità che Suzan aveva dimostrato di non possedere quando solo qualche settimana prima si era presentata a una festa cui le era stato proibito di partecipare.

    In apparenza sarebbe potuto sembrare un party come tanti... se non fosse stato per il fatto che la festa in questione era finita con l’arrivo della polizia, chiamata quando i genitori della festeggiata erano rientrati e avevano trovato la casa vandalizzata da festaioli ubriachi.

    Insieme al resoconto degli uomini della sua squadra di sicurezza, che gli avevano assicurato di essersi tenuti pronti a intervenire se la principessa avesse corso un reale pericolo, fisico o di qualunque altra natura, era arrivata una lettera della direttrice scolastica con la quale veniva caldamente invitato a contribuire economicamente per coprire il costo dei danni subiti dai padroni di casa. Richiesta che, garantiva la direttrice, era stata rivolta ai genitori di tutte le allieve coinvolte.

    L’informazione aggiuntiva sulla presenza fortuita alla festa di una delle insegnanti, la signorina Smith, non gli era stata di alcuna consolazione.

    La vista del nome di quella donna non sarebbe mai stata una consolazione per Karim.

    Era la stessa Miss Prudence Smith che considerava viaggiare per l’Australia con lo zaino in spalla un’esperienza formativa, che, grazie alle idee rivoluzionarie che aveva instillato nella mente della giovane principessa, aveva trasformato l’ultimo rientro a casa di Suzan in una lotta continua per poter uscire ogni giorno con conseguenti lacrime e capricci a ogni no di Karim.

    Tanto per cominciare, cosa ci faceva un’insegnante a una festa? Nessuno si era preso la briga di delucidarlo su questo dettaglio, che aveva soltanto confermato la sua opinione sulla donna in questione: Prudence Smith non era in grado di mantenere adeguata distanza dalle proprie allieve.

    Il suo compito era quello di mantenere la disciplina, non quello di comportarsi come un’amica

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