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Il ricco playboy argentino: Harmony Collezione
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Il ricco playboy argentino: Harmony Collezione
E-book158 pagine2 ore

Il ricco playboy argentino: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Dalla Grecia agli Stati Uniti, dall'Italia all'Inghilterra, innamorarsi di un milionario non è poi così difficile. Ma riuscire a rapirne il cuore non è un'impresa da tutti.



Diego Ortega, milionario argentino e giocatore di polo, ha girato il mondo e conosciuto molte donne. Rachel Summers, giovane e inesperta, è stata per lui un gradito passatempo, e non c'è ragione al mondo per cui dovrebbe interessargli ancora. Rachel, infatti, non è nemmeno il suo tipo, eppure sente il bisogno di tenerla accanto a sé, e nel suo letto, per qualche altro giorno ancora.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2017
ISBN9788858969533
Il ricco playboy argentino: Harmony Collezione
Autore

Chantelle Shaw

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il ricco playboy argentino - Chantelle Shaw

    1

    Diego si appoggiò contro il recinto, socchiudendo gli occhi scuri a causa del riverbero del sole pomeridiano, mentre osservava cavallo e fantino apprestarsi al salto triplo. La palizzata di quasi due metri era vicina. Il cavallo acquistò velocità e il fantino allungò il collo, preparandosi al salto.

    Quella dimostrazione di abilità era uno spettacolo affascinante. Involontariamente Diego trattenne il respiro, aspettando che gli zoccoli del cavallo si staccassero dal terreno. In quel momento una motocicletta sbucò dal bosco, scuotendo l’atmosfera silenziosa e inchiodandosi sul sentiero che costeggiava il recinto con uno stridio di pneumatici.

    Il cavallo si spaventò e Diego capì subito che si sarebbe rifiutato di saltare, ma non c’era niente che potesse fare: impotente, rimase a osservare mentre il fantino veniva disarcionato per poi atterrare con un tonfo sul terreno erboso.

    Rachel si sforzò di inspirare ossigeno nei polmoni. La testa le girava, mentre il corpo, recuperando la sensibilità, le indicò i punti doloranti sulle braccia, le spalle, i fianchi... Avrebbe avuto dei fantastici lividi, pensò mesta. Desiderava chiudere gli occhi e precipitare nella piacevole oscurità che annientava il dolore, ma sentì una voce e si costrinse a fissare l’uomo che l’aveva raggiunta.

    «Non provi a muoversi. Rimanga ferma mentre io controllo per vedere se ha delle ossa rotte. Dios, è fortunata di essere ancora viva. È volata in aria come una bambola di pezza.»

    Rachel sentì appena le mani che le percorrevano il corpo, ma nonostante la leggerezza del tocco fece una smorfia quando lui trovò la zona dolorante sulla costola inferiore. Ancora stordita dalla caduta, chiuse le palpebre.

    «Ehi, non deve svenire! Chiamo un’ambulanza.»

    «Non mi serve un’ambulanza» mormorò lei, costringendosi ad aprire di nuovo gli occhi. L’oscurità stava svanendo e sopra la testa riuscì a vedere il cielo azzurro, ma poi lo sconosciuto si chinò verso di lei e per un attimo si chiese se avesse una commozione cerebrale... o le allucinazioni.

    Lo riconobbe subito: Diego Ortega, campione internazionale di polo, multimilionario e, secondo la stampa, inveterato playboy. Rachel non si interessava ai pettegolezzi, ma dall’età di dodici anni aveva divorato ogni rivista di equitazione e quell’argentino era una leggenda. Del resto, la sua improvvisa comparsa non doveva sorprenderla: nelle ultime due settimane, la sua imminente visita ad Hardwick Hall era stata oggetto di conversazione tra gli stallieri.

    Tuttavia, vederlo di persona era sempre uno shock, e rendersi conto che l’aveva osservata saltare con Piran era sconcertante.

    L’uomo aveva già estratto il cellulare. Rachel si sedette, mordendosi il labbro per impedirsi di gridare. «Le ho detto di rimanere ferma.» La voce di Diego Ortega esprimeva preoccupazione e impazienza.

    «E io le ho detto che l’ambulanza non mi serve.» Piegò le gambe e riuscì a drizzarsi sulle ginocchia.

    «È sempre così disobbediente?» Irritato, Diego borbottò qualcosa nella sua lingua.

    Una volta in piedi si sarebbe sentita meglio, si disse Rachel. Non aveva certo un paio d’ore da perdere seduta nella sala d’attesa dell’ospedale locale. Stringendo i denti, si costrinse a muoversi, e poi sussultò sorpresa quando si sentì sollevare in aria.

    Diego Ortega non la strinse per più di un secondo, ma la sensazione di quelle braccia potenti, unita alla colonia maschile, le fece girare la testa. Il cuore stava battendo troppo forte, e non certo per la caduta. Da vicino quell’uomo era ancor più affascinante. Con lentezza, sollevò la testa e studiò la mascella quadrata, gli zigomi cesellati e la bocca dalla curva perfetta.

    Gli occhi poi avevano il colore dorato dello sherry, notò vagamente Rachel, cercando di nascondere il tremore delle gambe quando lui la rimise in piedi. Doveva essere l’effetto della caduta, si disse, sfiorando con lo sguardo i suoi capelli scuri. La pelle olivastra le ricordava un dipinto di un capo sioux: scuro, pericoloso, l’uomo più sensuale che avesse mai visto.

    «Grazie» mormorò indietreggiando.

    «Ha bisogno di vedere un medico. Anche se porta il casco protettivo, potrebbe avere una commozione cerebrale» dichiarò lui.

    «Sto bene, davvero» si affrettò a rassicurarlo Rachel, costringendosi a sorridere. «Ho subito cadute peggiori di questa.»

    «Non mi sorprende. Il cavallo è troppo grande per lei.» Girò la testa e lanciò un’occhiata esperta verso lo stallone nero che aveva catturato la sua attenzione quando si era avvicinato al recinto. L’interesse per il fantino era giunto dopo, quando la treccia di capelli dorati che usciva dal caschetto gli aveva indicato che la figura snella a cavalcioni era di una donna.

    Il cavallo era alto circa un metro e settanta, valutò Diego. Ora che il rumore della motocicletta era svanito sembrava calmo, ma era una creatura dal carattere nervoso che, unito alla stazza e alla forza, lo rendeva un animale di difficile controllo per un uomo, figuriamoci per la donna di fronte a lui.

    Era incredibilmente bella: la pelle era priva di trucco e liscia come porcellana, le guance arrossate per l’allenamento. Era una vera bellezza inglese: Diego si sentì catturato dagli occhi azzurro fiordaliso che lo osservavano da sotto il caschetto.

    «Sono sorpreso che suo padre le permetta di cavalcare un animale così potente.»

    «Mio padre?» Sconcertata, Rachel lo fissò. Né il suo vero padre, né i due successivi mariti della madre erano stati abbastanza interessati a lei da preoccuparsi di quale animale cavalcasse. Ma Diego Ortega non sapeva niente della sua complicata famiglia.

    «Né mio padre né chiunque altro mi permettono di fare qualcosa» ribatté aspra. «Sono adulta e prendo da sola le mie decisioni. E sono più che capace di gestire Piran.»

    «È troppo forte per lei, ed è una sciocca a pensare di poterlo controllare se decide di imbizzarrirsi» rispose Diego con freddezza. «Non è riuscita a controllarlo quando ha rifiutato di saltare, tutto qui. Anche se, a essere giusti, non è stata tutta colpa sua. Chi diamine guidava quella motocicletta? Non riesco a credere che Earl Hardwick sia felice che un cafone si aggiri per la tenuta come un matto.»

    «Sfortunatamente, Earl permette a suo figlio di fare quello che gli pare» replicò secca Rachel. «Il cafone a cui si riferisce è Jasper Hardwick, e non potrei essere più d’accordo con quella definizione. Passa molto tempo a distruggere i campi con quella sua miserabile moto. È sbucato dal bosco senza preavviso, e non c’è da stupirsi che Piran si sia spaventato. Sfiderei qualunque fantino a riuscire a gestirlo in una simile situazione» concluse.

    «Forse è così» ammise Diego scrollando le spalle. «Cavalca bene.» Non appena era arrivato aveva notato l’empatia tra la ragazza e il cavallo, quella sorta di comprensione istintiva che non si poteva insegnare. Lei non aveva paura in sella. Non aveva avuto la minima esitazione quando si era avvicinata all’ostacolo.

    Si avvicinò allo stallone e prese le redini. «Quanti anni ha?» chiese, accarezzandogli il fianco.

    «Sei. Lo alleno da due.»

    «È un ottimo animale. Come si chiama?»

    «Piran. È figlio di uno stallone della Cornovaglia, e il nome significa scuro, piuttosto appropriato dato il colore» mormorò Rachel con dolcezza, passando le dita nella criniera nera di Piran.

    «Quindi... il cavallo si chiama Piran... e la sua cavallerizza...?» domandò lui.

    «Rachel Summers» rispose lei brusca. Era capo staffiere all’Hardwick Polo Club e probabilmente si sarebbe occupata dei cavalli di Diego nell’incontro di polo in cui lui sarebbe stato l’ospite d’onore. Voleva che lui la considerasse professionale ed esperta, non un’idiota. Si sganciò la cinghia sotto il mento e si tolse il caschetto. «E lei è Diego Ortega. Tutti qui aspettavano con ansia la sua visita, signor Ortega.»

    «Come il nome Piran si adatta al colore del cavallo, il suo nome si addice alla tonalità dei capelli. È il colore del grano maturo di mezza estate, signorina Summers» mormorò lui, osservando i riccioli dorati che le incorniciavano il volto e la lunga treccia che era scivolata in avanti su una spalla. Era minuscola - probabilmente non più alta di un metro e sessanta - e quando l’aveva presa tra le braccia l’aveva sentita leggera. E sembrava illesa dalla caduta, anche se provava dolore alle costole. Ma, nonostante l’aspetto delicato, era esuberante e vivace come una puledra.

    «Sembra appena uscita dal liceo. Quanti anni ha?»

    «Ventidue» sbottò Rachel, raddrizzandosi.

    Sapeva di sembrare più giovane della sua età e, dato che perdeva poco tempo con il proprio aspetto, probabilmente era colpa sua se Diego Ortega l’aveva scambiata per un’adolescente.

    Sentì un sussulto di sorpresa quando gli occhi scuri di Diego la squadrarono con lentezza, per poi fermarsi sui seni: non c’era molto sotto la camicetta che potesse eccitarlo. Cavalcare era stata la sua ossessione fin dall’adolescenza, e non le aveva mai dato fastidio non avere un seno molto sviluppato. Ora, per la prima volta nella sua vita, desiderò avere un aspetto più femminile e possedere delle vere curve, invece di fianchi snelli e un paio di seni minuscoli che non avevano bisogno del sostegno di un reggiseno.

    Anche se da quando aveva lasciato la scuola aveva avuto un paio di storie, erano finite presto per mancanza di interesse da parte sua. Ma Diego Ortega non era come gli uomini con cui era uscita, e la stava guardando come nessuno aveva mai fatto prima. La sua esperienza con l’altro sesso forse era limitata, ma percepiva l’interesse di Diego e non poté reprimere il brivido di eccitazione che le percorse la schiena.

    Dando un’occhiata all’orologio, Diego si rese conto di dover andare a cambiarsi per la cena con Earl e lady Hardwick e la loro figlia, Felicity. Si chiese se il figlio idiota sarebbe stato presente. informare Earl che non avrebbe tollerato rumorose motociclette vicino ai pony purosangue che gli era stato chiesto di allenare. Poi riportò gli occhi sul volto di Rachel Summers: poteva rivelarsi una interessante distrazione per i due mesi successivi, rifletté. Si chiese chi fosse. Sapeva che l’aristocratica famiglia Hardwick aveva molti rami, e immaginò che Rachel fosse una parente.

    «Alloggia all’Hall?» le chiese d’impulso.

    «Earl Hardwick non ha l’abitudine di invitare i suoi stallieri a dimorarvi» replicò secca Rachel. «Neanche il suo capo staffiere.»

    «Quindi lavora qui. Piran è suo?» Lo stallone era un purosangue e doveva essere costato diverse migliaia di sterline.

    «No, l’ho in prestito. Il proprietario è Peter Irving, della fattoria vicina alla tenuta Hardwick. Peter era un campione nel salto a ostacoli, ed è il mio sponsor.»

    «Irving. Il nome mi è familiare.»

    «Tre volte medaglia d’oro olimpica e primo fantino della squadra ippica inglese per molti anni. Peter è il mio modello» spiegò Rachel.

    Diego colse una nota di determinazione nella sua voce e la guardò con curiosità. «Spera di essere selezionata per la squadra inglese?»

    «Le prossime Olimpiadi sono il mio sogno» ammise Rachel, arrossendo e chiedendosi perché diamine stava rivelando la sua grande ambizione a un uomo che non aveva mai incontrato prima. Non lo aveva mai detto a nessuno, eccettuato Peter Irving: non ai suoi amici, e certo non alla sua famiglia. I suoi genitori avevano divorziato quando lei aveva nove anni e da allora entrambi erano stati troppo presi dalle loro vite con i nuovi compagni e figli per interessarsi a lei: le poche volte che aveva menzionato l’equitazione a sua madre, lei aveva reagito spronandola a trovarsi un lavoro adeguato, un alloggio dignitoso e un ragazzo.

    «Comunque le Olimpiadi sono ancora lontane» mormorò. «Per ora lavoro sodo nella speranza di entrare nella squadra per i Campionati Europei del prossimo anno. Sia Peter che Earl Hardwick pensano che abbia buone probabilità. Earl ha sostenuto molto la mia carriera» aggiunse. «Mi permette di tenere qui Piran, e mi lascia sempre tempo libero per andare alle competizioni. Le strutture della Hardwick sono eccellenti e lavorare qui è una esperienza fantastica.»

    «Ma non così fantastica quando il tuo cavallo si rifiuta di saltare» replicò Diego secco, notando che si stava strofinando le costole di nascosto. «Cavalcherò io Piran fino alle scuderie.»

    Senza dare tempo a Rachel di discutere, si sistemò con abilità le staffe e saltò in sella. Piran di solito non accettava estranei, ma questa volta rimase docile come un agnello mentre Diego gli parlava in spagnolo. Quella voce dal timbro profondo era stranamente ipnotica: Piran drizzò le orecchie e subito dopo nitrì, come per rispondergli. Era un peccato che l’argentino non esercitasse lo stesso potere calmante su di lei.

    Gli aprì il

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