Complice la primavera: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Lindsay Armstrong
Dicono che l'Africa resti per sempre nel cuore di chi vi è nato... Lindsay Armstrong è nata in Sud Africa ed è cresciuta con tre ambizioni ben precise: diventare una scrittrice, vedere il mondo e diventare guardia forestale. Non è riuscita a realizzare il suo ultimo obiettivo, ma l'amore per la natura selvaggia e per l'Africa non l'ha mai abbandonata.
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Anteprima del libro
Complice la primavera - Lindsay Armstrong
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Millionaire’s Marriage Claim
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2005 Lindsay Armstrong
Traduzione di Cornelia Scotti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-789-0
1
La Range Rover grigia svoltò nella strada dissestata e Joanne Lucas scosse la testa mentre stringeva il volante con forza per evitare una buca profonda.
Certo, non aveva mai pensato che quel viaggio sarebbe stato una passeggiata, ma neppure aveva immaginato che l’entroterra del Queensland fosse tanto selvaggio e remoto! Per non parlare dell’allevamento di pecore al quale era diretta! Possibile che si trovasse così lontano da Charleville? aggiunse tra sé mentre rabbrividiva per il freddo che già da qualche minuto aveva iniziato a insinuarsi inesorabilmente dentro l’abitacolo.
Rallentò l’andatura e si guardò attorno con espressione preoccupata. Ovunque c’erano solo pascoli a perdita d’occhio. Di case, o fattorie, neppure l’ombra. Non che la cosa la stupisse più di tanto. Prima di partire si era informata su quei luoghi e sapeva che si trattava di una zona famosa per l’allevamento di pecore Murweh, la cui lana era molto pregiata. Ve ne erano ben ottocentomila, oltre a un numero imprecisato di mucche.
Restava però il fatto che lì intorno doveva esserci anche il possedimento al quale era diretta, che si chiamava Kin Can e che era di proprietà della famiglia Hastings, una delle più ricche di tutta l’Australia e una delle più apprezzate per la qualità della lana che produceva.
Aveva già percorso diversi chilometri da quando aveva visto, per puro miracolo in verità, il minuscolo cartello all’imbocco di quell’assurda strada sterrata. Joanne era davvero perplessa per la mancanza di un tragitto migliore. Possibile che un’azienda come quella degli Hastings avesse quell’unico accesso alla proprietà? Come potevano percorrere quell’orrido sentiero i camion che trasportavano il bestiame e la lana?
L’unica ipotesi che le veniva in mente era che la famiglia Hastings preferisse scoraggiare le visite indesiderate, anche se non le sembrava che quello fosse il metodo migliore.
La Range Rover affrontò con grinta una salita particolarmente ripida e Joanne sentì una morsa di agitazione afferrarle lo stomaco. Sarebbe mai riuscita ad arrivare a destinazione?
Quando raggiunse la cima del dosso e iniziò la discesa, Joanne spalancò gli occhi e schiacciò con forza il pedale del freno. Sulla pista di fronte a lei, un uomo in piedi bloccava il passaggio. E le puntava addosso una pistola!
Prima ancora di riuscire a pensare a cosa fare, lo sconosciuto era corso fino all’auto e aveva spalancato con forza la portiera.
«Senta lei, non può...» Le parole le morirono sulle labbra quando l’uomo la tirò fuori dall’abitacolo con uno strattone e la spinse con violenza contro il cofano della Range.
«Come ti chiami?» domandò lui con ferocia.
«Joanne, ma tutti mi chiamano Jo» balbettò lei.
«Proprio come pensavo, anche se mi aspettavo un Joe di sesso maschile. Immagino abbiano pensato che tu potessi sedurmi per farmi dire il luogo dove mi nascondo.»
Lo sconosciuto si interruppe mentre una luce ironica gli illuminava lo sguardo. La scrutò lentamente dalla testa ai piedi prima di aggiungere: «In realtà non hai davvero un aspetto molto femminile, Jo. Temo che l’ipotesi non regga».
Jo, che aveva ascoltato tutta quella tiritera in preda all’incredulità più totale, perse di colpo la pazienza e gli schiacciò la punta del piede con il tacco degli stivali con tutta la forza di cui era capace.
Lui non batté neppure ciglio. «Ho le punte rinforzate, tesoro» spiegò. «Non hai apprezzato il commento sulla tua mancanza di femminilità?»
Jo respirò a fondo e ammise tra sé che lui aveva ragione. Il che era assolutamente assurdo, vista la situazione nella quale si trovava. Non riuscì neppure a trattenersi dal lanciare uno sguardo al proprio abbigliamento e scosse piano la testa. Sfidava qualsiasi altra donna a essere sexy con addosso un paio di pantaloni di stile militare, una giacca imbottita e un cappellino di lana calcato in testa. In realtà, ammise con una punta di rammarico, c’erano molti uomini che, vista la sua statura e le sue spalle dritte, non la trovavano comunque femminile a sufficienza.
«Senta, chiunque lei sia» esordì Jo, «mi stanno aspettando alla casa padronale, quindi...»
«Lo so bene, Jo» rispose lui con espressione cupa, «solo che ora dovremo cambiare strada. Prima però fammi vedere cosa porti con te.»
Iniziò a palpeggiarla come i poliziotti che vedeva sempre alla televisione e lei tentò di sfuggire alle sue mani invadenti.
«Per favore, la smetta di toccarmi!» si ribellò Joanne, anche se con voce tremolante. «Non ho proprio niente, addosso.»
«Va bene, allora tirati giù i pantaloni, che controllo.»
«Ma lei è matto! Non ci penso neppure.»
«D’accordo, allora girati e appoggia le mani al cofano. Voglio perquisirti per capire se hai nascosto una pistola o un coltello da qualche parte.»
Jo restò a fissare l’uomo nella luce del giorno che stava calando e si domandò se per caso non stesse diventando pazza. O forse era solo un incubo dal quale si sarebbe risvegliata presto?
Peccato, perché quell’uomo sarebbe stato più adatto in un sogno erotico! Era alto, più di lei, con spalle ampie e forti. Indossava un maglione a coste di lana blu, uno di quelli che portano i marinai dell’esercito con le spalline in stoffa, un paio di jeans strappati, e aveva un fisico snello e tonico. I suoi corti capelli neri erano arruffati e aveva la barba appena un po’ troppo lunga. Nell’intenso sguardo blu si leggeva una luce determinata, ed era chiaro che si trattava di un tipo con il quale era meglio non avere alcun conto in sospeso.
Jo davvero non riusciva a capire cosa volesse quel tizio da lei. E chi fosse, soprattutto! Nessuno l’aveva avvertita della presenza di malviventi da quelle parti, anche se ogni tanto capitava di leggere sui giornali di furti nelle fattorie. La cosa strana era che lui aveva detto di aspettare un certo Joe.
«Allora, vuoi deciderti?» sbottò il suo aguzzino. «Non abbiamo tutto il giorno.»
Con le dita che le tremavano, Jo si slacciò il giaccone e iniziò ad abbassare i pantaloni. All’improvviso fu afferrata di nuovo dalla rabbia e, con gesti bruschi, tolse il giaccone, levò gli stivali e quindi si sfilò anche i calzoni. «Guarda pure, ma non permetterti più di toccarmi neppure con un dito» sbottò, lanciando allo sconosciuto occhiate di fuoco.
«Guarda un po’ cosa abbiamo qui» sussurrò l’uomo con espressione ammirata, mentre contemplava il corpo sinuoso messo in evidenza dal maglione attillato. «Belle gambe» aggiunse. «Quando si dice che non bisogna trarre giudizi affrettati...» Alzò lo sguardo divertito sul viso di lei. «Devo concedertelo, tesoro. In una situazione diversa avrei lasciato che mi seducessi. Adesso però girati.»
La rabbia di Jo era ormai alle stelle, ma lei si costrinse a restare calma. Dopo tutto, quell’uomo aveva in mano una pistola. Alzò le braccia sopra la testa e fece mezzo giro su se stessa. «Soddisfatto?» gli domandò da sopra la spalla.
«Sì.» Si irrigidì nel sentire le dita di lui che le toccavano i fianchi e sobbalzò quando l’elastico delle mutande schioccò contro la sua pelle. «Ah, il vecchio e igienico cotone. Su, andiamo adesso. Ci facciamo un giretto in automobile.»
Jo rimise pantaloni e giacca. «Un giro? Quanta strada dobbiamo fare?»
«Andiamo a...» Si interruppe di colpo. «Perché?»
Lei esitò, indecisa se confessare di avere sottostimato la distanza fino alla proprietà di Kin Can.
«Allora Jo, parla!» la incitò lui, agitando la pistola.
«Ho quasi finito la benzina.»
Lui imprecò tra i denti. «Accidenti alle donne!»
«Se non sbaglio, alla fattoria hanno una pompa, quindi...»
«Te lo hanno detto, a quanto pare. Purtroppo non ci potrà servire. Su, monta, che voglio controllare l’indicatore del carburante.»
Senza aggiungere una parola, Jo si sedette al posto di guida e accese il motore. La lancetta si mosse, poi si assestò proprio al limite con la linea rossa. L’uomo imprecò di nuovo. «Non c’è un serbatoio di riserva?»
«No.»
«Ma chi sei tu? Una delle loro donnine, costretta a fare da spalla pur di non venire maltrattata?»
«Ma di cosa stai parlando?» gridò Jo. «Tutta questa storia è senza senso.»
«Ti sbagli, tesoro» le rispose l’uomo in tono insolente, poi si carezzò la mascella in un improvviso gesto di stanchezza che durò solo un istante. «Okay, passiamo al piano B» disse cupo.
Dieci minuti dopo, Jo stava guidando la Range Rover lungo un sentiero anche peggiore del primo, seguendo le indicazioni dell’uomo seduto accanto a lei. A nulla erano valse le sue proteste e i suoi tentativi di spiegare chi era e cosa ci faceva lì. Lui non aveva voluto ascoltarla e lei aveva smesso di provare a convincerlo. Tutte le sue energie erano impiegate nel tentativo di tenere l’auto sul tracciato poco visibile davanti a lei, dato che non le aveva nemmeno permesso di accendere i fari anche se era quasi del tutto calato il sole.
«Eccoci arrivati» le disse, indicando un punto verso l’orizzonte. «Entra con l’auto in quel capanno sulla destra.»
Jo aguzzò la vista. Dove prima le era sembrato che ci fossero solo alcuni alberi, si accorse che si ergevano anche un paio di edifici. «Che cosa sono?»
«Sono i capanni per i mandriani» le spiegò.
«È qui che vivi?»
Lui scoppiò in una risata spiacevole. «Chi stai cercando di prendere in giro, Jo?»
Lei si irrigidì. «Non sto prendendo in giro nessuno! Non ho idea di cosa stia succedendo e non so nemmeno chi diavolo tu sia! Come ti chiami?»
Lui la fissò con espressione beffarda. «Visto che vuoi continuare questa farsa, perché non scegli un nome qualunque? Puoi chiamarmi Tom, oppure Harry. Come preferisci tu.»
«Ho un’idea migliore. Credo che Hitler ti si addica di più!»
«A quanto pare la signora ha gli artigli» dichiarò lui con voce suadente mentre le rivolgeva uno sguardo carico di apprezzamento e accendeva la luce nell’abitacolo.
«Puoi ben dirlo!»
Si guardarono cupamente mentre Jo tentava di nascondere la paura che provava e la confusione che regnava nella sua mente. Quell’uomo si comportava come un poco di buono, però qualcosa nel suo aspetto e nel modo di parlare contraddiceva l’impressione che voleva dare. Gli abiti che indossava, a esempio, erano sì rovinati e sporchi, ma si vedeva chiaramente che erano di ottima qualità.
Insomma, Jo era davvero perplessa e, non poteva negarlo, incredibilmente attratta da lui. Sotto la barba lunga si nascondeva il viso più