Misterioso e milionario: Harmony Collezione
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Tratta in salvo durante una terribile tempesta notturna, la timida Bridget Tully-Smith è la prima a restare sconvolta dal fatto di non aver saputo resistere al fascino del suo sconosciuto eroe, travolta dalla passione e dalla magia di quella straordinaria situazione. Tutto ciò che sa di lui è che è incredibilmente forte e sexy... almeno fino a quando, tre settimane dopo, non si ritrova fra le mani un giornale con la sua foto. L'uomo misterioso altri non è che Adam Beaumont, erede dell'omonimo impero.
Lindsay Armstrong
Dicono che l'Africa resti per sempre nel cuore di chi vi è nato... Lindsay Armstrong è nata in Sud Africa ed è cresciuta con tre ambizioni ben precise: diventare una scrittrice, vedere il mondo e diventare guardia forestale. Non è riuscita a realizzare il suo ultimo obiettivo, ma l'amore per la natura selvaggia e per l'Africa non l'ha mai abbandonata.
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Anteprima del libro
Misterioso e milionario - Lindsay Armstrong
1
Era una notte da lupi nell’entroterra della Gold Coast.
Senza nessuna avvisaglia, la tempesta estiva si era scatenata all’improvviso, cogliendo di sorpresa persino il centro meteo. Rovesci d’acqua e raffiche di vento flagellavano l’auto di Bridget Tully-Smith. La visibilità sulla stretta strada a tornanti tra le montagne della Numinbah Valley era notevolmente ridotta, nonostante la massima velocità dei tergicristalli.
Bridget era stata ospite di una coppia di amici che abitavano in una fattoria e aveva trascorso un fine settimana molto piacevole. L’amica aveva una bambina adorabile, un marito premuroso e la zona in cui era situata la loro casa era deliziosa.
In condizioni normali era sufficiente un’ora di macchina per tornare sulla Gold Coast ma, con l’oscurità che incombeva e la tempesta che imperversava, Bridget alla fine si perse. Si ritrovò a percorrere una stradina secondaria, poco più di un viottolo, proprio mentre il diluvio aumentava d’intensità, come se si fossero letteralmente aperte le cateratte del cielo.
Intravide dopo una curva una sorta di ponte, o quel che ne restava, dal momento che adesso la strada era spezzata in due da un torrente impetuoso. Fu costretta a frenare... e fu un errore imperdonabile.
Le ruote posteriori slittarono e l’automobile venne trascinata in acqua. In un attimo di lucidità Bridget si catapultò fuori dalla vettura ormai spazzata via dalla corrente e si trascinò con tutte le forze verso la terraferma.
Raggiunse un cumulo di pietre che facevano da supporto a un albero della gomma. Vi si aggrappò disperata e si guardò intorno inorridita. L’auto si era impennata, i fari illuminavano la scena, poi l’acqua la inghiottì e l’oscurità fu totale.
«Non posso crederci» mormorò scioccata. Mentre cercava di resistere alle raffiche di vento e alla pioggia torrenziale, udì un motore: un veicolo arrivava velocemente dalla direzione opposta.
Il conducente conosceva la strada? Era convinto che con la velocità sarebbe riuscito a superare il ponte? O guidava una quattro ruote motrici? Forse, ma Bridget non poteva far correre inutili rischi allo sconosciuto guidatore. Doveva avvertirlo.
Lasciò l’albero e corse in mezzo alla strada, agitando disperatamente le braccia. Indossava una giacca di cotone bianca e rossa e si augurò di essere visibile, anche se sapeva di essere ormai praticamente ricoperta di fango.
A posteriori riconobbe che niente avrebbe potuto evitare la tragedia. L’auto andava troppo veloce. Non frenò neppure. E, quando urtò il torrente d’acqua che aveva invaso il ponte, le ruote posteriori slittarono esattamente com’era successo a lei e la corrente impetuosa s’impossessò della vettura, trascinandola via.
Bridget si portò una mano alla bocca quando vide al finestrino i visi degli occupanti. C’erano dei bambini! Udì le loro grida quando i vetri s’infransero. Poi la vettura sparì alla sua vista.
Singhiozzando, s’impose di valutare la situazione con una certa lucidità. Aveva ben poche opzioni, anzi, nessuna. Il cellulare era rimasto nell’auto.
All’improvviso, però, alle sue spalle apparve un’altra vettura e questa volta il conducente frenò prima di raggiungere il ponte.
«Oh, grazie al cielo!» ansimò mentre gli correva incontro, scivolando sul terreno fangoso.
Un uomo scese dall’auto prima che lei potesse raggiungerla, alto, con addosso un paio di jeans, stivali e giacca a vento.
«Cosa diavolo succede?» l’apostrofò. «Cosa ci fa in mezzo alla strada?»
Bridget cercò di riprendere fiato ma, ansimando, riuscì solo a dire: «C’erano dei bambini nell’auto! Non hanno speranza con questo torrente in piena che spazza via le auto. Ha un cellulare? Il mio è in macchina. Dobbiamo avvertire...».
L’uomo scosse il capo.
«Ma chi diavolo non ha un cellulare ai nostri giorni?» lo assalì Bridget.
«Ho un cellulare, ma non c’è campo in questa zona.»
«Allora...» disse mentre si asciugava il viso fradicio di pioggia, «posso andare io con la sua auto a cercare aiuto mentre lei prova a fare qualcosa.»
L’uomo scosse di nuovo il capo.
Bridget era esasperata. «La smetta di scartare tutti i miei suggerimenti... perché diavolo no?»
Lo sconosciuto si prese un attimo per esaminarla. «Io non...» cominciò.
«Sì, invece!»
«Non ce la farebbe a tornare indietro. Sulla strada si rovescia una cascata a poca distanza da qui. Ha cominciato appena sono passato.»
S’interruppe per aprire il bagagliaio della Land Rover vecchio modello che guidava. «Vado a vedere cosa posso fare.» Estrasse una fune arrotolata, un coltello in una custodia di pelle che agganciò alla cintura, una piccola ascia e una torcia subacquea.
«Oh, grazie al cielo... Vengo anch’io.»
«No, lei resta qui.»
«Signor...»
«L’ultima cosa di cui ho bisogno è della presenza di una ragazza isterica. Ho una sola giacca a vento... quella che indosso...»
«Che importanza ha?» lo interruppe. «Non potrei essere più zuppa! E...» Bridget si eresse in tutta la propria rispettabile altezza, «non sono una ragazza isterica. Andiamo!»
Era un’impresa destinata all’insuccesso fin dall’inizio?, si domandò Bridget. Avevano fatto il possibile. Ma cercare di risalire il fiume d’acqua controcorrente su un terreno sdrucciolevole, sotto una pioggia torrenziale, con cespugli e alberi sradicati dal vento, era al di là delle possibilità umane.
Graffiata, scorticata, contusa e dolorante, senza la minima idea di dove fosse finita l’auto con i bambini, Bridget era esausta. Non c’era un solo muscolo che non le facesse male.
Forse per questo, in seguito a un ennesimo scivolone s’impigliò in uno steccato di legno al margine del letto del fiume. Un pezzo di legno s’incastrò nella cintura dei pantaloni e lei non riuscì a liberarsi per quanto si agitasse.
«Li tolga!» le urlò l’uomo, mentre puntava il fascio di luce della torcia alle sue spalle. Lei si guardò indietro e per poco non morì dalla paura quando scorse una parete d’acqua che si abbatteva nella sua direzione.
Non ci pensò neppure un attimo. Sgusciò fuori dai pantaloni, ma l’acqua la sommerse, e sarebbe stata trascinata via dalla corrente se l’uomo non fosse balzato accanto a lei, avvolgendole la fune intorno ai fianchi e riuscendo così a trascinarla in un punto relativamente sicuro.
«Oh, grazie. Mi ha salvato la vita» ansimò.
Lui non si prese la briga di rispondere. «Dobbiamo arrampicarci più in alto. Salga» le ordinò.
Lei riprese a salire. Entrambi si arrampicarono e, quando Bridget ormai aveva l’impressione che i polmoni le sarebbero scoppiati, lui finalmente decise di fermarsi.
«Qui... da questa parte» disse illuminando la zona. «Sembra una grotta.»
Era proprio una grotta, con pareti rocciose, terreno sudicio ed erbacce rampicanti ovunque. Bridget collassò al suolo.
Quando l’affanno si attenuò, riuscì a dire: «Pare che i salvatori debbano essere salvati».
«Succede spesso» replicò lui, posando la torcia su uno spuntone roccioso.
Bridget si mise a sedere e si guardò intorno. Non le piacevano gli spazi angusti, ma il pensiero di ciò che l’aspettava fuori attenuò la sua claustrofobia.
Per la prima volta si rese conto di essere praticamente svestita. Osservò le proprie gambe nude e la camicetta strappata che lasciava intravedere parte del reggiseno di pizzo. Di pizzo e... fango.
Alzò gli occhi e vide che il suo salvatore era in ginocchio e la osservava con una strana luce negli occhi azzurri. Era la prima volta che li notava.
Proprio mentre cominciava ad agitarsi per l’imbarazzo, lui distolse lo sguardo e cominciò a spogliarsi.
Lei lo osservò sospettosa mentre si toglieva la giacca a vento e poi la camicia di flanella a maniche lunghe, rivelando un torace muscoloso, punteggiato da peluria scura, e un paio di ampie spalle. Per un attimo gli occhi di Bridget non poterono celare l’ammirazione che lei aveva cercato di camuffare. Deglutì a fatica ed emise uno strano sospiro che rivelò il suo stato di inquietudine.
«Mi chiamo Adam» disse lui all’improvviso. «Perché non si toglie la sua camicia e mette la mia? È quasi asciutta. Io mi volto dall’altra parte.» Le gettò la camicia e fece come promesso.
Bridget toccò la camicia. Era relativamente asciutta ed emanava un rassicurante odore virile. Era una manna dal cielo, anche perché lei ormai aveva cominciato a battere i denti dal freddo.
Si tolse la camicetta e il reggiseno fradicio, poi indossò la camicia il più rapidamente possibile, abbottonandola con dita tremanti. Era troppo ampia per lei, ma se non altro era lunga e la faceva sentire decente. «Grazie, grazie! Ma lei starà bene senza?»
Lui le voltò la schiena e indossò di nuovo la giacca a vento. «Sto bene.» Si sedette. «Non intende presentarsi?»
«Oh, sì. Mi chiamo Bridget Smith.» Spesso usava solo una parte del suo doppio cognome piuttosto famoso. «Oh, no!» Si mise una mano sulla bocca e s’incupì quando, per la prima volta dopo la tragedia, pensò alla propria vettura. «La mia macchina!»
«La troveranno» cercò di tranquillizzarla lui. «Ma solo quando l’acqua si sarà ritirata... dovrà pur essere finita da qualche parte.»
«Ne è proprio convinto? I finestrini erano alzati, ma non ho avuto il tempo di chiuderla a chiave... ci sono tutti i miei documenti!» esclamò angosciata.
Lui arcuò un sopracciglio.
«Il cellulare, le carte di credito, la patente, le chiavi, la tessera sanitaria, per non parlare dell’auto stessa...» S’interruppe impotente.
«Per le chiavi si può richiedere un duplicato e nel caso della carta di credito basta bloccarla.»
L’espressione cupa di Bridget non si rasserenò.
«Immagino che lei sia la signorina Smith, no?»
Lei alzò le spalle. «Non necessariamente.» I suoi pensieri erano ancora tutti rivolti all’auto.
«Non porta la fede» puntualizzò lui.
Bridget esitò e smise di angosciarsi per auto e documenti per concentrarsi piuttosto sullo sconosciuto col quale era intrappolata in una grotta.
Poi frugò sotto la camicia ed estrasse una catena che portava al collo. C’era appesa una fede.
«Capisco... ma perché non la porta al dito?» inquisì.
Bridget sbatté le palpebre e si domandò come catalogare quell’individuo. Perché, benché fosse visibilmente attraente, alto e forte, restava il fatto che lei non sapeva niente di lui. E la cautela non è mai troppa, no? Quindi non era una cattiva idea inventarsi un marito...
«Sono dimagrita e mi stava larga.» L’ultima parte non era una menzogna.
«Allora, com’è questo signor Smith?»
Era una domanda mirata a distoglierle il pensiero dagli eventi traumatici?, si domandò Bridget. O aveva qualche dubbio?
«Per la verità, è adorabile per essere uno Smith» disse in tono leggero, e la menzogna le fluì dalle labbra con tanta facilità che lei sorrise soddisfatta. «È alto, anzi forse anche un pochino più di lei» proseguì. «E, naturalmente, mi è fedele.»
«Naturalmente.» Un sorriso illuminò quei fantastici occhi azzurri... un sorriso divertito