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Piccante sorpresa per il capo: Harmony Collezione
Piccante sorpresa per il capo: Harmony Collezione
Piccante sorpresa per il capo: Harmony Collezione
E-book161 pagine2 ore

Piccante sorpresa per il capo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Da invisibile assistente personale...
Cameron Hillier ha assoluto bisogno di una accompagnatrice per il lussuoso party di raccolta fondi al quale deve come ogni anno partecipare. Ma il tempo stringe, così finisce col riporre la propria attenzione sulla donna che è proprio sotto al suo naso, ossia la sua insignificante assistente personale, Liz Montrose.


... a reginetta del ballo!
Liz non avrebbe mai immaginato che i suoi doveri professionali potessero comprendere anche quel tipo di mansioni. Il vero problema, però, non è accettare la proposta di Cam, ma sapere di non potersi nascondere dietro gli abiti comodi e gli occhiali da secchiona che indossa ogni giorno, e nei quali seppellisce la sua prorompente sensualità.

LinguaItaliano
Data di uscita9 mag 2018
ISBN9788858982150
Piccante sorpresa per il capo: Harmony Collezione
Autore

Lindsay Armstrong

Dicono che l'Africa resti per sempre nel cuore di chi vi è nato... Lindsay Armstrong è nata in Sud Africa ed è cresciuta con tre ambizioni ben precise: diventare una scrittrice, vedere il mondo e diventare guardia forestale. Non è riuscita a realizzare il suo ultimo obiettivo, ma l'amore per la natura selvaggia e per l'Africa non l'ha mai abbandonata.

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    Piccante sorpresa per il capo - Lindsay Armstrong

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Girl He Never Noticed

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2011 Lindsay Armstrong

    Traduzione di Marta Draghi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-215-0

    1

    «Signorina Montrose!» gridò Cameron Hillier. «Dov’è la mia ragazza?»

    Liz Montrose inarcò un sopracciglio. «Non ne ho idea, signor Hillier. Perché, dovrei saperlo?»

    «Certo, è il suo lavoro. Non è lei la persona che si occupa dei miei appuntamenti?»

    Liz guardò Cam – così veniva chiamato il capo – con una certa tensione. Non lo conosceva bene. Lavorava lì da nemmeno due settimane e solo per una sostituzione temporanea. Eppure in così poco tempo aveva già capito quanto quell’uomo potesse essere difficile, esigente e arrogante.

    Cosa poteva fare lei, se la sua ragazza non si era presentata?

    Si guardò intorno, disorientata. Si trovavano nella stanza antistante l’ufficio di Cam, nonché regno della sua segretaria, Molly Swanson. La donna, grazie al cielo, porse il telefono a Liz, facendole poi strani segni dietro le spalle del capo.

    Lei prese la cornetta. «Verifico subito» disse quindi a Cam.

    Lui alzò le spalle e rientrò nel suo ufficio.

    «Come si chiama?» sussurrò Liz a Molly, mentre il telefono suonava libero.

    «Portia Pengelly.»

    Liz fece una smorfia. «La modella e star della TV?»

    La donna annuì, proprio mentre qualcuno rispondeva al telefono.

    «Ehm... Signorina Pengelly?» domandò Liz. Ricevuta conferma, continuò: «Signorina Pengelly, la chiamo per conto del signor Hillier...».

    Due minuti dopo riagganciò il telefono, sul volto un sorriso tirato che mal celava la disperazione.

    «Che cosa ha detto?» chiese Molly.

    «Che preferirebbe uscire con un serpente a sonagli! Come faccio a riferirgli una cosa del genere?»

    L’ufficio di Cam Hillier era molto minimalista: moquette verde, veneziane bianche alle finestre, una grande scrivania di rovere con una poltrona di pelle e due sedie abbinate.

    Liz lo trovava semplice e rilassante, benché i quadri alle pareti riproducessero due elementi delle varie – e non propriamente rilassanti – imprese che lo avevano reso multimilionario: i cavalli e le navi da pesca. C’erano dipinti di stalloni, giumente e puledri in cornici d’argento e paesaggi marini con pescherecci, reti a strascico e delfini.

    In assenza del capo, Liz aveva studiato quei quadri, scoprendo un leitmotiv ricorrente e molto curioso: Shakespeare. I tre stalloni di cui lui era proprietario portavano i nomi di Amleto, Prospero e Otello. Le navi si chiamavano Miss Miranda, La gioia di Giulietta, Come vi Piace, La retata di Cordelia e simili.

    Le sarebbe piaciuto sapere perché avesse scelto quei nomi, ma Cam Hillier non sembrava un tipo disposto a fare chiacchiere inutili. Era stata avvertita al riguardo ancor prima di incontrarlo. L’agenzia interinale che l’aveva ingaggiata l’aveva informata che si trattava di un uomo d’affari molto potente e per nulla facile da gestire, quindi, se avesse avuto dei dubbi su come affrontare un uomo del genere, non avrebbe dovuto prendere in considerazione quel lavoro.

    Le avevano detto inoltre che il suo ruolo avrebbe comportato lo svolgimento di varie mansioni, alcune anche fuori dell’ordinario. Ma lei aveva lavorato per molti uomini d’affari potenti e riteneva di essere in grado di gestirli con facilità. Certo, pensò, non le era mai capitato di dover dire al capo che la sua donna avrebbe preferito uscire con un serpente a sonagli...

    C’era un ulteriore dettaglio che rendeva Cam Hillier diverso da qualsiasi altro datore di lavoro che lei avesse mai avuto. Era giovane – doveva avere poco più di trent’anni – incredibilmente in forma e, come diceva l’impiegata dell’amministrazione, sexy in modo indicibile.

    Cosa poteva avere mai di così indicibile?, si era chiesta Liz quando aveva sentito per la prima volta quelle parole. Cam era alto e snello, aveva gambe lunghe, spalle larghe, folti capelli scuri e profondi occhi blu in un viso non precisamente bello. Vero, ma bastava uno sguardo di quegli occhi per far provare i brividi lungo la schiena a chiunque li guardasse.

    Anzi, con un certo fastidio Liz doveva ammettere di non essere del tutto immune alla poderosa presenza di Cam Hillier. Né riusciva a dimenticare il momento preciso in cui se ne era resa conto...

    Camminavano fianco a fianco nella calura di Sidney, su un marciapiede affollato. Erano a piedi, perché l’incontro di lavoro a cui dovevano partecipare si teneva a soli due isolati dall’ufficio. Il traffico era intenso e rumoroso e gli alti edifici del centro affaristico della città creavano un effetto canyon.

    Liz inciampò in un dislivello del marciapiede. Barcollò e rischiò di cadere, ma lui l’afferrò al volo, tenendola stretta con le sue mani forti, finché lei non ritrovò l’equilibrio.

    «G... grazie» balbettò.

    «Tutto okay?» La guardava con un sopracciglio alzato.

    «Sì» mentì lei. Perché non era affatto tutto okay.

    D’un tratto si era ritrovata profondamente colpita dal tocco di quelle mani, dalla vicinanza di quell’uomo, dalla sua statura, dalle sue spalle larghe, dai suoi capelli folti. Ma, soprattutto, era rimasta paralizzata dalle sconvolgenti sensazioni del suo corpo al contatto con Cam Hillier.

    Ebbe la prontezza di spirito di abbassare lo sguardo, in modo che lui non potesse leggervi le sue emozioni. Sarebbe stato mortificante arrossire o mostrare qualunque altro segno di confusione.

    Lui tolse la mano e continuarono a camminare.

    Da quel giorno Liz era stata molto attenta a non inciampare in presenza del capo e a non fare qualcosa che potesse scatenare di nuovo quelle sensazioni.

    Se Cam Hillier si era accorto di qualcosa, non l’aveva dato a intendere. Il che, ovviamente, era un bene. Non altrettanto positiva era invece quella vocina dentro di lei che contestava il suo atteggiamento gelido nei confronti di quell’uomo.

    Era rimasta sconvolta. Si era sempre detta che lo avrebbe odiato se lui avesse provato ad alterare seppur minimamente il rapporto capo-impiegata. Come aveva potuto anche solo pensare il contrario!

    Alla fine, però, aveva archiviato l’incidente come un’aberrazione momentanea. Pur non essendo riuscita a cancellarlo del tutto dalla sua mente.

    Ma con una certa sorpresa da parte sua – considerando le emozioni contrastanti che provava e il fatto che, pur essendo un capo terribile, Cam Hillier aveva un sorriso malizioso che nascondeva molte cose – Liz era quasi sempre riuscita a gestire il lavoro col suo solito savoir faire.

    Adesso, però, mentre alzava lo sguardo dai suoi documenti, lui non sorrideva affatto.

    «La signorina Pengelly...» esordì Liz deglutendo. La signorina Pengelly si scusa, voleva forse comunicargli? In tutta onestà, non poteva dire una cosa simile. La signorina Pengelly manda i suoi saluti, magari? Portia non si era espressa proprio in quei termini. «Ehm... La signorina Pengelly non verrà.» Disse soltanto.

    Cam Hillier aggrottò la fronte e imprecò fra sé. «Tutto qui?» chiese a Liz.

    «Ehm... più o meno.» Lei sentiva le guance prendere colore.

    Cam la studiò con attenzione, poi quel suo sorriso beffardo fece capolino per sparire immediatamente. «Capisco» disse serio. «Mi dispiace se la cosa l’ha messa in imbarazzo. Ma adesso... dovrà venire lei al suo posto.»

    «Neanche per idea!» ribatté Liz prima di potersi controllare.

    «Perché no? È solo un cocktail.»

    Liz respirò a fatica. «Appunto. Non ci può andare da solo?»

    «Non mi piace andare alle feste da solo. Vengo sempre assalito. Portia» disse con tono quasi esasperato, «era un ottima barriera contro le avance indesiderate. Bastava che le altre donne la guardassero e...» Alzò le spalle. «Be’, immagino trovassero la concorrenza troppo agguerrita.»

    Liz sbatté gli occhi. «Era solo a questo che...?» Si interruppe, meglio lasciar perdere. «Senta, signor Hillier» disse invece, «se la persona che sto sostituendo fosse qui, non l’avrebbe di certo accompagnata alla festa al posto di Portia, visto che Roger è un uomo...»

    «Vero» ammise il capo. «Ma lui sarebbe riuscito a trovarmi qualcun altro con cui andare.»

    Liz serrò le labbra mentre un pensiero disgustoso le si affacciava alla mente: una escort? «Be’, non posso aiutarla neanche in quel senso» disse secca, ferma sulla propria posizione. «E di certo non ho il potere di Portia Pengelly di... scoraggiare le assalitrici.»

    Cam Hillier si alzò e girò attorno alla scrivania. «Oh, non ne sarei così sicuro.» Si sedette sul bordo del mobile e studiò Liz, soffermandosi sui suoi capelli raccolti e sugli occhiali di tartaruga. «Lei è molto discreta, vero?» mormorò.

    «E questo cosa c’entra?» chiese Liz e, guardando l’abito di lino che indossava, elegante ma essenziale, aggiunse: «E comunque non sono vestita nel modo adatto!».

    Lui scosse le spalle. «Andrà bene. Anzi, gli occhi azzurri, i capelli biondi e l’abbigliamento severo le conferiscono un’aria glaciale che avrà lo stesso effetto dell’aspetto sexy di Portia.»

    Liz si sentiva esplodere di rabbia e dovette fare un paio di respiri profondi. Ma subito il desiderio di prendere Cam a schiaffi e andarsene fu sedato dal pensiero che quel mese di lavoro era pagato piuttosto bene e che, andandosene, si sarebbe messa in cattiva luce presso l’agenzia interinale.

    Lui la guardava, in attesa.

    Liz mormorò qualcosa fra i denti e poi, ad alta voce, disse in tono gelido: «D’accordo. Ma soltanto in qualità di sua impiegata. E... avrò bisogno di qualche minuto per sistemarmi». Il lampo di divertimento che notò negli occhi di lui non migliorò il suo umore.

    Cam si alzò e si limitò a dire: «Grazie, signorina Montrose. Lo apprezzo molto. Ci vediamo nell’atrio fra un quarto d’ora».

    Liz si lavò le mani e il viso nel bagno del personale, una sinfonia di marmo nero con ampi specchi ben illuminati. Era ancora piuttosto infastidita, e non solo. Si sentiva offesa sul serio e non vedeva l’ora di fargliela pagare!

    Si guardò allo specchio. Sceglieva di proposito abiti formali e semplici per il lavoro, ma non era così che vestiva fuori dell’ufficio. Aveva la fortuna di avere per madre una bravissima sarta e, guarda caso, l’abitino color avorio che adesso indossava, bene si accompagnava alla giacca che aveva appena fatto lavare e ritirato dalla tintoria quel giorno durante la pausa pranzo.

    La guardò con attenzione, tolse la plastica protettiva e la infilò. Aveva spalle ampie e scollo rotondo, segnava la vita ed era leggermente scampanata sui fianchi. Liz tirò un po’ su le maniche come voleva la moda del momento, ma non era quel dettaglio a dare nell’occhio. L’effetto era dato dal taglio e dal tessuto, un maculato nei toni del blu. Insolito e sensazionale.

    Sorrise nel notare quanto la rendesse diversa. Sembrava essere passata di colpo al technicolor, pensò. Adesso la sua immagine era molto più simile a quella di una donna che andava a un party piuttosto che a quella di un’impiegata. Be’, quasi.

    Si levò la giacca e tornò a guardarsi allo specchio. Con decisione sfilò i fermagli che le tenevano legati i capelli e una cascata d’oro le ricadde sulle spalle. Si tolse gli occhiali e mise le lenti a contatto, poi cercò nella borsa il piccolo beauty-case con i trucchi. Durante il giorno usava solo il minimo indispensabile, quindi non aveva molto con sé, ma un po’ di ombretto, del mascara e del lucidalabbra sarebbero stati sufficienti.

    A trucco concluso fece un passo indietro per guardare il risultato. La differenza era incredibile. Si spruzzò quindi una goccia di profumo, spazzolò i capelli e scosse la testa per dar loro un tocco spettinato. Infine rimise la giacca. Fortunatamente le scarpe erano di velluto grigio e si abbinavano perfettamente all’insieme.

    Si specchiò un’ultima volta, soddisfatta di ciò che vedeva. Ma, d’improvviso, si accigliò. Aveva davvero un’aria gelida? Se solo lui avesse saputo...

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