Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La danza del deserto: Harmony Collezione
La danza del deserto: Harmony Collezione
La danza del deserto: Harmony Collezione
E-book155 pagine1 ora

La danza del deserto: Harmony Collezione

Valutazione: 5 su 5 stelle

5/5

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il principe Khalid può vantarsi di non aver mai perso il controllo. Con un'unica eccezione: l'incredibile notte passata tra le braccia della ballerina Aubrey.

Una volta tornato a casa, per Khalid è un vero e proprio shock venire a sapere che lei aspetta il loro bambino, e ora non gli resta che reclamare il proprio erede. Ma se ottenere la custodia del figlio sarà un gioco da ragazzi per un uomo potente come lui, ben più complicato sarà conquistare il cuore della donna di cui si è irrimediabilmente innamorato.
LinguaItaliano
Data di uscita20 apr 2020
ISBN9788830512887
La danza del deserto: Harmony Collezione
Autore

Carol Marinelli

Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.

Leggi altro di Carol Marinelli

Autori correlati

Correlato a La danza del deserto

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su La danza del deserto

Valutazione: 5 su 5 stelle
5/5

1 valutazione0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La danza del deserto - Carol Marinelli

    successivo.

    1

    «Vostra Altezza, avete deciso se pronuncerete un discorso al funerale?»

    Il paparazzo gridò la domanda, appena lo sceicco principe Khalid Al-Zahan scese dall'auto di lusso.

    Il funerale di Jobe Devereux si sarebbe tenuto il giorno seguente.

    Stampa e televisioni erano radunate davanti alla proprietà del grande uomo sulla Fifth Avenue e catturavano le immagini delle personalità che venivano a dare l'ultimo saluto.

    Alcuni entravano lentamente, ansiosi di essere ripresi e immortalati, altri si affrettavano cercando di nascondere il volto.

    Altri ancora avevano preferito l'entrata di servizio.

    Khalid non aveva fatto né una cosa né l'altra.

    Era volato a New York da Al-Zahan su richiesta della famiglia e si era recato direttamente a casa di Jobe.

    Il giorno seguente Khalid si sarebbe presentato con un abito occidentale, i folti capelli scuri perfettamente in ordine e il volto rasato.

    Ma quella sera, portava le tracce del rifugio nel deserto che aveva lasciato e indossava ancora una tunica scura e la barba lunga.

    Khalid era un uomo molto affascinante, alto, possente.

    Nonostante il suo fisico notevole, si muoveva con grande eleganza e si diresse senza fretta verso la casa che ben conosceva, ignorando le domande dei paparazzi.

    Khalid sembrava non registrare nemmeno la loro presenza e sicuramente non aveva intenzione di degnarsi di rispondere loro.

    La sua mente era altrove, poiché non aveva perso solo un partner, ma anche un uomo che apprezzava e rispettava.

    Ma i giornalisti insistevano.

    «Chantelle sederà con la famiglia?»

    «Ci saranno presenze inattese?»

    «Vostra Altezza, è vero che il re di Al-Zahan sta per annunciare il vostro matrimonio?»

    Khalid fu particolarmente bravo a celare il fastidio per quell'ultima domanda.

    In realtà a casa, la pressione perché lui si sposasse era quasi insostenibile.

    Il fatto che ne fossero al corrente anche a New York era un fattore aggravante.

    La governante aprì la porta, lui entrò e si ritrovò in mezzo a una folla di persone.

    Venivano servite delle bevande, come se il funerale avesse già avuto luogo.

    Khalid non era lì per socializzare e fu accompagnato direttamente nello studio di Jobe.

    «Avverto Ethan che siete arrivato» disse la governante. «Sta parlando con il senatore.»

    «Gli dica che non c'è fretta.»

    «Avete bisogno di qualcosa?» chiese lei. «Non credo che lui ne avrà per molto.»

    «Va tutto bene, grazie» disse lui e mentre la governante si dirigeva verso la porta, Khalid aggiunse: «Barb, mi dispiace molto per la sua perdita».

    Lei gli rivolse un debole sorriso.

    «Grazie, Khalid.»

    Era un sollievo essere nello studio, lontano dalla folla.

    Khalid era ben avvezzo a fare conversazione, considerato il suo status reale, ma in quel momento non se la sentiva.

    Era curioso come una stanza di una casa così lontana dalla sua, potesse conservare così tanti ricordi.

    Il mappamondo di Jobe l'aveva sempre attratto.

    Era un oggetto di antiquariato e Khalid si divertiva a osservare le nazioni che non esistevano più, mentre la sua isola, indipendente dalla terraferma, si era conservata.

    E poi c'era il decanter dal quale Khalid aveva assaggiato per la prima volta dell'alcol.

    Su quella scrivania era stato abbozzato il progetto del Royal Al-Zahan Hotel.

    Era finito ormai.

    Un sogno impossibile, nato in quello studio.

    Khalid sollevò un fermacarte pesante e lo ricordò tra le mani di Jobe, una volta in cui da giovane era entrato nello studio.

    «Desiderava vedermi, signore?»

    «Quante volte devo ripeterti di chiamarmi Jobe? Lo fanno anche i miei figli.»

    Khalid invece chiamava suo padre con il titolo reale e si inchinava ogni volta che lo vedeva. Era difficile per lui abituarsi ai modi informali di casa Devereux.

    «Siediti, figliolo.»

    Khalid si era seduto, pur preferendo restare in piedi, certo che stava per arrivare una ramanzina.

    Aveva sedici anni, era a New York da un anno e lui ed Ethan avevano appena scoperto l'esistenza dei documenti falsi e delle ragazze.

    Indubbiamente il padre di Ethan l'aveva chiamato per rimproverarlo.

    «Non c'è un modo facile per dirtelo» esordì Jobe e si schiarì la voce. «Khalid, devi chiamare a casa.»

    «È successo qualcosa ai gemelli?» chiese il ragazzo, perché sapeva che sua madre stava per partorire.

    «No. Tua madre ha messo al mondo i gemelli questa mattina, ma ci sono state delle complicazioni. Lei è peggiorata e non sono riusciti a salvarla. Mi dispiace moltissimo dovertelo dire, Khalid, ma tua madre è morta.»

    Fu come se l'aria dello studio fosse stata risucchiata e il giovane Khalid ebbe l'impressione di non riuscire più a respirare.

    Non era possibile. Sua madre era una donna sana, sorrideva, rideva, amava la vita...

    Era per via della regina Dalila se Khalid si trovava a New York.

    «Chiama casa» insistette Jobe. «Devi dire a tuo padre che possiamo andare direttamente all'aeroporto e che ti accompagnerò io a casa.»

    «No» ribatté lui scuotendo la testa. Jobe non sembrava sapere che Khalid doveva arrivare con l'aereo reale. «Comunque grazie dell'offerta.»

    «Khalid, hai tutto il diritto di essere sconvolto.»

    «Signore, con tutto il rispetto, lo so. Ora chiamo il re.»

    Khalid si aspettava di essere lasciato solo, ma Jobe rimase seduto e fece la cosa più strana.

    Appoggiò i gomiti sulla scrivania in mogano e nascose il volto fra le mani.

    Khalid comprese che per Jobe era stato immensamente difficile dargli quella notizia. Soffriva per la madre del ragazzo, per il fratello di lui, Hussain, che aveva solo due anni e per i gemellini appena nati.

    Poi udì la voce del re.

    «Alab» disse Khalid.

    Padre.

    Fu un errore.

    «Sono il tuo re, innanzitutto» gli ricordò lui. «Non lo dimenticare mai, in particolare nei momenti difficili.»

    «È vero? È morta?»

    Il re confermò quella triste notizia e disse che però un erede si era salvato.

    «Questa mattina abbiamo celebrato la nascita di un nuovo erede per il regno di Al-Zahan.»

    «Quindi ha avuto un maschio e una femmina?» si sincerò Khalid.

    «Esatto.»

    «È riuscita a vederli? A tenerli fra le braccia. Ha capito cosa le stava accadendo?»

    «Che razza di domande sono queste? Io non ero con lei!»

    Quell'affermazione fu come una pugnalata per il ragazzo, che si lasciò sfuggire un sospiro, che il re ben interpretò.

    «Non ci saranno lacrime. Sei un principe, non una principessa. La gente deve ammirare la tua forza e non vedere un futuro re con le lacrime agli occhi.»

    Mentre a Khalid venivano ricordati i suoi obblighi reali, Jobe gli mise una mano sulla spalla.

    L'uomo non comprendeva cosa si stessero dicendo il ragazzo e il re che parlavano in arabo, ma continuò a tenere la mano sulla spalla del ragazzo, anche quando la telefonata si concluse.

    «Mi dispiace tanto figliolo. Supererai questo grande dolore. Anche Abe ed Ethan hanno perso la loro madre.»

    «Ma avevano voi, signore» ribatté lui.

    «Ci sarò anche per te Khalid» lo consolò Jobe.

    Aveva avuto modo di parlare con il re, un uomo gelido e anaffettivo e sapeva che Khalid non avrebbe trovato sostegno a casa.

    In quello studio Khalid aveva pianto sua madre.

    Aveva sedici anni, era disperato, spaventato e triste e Jobe gli aveva concesso di provare quelle emozioni.

    Jobe Devereux era l'unica persona che l'avesse visto in lacrime. Perfino da bambino, gli era stato proibito piangere.

    Khalid era stato figlio unico finché era un adolescente. Poi era nato Hussain, sollevandolo dall'incombenza di essere l'unico erede.

    E adesso che erano nati i gemelli, la loro madre non c'era più.

    Khalid aveva pianto.

    Quando l'aereo reale era arrivato, lui aveva ritrovato il suo contegno e non aveva mai più tolto quella maschera.

    «Khalid?»

    Si girò e si rese conto che non aveva udito Ethan entrare nello studio.

    Fece le condoglianze al suo socio in affari e amico, anche se non erano mai stati troppo intimi. In realtà, Khalid non aveva rapporti stretti con nessuno.

    «Grazie di essere venuto, Khalid.»

    «Non sarei mancato per nulla al mondo.»

    «Volevo dire questa sera. Quanto ti trattieni?»

    «Per due giorni.»

    «Devi partire così presto?»

    «Non posso mancare a lungo da casa» ribatté Khalid.

    «Allora apprezzo ancora di più che tu sia qui.»

    «Dimmi cosa sta succedendo?»

    «Molto e non può trapelare» ammise Ethan.

    Il principe era uno dei pochi ai quali svelare delle confidenze. Non avrebbe mai rivelato nulla a nessuno.

    Così Ethan gli raccontò quello che gli era stato rivelato dopo la morte del padre.

    La vita di Jobe Devereux era stata piuttosto movimentata e sempre ben documentata dalla stampa.

    Abe ed Ethan avevano sempre creduto di sapere ogni segreto del padre.

    Ma non era così.

    «C'era un conto del quale non conoscevamo l'esistenza.»

    Ethan aveva scoperto che il padre aveva una passione per il gioco d'azzardo e le ragazze facili. I lunghi fine settimana che diceva di trascorrere negli Hamptons, in realtà erano l'occasione per folleggiare a Las Vegas.

    La città del peccato.

    «Ci sono debiti?» chiese Khalid.

    Lui pensava sempre prima di tutto agli affari.

    Ethan scosse la testa.

    «No. In compenso c'erano diverse donne e un matrimonio del quale noi non sapevamo nulla.»

    «Un matrimonio?»

    «A quanto pare è stato sposato con una certa Brandy per settantadue ore. È successo dopo la prima moglie e prima di mia madre.»

    «Non conta» lo liquidò Khalid.

    «Potrebbe farsi avanti ora.»

    «Si può gestire» disse lui calmo. «Si era rimesso con Chantelle prima di morire?»

    «Non proprio» rispose Ethan con un gesto vago della mano. «Ma si vedevano

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1