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Fra le braccia del capo: Harmony Collezione
Fra le braccia del capo: Harmony Collezione
Fra le braccia del capo: Harmony Collezione
E-book156 pagine3 ore

Fra le braccia del capo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

La vita può cambiare, in una sola settimana.

Tegan Fielding accetta di prendere per una settimana il posto di Morgan, la sua gemella. Di nascosto. Niente di così difficile, vista la loro somiglianza, e visto che il suo futuro datore di lavoro starà lontano per tutto il tempo per concludere un affare all'estero. Ma una volta giunta sul posto, Tegan scopre con meraviglia che le cose stanno in maniera ben diversa: non solo James Maverick, il capo di sua sorella, non è affatto all'estero, ma è anche tremendamente sexy e disponibile! Resistere alla tentazione di lasciarsi andare fra le sue braccia è quasi impossibile, ma cosa succederà quando Morgan tornerà a casa e riprenderà il proprio posto?
LinguaItaliano
Data di uscita9 dic 2016
ISBN9788858958469
Fra le braccia del capo: Harmony Collezione
Autore

Trish Morey

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Fra le braccia del capo - Trish Morey

    successivo.

    1

    Maverick non sopportava i ritardatari. Gironzolò nell'anticamera che separava il suo ufficio da quello della sua assistente personale, ma non trovò altro che il monitor del computer sinistramente nero e il tremolio dei numeri sull'orologio digitale a evidenziare in rosso vivo l'enormità della sua inadempienza. Le nove e un quarto e ancora neanche l'ombra della ragazza!

    Dov'è finita? Era ancora arrabbiata perché le aveva negato una settimana di permesso? Oppure se la stava semplicemente prendendo comoda perché lo credeva fuori sede? Comunque stessero le cose, se si era messa in testa di comportarsi così in sua assenza, allora doveva tenersi forte per una bella sorpresa. Non la pagava fior fior di quattrini perché dormisse fino a tardi ogni volta che ne aveva voglia! Era una segretaria in gamba, ma nessuno era poi tanto in gamba.

    Con un grugnito di rabbia si girò e tornò in ufficio, sbattendosi dietro la porta. Il colpo secco echeggiò nella stanza, riverberando il suo umore nero. Al diavolo!, pensò lasciandosi cadere sulla poltrona e prendendo a strattonarsi la cravatta mentre la collera montava con il passare dei secondi.

    Adesso che la conclusione dell'accordo con una banca europea era stata sospesa a data da definirsi, bisognava assolutamente consolidare il contratto Rogerson, e alla svelta. Non poteva aspettare.

    E neanch'io!

    Ma allora dove si era cacciata quella benedetta donna? Dove diavolo era?

    Che mattinata! Sovrastando la musica riprodotta dall'iPod, Tegan Fielding sciorinò un'originale sfilza di imprecazioni contro l'universo in generale, e sua sorella in particolare, mentre le porte dell'ascensore si spalancavano sul lussuoso piano che l'avrebbe ospitata per tutta la settimana successiva.

    Senza interrompere quella filippica spaziò con lo sguardo sull'ambiente in penombra che la circondava, notando l'ufficio a pianta aperta sapientemente occultato appena oltre gli ascensori, e il resto del piano riservato ai locali per l'ufficio del capo. Tutto rispecchiava la descrizione di Morgan. Senza neanche controllare già sapeva che a sinistra, dietro l'ascensore, avrebbe trovato la cucina e il bar provvisti di tutto punto, e a destra i bagni. Almeno quelli pubblici, dato che ve ne era un altro adiacente agli alloggi privati di Maverick, che lui usava quando lavorava fino a tardi. Ma neanche morta si sarebbe avvicinata al suo territorio personale.

    Tra un bofonchio e l'altro assestò una manata a un pannello di interruttori della luce sulla parete, sbatté con violenza la borsa sulla scrivania e ne estrasse una confezione nuova di autoreggenti. Morgan l'aveva avvisata di stare attenta alla vecchia signora con il cancello rotto e ai due bastardini cuccioli ipersocievoli che vivevano accanto alla fermata dell'autobus, ma lei non si aspettava certo di incapparvi così su due piedi, e con simili conseguenze devastanti. Ora che si erano stancati e avevano trovato un'altra vittima da molestare, le calze di Tegan si erano irrimediabilmente smagliate e la gonna blu navy era diventata un tripudio di impronte di zampette, e a quel punto la signora Garrett aveva insistito per pulirgliela.

    Nel lasso di tempo impiegato dalla donna per cercare di operare qualche miracolo con l'acquaragia, Tegan aveva visto passare ben due autobus. Dopo una sosta obbligata in un negozio vicino all'ufficio per acquistare un cambio di calze, finalmente era arrivata.

    Alla faccia delle paturnie di Morgan sul fatto che sarei arrivata in ritardo! Le venne una risata ironica. Un maniaco della puntualità, era stata la definizione usata da Morgan per il suo capo, un vero despota quando si trattava di decurtare i minuti persi dallo stipendio dei suoi impiegati. Insomma, lei ce l'aveva messa tutta per arrivare puntuale, e comunque che importanza aveva? Tanto Maverick non c'era.

    Tirò fuori le autoreggenti bordate di pizzo e lasciò che la loro trasparente morbidezza le accarezzasse le mani. Non era riuscita a trovare la stessa marca di calze elastiche di cui traboccava un intero cassetto della cabina armadio di sua sorella gemella e l'unico motivo per cui aveva sborsato una barca di soldi per quel paio era che Morgan le pagava tutte le spese sostenute in quella settimana, oltre a una cospicua gratifica per il loro accordo segreto. Dopo tre anni passati a lavorare in un campo profughi dimenticato da Dio e dal mondo, e senza alcuna prospettiva di ritorno, se una paga decente era una tentazione rara, la sensazione di un paio di calze di seta sulla pelle era decadenza pura.

    Soffocò l'ennesimo senso di colpa per quella spesa folle. Non era stata che una debolezza, ma, vista la mattinata che aveva avuto, lo considerava un regalino più che meritato. Crollò sulla sedia e girò su se stessa, piegandosi di traverso rispetto alle porte dell'ascensore, nella remota eventualità che qualcuno ne uscisse. Più che remota, remotissima. Stando a sua sorella, infatti, a quel piano avevano accesso solo persone ufficialmente invitate e, con il capo dall'altra parte del mondo, le probabilità di essere interrotti da qualcuno si riducevano a zero.

    Proprio quello che Tegan desiderava.

    Lasciò cadere una scarpa décolleté sulla moquette e sollevò il ginocchio, arricciando le dita dei piedi nella stoffa trasparente che teneva fra le mani.

    La calza le scivolò sul piede, coprendo la caviglia come una seconda pelle. Si alzò la gonna attillata di Morgan e accompagnò la calza lungo la gamba fino al punto in cui la fascia di pizzo arrivava alla coscia.

    Niente male, pensò, flettendo e allungando le dita dei piedi verso il soffitto al ritmo della musica che le echeggiava nelle orecchie. Le piaceva la luminosità calda e dorata che la calza donava alla pelle. Fece ricadere la gamba e ripeté l'operazione con l'altra. Forse quella giornata non sarebbe stata uno spreco totale...

    Maverick non avrebbe dovuto guardare. Non aveva intenzione di guardare. Gli sembrava di avere udito il sibilo della porta dell'ascensore e un vago parlottio, così aveva socchiuso la porta dell'ufficio, pronto a dare una ripassatina alla sua segretaria ribelle. Un'occhiata a quell'incredibile stacco di gambe fasciate in qualcosa di setoso era bastata perché l'accaloramento diretto alle sue parole deviasse improvvisamente verso il basso.

    Rimase a guardare, pietrificato, mentre la seconda gamba seguiva la prima piegandosi verso l'alto e lei distendeva il ginocchio tirando adagio la stoffa quasi invisibile lungo la gamba. Lungo tutta quella lunghissima gamba.

    Un sospiro infervorato gli uscì dalle labbra. Chi avrebbe mai sospettato che Morgan Fielding avesse due gioielli simili sotto il suo abbigliamento castigato? Benché quel giorno non fosse poi castigato come al solito... I bottoni sul collo erano slacciati e lasciavano scoperta una rara porzione di pelle a forma di V sorprendentemente baciata dal sole, e i capelli di un colore indefinito, generalmente raccolti in una crocchia stretta, sembravano più sbarazzini e schiariti, con ciocche di ricci che sfuggivano alle forcine incorniciandole il viso e il collo, senza dubbio a causa del movimento oscillante della testa a tempo con ciò che sparava quell'aggeggio infilato nelle orecchie.

    Una mossa lo spinse a riportare lo sguardo sulle sue mani. Ogni dito giocherellava con il bordo di pizzo, raddrizzandolo appena. Pizzo fortunello, convenne.

    Poi la guardò passarsi i palmi su ogni gamba, accarezzando le calze dalla caviglia in su. Non che ce ne fosse bisogno, bene inteso. Dalla sua posizione non si vedeva neanche l'ombra di una piega.

    Che gambe perfette... da farci scivolare sopra la mano, in un viaggio suggestivo e invitante verso lidi più a nord. Cosa aveva di speciale quel giorno da richiedere un tale sfoggio di raffinatezza? Perché tutt'a un tratto Morgan esibiva pelle che lui aveva appena intravisto nei mesi passati? Di certo non è per me.

    Che stesse aspettando qualcuno? Il solo pensiero che un altro uomo potesse percorrere quell'autostrada sfavillante a due corsie stridette come una marcia ingranata male.

    Tirò un bel respiro profondo, ma invece dell'effetto refrigerante desiderato in quel momento, l'aria carica di ossigeno non fece altro che attizzare il fuoco raccoltosi nell'inguine, esacerbando ulteriormente l'irritazione di quella mattinata.

    Per la miseria!

    In un'altra occasione, e con un'altra donna, magari avrebbe anche apprezzato quell'ondata di eccitazione, ma qui si trattava di Morgan Fielding, la sua assistente personale, santo cielo! Non aveva mai guardato Morgan in quel modo. Non guardava le assistenti personali e basta, a prescindere da quanto fossero meritevoli i loro attributi. Tina lo aveva guarito da quella malattia molto tempo prima.

    Si schiarì la gola, sapendo che se non lo avesse fatto la voce sarebbe suonata troppo roca, troppo eloquente. E comunque, come diavolo potrebbe sentirmi con quegli affari nelle orecchie?, si chiese, staccandosi dalla porta.

    «Quando hai finito...!»

    Le ci volle non più di un secondo per reagire e rivolgergli tutta la sua attenzione, ma tanto bastò per scatenare il caos. Tegan saltò su dalla sedia e si girò verso di lui, abbassandosi nel contempo la gonna fino alle ginocchia e togliendosi le cuffiette dalle orecchie con un colpo secco.

    E così l'aveva spaventata. Bene! Anche se Maverick avrebbe scommesso che lo shock non era minimamente paragonabile a quello appena incassato da lui a causa delle sue gambe infinite.

    Subito dopo, quando ormai si aspettava di vederla ricomporsi nella solita Miss Efficienza, senza dubbio con una misera scusa per il ritardo, lo sguardo indignato di lei scomparve e gli occhi nocciola si spalancarono per la sorpresa mentre sbiancava in volto.

    «Tu!» La parola eruppe dalle labbra come un'accusa, le mani e i piedi che si univano in una danza forsennata alla ricerca delle scarpe, e la testa che oscillava tra lui e le porte dell'ascensore, trasmettendogli l'assurda impressione di essere pronta a darsi alla fuga in qualunque momento.

    «E chi stavi aspettando?» le chiese lui tra il serio e il faceto, piantando i pugni sulla scrivania. «L'Inquisizione spagnola?»

    Tegan si morse il labbro inferiore, lottando per domare il cuore impazzito. Se avesse potuto scegliere, avrebbe preferito di gran lunga l'Inquisizione spagnola a James Maverick. Che diavolo, l'Australia intera e metà del mondo sapevano che tipo era! Dal giorno del suo ritorno, tre settimane prima, non aveva fatto altro che incappare in un articolo dopo l'altro sul rampante uomo d'affari, dalla prima pagina dei giornali alla noiosissima sezione delle notizie economiche, passando per gli scatti vippissimi del chi esce con chi.

    Ma sapeva anche che non doveva essere lì!

    «Tu non...» protestò, la bocca improvvisamente arida. «Tu non dovresti essere in Europa? A Milano!» aggiunse con enfasi, quasi come se questo potesse farlo scomparire con uno schiocco delle dita.

    Maverick si protese sul tavolo verso di lei, gli occhi di un intenso color cioccolato più provocatori che turbati. Tegan deglutì a fatica. Non aveva mai considerato il marrone cioccolato un colore minaccioso, almeno non fino a quel momento: il suo sguardo rovente sembrava consumare persino l'aria della stanza. Sua sorella lo aveva definito un tiranno, il grande capo venuto dall'inferno. Purtroppo aveva tralasciato che era un grande pezzo di capo. Come aveva fatto Morgan a non notarlo? Emanava testosterone come un campo magnetico, e se lo

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