Una notte col milionario: eLit
Di Kate Hewitt
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Info su questo ebook
Ellery Dunant è l'ultima donna che ci si aspetterebbe di trovare fra le conquiste di un playboy come Lorenzo de Luca, e non solo perché ha già conosciuto uomini del genere. Eppure, nonostante sappia perfettamente che non c'è alcuna possibilità che lui provi un reale interesse per le donne che seduce, si trova spiazzata quando l'affascinante milionario comincia a flirtare con lei, e finisce per cedere alle sue avances. Anche Lorenzo però ha abbassato la guardia, e quello che doveva durare il tempo di una notte ora sembra non bastare più a nessuno dei due.
Kate Hewitt
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Una notte col milionario - Kate Hewitt
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Undoing of De Luca
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2010 Kate Hewitt
Traduzione di Maria Elena Vaccarini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-814-0
www.harlequinmondadori.it
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1
Quegli occhi erano di una sorprendente tonalità lavanda, decise Lorenzo.
«Lorenzo, hai sentito una parola di quello che ti ho detto?»
Lorenzo distolse con riluttanza lo sguardo affascinato dal volto della cameriera e tornò a rivolgere l’attenzione alla compagna. Nonostante il crescente interesse per la graziosa, giovane donna che gli aveva servito la zuppa, non capiva perché la sua assistente l’avesse portato in quel castello. Il luogo era in rovina.
Amelie Weyton picchiettò con le unghie perfettamente curate la superficie lucida dell’antica tavola da pranzo che sembrava adatta a una ventina di persone, mentre c’erano soltanto loro due. «Penso veramente che questo posto sia perfetto.»
Divertito, Lorenzo tornò a guardare la cameriera.
«Sì» mormorò. «Sono d’accordo.» Lanciò un’occhiata alla zuppa che gli aveva servito. Era del colore della panna fresca con una traccia dorata e un leggero aroma di rosmarino. Vi immerse il cucchiaio. Crema di pastinaca. Deliziosa.
Amelie picchiettò nuovamente con le unghie sul tavolo e Lorenzo vide comparire un minuscolo segno a forma di mezzaluna sulla superficie lucida. Con la coda dell’occhio, notò che la cameriera sussultava, ma quando alzò lo sguardo il volto della donna era inespressivo, come lo era stato dal momento del suo arrivo a Maddock Manor un’ora prima. Lorenzo intuiva di non piacerle.
L’aveva capito non appena aveva varcato la soglia. Lady Maddock aveva socchiuso gli occhi e arricciato il naso nonostante il sorriso di benvenuto. Ora lo guardò freddamente con gli occhi viola e Lorenzo capì di non avere fatto colpo su di lei. Chissà perché, quel pensiero lo divertì.
Era abituato a valutare le persone e a decidere se potevano essere utili oppure no. Era così che si era fatto strada fino ai vertici del mondo degli affari, e c’era rimasto. Lady Maddock poteva anche considerarlo un signor nessuno, pieno di soldi e senza un titolo, ma lui incominciava a trovarla molto interessante. E forse anche molto... utile.
A letto.
«Non hai ancora visto il giardino» continuò Amelie, assaggiando la zuppa. Lorenzo sapeva che non avrebbe mangiato più di uno o due bocconi del pranzo di tre portate che Lady Maddock aveva preparato per loro. Ellery Dunant era cuoca, cameriera e castellana di Maddock Manor. Doveva infastidirla non poco servirli, pensò Lorenzo con divertito cinismo. Sia lui sia Amelie avevano acquistato parecchio smalto, ma non avevano un titolo, i tipici arricchiti, e per quanto denaro avesse, niente gli avrebbe tolto di dosso la puzza dei quartieri degradati. Lo sapeva fin troppo bene.
«Il giardino?» ripeté, inarcando un sopracciglio. «È veramente così straordinario?» Lorenzo si rese conto della beffarda incredulità nel proprio tono dal modo in cui Ellery sussultò, e capì che aveva sentito anche lei.
Amelie uscì in una breve risata.
«Non so se sia il termine appropriato, ma sarà perfetto...» Dimenticata la zuppa, Amelie appoggiò i gomiti sul tavolo. Non aveva mai imparato realmente le buone maniere e gesticolò con forza, facendo cadere il bicchiere di vino sul tappeto orientale, antico e piuttosto consunto.
Lorenzo fissò impassibile il bicchiere, che perlomeno non si era rotto, e la macchia scarlatta che si stava allargando. Sentì inspirare bruscamente Ellery mentre s’inginocchiava davanti a lui e, con uno strofinaccio, cercava inutilmente di asciugare la macchia.
Osservò la testa china e i capelli di un biondo chiarissimo raccolti in uno chignon in uno stile un po’ antiquato ma che rivelava la carnagione chiara e delicata della nuca. Lorenzo provò l’impulso di posarvi le dita per vedere se la pelle era morbida come sembrava. «Credo che un po’ di aceto diluito tolga la macchia di vino» commentò educatamente.
«Grazie» rispose la donna con fredda cortesia. Aveva il tono tagliente della nobiltà inglese e quell’accento che non si poteva simulare. Lorenzo ci aveva provato una volta, per breve tempo, quando era stato mandato a Eton per un anno. Era stato deriso ed etichettato come un simulatore. Se ne era andato prima di sostenere gli esami, e prima di essere espulso. Non era più tornato in nessuna scuola. La vita gli aveva fornito l’istruzione migliore.
Ellery si alzò e Lorenzo colse il suo profumo. Solo che non era profumo, ma piuttosto l’aroma della cucina. Forse del giardino di una cucina, poiché sapeva di erbe selvatiche: rosmarino e una traccia di qualcos’altro, forse timo.
Delizioso.
«Intanto» dichiarò con voce annoiata Amelie, «potrebbe portarmi un altro bicchiere di vino?» Inarcò un sopracciglio perfettamente curato e curvò le labbra abbondantemente gonfie di collagene in un sorriso che non si curava di celare l’astio. Lorenzo sospirò. A volte Amelie riusciva a essere così... ovvia. La conosceva dai primi tempi di Londra, quando era solo un fattorino sedicenne in un grande magazzino. Lei lavorava nel negozio dove Lorenzo acquistava panini imbottiti per i dirigenti impegnati in riunioni. Si era raffinata abbastanza, ma non era mai cambiata del tutto, e Lorenzo dubitava che ci sarebbe riuscita.
«Non è necessario che tu sia così sgarbata» osservò quando Ellery ebbe lasciato la sala da pranzo.
Amelie scrollò le spalle. «È stata acida con me da quando sono arrivata, guardandomi dall’alto in basso. Si crede migliore di tutti gli altri, ma guarda questa topaia.» Lanciò un’occhiata sprezzante alla sala da pranzo con le tende sbrindellate e le macchie scolorite sulla parete dove c’erano sicuramente stati appesi dei dipinti. «Suo padre sarà anche stato un barone, ma questo posto è uno sfacelo.»
«Eppure hai detto che è straordinario» commentò seccamente Lorenzo, sorseggiando il vino. Nonostante lo stato della casa, il vino era decisamente di ottima annata. «Perché mi hai portato qui, Amelie?»
«Straordinario l’hai definito tu, non io. Non si può negare che sia in uno stato pietoso.» Amelie si protese in avanti. «Il punto è questo, Lorenzo. Il contrasto. Sarà perfetto per il lancio di Marina.»
Lorenzo inarcò un sopracciglio. Non vedeva come un castello decrepito fosse il posto adatto per il lancio della nuova linea di abbigliamento commissionata dalla de Luca, la sua catena di grandi magazzini esclusivi. Ma per questo Amelie era la sua assistente principale: possedeva intuito.
Lui aveva soltanto la determinazione.
«Prova a immaginare, Lorenzo. Splendidi abiti del colore delle gemme... risalteranno in modo sorprendente in questo ambiente tetro. È perfetto, questo accostamento di vecchio e nuovo, passato e futuro.»
«Sembra abbastanza realistico.» Lorenzo non era particolarmente interessato a foto artistiche, voleva soltanto che la nuova linea avesse successo.
«Sarà straordinario.» Il volto di Amelie si animò. «Fidati.»
«Immagino di sì» replicò Lorenzo. «Ma dobbiamo proprio dormire qui?»
Amelie rise leggermente. «Povero Lorenzo costretto ad adattarsi per una notte. Ci riuscirai?» Il suo sorriso divenne civettuolo. «Naturalmente conosco un modo più confortevole per entrambi...»
«Scordatelo, Amelie» ribatté seccamente lui. Ogni tanto Amelie tentava di portarselo a letto, ma Lorenzo non era così sciocco da mescolare il lavoro con il piacere, e capiva che quello di Amelie era solo un timido tentativo. Amelie era una delle poche persone che lo conoscevano da quando era una nullità, e questo era uno dei motivi per cui le concedeva tanta libertà. Tuttavia, anche lei sapeva che non doveva insistere.
A nessuno, in particolare a nessuna donna, era consentito quel genere di privilegio. Una notte, una settimana o poco più, era tutto ciò che Lorenzo concedeva alle sue amanti.
Lorenzo rivolse nuovamente la propria attenzione a Lady Maddock. Era tornata in sala da pranzo, il viso privo di trucco e inespressivo, con un bicchiere di vino in una mano e un litro di aceto nell’altra. Posò con cura il bicchiere davanti ad Amelie e poi, mormorando una scusa, s’inginocchiò di nuovo e incominciò a strofinare la macchia.
L’odore pungente dell’aceto raggiunse Lorenzo, rendendogli impossibile gustare il resto della zuppa.
Amelie emise un sibilo irritato. «Non può farlo un po’ più tardi?» chiese, fingendo di dovere spostare le gambe mentre Ellery strofinava la macchia.
Ellery alzò lo sguardo. Aveva le guance arrossate per lo sforzo e negli occhi c’era un luccichio di acciaio.
«Mi dispiace, signorina Weyton» rispose freddamente, «tuttavia se la macchia si asciuga non riuscirò più a toglierla.»
Amelie finse di esaminare il logoro tappeto. «Non credo che valga la pena di salvare quel vecchiume» commentò con sarcasmo. «Praticamente è già uno straccio.»
Ellery avvampò ancora di più. «Questo tappeto» ribatté con gelida cortesia, «è un Aubusson originale di quasi trecento anni. Devo dissentire da lei. Quasi certamente vale la pena salvarlo.»
«Diversamente da altre cose in questo posto, immagino?» replicò Amelie, spostando allusivamente lo sguardo sulle chiazze vuote sulla parete.
Ellery avvampò ancora di più, se possibile.
Appariva splendida, pensò Lorenzo. Se in un primo tempo l’aveva scambiata per un topolino timido, ora vedeva che aveva coraggio e orgoglio. Non che avesse molto di cui essere orgogliosa, ma era indubbiamente bellissima.
Con grazia, Ellery si alzò in piedi, prese la bottiglia di aceto e lo straccio. «Scusatemi» dichiarò e uscì rapidamente dalla stanza.
«Che bastarda» commentò Amelie, e Lorenzo provò una certa delusione per il fatto che se ne fosse andata.
A Ellery tremavano le mani mentre sciacquava lo straccio e rimetteva a posto l’aceto.
In preda alla collera e con i pugni serrati, camminò su e giù per la cucina, inspirando profondamente nel tentativo di calmarsi.
Li aveva trattati male e quei due erano suoi ospiti. Era così difficile ricordarlo, accettare le loro frecciate e i commenti maleducati. Pensavano che pagare qualche centinaio di sterline desse loro ogni diritto, ma non era così. Loro davano denaro mentre lei dava la vita, il sangue, per quel posto. E non sopportava che ne parlassero nel tono usato da quella donna insensibile, arricciando il naso per i tappeti e i tendaggi.
Ellery sapeva che erano consunti, ma questo non li rendeva meno preziosi per lei.
Aveva provato antipatia per Amelie Weyton dal momento in cui era arrivata quel pomeriggio a