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Fuga tra le sue braccia: Harmony Destiny
Fuga tra le sue braccia: Harmony Destiny
Fuga tra le sue braccia: Harmony Destiny
E-book170 pagine3 ore

Fuga tra le sue braccia: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Scapoli 1/6
Amori appassionati e nuovi scandali nel club più esclusivo d'America.

Quando Shelby Arthur, nella sua folle corsa per fuggire dall'altare e da uno sposo sbagliato, finisce tra le braccia del sensuale milionario Caleb Mackenzie, guardando i suoi occhi blu capisce che non avrà scampo. Caleb le offre di restare ospite nella sua lussuosa tenuta finché non avrà ritrovato il controllo di se stessa e della situazione. Tuttavia, la convivenza sotto lo stesso tetto fa nascere nei due una passione incontrollabile...
Caleb potrebbe essere l'uomo giusto incontrato al matrimonio sbagliato, oppure Shelby dovrà di nuovo darsi alla fuga?
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2019
ISBN9788830507647
Fuga tra le sue braccia: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Fuga tra le sue braccia - Maureen Child

    successivo.

    1

    «Io odio i matrimoni.» Caleb Mackenzie fece scorrere l'indice all'interno del colletto della camicia, ma servì a poco; la cravatta lo stava soffocando, e il desiderio di trovarsi ovunque, tranne che in quel luogo, in quel momento, era insopprimibile. «Sono troppo elegante per la mia impiccagione.»

    Caleb non era un patito degli abiti. Certo, ne aveva un'ampia selezione dato che ne aveva bisogno per gli incontri e le riunioni d'affari; tuttavia si sentiva molto più a suo agio con un paio di jeans, una camicia comoda e i suoi stivaletti preferiti: l'abbigliamento ideale per gestire il suo ranch, il Double M. Eppure, man mano che il ranch cresceva, sempre più spesso si ritrovava costretto a indossare le odiate giacche e cravatte, perché la crescita implicava incontri con banchieri e investitori, e sul loro terreno.

    In quel momento, però, avrebbe dato qualunque cosa per trovarsi in sella a un cavallo al trotto verso i pascoli aperti. Caleb sapeva che i suoi cowboy avrebbero portato a termine i loro compiti, ma c'erano gli stagni del bestiame da controllare, una cavalla gravida che stava tenendo d'occhio e un campo di grano ancora da mietere e immagazzinare.

    Invece, si ritrovava lì, sotto il sole texano, in un abito elegante con stivaletti neri belli lucidi.

    Tirò la falda dello Stetson grigio sugli occhi e lanciò un'ulteriore occhiata alla gente che lentamente procedeva verso il Texas Cattleman's Club per la cerimonia e il ricevimento.

    Se avesse potuto, avrebbe lasciato la città. Ormai era troppo tardi, però.

    «Non lo dire a me, amico.»

    Caleb fece un cenno con il capo in direzione dell'amico, Nathan Battle. Se proprio doveva essere lì, perlomeno era in compagnia.

    Nathan calcò il cappello da cowboy in testa e guardò torvo la bella moglie molto incinta che chiacchierava con un gruppetto di amici. «Scommetto che Amanda gode quando devo mettermi in ghingheri.»

    «Le donne saranno la nostra fine.» Caleb sospirò e tornò ad appoggiarsi al suo furgoncino. Per quanto facesse caldo, non aveva nessuna fretta di entrare e accomodarsi per la cerimonia. Quando poteva scegliere, sceglieva sempre di stare all'aperto, libero sotto il cielo. Anche in una giornata afosa di agosto... sempre meglio che essere intrappolato al chiuso.

    «Forse, ma non sarebbe poi così male, come fine.» Nathan strinse gli occhi, voltandosi verso di lui. «Ma tu cosa ci fai, qui? Non hai una moglie che ti costringe a fare quello che non hai voglia di fare.» Non appena le parole gli furono uscite di bocca, però, avrebbe voluto rimangiarsele. «Scusa, amico. Non ho azionato il cervello.»

    «Nessun problema.» Caleb strinse i denti e ingoiò il nodo di umiliazione che di tanto in tanto tornava ancora a minacciare di soffocarlo. Il problema delle piccole cittadine era che non solo tutti sanno cosa fanno tutti. Nessuno dimentica un accidente. Erano passati quattro anni dal suo non-matrimonio e a Royal se lo ricordavano ancora tutti.

    Del resto, lui non se l'era certo dimenticato.

    Incredibile, davvero. Negli ultimi anni la città aveva visto tornado, tempeste assassine, ricattatori e persino un uomo tornato dal mondo dei morti. In qualche modo, però, il ricordo del matrimonio saltato di Caleb era rimasto vivo, nonostante tutto.

    Nathan cambiò posizione, evidentemente a disagio. «Avresti dovuto indossare la divisa.»

    Come sceriffo, Nathan raramente portava abili civili; lo si vedeva sempre nella sua uniforme color kaki, con tanto di distintivo, in giro per la città a parlare con tutti e a tenere d'occhio tutto. «Già» sbuffò lui, «peccato che Amanda non fosse d'accordo.»

    Un sorriso gentile gli curvò le labbra e, per giusto un paio di secondi, Caleb provò un moto di invidia. «Quando nasce il bambino?»

    «Il mese prossimo.»

    «A quanto siamo arrivati, a questo punto?» aggiunse poi pur conoscendo benissimo la risposta.

    Nathan gli rivolse un sorrisetto, ammiccando. «Con questo siamo a quattro.»

    Due gemelli di quattro anni, una bimbetta di due e ora questo. «E quanti pianificate di averne?»

    L'amico scrollò le spalle. «Chi dice che ci sia una pianificazione? Mandy adora i bambini, e devo ammettere che a me piace farli.»

    Matrimonio. Famiglia. Tutto ciò gli era sfuggito quattro anni prima. E ora che Nathan glielo aveva ricordato, Caleb si chiese quanti figli lui e Meg avrebbero potuto avere, a quel punto, se le cose fossero andate come si era aspettato. Invece la sera prima del matrimonio, Meg era scappata con il fratello di Caleb, Mitch. Ora i due vivevano nel ranch di famiglia con i loro due gemelli di tre anni; maschietto e femminuccia scorrazzavano in lungo e in largo per il ranch e Caleb aveva riversato su di loro tutto l'affetto che avrebbe provato per dei figli suoi.

    C'era ancora tensione tra lui e il fratello, per non parlare di Meg. Tuttavia adorava quei bambini più di quanto avrebbe pensato possibile.

    «Mitch e Meg sono ancora fuori città?» gli domandò Nathan guardandosi intorno come se si aspettasse di vederli arrivare.

    «Già. Sono andati a trovare i genitori di Meg.» E Caleb si stava godendo la pausa.

    «Ecco un bel sistema per saltare un matrimonio estivo.»

    «Eh già.» Caleb allentò appena la cravatta. Cominciava a sciogliersi, lì sotto il sole. Adocchiò il cielo, osservando qualche nuvola bianca che pigramente lo attraversava. «Ma chi diavolo può organizzare un matrimonio in agosto? Fa un caldo infernale.»

    «Sai come sono i Goodman» gli ricordò Nathan. «Il vecchio è convinto di sapere tutto e gli altri si mettono sull'attenti, tutti tranne Brooke. Probabilmente è stata una sua idea, voleva che ne parlasse l'intera città.»

    Sembrava proprio un ragionamento da Simon Goodman. Era l'avvocato di Caleb, più per inerzia che per altro: era stato l'avvocato di suo padre e quando il vecchio Mackenzie era morto, Caleb semplicemente non si era dato la pena di cambiare le cose. Perciò era stata la sua indolenza a portarlo a quella situazione. A dire il vero, Caleb di solito evitava di partecipare a qualunque matrimonio, dato che inevitabilmente rinfrescava dei ricordi che invece avrebbe preferito seppellire.

    «Comunque» riprese Nathan, superando l'impasse, «io sono lo sceriffo: praticamente sono costretto a partecipare a questi eventi cittadini. Tu perché diavolo sei venuto?»

    Caleb sbuffò. «Fosse per me l'avrei evitato, ma Goodman è ancora l'avvocato del ranch. Non potevo mancare al matrimonio di suo figlio Jared.» Però avrebbe corretto la cosa, ben presto. Alzò le spalle. «Se Mitch e Meg fossero stati in città avrei costretto mio fratello a partecipare al posto mio. Dato che loro non ci sono, tocca a me.»

    E gli stava bene, considerò, per aver trascurato la situazione. Non avrebbe mai dovuto riconfermare Simon. Lui e il padre di Caleb erano stati grandi amici... il che lasciava intendere che tipo di persona fosse.

    Solo che tra la conduzione del ranch e l'espansione del campo ricco di petrolio scoperto appena venti anni prima, Caleb era stato troppo impegnato per preoccuparsi di un avvocato con cui doveva parlare solo qualche volta all'anno.

    «Dato che sei qui» disse decidendo di cambiare argomento, «significa che al comando c'è il tuo vice, giusto?»

    Nathan fece una smorfia. «Già. Jeff se la può cavare.»

    Caleb scoppiò a ridere. «Certo, è chiaro dalla sicurezza del tuo tono di voce.»

    Con un sospiro, Nathan tolse il cappello per passarsi una mano tra i capelli. «Ora che Jack è andato in pensione, ho bisogno di un altro vice e Jeff Baker funziona. È solo che è di Houston e ci sta mettendo un po' ad abituarsi alla vita di una piccola cittadina.»

    Caleb l'aveva già sentito. Jeff era sulla trentina e un po' troppo rigido per Royal; negli ultimi sei mesi, il vice sceriffo aveva fatto più multe per eccesso di velocità di quante Nathan ne avesse comminate in tutta la sua carriera. Inutile dire che Jeff Baker non si stava facendo troppi amici.

    «Diavolo» protestò Caleb, «vivo qui da sempre e non mi ci sono ancora abituato.»

    «Sottoscrivo» replicò Nathan, lasciando vagare lo sguardo in direzione degli amici. «Il problema è che sto ricevendo parecchie lamentele per le multe fatte da Jeff.»

    Caleb rise di nuovo. «Tanto non farà rallentare nessuno.»

    «Forse no» concordò l'amico, «ma continuerà a provarci.»

    «Questo è certo.» Caleb guardò in direzione di Amanda, e vide che agitava una mano. «Penso che tua moglie richieda la tua presenza.»

    Raddrizzando le spalle, Nathan sospirò pesantemente. «Ci siamo, allora. Si comincia. Ci vediamo al ricevimento?»

    «Non penso proprio. Non appena riesco, me la svigno per tornare al ranch.»

    Un altro sospiro. «Fortunato bastardo.»

    Caleb sogghignò mentre l'amico si allontanava in direzione del Texas Cattleman's Club. Era un edificio su un piano, di forma irregolare, con un alto tetto di ardesia. Era parte integrante di Royal, lo era stato per generazioni, e ospitava celebrazioni di ogni genere. Quel giorno toccava a un matrimonio al quale Caleb avrebbe dovuto partecipare di lì a pochi minuti.

    Shelby Arthur fissò il proprio riflesso nello specchio e si riconobbe a stento. Probabilmente tutte le spose si sentivano allo stesso modo, il giorno del loro matrimonio, per lei, però, la sensazione fu terrificante.

    I lunghi riccioli rosso scuro erano stati raccolti per scendere al centro della schiena; il velo si gonfiava intorno alla testa e gli occhi verdi guardavano torvi l'abito che detestava: una quantità ridicola di tulle bianco la faceva sembrare un marshmallow gigante con una rete ingarbugliata tutt'intorno. L'abito era stato scelto dalla sua imminente suocera. Aveva insistito che i Goodman avevano una reputazione da mantenere, a Royal, e il semplice vestito senza maniche che Shelby aveva scelto non sarebbe stato all'altezza.

    Perciò si ritrovava a fissare un'estranea che indossava un abito antiquato con lunghe maniche di pizzo, stretto in vita, gonna lunga e pomposa e una scollatura così alta da darle l'impressione di soffocare.

    «Grazie al cielo c'è l'aria condizionata» borbottò; altrimenti, in quel cocente caldo texano, sarebbe stata poco più di una pozzanghera ricoperta di tulle spalmata sul pavimento. Si voltò per guardarsi la schiena e non poté trattenere un sospiro; sembrava una di quelle bambole all'uncinetto che la nonna era solita realizzare per nascondere i rotoli di carta igienica di riserva.

    Shelby stava per sposarsi in un abito che odiava, un velo che non voleva, con un uomo che non era sicura di apprezzare, tanto meno di amare. Come era arrivata a quel punto?

    «Oddio, cosa sto facendo?» Il sussurro le uscì tirato.

    Aveva lasciato la sua casa a Chicago per sposare Jared Goodman. Quando era rientrato in Texas, però, sotto l'egemonico controllo del padre, Jared si era trasformato in una persona che lei non conosceva. Il colpo di fulmine si era trasformato in un incubo nel quale era rimasta intrappolata.

    Prese un profondo respiro e rilasciò il fiato prima di rivolgersi allo specchio. «Cosa stai facendo?»

    «Bella domanda.»

    Shelby sussultò, sorpresa dalla comparsa improvvisa della madre dello sposo. Margaret Goodman era alta e dolorosamente magra; il viso era tutto spigoli e gli occhi azzurri piccoli e severi. I capelli biondi stavano ingrigendo ed erano raccolti in uno chignon decorato da un cerchietto di boccioli gialli. L'abito beige che indossava era elegante ma sembrava vecchio, ed era così vicino al colore dei capelli e della pelle che la donna semplicemente spariva tra i vestiti.

    Magari, pensò Shelby.

    «Dovresti avere il velo calato sul viso» la riprese Margaret, affrettandosi a sistemarlo come di dovere.

    Mentre il velo le oscurava la vista, Shelby ebbe un improvviso attacco di panico, come se non riuscisse a respirare attraverso quell'abominevole tenda di tulle, perciò lo tirò di nuovo indietro. Prendendo un profondo respiro, iniziò: «Mi dispiace, io non posso...».

    «Puoi.» Margaret fece un passo indietro, la esaminò da cima a fondo, quindi si spostò per strattonare una piega della gonna. «Vogliamo un'aria molto tradizionale e molto casta. È sconveniente che un matrimonio avvenga tanto in fretta. In città se ne parlerà per mesi, saranno tutti in attesa di vedere un pancione.»

    Shelby inspirò una boccata d'aria. «Ve l'ho già detto: non sono incinta.»

    «Lo sapremo presto, no?» Un sopracciglio biondo pallido si arcuò sopra gli occhi azzurri. «La famiglia Goodman ha una certa reputazione in questa città e mi aspetto che tu ti esima dall'infangarla.»

    «Esimermi?» Ma chi parlava ancora così? Shelby ebbe l'impressione di essere precipitata in un universo parallelo, e all'improvviso sentì acutamente la mancanza di Chicago, dei suoi amici, della sua vita... tanto da star male.

    Trasferirsi in Texas con un

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