Camici e segreti: Harmony Bianca
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Nonostante sul posto di lavoro sia fredda e impeccabile, in realtà l'unica preoccupazione di Penny Masters è quella di costruirsi una famiglia. E per riuscirci è disposta a tutto, anche a concepire un figlio grazie a un donatore anonimo. L'unico vero ostacolo da superare sarà tenere il capo all'oscuro dei suoi progetti: Ethan Lewis è un professionista, un medico eccellente, ma non approverebbe la sua decisione e Penny è sicura che farebbe di tutto per ostacolarla. E poi c'è un altro motivo per cui lo vuole tenere a distanza. Forse sarà colpa degli ormoni, ma da qualche tempo ha l'impressione che il suo sguardo malizioso la stia spogliando con gli occhi.
Carol Marinelli
Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.
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Anteprima del libro
Camici e segreti - Carol Marinelli
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Secrets of a Career Girl
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2013 Carol Marinelli
Traduzione di Claudia Cavallaro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-733-3
Prologo
Eppure, ai pazienti piaceva.
Ethan Lewis, primario del reparto di pronto soccorso, alzò lo sguardo su un’anziana signora sulla sedia a rotelle, che una donna più giovane stava spingendo verso la postazione delle infermiere per chiedere se quel giorno Penny Masters fosse di turno.
L’anziana teneva in mano un sacchetto di medicine e un barattolo di cioccolatini.
«Credo che sia in pausa pranzo» rispose Lisa, la caposala. «Provo a chiamarla.»
«No, non la disturbi. La mamma voleva soltanto darle questi per ringraziarla... è stata davvero fantastica quando la mamma è stata ricoverata.»
«Non è un problema» disse Lisa alzando un telefono. «Di solito, resta in ufficio durante la pausa.»
Sì, pensò Ethan. Al contrario di tutti gli altri, che mangiavano nella stanza del personale, Penny restava rintanata in ufficio per rimettersi in pari con il lavoro. Era tutto il giorno che cercava di parlarle, ma cominciava a rendersi conto che non sarebbe stato affatto facile.
Lavorava al Peninsula Hospital ormai da più di tre mesi. L’ospedale si trovava vicino alla baia e forniva i suoi servizi anche alle periferie più esterne di Melbourne. Di solito il pronto soccorso era abbastanza tranquillo.
Di solito.
Vide Penny avvicinarsi. Impeccabile come sempre, minuta e aggraziata, i capelli biondi e dritti legati alla nuca, portava un vestito blu scuro con maniche trequarti, senza abbottonatura, e delle scarpe basse eleganti. L’equivalente femminile di un completo maschile, cosa piuttosto insolita da quelle parti... la maggioranza del personale, Ethan compreso, preferiva la comodità e la praticità delle divise chirurgiche. Penny, però, era sempre vestita con eleganza in qualsiasi occasione.
«Signora Adams, che piacere vederla così in forma.»
Ethan assistette all’incontro con l’ex paziente di cui, senza che nessuno glielo avesse detto, Penny ricordava il nome. Il saluto era cordiale, ma il sorriso era molto professionale e non ci furono contatti fisici. In modo educato, Penny chiese alla signora Adams come stava e rispose con semplicità alle domande della figlia riguardo alle cure mediche che la madre avrebbe dovuto fare una volta tornata a casa.
«Grazie, è stata molto gentile a spiegarmi tutto» disse la giovane. «Mi seccava dover continuamente chiedere all’infermiera quello che non capivo.»
«Lei deve continuare a chiedere.»
Sì, i pazienti amavano Penny.
A loro non importava che fosse meticolosa e molto rigida riguardo alle terapie da seguire.
Era il personale ad avere difficoltà con lei... se Penny voleva i valori ogni quindici minuti, in caso di ritardi non accettava scuse. Se ordinava analgesici, non le interessava che ci fosse la coda al carrello dei farmaci o che nessuno fosse disponibile per controllare la dose, perché al suo paziente servivano immediatamente.
Penny accompagnò le due donne all’uscita, dove si fermò ancora qualche minuto a parlare con loro. Mentre rientrava al reparto, fu chiamata da Jasmine, un’infermiera che si dava il caso era anche sua sorella.
«Che cosa ti hanno portato?» chiese Jasmine.
Penny abbassò lo sguardo sul barattolo che aveva in mano. «Noci di macadamia ricoperte di cioccolato» rispose togliendo il cellophane.
«Le lascio qui a disposizione di tutti» aggiunse.Non era particolarmente cordiale nemmeno con la sorella, pensò lui guardando Penny mettere le praline sul banco e andarsene. Se qualcuno non glielo avesse detto, mai avrebbe pensato che le due fossero sorelle.
Jasmine era scura di capelli e ben fornita di curve, Penny era bionda e piuttosto magra. Jasmine sorrideva ed era affabile, mentre Penny era molto più circospetta e scostante. Ethan la chiamò prima che si allontanasse di nuovo. «Posso scambiare due parole con te, Penny?»
«Veramente, sarei in pausa pranzo» rispose lei.
Da buon Toro, Ethan cominciò ad alterarsi, gli occhi gli lampeggiarono e, se avesse avuto delle corna nascoste sotto i folti capelli neri, Penny le avrebbe intraviste per la prima volta. Ethan si lasciava irritare facilmente, ma Penny aveva buone chance di riuscirci. Ethan aveva sempre saputo che accettando quel posto ci sarebbero stati dei problemi... lo avevano preferito ad altri due candidati con più anzianità di servizio.
Uno dei due era il nuovo marito di Jasmine, Jed, l’altra era Penny.
Quando gli avevano offerto il posto, era stato colto alla sprovvista. Solo in seguito aveva saputo che Jed era stato assunto da un altro ospedale cittadino, ma Penny era ancora lì e in effetti la situazione era un po’ delicata. Spesso Ethan ricordava a se stesso che era un problema di ego fragile e le ci sarebbe voluto un po’ di tempo per accettarlo nel ruolo per il quale anche lei aveva fatto domanda.
Be’, era arrivato il momento che si rendesse conto chi era il capo e, per la prima volta, Ethan fece pesare il proprio grado.
«Va bene, ma quando avrai finito vorrei vederti nel mio ufficio. Devo parlarti.»
Lei esitò solo un secondo prima di rispondere. «In merito a che cosa?»
«Il prossimo weekend sono di turno. C’è la possibilità che tu mi copra soltanto per un paio d’ore domenica pomeriggio? Speravo di andare alla partita di pallone con mio cugino...» Stava per dare altre spiegazioni, ma Penny lo interruppe.
«Ho già un impegno.»
Non aggiunse mi dispiace
.
Non lo faceva mai.
Mentre lei si voltava per andarsene, Ethan strinse i denti per soffocare l’irritazione e fu tentato di fermarla e dirle che la sua non era una richiesta oziosa, perché avrebbe giocato la sua squadra e il cugino era in lista di attesa per un trapianto di cuore.
«L’hai usata?» gli avrebbe chiesto Phil al telefono quella sera.
«No.»
«Bene» avrebbe detto Phil. «Salvala per le donne che ti piacciono.»
Sì, era un umorismo nero, ma aiutava Phil a tener duro e farsi entrambi una risata. Di certo non avrebbe usato la carta della compassione con Penny.
«Domenica accompagneremo nostra madre all’aeroporto.»
Jasmine era scesa dallo sgabello per prendere delle praline e offrì la spiegazione che Penny non gli aveva dato.
Cercava di minimizzare la difficoltà di socializzare della sorella.
Solo che Penny non aveva difficoltà a socializzare, ignorava semplicemente il significato della parola socievole.
«Era in programma da tempo.»
«Nessun problema.» Ethan tornò ai suoi appunti, mentre Jasmine se ne andava dopo aver preso un’altra manciata di praline. Ne prese qualcuna anche lui e si rese conto che invece Penny non le aveva neanche toccate.
Un po’ di zucchero le farebbe bene, pensò con aria accigliata.
«Puoi provare a chiedere a Gordon» gli suggerì Lisa quando restarono soli. Chiacchierando pochi giorni prima, Ethan le aveva detto del cugino e, no, non aveva usato la carta della compassione nemmeno con Lisa!
«Vedrò» disse Ethan. Gordon aveva tre figli e un quarto in arrivo. «Anche se probabilmente vorrà passare il weekend con la famiglia, come Penny.» Non riuscì a evitare un tono pungente citandola.
«Non lo sai, vero?» Lisa stava cercando di riordinare il ruolino dei turni di servizio, ma anche lei aveva assistito allo scambio gelido fra Penny e Ethan, e capiva le ragioni di tutti e due. «Qualche mese fa, la madre di Jasmine e Penny è stata ricoverata qui per un arresto cardiaco. Quando è successo erano entrambe in servizio.»
Ethan fece una smorfia. Per chiunque lavorasse al pronto soccorso, doversi occupare di una persona conosciuta, soprattutto un familiare, era l’eventualità più temuta. «Siete riusciti a evitare che lo sapessero?»
«Be’, non abbiamo detto a Jasmine che la madre era in Rianimazione, così almeno lo ha scoperto in modo meno brutale di Penny.»
Lisa posò la penna e gli raccontò che cosa era avvenuto quel giorno.
«Quando arrivarono i paramedici, Penny stava infilandosi il camice. Sai come ci tiene a essere sempre in ordine.» Lisa alzò gli occhi al soffitto. «Metà dei costi di lavanderia riguardano i camici di Penny. Comunque, sai che di solito inizia a dare ordini? Be’, io capii che qualcosa non andava, perché si era come immobilizzata. Chiese di Jed, l’altro aiuto medico a quel tempo, ma lui era bloccato con un paziente. Allora Penny mi disse che quella sul lettino era sua madre, poi si diede uno scossone e continuò la rianimazione, come se fosse stata una paziente qualsiasi. E continuò fino a quando riuscimmo a far venire il professor Dean. Dopodiché mi chiese di non dire niente a Jasmine.»
Lisa fece un sorriso ironico. «Non sapevo nemmeno che Penny e Jasmine fossero sorelle. Penny ci tiene a tenere separata la vita privata da quella professionale.»
«Lo avevo notato.»
«Fare questa crociera significa molto per sua madre. Capisci adesso perché Penny non poteva sostituirti?»
«Sì, certo» rispose Ethan, e tornò ai suoi appunti. Ma era proprio quello il problema, Penny non glielo avrebbe mai detto. Poi smise di scrivere, prese un’altra manciata di praline e gli fu tutto molto più chiaro...
Come lui, anche Penny si era rifiutata di giocare la carta della compassione.
In fondo, non erano poi così diversi.
1
«Non hai pensato di informare i colleghi?»
Penny chiuse gli occhi al suggerimento della sorella e non rispose. L’ultima cosa che voleva era quella di far sapere agli altri che stava di nuovo tentando la fecondazione in vitro.
Era già stata abbastanza dura per una persona riservata come lei mettere al corrente la sorella e la madre, ma a causa del terrore che gli aghi le suscitavano, non aveva potuto fare altro che confidarsi con Jasmine, perché sarebbe stata lei a farle le iniezioni serali.
E le capitava ancora di pentirsi per averglielo detto. Sì, la famiglia era stata meravigliosa, le aveva dato tutto il sostegno necessario, ma non sempre le andava di parlarne. E soprattutto aveva odiato la loro compassione, quando il primo tentativo non era andato a buon fine. Naturalmente avevano cercato di consolarla e di capire quello che non potevano capire, perché entrambe avevano avuto dei figli.
Le due sorelle stavano camminando lungo la spiaggia vicino a casa. Penny viveva in una delle eleganti case unifamiliari di recente costruzione da cui godeva la splendente