Sulla spiaggia delle Barbados: Harmony Collezione
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Cathy Williams
Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.
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Anteprima del libro
Sulla spiaggia delle Barbados - Cathy Williams
successivo.
1
Lucy udì il rumore di una porta che sbatteva e la mano le si fermò sulla tastiera del computer.
Non ci sarebbe dovuto essere nessuno nell'edificio, non a quell'ora almeno, quasi le dieci e trenta di sera, e non certo in quel particolare giorno. Allontanò con lentezza la sedia dal tavolo e si sentì orribilmente vulnerabile nella stanza illuminata, l'unica in tutto il palazzo.
Chiunque avrebbe potuto osservarla e avvicinarsi senza che lei lo notasse.
Non c'era un solo posto dove nascondersi. Le finestre di vetro fumé erano prive di tende e le imposte di legno erano troppo sottili.
In realtà l'idea di nascondersi era di per sé ridicola. Tuttavia, per prudenza, lei si diresse verso la porta che metteva in comunicazione il suo ufficio con quello del suo capo, Nick Constantinou, e lasciò che l'ombra della notte l'avvolgesse. Quindi attese, anche se era convinta che non sarebbe arrivato nessuno.
Il forte vento invernale faceva sbattere le foglie morte contro le finestre e il silenzio ne ingigantiva il suono, che pareva simile a quello di un masso pronto a infrangerne i vetri.
Il cuore le balzò in gola quando una figura scura venne fuori barcollando da uno degli uffici nel corridoio e si diresse verso il suo ufficio.
«Sì? Posso aiutarla?» gridò Lucy uscendo dall'ombra. Chi poteva esserci alle dieci e mezzo di sera in un edificio di cui aveva chiuso a chiave l'ingresso quando era entrata ore prima?
«Chi va là?» riprovò appoggiandosi al muro con la schiena e chiedendosi se sarebbe stata abbastanza veloce da raggiungere le scale in caso di necessità. Infatti era alta solo un metro e sessanta, mentre lo sconosciuto doveva essere almeno un metro e novanta e imponente di corporatura.
«Chi credi che sia?» L'uomo colpì con un pugno l'interruttore e il corridoio s'illuminò, rivelandone le fattezze. La ragazza sospirò di sollievo. «Un pericoloso bandito...» continuò lui sarcastico, «...venuto a rapinare i lussuosi uffici della Constantinou Enterprise?» La domanda retorica dovette sembrargli incredibilmente divertente, perché scoppiò a ridere, la testa rovesciata all'indietro e la schiena poggiata contro il muro per sostenersi, sotto lo sguardo costernato di Lucy.
«Che ci fai qui, Nick?» Lucy avanzò cauta verso di lui. «Non dovresti essere...?»
«Dove?» La risata si interruppe bruscamente come era cominciata. Lui aveva profonde ombre scure sotto gli occhi ed era evidente che aveva bevuto.
La donna si fermò, turbata da quella scoperta. Per quel che ne sapeva, infatti, lui non beveva mai o almeno non lo aveva mai visto ubriaco negli ultimi dieci mesi come sua segretaria.
«Non hai ancora risposto alla mia domanda.»
«Quale domanda?» gli chiese Lucy senza capire.
«Dove pensi che dovrei essere in questo momento?» Avanzò verso di lei barcollando e, benché fosse sotto l'effetto dell'alcol, conservava il suo aspetto imponente. Vestito interamente di nero, con il cappotto che gli ondeggiava intorno al corpo, sembrava un pericoloso mago. I capelli erano spettinati dal vento e lui continuava a passarvi le dita nervosamente.
«Be', pensavo che saresti dovuto stare... a casa tua con i tuoi parenti...» Dopotutto il funerale della moglie aveva avuto luogo quella mattina.
«Ho bisogno di sedermi.» La sorpassò diretto nel proprio ufficio, scomparve al suo interno e la lasciò col dubbio atroce se dovesse seguirlo oppure andarsene al più presto senza fare rumore.
La scelta divenne obbligata quando udì la voce dell'uomo. «Portami un po' d'acqua, Lucy! Anzi, una tazza di caffè!»
«Sarebbe meglio l'acqua.» Lei lo raggiunse nell'ufficio buio e accese la lampada della scrivania. «Se hai bevuto molto, sarai disidratato. Devi bere più acqua possibile.»
«Sempre così assennata, vero?» la schernì Nick, prendendo il bicchiere che gli porgeva e lasciandosi cadere sull'ampio divano che occupava buona parte della parete. «Sempre pronta quando si tratta di dare buoni consigli.»
Lucy fece spallucce. Sì, era la cara e affidabile Lucy, che aveva scalato i ranghi della Constantinou con una miscela di duro lavoro, efficienza e autocontrollo di fronte a qualsiasi provocazione. La vecchia Lucy
... che non riusciva a rimanere nella stessa stanza col capo senza provare brividi di desiderio, i cui occhi indugiavano sul suo profilo deciso, la cui mente era tormentata da immagini di lui.
E tutto sapendo che Nick era un frutto proibito perché sposato; come pure che, se fosse stato libero, non avrebbe mai preso in considerazione una donna normale come lei.
«Così credi che dovrei starmene a casa al sicuro?» L'uomo si adagiò sul divano con un braccio piegato a coprirgli gli occhi e l'altra mano che reggeva il bicchiere appoggiato sul ventre.
Sì, pensò tra sé e sé, sarebbe dovuto tornare a casa, a recitare la parte del vedovo addolorato e a ricevere le manifestazioni di simpatia dei parenti, alcuni dei quali vedeva in quel momento per la prima volta.
Quel pensiero gli procurò un'ondata di nausea.
«Qualcuno sa che sei qui? Forse dovrei chiamare...»
«No!» Nick scostò il braccio e la fissò con i brillanti occhi neri. «Non desidero essere trattato come un invalido incapace di controllarsi!»
«Potrebbero essere spaventati» insistette Lucy.
«Siediti. Comincia a farmi male il collo per lo sforzo di guardare in su verso di te.»
Lei fece per prendere una delle sedie e lui esclamò spazientito: «Sistemati qui sul divano! Sarai perfettamente al sicuro, te lo garantisco!».
«Be'... se preferisci stare solo, forse sarebbe meglio che me ne andassi.»
«Comunque, che cosa ci fai qui a quest'ora?» le chiese Nick ignorando il suo suggerimento.
«Mi sentivo un po' tesa. Il funerali mi deprimono e mi scombussolano. Ho pensato che lavorare mi avrebbe aiutata a rilassarmi.»
«I funerali sono deprimenti per natura» osservò lui con voce piatta.
«Nick, so che te l'ho già detto oggi, ma io sono davvero... molto addolorata per te. Non so... credi che ti aiuterebbe parlare di quello che è accaduto?»
«Si è trattato di un incidente d'auto, tutto qui.» Nick si premette i polpastrelli sugli occhi e provò una nuova ondata di senso di colpa, perché l'emozione che sperava tanto di provare, il dolore, era del tutto assente.
Gina era ciò che qualsiasi uomo desidera: bella, sexy, esotica e stimolante, con l'abitudine di toccarsi i lunghi capelli neri e di guardare in un modo che poteva indurre un poveraccio a fare di tutto per lei.
E per il breve periodo durante il quale lui ne era stato innamorato, aveva creduto di camminare tra le nuvole e che il loro amore sarebbe durato per sempre.
Ma non era stato così.
Non esagerava dicendo che due anni di matrimonio potevano essere ridotti a soli quattro mesi di felicità.
«Quanto hai bevuto?» gli chiese Lucy intromettendosi tra i suoi amari ricordi.
«Abbastanza da cercare di dimenticare.»
«Era molto bella. Non riesco a immaginare che incubo debbano essere state per te queste ultime...»
«In tal caso ti suggerisco di non preoccupartene» la interruppe Nick bruscamente. Cominciava ad avere la sensazione che il proprio corpo fosse un peso morto e si sentiva la mente annebbiata. La voce di Lucy, invece, scorreva su di lui come acqua fresca.
Per un istante fu tentato di raccontarle la verità, di quale incubo fosse stato assistere per mesi al comportamento spregevole della moglie, che lo accusava di non essere abbastanza uomo da soddisfarla e di essere innamorato solo del proprio lavoro. Ogni accusa lo aveva allontanato sempre di più e aveva reciso i legami di affetto che un tempo lo legavano a lei, fino al punto in cui era diventato indifferente.
Tuttavia non aveva avuto la forza di porre fine al loro matrimonio. Quando il suocero l'aveva chiamato dalla Grecia e gli aveva riferito che Gina era stata coinvolta in un incidente d'auto, Nick aveva sperato di provare un po' di rimorso: dopotutto, se le avesse dedicato un po' più di attenzione, forse non sarebbe fuggita da Londra in cerca di un po' di divertimento.
Ma il rimorso non era arrivato.
L'incidente aveva svelato la sordida storia di adulterio della moglie, ritrovata avvinghiata all'amante in un ultimo abbraccio di morte.
Chissà che cosa avrebbe detto la sua affidabile ed efficiente segretaria di fronte a una simile rivelazione. Lucy non era una donna di mondo.
Aprì gli occhi e osservò il suo viso pallido con sincero apprezzamento, finché lei non cominciò ad arrossire sotto il suo sguardo.
«Diventi rossa come una ragazzina» commentò Nick. «Devo averti spaventata a morte quando sono apparso nel corridoio. Mi sorprende che non ti sia chiusa a chiave in ufficio e non abbia chiamato la polizia» continuò in tono divertito.
«Non mi è venuto in mente. Eri l'ultima persona che mi aspettavo di vedere.»
«L'atmosfera in casa si era fatta opprimente. Già il funerale è stato tremendo, ma essere circondato da due intere comunità greche con le loro domande, i sorrisi stentati e le condoglianze... Era troppo, dovevo andarmene.»
Era più di quanto le avrebbe mai confessato da sobrio. Ma Lucy sedeva lì con tanta dolcezza e compassione nello sguardo, che lui non aveva saputo resistere al bisogno di confidare almeno una piccola parte di ciò che gli passava per la testa.
Lucy annuì e piombò nel silenzio per qualche istante. Poi si schiarì la voce. «Credo sia il momento di andare per me. Credi di potertela cavare da solo, adesso? Sei sicuro di non volere che chiami qualcuno perché ti faccia compagnia? In momenti come questi il conforto di una persona amica può essere utile.»
«Ho già la compagnia di una persona amica.»
Gli occhi scuri si posarono sul viso della ragazza finché il corpo di lei non fu percorso da un lungo brivido.
Era la prima volta che lo sguardo dell'uomo si posava su di lei senza vedere soltanto la capace e assennata segretaria, e questo fece suonare svariati campanelli nella sua mente.
Di certo Nick aveva bevuto e non era padrone di sé. Così Lucy non avrebbe saputo dire che cosa vedeva mentre la fissava con tanta concentrazione. Di una cosa, però, era certa: non vedeva lei. Forse scorgeva il viso della moglie, anche se, a dire il vero, non si somigliavano affatto. Piccola, col fisico snello di un'adolescente e i capelli corti e biondi, lei era l'opposto di Gina, così sexy e voluttuosa, con gli occhi neri, la carnagione olivastra e i lunghi capelli corvini.
Ma aveva sognato quell'uomo così a lungo, aveva immaginato tante volte di essere toccata da lui, che era incredibilmente eccitante sentire la sua attenzione focalizzata su di sé.
«È tardi, Nick. Devo davvero andare...»
«Altrimenti? Qualcuno ti aspetta a casa?»
«Be', io...»
«I tuoi genitori?»
«Non vivo con i miei genitori! Loro abitano in Cornovaglia.» Credeva forse che fosse una dodicenne?
«Le mie più sentite scuse.» Lui le indirizzò un sorriso pigro che le infiammò il sangue. Ora c'era qualcosa di nuovo nello sguardo di Nick, capace di incrinare la già intaccata compostezza di Lucy. «Indossi ancora l'abito per il funerale. Da quanto tempo sei qui?» volle sapere lui.
«Scusami, non sono venuta al rinfresco a casa tua. Non ce la facevo ad affrontare...»
«Che cosa, le orde di parenti e conoscenti della cara estinta? Non trovi disgustoso che tanta gente si riunisca in queste occasioni e passi il tempo a chiacchierare, cercando di assumere un'espressione sufficientemente dispiaciuta per la circostanza?»
Il cinismo nella sua voce la fece ritrarre e le ricordò che il dolore si poteva manifestare in modo diverso. Non tutti mostrano apertamente i loro sentimenti. Questo, però, non significava che Nick non soffrisse.
«Sono momenti difficili» rispose evasiva. «Bene, io...»
«Non andare!» Lui si protese e le afferrò un polso, un gesto che la turbò profondamente. «Non ancora.»
«Vuoi un altro bicchiere d'acqua?» gli chiese disperata. La sua mano giaceva passiva tra quelle di lui, ma Lucy era fin troppo conscia di quel contatto.
«Resta. Parlami. Dimmi che cosa hai fatto dopo che hai lasciato la chiesa. Dove