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Un cielo per due
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E-book146 pagine3 ore

Un cielo per due

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Info su questo ebook

Oliver Ferreira, avvenente e facoltoso imprenditore, conosce Grace per caso. La prima volta che la vede non è certo dell'umore giusto per lanciarsi in un corteggiamento: arrabbiato con il fratello Tom, ricomparso nella sua vita all'improvviso dopo averlo "pugnalato" alle spalle, oltre che assediato dall'ex moglie in cerca di soldi, cerca di soffocare la fortissima attrazione che prova per quella splendida ragazza dai capelli rossi. Ma il destino ha in serbo per entrambi un piano ben congegnato e pieno di equivoci. Oliver, infatti, è convinto fin dal primo istante che Grace sia l'amante di Tom, così si rifugia nella sua villa al mare in Spagna per riflettere. Senza sapere che la nuova vicina è...
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2021
ISBN9788830528840
Un cielo per due

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    Anteprima del libro

    Un cielo per due - Anne Mather

    Copertina. «Un cielo per due» di Mather Anne

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Forbidden Mistress

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2004 Anne Mather

    Traduzione di Maura Arduini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-884-0

    Frontespizio. «Un cielo per due» di Mather Anne

    1

    In piedi davanti alla vetrata del suo ufficio, al quattordicesimo piano di un grattacielo di Newcastle, Oliver sentì il ronzio dell’interfono e sospirò. Distolse lo sguardo dall’intrico di strade bagnate di pioggia e andò a schiacciare il pulsante di risposta. «Sì?» disse.

    Sentì la segretaria, la signora Clements, schiarirsi la gola. «C’è... suo fratello Thomas, signor Ferreira.» Pausa. Lui fissò l’apparecchio, sbalordito. «Gli ho già detto che lei è molto occupato, ma insiste per vederla...»

    Dalla stanza accanto arrivò un rumore di voci concitate, poi la porta dell’ufficio si spalancò. Sulla soglia comparve la sagoma di un uomo alto e con l’aria bellicosa.

    «Che novità è questa? Da quando ho bisogno di un appuntamento per parlare con mio fratello?» Aveva gli occhi e i capelli castani, le spalle larghe, e il viso rosso per l’irritazione. «Lo so che non ci vediamo da un bel po’, Oliver, ma puoi sempre starmi a sentire, no?»

    Alle sue spalle fece capolino la signora Clements. Oliver lasciò perdere l’interfono e si raddrizzò. Rassicurò la segretaria con un cenno, e lei giunse le mani.

    «Mi raccomando, signor Ferreira. Non dimentichi l’appuntamento delle quattro con il signor Adler. È importante...»

    «Non lo dimenticherà» tagliò corto Thomas, mettendo mano alla maniglia per chiuderla fuori. «E la smetta di preoccuparsi. Sono suo fratello, santo cielo!, non l’ispettore delle tasse!»

    La segretaria ignorò il commento e si frappose tra lo stipite e la porta. «Devo portare qualcosa, signor Ferreira? Un tè, magari?»

    «Basta che non sia una bottiglia di scotch...» replicò Tom, maligno.

    Oliver si irrigidì e guardò il fratello minore con disapprovazione. «Il tè andrà benissimo, signora Clements» replicò in fretta. «Se non è troppo di disturbo...»

    «Di troppo disturbo? Ma figurati» borbottò Thomas. «Quella donna camminerebbe sui carboni ardenti, per te.» Fece una smorfia. «E non solo lei, per la verità...»

    «Che cosa vuoi, Tom?» domandò Oliver, infastidito. «Che cosa sei venuto a fare qui? Come hai sentito, non ho molto tempo.»

    Per tutta risposta, Thomas abbandonò la porta e andò a sedersi in una delle poltroncine di pelle davanti alla scrivania. «Te lo dico dopo il tè. Tanto per non avere testimoni scomodi...»

    Oliver si sforzò di contenere l’irritazione. «La signora Clements è una persona assolutamente fidata...»

    «È ovvio.» Thomas lasciò correre lo sguardo oltre la vetrata, e rimase per un attimo in silenzio. «Lo sai? Avevo dimenticato com’è spettacolare la vista da questo ufficio» sospirò. «Immagino che sarà mancata anche a te, quand’eri chiuso alla Abbey

    Oliver provò l’impulso di prenderlo per il bavero e scaraventarlo fuori dalla porta. Si trattenne.

    Erano passati quattro anni dall’ultima volta in cui suo fratello aveva messo piede in quella stanza. Quattro anni, da quando il matrimonio di Oliver era andato in frantumi per colpa sua. E per colpa di sua moglie Sophie, naturalmente... Dopotutto, lei era sposata e Tom no.

    In quattro anni erano successe molte cose. Oliver aveva reagito male al divorzio, e per parecchi mesi aveva cercato di sfuggire la realtà inseguendo il fondo di una bottiglia. Ecco spiegati gli accenni malevoli di Thomas allo scotch e poi alla Abbey. La Blackstone Abbey, infatti, era uno dei migliori centri specializzati del paese per la disintossicazione dall’alcool.

    Viste le premesse, sembrava chiaro che Thomas non era lì per chiedere scusa o per informarsi sulla sua salute. Voleva qualcosa, pensò Oliver, amaro. E non era certo la prima volta.

    Si sedette anche lui, e fissò il fratello con attenzione. Sembrava invecchiato.

    «Come sta Sophie?» gli chiese, decidendo all’improvviso di prendere il toro per le corna. Si meravigliò di non provare quasi nessuna emozione. Per mesi, dopo il divorzio, non aveva fatto altro che cercare di dimenticare persino il nome di sua moglie. Ora invece, avvertiva solo una punta di rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere e non era stato.

    Tom lo guardò sorpreso. «Sta bene... immagino.» Indicò con noncuranza il telefono. «Perché non le telefoni per saperlo?»

    Lui non fece in tempo a ribattere. Ricomparve la signora Clements, che appoggiò sulla scrivania il vassoio con il tè.

    «Se avete bisogno di altro, fatemelo sapere...»

    «Ci conti» tagliò corto Tom.

    La porta si richiuse e Oliver irrigidì le mani sui braccioli della poltrona. «Che cosa vuoi?» chiese con un sospiro ostile. «Se si tratta di soldi, ti avverto che hai solo perso tempo. La mia ex moglie ha prosciugato i miei fondi, come certamente saprai, e il mercato delle costruzioni è fermo, negli ultimi mesi.»

    «Non barare con me» ribatté Thomas con forza. «Lo so che hai appena firmato un contratto per la costruzione di un grande centro commerciale a nord della città. Ne parlano tutti.» Sbuffò. «E comunque, chi ti ha detto che voglia soldi? Il vivaio rende bene, dopo che Sophie vi ha investito gran parte della somma ricavata dal divorzio.» Fece una smorfia. «Anzi, ho appena acquistato l’agriturismo che confina con la proprietà, che in parte verrà attrezzato per la vendita e l’esposizione di mobili in vimini.»

    «Sono felice per te.»

    Il vivaio era stato l’azienda di famiglia da sempre, ma solo Thomas aveva ereditato dal padre la passione per le piante e per il giardinaggio. Oliver, più portato per la matematica e il disegno, aveva abbandonato la ditta di famiglia per laurearsi e seguire la strada dell’architettura.

    «Allora, se non si tratta di soldi, che cosa vuoi?» chiese in tono sbrigativo. «Immagino che tu non sia qui per chiedermi della salute.»

    «Perché no?» replicò Thomas, risentito. «Sei sempre mio fratello, anche se in passato abbiamo avuto le nostre divergenze...»

    «Non credo che possa definirsi divergenza il fatto che hai sedotto mia moglie e mandato praticamente all’aria il nostro matrimonio» replicò Oliver.

    Thomas alzò una mano. «D’accordo. D’accordo, ho le mie colpe» ammise con un sospiro. «Ma se ho sedotto Sophie è solo perché anche lei lo voleva, ti pare? Tu pensavi solo a diventare socio della Faulkner, e la lasciavi sempre sola. Ammettilo, Oliver. La trascuravi.»

    Lui strinse i denti. «Se stai cercando un modo per giustificarti...»

    «No.» Tom alzò una mano per interromperlo. «Lo ammetto, non ho giustificazioni.» Si morse un labbro. «Sono stato uno sciocco arrogante. Lo rimpiango almeno quanto lo rimpiangi tu.»

    Oliver si alzò di scatto e la poltrona finì contro la parete alle sue spalle. «Sei impagabile, lo sai?» protestò con rabbia. «Credi che adesso basti venire qui a dire che ti dispiace per rimettere ogni cosa a posto e cancellare il passato?»

    «Be’... tutti commettiamo degli errori, no?»

    Oliver scosse di nuovo la testa. «Vattene, Tom. Per favore, esci di qui prima che entrambi diciamo qualcosa che potremmo rimpiangere.»

    Suo fratello abbassò le spalle e non si mosse. Lui diede un’occhiata all’orologio. Le tre e mezzo.

    Sospirò. «Ascolta, ho un appuntamento alle quattro...»

    «Lo so. L’ha detto la vecchia Clements.»

    «E allora sai anche che non puoi rimanere qui.»

    «Insomma, non t’importa un accidente di me o di quello che mi succede!»

    «Non m’importa...» Oliver rimase per un attimo a bocca aperta. «Diavolo. Dovrei essere io a cercare di capire te

    «Perché no?» Thomas lo fissò, cupo. «Sei sempre stato così pieno di te, Oliver! Non mi meraviglia affatto che Sophie abbia cercato affetto altrove...»

    In un istante, Oliver fece il giro della scrivania, lo prese per il bavero e lo tirò in piedi. «Tu sei un gran...» ruggì. Alzò il braccio per colpire... e si fermò. Con un’imprecazione soffocata mollò la presa e andò alla finestra. Nella stanza scese il silenzio. Oliver cercò di regolare il respiro, passò la mano tra i folti capelli scuri. Poi sistemò la giacca grigia e la cravatta e fece del proprio meglio per ricordare che lì dentro l’offeso era lui, non Thomas che sedeva di nuovo in poltrona, con espressione abbattuta.

    Alla fine si girò. Mancavano venti minuti alle quattro, e doveva fare in modo che suo fratello se ne andasse prima dell’arrivo di Sidney Adler. Sospirò e si avvicinò alla scrivania. «Che cosa vuoi, Tom?» chiese di nuovo, con voce stanca. «Dubito che Sophie sarebbe contenta di saperti qui.»

    «Non le importa di certo.» Tom fece una smorfia. «Ci siamo lasciati. E probabilmente lei ne è felice quanto me.»

    Oliver rimase di nuovo a bocca aperta. «Che cosa?» chiese incredulo. «È per questo che sei qui? Per dirmi che tu e Sophie avete rotto?»

    «Certo. Che altro pensavi?» sbuffò Tom. «Ora lei è da sua madre. Come ho già detto, è stato tutto un terribile errore.»

    Erano quasi le sei quando Oliver lasciò finalmente l’ufficio.

    Adler si era rivelato un gran pettegolo, e forse lui avrebbe fatto meglio a non offrirgli il whisky che teneva nel mobile bar per gli ospiti. La conversazione non era stata granché costruttiva, dal momento che il suo interlocutore si era concesso qualche bicchiere di troppo, e adesso lui si sentiva particolarmente nervoso per via di tutta la Coca Cola che aveva bevuto per tenergli compagnia.

    L’auto era parcheggiata nei sotterranei del grattacielo, una Porsche di dodici anni che Oliver aveva deciso di regalarsi con le prime quote di partecipazione alla Faulkner Engineering. Era l’unico articolo di lusso che si fosse rifiutato di vendere quando Sophie lo aveva lasciato. La grande villa a nord di Newcastle in cui avevano vissuto insieme era stata liquidata e lui era andato a vivere in un loft poco lontano dall’ufficio.

    Era stato un gran cambiamento. La villa era poco lontano dai vivai e all’epoca del matrimonio lui aveva frequentato molto i genitori e il fratello, che vi lavoravano. Adesso, invece, suo padre era andato in pensione e si era trasferito nel sud della Spagna, dove affondavano le lontane radici della loro famiglia. Lui, ormai, li vedeva così poco...

    Il pensiero dei genitori gli riportò alla mente Tom. Non era stato facile convincerlo ad andarsene dal suo ufficio, e ancora adesso, a distanza di un paio d’ore,

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