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La donna del capitano
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E-book268 pagine3 ore

La donna del capitano

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Info su questo ebook

Captains of Waterloo 1
Bruxelles, 1815
Sono passati molti anni dall'ultima volta che Lady Helene Banes ha visto Rhys Landon, il suo fidanzato. La differenza delle rispettive classi sociali era stato un ostacolo troppo grande per i loro giovani cuori. Ora Rhys non è più lo squattrinato figlio di un vicario, ma un capitano dell'esercito forte e valoroso, che sembra aver dimenticato tutto l'amore che provava per lei. Galante e cortese, l'aiuta a dissuadere il fratello minore dall'arruolarsi contro Napoleone mantenendo un ferreo distacco. Solo la minaccia concreta della futura battaglia fa risplendere nei suoi occhi le fiamme della passione. Helene sa che possono concedersi quell'unica notte, e si dona a Rhys con tutta se stessa, nella speranza che possa tornare tra le sue braccia... qualunque cosa accada.
LinguaItaliano
Data di uscita21 giu 2021
ISBN9788830529663
La donna del capitano
Autore

Diane Gaston

Diane Gaston's dream job had always been to write romance novels. One day she dared to pursue that dream and has never looked back. Her books have won Romance's highest honours: the RITA Award, the National Readers Choice Award, Holt Medallion, Golden Quill, and Golden Heart. She lives in Virginia with her husband and three very ordinary house cats. Diane loves to hear from readers and friends. Visit her website at: http://dianegaston.com

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    Anteprima del libro

    La donna del capitano - Diane Gaston

    1

    Giugno 1815, Bruxelles, Belgio

    Helene Banes – davanti all'ingresso di una taverna di Bruxelles – fu assalita da risate roche, voci alte, profumo di luppolo e sudore. Una lady non entra in posti simili. La voce di sua madre le riecheggiava ancora nelle orecchie. Ma lei non era lì, giusto? E aveva già visitato tre posti simili a quello. Entrò con fare risoluto, seguita da un domestico stanco e anziano.

    «È inutile» disse. «Non lo troveremo mai.»

    Pover'uomo: lo aveva trascinato fino a Bruxelles, concedendogli ben poco riposo.

    «Questa è l'ultima, Wilson, lo prometto.» Allungò il collo per scrutare nella stanza buia e affollata. «Se non è qui, torneremo in albergo.»

    Stavano cercando suo fratello minore, l'unico parente che le era rimasto dopo la scomparsa dei genitori, meno di sei mesi prima. David aveva solo diciotto anni e l'aveva ingannata, facendo credere che avrebbe fatto visita a un amico, mentre invece era scappato a Bruxelles. Sei giorni dopo aveva ricevuto una lettera spedita dall'Hôtel de Flandre, in cui le rivelava di voler assistere all'evento del secolo, l'imminente battaglia contro Napoleone. Ma suo fratello non era un soldato, solo un ragazzo senza un minimo di buonsenso!

    Helene si fece strada tra la folla di soldati, con divise rosse, blu o verdi, e belgi in abiti civili, ignorando le urla e i fischi, che l'avevano seguita anche nei locali visitati in precedenza. Povero Wilson: il domestico non si reggeva in piedi, ma si era rifiutato di lasciarla continuare da sola.

    Una risata maschile superò il frastuono e, quando girò la testa, ogni pensiero sul fratello scomparve dalla sua mente: a un tavolo vicino era seduto un soldato con capelli castano scuro e atteggiamento sicurò di sé. L'uomo bevve un sorso di birra, voltò leggermente la testa e lei sussultò, evitando il suo sguardo.

    Le batteva forte il cuore.

    Non poteva essere lui.

    Oppure sì?

    Diede un'altra occhiata furtiva e sentì un dolore al petto. Aveva un aspetto più maturo, più massiccio e... muscoloso. Nonostante avesse solo sbirciato nella sua direzione, quel sogghigno le era dolorosamente familiare, ma non poteva esserne certa. C'era la possibilità che si trattasse di lui. L'aveva abbandonata, unendosi all'esercito, subito dopo aver appreso che lei non aveva più intenzione di sposarlo.

    Helene chiuse gli occhi e sentì ancora una volta il dolore di quando suo padre le aveva detto che era tutto sistemato. Lo aveva informato che la fuga era finita e che si sarebbe unito all'esercito con il grado di tenente.

    Si spostò di lato, nascondendo il viso con il cappuccio: se si trattava davvero di lui, non desiderava certo incontrarla.

    Un urlo incollerito e il raschiare delle sedie la costrinse a girarsi: alcuni tavoli più in là – dietro a quello occupato da quell'uomo – c'era suo fratello intento a confrontarsi con un individuo due volte più imponente di lui, con indosso abiti civili.

    «David!» sussurrò, mentre il domestico la raggiungeva.

    Lui barcollò, con un boccale in mano. «Napoleone perderà!» urlò. «Non vale la metà di Wellington!»

    L'uomo scrollò le spalle e rispose in francese. «Napoléon pourrait gagner. Wellington ne l'a jamais affronté au combat.» Napoleone potrebbe vincere. Wellington non lo ha mai affrontato.

    «Non vincerà!» David tirò il contenuto del boccale sul viso dell'oppositore.

    La stanza divenne silenziosa e metà dei soldati si alzò dalle sedie.

    Gli occhi dell'uomo bruciavano di rabbia.

    «No!» esclamò Helene.

    All'improvviso era lì, con le mani strette sulle spalle del fratello. Non c'erano dubbi ormai: si trattava di Rhys Landon, l'uomo che aveva quasi sposato.

    Non aveva mai saputo a quale reggimento si era unito, perché nessuno le riferiva nulla su di lui, ma era consapevole del fatto che fosse vivo. Lo cercava in ogni lista dei feriti e dei caduti in ciascuna battaglia, sospirando di sollievo ogni volta che non trovava il suo nome. Per quanto conscia che anche lui potesse essere a Bruxelles – dove erano stati inviati molti soldati inglesi per affrontare Napoleone. Quante potevano essere le possibilità di incontrarlo? Il suo unico obiettivo era stato quello di trovare il fratello e tornare in Inghilterra senza indugi. Eppure eccolo là, con David.

    «Chiedi scusa, ragazzo» affermò Rhys con il tono vellutato che lei ricordava molto bene, e ora risuonava più profondo. «Prima che ti riduca in poltiglia.»

    «Vorrei proprio vedere se ci riesce!» esclamò David.

    Rhys rise. «No, non ti piacerebbe saperlo: ti ucciderà.» Lo scosse. «Scusati. Hai esagerato.»

    «No» grugnì un soldato. «Quel tipo se l'è meritato.»

    Rhys gli lanciò uno sguardo truce. «Non vogliamo scatenare una rissa.» La sua voce era sicura e autoritaria, così l'uomo indietreggiò.

    David abbassò la testa con aria imbarazzata. «Le mie scuse, sir.»

    «Ripetilo in francese» pretese il suo salvatore, poiché era quella la lingua dominante da quando il Belgio era stato annesso alla Repubblica Francese, alla fine del Settecento.

    Il ragazzo obbedì. «Je regrette beaucoup, monsieur.»

    L'uomo scrollò le spalle e sedette; una cameriera gli portò un asciugamano, con cui lui si asciugò il viso, poi si girò verso David, con atteggiamento inquisitorio e di disapprovazione. Il fratello faticò a guardarla negli occhi. «Portamene un'altra» chiese con timidezza. «Per favore.»

    Non era il caso che David bevesse ancora, ma se Helene avesse provato a fermarlo, Rhys l'avrebbe senza dubbio riconosciuta.

    Il fratello si girò e scrutò il viso del suo carceriere. «Rhys?»

    Lui lo lasciò andare con un'espressione corrucciata così familiare da trafiggerla al cuore. «Ti conosco, piccoletto?»

    «Sono David!» rispose il fratello. «David Banes, il figlio del Conte di Yarford.»

    No. Lui era il Conte di Yarford: aveva ereditato il titolo dalla scomparsa del padre, ma era troppo giovane e immaturo per accettarne le responsabilità. Helene notò l'espressione sconvolta di Rhys, che nascose all'istante dietro una faccia inespressiva. «David Banes? Che cosa ci fate qui?»

    La cameriera portò un altro boccale di birra. «Per la battaglia, ovvio!» Sogghignò. «Non me la perderei per nulla al mondo.»

    «Lady Helene.» Wilson le toccò una spalla e indicò il fratello. «Eccolo: posso andare a recuperarlo?»

    Aveva parlato a voce abbastanza alta perché sia Rhys che David lo sentissero, perciò si voltarono e l'espressione del soldato si indurì. Il fratello la fissò a bocca aperta, poi sfoggiò un altro ghigno da ubriaco. «Helene!»

    «Vieni con me» disse lei, ma lui scosse il capo.

    «È troppo presto! Non ho ancora finito di bere.» Attinse un lungo sorso dal boccale, le rivolse un sorrisetto e all'improvviso collassò, ma Rhys fermò la caduta prima che toccasse il pavimento.

    «David!» esclamò spaventata.

    «Ha bevuto troppo» commentò un soldato.

    Wilson si massaggiò la fronte. «Che cosa dovremmo fare ora?»

    Esatto: come avrebbe dovuto comportarsi? Incrociò lo sguardo di Rhys, ma mantenere quel contatto visivo era troppo doloroso. «Lo porteremo all'albergo, in qualche modo.»

    Rhys emise un sospiro stanco e caricò David su una spalla. «Ci penserò io.»

    «Grazie» sussurrò Helene.

    Lui si accigliò e recuperò lo sciaccò dal tavolo. Il suo compagno – un altro soldato – si alzò in piedi e gli toccò un braccio. «Posso aiutarvi?»

    «Non ce n'è bisogno» rispose. «Ce la faccio.» Dopodiché si incamminò verso la porta, evitando di salutarla. Il compagno le lanciò uno sguardo incuriosito, prima che lei si affrettasse a seguirlo, mentre portava con sé il fratello come se fosse leggero.

    «Dove lo porto?» le chiese, senza guardarla.

    «Hôtel de Flandre» rispose lei, ricevendo in cambio una risata secca.

    Il domestico li raggiunse. «Posso aiutarvi, Rhys?»

    «Wilson. È passato molto tempo.»

    Lui sorrise fiaccamente e barcollò, dettaglio che non sfuggì al suo interlocutore. «Non mi serve aiuto.» Lanciò un'occhiata di disapprovazione a Helene, prima di voltarsi di nuovo verso il domestico. «Sembrate esausto.»

    «Sissignore» concordò Wilson. «Sono un po' stanco.»

    Lei si morse un labbro, cosciente di avergli imposto uno sforzo troppo grande, ma nonostante i suoi tentativi di opporsi l'uomo si era ostinato ad accompagnarla. Domestico fedele e premuroso, li aveva visti giocare insieme fin da bambini. Poi era stato testimone della loro amicizia nel corso degli anni, ma non aveva mai rivelato quello che pensava della loro separazione.

    Mentre Helene seguiva Rhys tra le vie tortuose che conducevano all'albergo sulla collina, Wilson la seguiva a pochi passi di distanza, mentre David mugolava ogni tanto, dondolando a peso morto. Il fatto che lui riuscisse a trasportarlo senza fatica per un percorso così lungo la stupì. Quando raggiunsero la destinazione, il domestico arrancò davanti a loro per aprire la porta. Rhys chiese, senza mai guardarla: «Qual è la stanza?».

    Gli riferì il numero della camera del fratello, che le aveva indicato in precedenza l'addetto all'accoglienza. C'erano molte scale da salire. Wilson inciampò alla seconda rampa e lei lo afferrò per un braccio.

    «Andate a letto» suggerì preoccupata. «E non alzatevi finché non vi sarete riposato: io e David ce la caveremo da soli.»

    Lui provò a protestare, ma alla fine si arrese e li superò, per affrontare quella che sarebbe stata una lunga camminata verso la piccola stanza che gli aveva fatto riservare.

    Rhys la aspettò, senza degnarla di uno sguardo. «Potete fare lo stesso» disse. «Mi occuperò io di David.»

    Desiderava liberarsi di lei, intuì. «Prima devo assicurarmi che mio fratello sia sistemato.»

    «Molto bene.» Lui continuò a salire le scale e quando raggiunsero la stanza fece scivolare il suo carico dalla spalla e lo appoggiò contro il muro. «Deve avere la chiave in tasca.»

    Giusto: ne avevano bisogno. Avvicinandosi a David, Helene si trovò quasi a contatto con Rhys, tanto vicina da percepire il calore del suo corpo e il suo profumo. La trasportò ai tempi in cui era stata felice. Le lacrime le fecero bruciare gli occhi, ma le cacciò sbattendo le palpebre. Trovò la chiave e aprì la porta, poi la sfiorò mentre spostava David nella stanza: il suo cuore prese a battere all'impazzata, ma lui era imperturbabile.

    Rhys sistemò il fratello sul letto, poi gli tolse gli stivali. David borbottò. «Voglio dormire.»

    «Starà bene?» chiese lei.

    Lui si tolse lo sciaccò, tenendolo sotto il braccio. «Domani mattina avrà un terribile mal di testa, ma sopravvivrà.»

    Immaginava che Rhys non desiderasse affatto starle vicino. E lei odiava dovergli fare altre domande, ma non si era mai occupata di qualcuno così ubriaco. «Devo restare con lui?»

    Per tutta risposta ricevette una risata derisoria. «Dubito che vi ringrazierebbe.»

    David biascicò qualcosa e si rigirò, rannicchiandosi in posizione fetale.

    Rhys si diresse alla porta, sempre evitando il contatto visivo. «Rimanere o andare via per me è lo stesso.»

    «Lo lascerò solo.» Lei si affrettò a seguirlo fuori dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle. «Grazie, Rhys» gli disse nel corridoio.

    Lui infine la guardò, ma l'espressione sul suo bel viso era fredda. «Siete qui per assistere alla battaglia?» Gli occhi grigi brillavano di sdegno nella luce tremolante. Lei sostenne con coraggio il suo sguardo, che le causò un nuovo dolore. «Sono qui solo per riportarlo a casa. Concordo sul fatto che il suo desiderio di vedere in prima persona lo scontro sia folle.»

    Due soldati ubriachi li superarono incespicando e Rhys li seguì, per poi girarsi di nuovo verso di lei. «Vi accompagnerò nella vostra stanza.»

    Le era chiaro che avrebbe preferito non farlo. «Non è necessario.»

    «Vi accompagnerò nella vostra stanza» ripeté lui, con lo stesso tono autoritario usato alla taverna.

    Camminarono insieme e lei parlò solo per dargli indicazioni. Giunti a destinazione, Helene desiderava guardarlo in viso e osservare quei lineamenti che un tempo avevano rappresentato una benedizione per lei, ma non voleva obbligarlo a fare altrettanto, quindi distolse lo sguardo. «Buonanotte» sussurrò prima di entrare in stanza, per poi accostarsi alla porta chiusa e ascoltare il rumore dei suoi passi affievolirsi lungo il corridoio.

    Mentre si allontanava lentamente dalla sua stanza, Rhys non riusciva a togliersi di dosso la sua presenza: Helene Banes. La sua Helene.

    Anche se illuminata dalla sola luce delle lampade, gli era sembrata ancora più bella di cinque anni prima, con il viso liscio e pallido simile a porcellana pregiata, ma più asciutto e ammaliante. Le sue labbra erano rosa e piene, ma i suoi occhi – blu e intensi – non avevano perso il potere di intrappolarlo. Nonostante il desiderio ardente di osservarla, non aveva osato farlo. Com'era possibile che si trovasse nella stessa città, stesso albergo e corridoio della sua stanza? Nei cinque anni trascorsi – da quando lo aveva distrutto, rompendo la promessa di sposarlo – non aveva saputo più nulla di lei. Non conosceva niente della vita che aveva condotto dal giorno in cui il padre gli aveva riferito la sua devastante decisione. Aveva dato per scontato che avrebbe sposato un nobile, qualcuno più ricco e prestigioso del semplice figlio di un parroco, ma se era sposata, dove si trovava suo marito? Di certo non le avrebbe permesso di visitare una taverna con il solo supporto del povero Wilson, o di recarsi a Bruxelles in un momento così delicato.

    Rhys girò l'angolo e si appoggiò alla parete per un momento: perché diavolo gli interessava? L'aveva dimenticata da tempo. Si era congratulato con se stesso per averla persa, e grazie al suo rifiuto, si era arruolato nell'esercito. Dopotutto quel tipo di vita gli si addiceva. Era fiero di servire il suo Paese, si impegnava al meglio e, con Napoleone che si era dichiarato Imperatore – dopo essere fuggito dall'isola d'Elba – c'era ancora più lavoro da portare a termine. Avrebbe fatto la sua parte per liberare il mondo dal dominio di quell'uomo e l'ultima cosa di cui aveva bisogno era farsi distrarre da Lady Helene Banes. Si scostò dal muro e si diresse verso la stanza che condivideva con l'amico Grant: si erano uniti al Quarantaquattresimo Reggimento nello stesso momento, combattendo insieme e diventando veri amici quasi fratelli. Entrambi si erano guadagnati il grado di capitano, avevano imparato cosa volesse dire guidare i propri uomini in battaglia e vederli cadere a causa del fuoco nemico. Consapevoli di ciò che stavano affrontando: Napoleone, che già una volta aveva conquistato l'Europa, aveva radunato il suo esercito dopo il ritorno in territorio francese. Sarebbe riuscito a ripetere l'impresa?

    Grant non si era fermato alla taverna ed era seduto nel piccolo salotto, con un bicchiere di brandy in mano. «Posso versarvene uno?»

    Lui tolse i guanti e si sbottonò la giacca. «Sì, grazie.» Collassò sulla sedia, bevve un sorso, e accolse il gusto familiare e il calore del liquore, anche se non lo aiutarono a ridurre il disagio.

    «Vi andrebbe di parlare?» chiese Grant.

    Rhys era stato testimone del dolore provato dall'amico in Spagna, a causa del tradimento da parte dell'amata. Prima di allora, entrambi si erano comportati come tutti i soldati, cogliendo le occasioni offerte da donne i cui visi – e corpi – si erano offuscati nel tempo. Grant si era innamorato di una di loro, che tradendolo, lo aveva ferito profondamente. Aveva compreso il suo dolore, senza mai raccontargli la propria esperienza negativa con Helene, e non aveva alcuna intenzione di parlare di lei ora.

    «Sono originari del paese in cui sono cresciuto. Un gruppo di incoscienti.»

    Grant alzò le sopracciglia. «Senza dubbio.»

    Continuarono a bere in silenzio. Rhys poteva contare sul fatto che l'amico non avrebbe insistito affinché gli rivelasse più di quanto fosse disposto a fare, anche se percepiva nell'aria le domande inespresse. Chi era quella donna e cosa aveva rappresentato in passato? Un tempo Helene era stata tutto per lui: erano cresciuti insieme, lei la figlia di un conte, lui quello del parroco. La canonica era abbastanza vicina alla tenuta di campagna del nobile da permettere loro di giocare insieme, da bambini. Quando fu mandato a Cambridge furono costretti a separarsi e al suo ritorno si era trasformata in una bellissima giovane donna, di cui si era innamorato. Da quel momento, riusciva a pensare solo alla possibilità di stare con lei, fantasticando sul fatto che lo avrebbe reso completo, come se il significato della sua esistenza dipendesse dall'averla al suo fianco. A quei tempi non aveva ancora uno scopo nella vita: era troppo irrequieto per studiare legge, irriverente per la ecclesiastica e non abbastanza ricco da poter pensare a qualcos'altro. Quando giunse il momento di tornare a Cambridge, pianificò la fuga verso Gretna Green con Helene, così da non doversi più separare e restare insieme per sempre: se non si fossero divisi, tutto sarebbe andato bene.

    Lei cambiò idea, come gli riferì il padre: la figlia di un nobile non poteva sposare l'erede di un parroco. Il Conte di Yarford gli offrì un ingaggio nell'esercito come consolazione, rendendo impossibile un rifiuto da parte sua.

    E così aveva fatto carriera militare.

    Bevve l'ultimo sorso di brandy e si allungò sulla sedia chiudendo gli occhi, visualizzando un'indesiderata immagine di lei, con l'aspetto che aveva avuto in quel periodo difficile: giovane e sorridente, mentre si avvicinava per un altro bacio rubato. Scosse la testa e riaprì gli occhi, per scoprire che Grant lo stava fissando.

    «Solo alcune persone con cui siete cresciuto?»

    «E che avrei preferito non rivedere» aggiunse lui, anche se aveva appena compreso quanto quell'affermazione fosse falsa: gli era bastata una sola occhiata per capire quanto l'avesse desiderata durante gli anni trascorsi.

    Bene, aveva messo da parte i suoi sentimenti già una volta, in passato: poteva farlo di nuovo. Si alzò. «Vado a dormire.»

    Perlomeno lei non si sarebbe trattenuta a lungo a Bruxelles, visto che il suo unico obiettivo era riportare a casa il fratello. Con un po' di fortuna non l'avrebbe più rivista.

    Recuperò la bottiglia di brandy e se ne versò un altro bicchiere, che bevve tutto d'un fiato.

    2

    Rhys si svegliò abbastanza presto per recarsi dai suoi uomini, controllare le loro condizioni e occuparsi delle rivalità e dei risentimenti che rischiavano di trasformarsi in problemi più gravi. L'aria fresca e pungente dell'alba e il profumo dei campi di grano gli ricordavano casa. E Helene, addormentata in una stanza a pochi passi di distanza.

    Dopo che lei e il padre lo avevano allontanato, si era convinto che non l'avrebbe più incontrata, che si sarebbe sposata e avrebbe lasciato il Northamptonshire. Possibile che non avesse fatto nulla di tutto questo? Magari il marito era rimasto ad attenderla in stanza. Quale motivazione poteva spingere un uomo a lasciarle portare avanti la ricerca nelle taverne con il solo supporto di un domestico? E perché si stava ancora facendo queste domande?

    Quando raggiunse la sua compagnia, trovò abbastanza problemi di cui occuparsi da tenerla lontana dalla sua mente e dai suoi pensieri.

    Quasi del tutto.

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