Il capo dagli occhi dolci: Harmony Jolly
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Info su questo ebook
Amore e lavoro possono andare d'accordo? Certo. Provare per credere!
Nicola McGillroy è disposta a tutto pur di dimenticare la cocente delusione di essere stata lasciata dal suo fidanzato per la sua ex migliore amica. Quindi, che cosa c'è di meglio di un nuovo lavoro in una zona lontana chilometri da Melbourne? Nicola è ufficialmente la nuova babysitter di due splendide bambine, che di splendido hanno anche il loro sensuale e single padre, Cade Hindmarsh. Lui non pare minimamente interessato alla presenza di lei, è una sua dipendente come tutti gli altri. Ma è realmente così? I suoi occhi sembrano raccontare tutta un'altra storia.
Michelle Douglas
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Il capo dagli occhi dolci - Michelle Douglas
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Nanny Who Saved Christmas
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2012 Michelle Douglas
Traduzione di Donella Buonaccorsi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-902-6
www.eHarmony.it
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1
Nicola allungò il collo per vedere il più possibile dal finestrino del Cessna mentre atterravano sulla pista che non era niente di più che una striscia di terra rossa bordata qua e là di piante grasse. Quando il pilota spense il motore il silenzio improvviso la avvolse.
«Siamo arrivati» le annunciò lui a quel punto voltandosi a guardarla.
«Bene» commentò lei deglutendo a vuoto. Il posto in cui erano arrivati era il ranch Waminda Downs nell’estremità occidentale del Queensland... il luogo più lontano dalla civiltà che si potesse immaginare.
Guardò di nuovo dal finestrino e il cuore le fece una capriola in petto. Il luogo in cui si trovava era l’opposto di Melbourne, la città in cui era nata e cresciuta. L’esatto contrario.
Domandò al pilota se poteva scendere e lui le rispose sorridendo: «Be’, dolcezza, visto che questa è la sua destinazione, direi proprio di sì».
Poi abbassò la scaletta e non appena Nicola uscì dall’aereo la prima cosa che la colpì fu il calore. Secco, intenso, avvolgente. La seconda fu il profumo di terra asciutta ed erba bruciata dal sole. Ma poi su tutto dominò il senso di smarrimento. In quel posto una persona poteva perdersi e non essere mai ritrovata.
Osservò la sterminata distesa di erba giallastra, intervallata qua e là da cespugli verdi, che spuntavano dalla terra rossa, e per la prima volta nell’arco di tre mesi ebbe la sensazione che il suo cuore ricominciasse a battere a un ritmo normale. Lì non avrebbe incontrato conoscenti che avrebbero fatto finta di non vederla per poi sparlare alle sue spalle. Né amici che le sarebbero corsi incontro stringendole le mani e chiedendole preoccupati come stava. O persone che godevano delle sfortune altrui e avrebbero sorriso soddisfatte al suo passaggio.
Chiuse gli occhi e levando il viso verso il cielo mormorò: «È perfetto...».
«Perfetto per cosa?»
La voce che le aveva rivolto quella domanda non apparteneva al pilota.
Riaprendo di colpo gli occhi Nicola si voltò e vide davanti a sé un uomo che stava tirando giù la sua valigia dall’aereo. La posò a terra, poi si raddrizzò. Era alto e massiccio. E trasudava forza ed efficienza da tutti i pori.
Gli stava per chiedere da dove fosse sbucato, quando con la coda dell’occhio scorse un’auto il cui parabrezza luccicava al sole e osservò: «Immagino che lei venga dal ranch».
«Già» convenne lui a quel punto con una smorfia che forse voleva essere un sorriso amichevole. «Sono Cade Hindmarsh.»
Accidenti! Non veniva dal ranch. Ne era il proprietario. Nonché il suo datore di lavoro.
Doveva avere una trentina d’anni ed era abbronzato. Molto abbronzato. Un reticolo di rughe sottili ma profonde gli circondava gli occhi. Probabilmente perché, con tutto quel sole, era costretto a strizzarli di continuo. Aveva cominciato a farlo anche lei, non appena era scesa a terra. Poi Cade Hindmarsh sollevò di qualche centimetro il cappello che portava e Nicola si ritrovò a fissare gli occhi più azzurri che avesse mai visto. Il sole, che era riuscito a sbiadire tutto quanto nei dintorni, non era riuscito nemmeno a intaccare il loro splendore.
Lui sostenne con fermezza il suo sguardo. E più lo fissava, più lei si sentiva leggera e liberata dal peso che negli ultimi mesi aveva portato sulle spalle. Cade Hindmarsh non la conosceva. Era la prima volta che la vedeva. Nessuno la conosceva lì. Nessuno l’avrebbe compatita né giudicata una stupida o una fallita. A meno che lei non gliene desse motivo.
E non aveva alcuna intenzione di permettere che una cosa simile accadesse.
«Nicola McGillroy» replicò, riacquistando il controllo e cercando al contempo di sembrare calma e professionale, perché era questo che voleva sembrare.
Cade Hindmarsh fece un passo avanti e le tese la mano. Nicola gliela strinse e lui ricambiò la sua stretta con tanta forza da farle spalancare gli occhi.
«Mi scusi» mormorò con una smorfia. «Mi hanno ripetuto centinaia di volte che non devo esagerare, quando stringo la mano a qualcuno.»
«Non ha nulla di cui scusarsi» protestò lei. «Non mi ha fatto male.»
Era sincera. Cade stringeva la mano come lei aveva sempre pensato che gli uomini dovessero stringerla. La realtà, come in tanti altri casi, l’aveva delusa. Ma Cade no. La sua stretta di mano era proprio come avrebbe dovuto essere. Ferma, affidabile, forte. Nessuno avrebbe potuto menare per il naso chi stringeva la mano in quel modo.
Voleva imparare anche lei a stringere la mano così.
Per qualche momento lui la osservò in silenzio, facendola sentire sotto esame. Il che non la stupì minimamente, visto che nei due mesi successivi avrebbe dovuto prendersi cura delle sue due bambine. Non avrebbe mai rispettato un uomo che si fosse accontentato delle sue referenze o di un colloquio telefonico. Anche se il loro, più che un colloquio, era stato un vero e proprio interrogatorio.
«Ho passato l’esame?» gli domandò infine, quando la suspense cominciò a innervosirla. Era certa che se la sua risposta fosse stata negativa, l’avrebbe rimessa sull’aereo e rispedita a Melbourne senza un attimo di esitazione.
A quel pensiero, il cuore iniziò a martellarle furiosamente in petto. Non poteva ritornare a Melbourne. Non ancora!
Melbourne e dicembre: il luogo e il periodo in cui avrebbe dovuto sposarsi. No. Non avrebbe proprio potuto sopportarlo.
«Non mi ha ancora spiegato perché questo posto è perfetto» le ricordò lui eludendo la sua domanda.
Perfetto? Nicola Ann, non puoi parlare sul serio!
La voce di sua madre le risuonò nella mente, ma lei la ignorò e rispose: «Be’, è completamente diverso da quello a cui sono abituata, ma è proprio come me l’ero immaginato».
«E le sta bene?»
«Direi proprio di sì.»
«Molte delle persone che vengono qui stanno scappando da qualcosa» commentò lui.
«È per questo che lei è qui?» replicò Nicola alzando il mento con aria di sfida.
«Certo che no!» interloquì a quel punto il pilota del Cessna scoppiando a ridere. «Generazioni di Hindmarsh sono nate e cresciute qui, dolcezza!»
«La sua risposta è un no, allora?» domandò Nicola a Cade Hindmarsh aggrottando un sopracciglio.
«È un no» confermò lui con uno scintillio malizioso negli occhi.
«Be’, certe persone...» Nicola esitò, scegliendo con cura le parole, prima di continuare: «... non solo vogliono vedere più che possono della nazione in cui vivono, ma anche fare nuove esperienze».
«Dunque, è per questo che è venuta qui?»
«So che a lei, che ci è nato e ci vive, questo luogo è familiare, ma per me essere qui è un’avventura» gli spiegò Nicola, senza precisare che era anche uno stacco dalla sua vita di tutti i giorni, un allontanamento di cui aveva un disperato bisogno da Melbourne, che le ricordava quanto fosse stata stupida e ingenua. Non lo fece, perché se lo avesse fatto lui avrebbe pensato che aveva ragione e che la sua era proprio una fuga.
Sarà tutto ancora qui quando ritornerai a casa, lo sai, Nicola Ann.
Purtroppo, era possibile che sua madre avesse ragione. Ma di lì a due mesi sperava di trovare la forza di affrontarlo. Sperava di cambiare, di diventare una persona diversa, più dura e più forte. Una persona di cui non ci si poteva approfittare, alla quale non si poteva mentire, che non si poteva ingannare.
«Bene» ribatté Cade facendole finalmente un vero sorriso. «In tal caso, benvenuta a Waminda Downs, Nicola.»
«Grazie!» esclamò lei. Era tanto sollevata che dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non mettersi a saltare dalla gioia. E la risatina del pilota le fece capire che era fin troppo evidente. «Non vedo l’ora di conoscere Ella e Holly» soggiunse.
«Ti ho portato il generatore che hai ordinato» disse il pilota a Cade, prima che lui avesse il tempo di replicare. «Ti aiuto a scaricarlo.»
«Non importa» protestò lui. «Faccio da solo.»
Ammirata, Nicola lo osservò scaricare il pesante generatore dal Cessna e metterlo nel portabagagli della sua auto insieme alla sua valigia senza alcuno sforzo apparente.
Lei si disse che glielo lasciava fare solo perché non sarebbe stata capace di sistemarla altrettanto bene. Ma la verità era che non ce l’avrebbe mai fatta a sollevarla. Non era in una forma fisica smagliante, ma nel giro di due mesi lo sarebbe stata. Lo aveva solennemente promesso a se stessa.
Intanto, il pilota era risalito a bordo del Cessna, che pochi minuti dopo decollò, lasciando Nicola e Cade soli. Per non tenergli gli occhi incollati addosso, lei cominciò a guardarsi intorno e dopo qualche istante gli confessò: «Ci rinuncio! Per quanto mi sforzi, non riesco a vedere nemmeno una casa. Solo terra, dappertutto».
«È una specie di illusione ottica» le assicurò lui aprendole la portiera.
Lei salì a bordo, ma il suo sguardo la mise così in imbarazzo che nel farlo picchiò un gomito e anche un ginocchio.
Oh, Nicola Ann, sei una tale imbranata!
Cade non fece alcun commento, ma lei avrebbe potuto giurare che i suoi occhi avessero di nuovo luccicato maliziosi prima che richiudesse la portiera.
In silenzio, si mise al volante e imboccò quello che a Nicola più che una strada sembrava un sentiero.
«Il ranch dista molto da qui?» gli chiese dopo qualche istante.
«Circa cinque chilometri.»
Nicola aspettò, ma Cade non aggiunse altro e quando il silenzio divenne insopportabile, lei tornò alla carica domandandogli: «Il terreno vicino al ranch non è adatto per una pista di atterraggio?».
«Gli arbusti prendono fuoco facilmente» replicò lui.
«Mi scusi, ma credo di