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Scommessa milionaria: Harmony Destiny
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Scommessa milionaria: Harmony Destiny
E-book171 pagine1 ora

Scommessa milionaria: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

I KING - Vol. 2

Rafe King è un abile giocatore, ma questa volta la fortuna gli ha voltato le spalle. Per onorare una scommessa, infatti, è costretto a smettere i panni del facoltoso uomo d'affari e a lavorare come manovale alle dipendenze di Katie Charles, donna orgogliosa e conturbante. Un incontro insperato, che subito sfocia in eccitanti incursioni in camera da letto. Rafe, purtroppo, scoprirà che lei disprezza tutti i ricchi in generale, e i King in particolare. Lui non potrà celare la sua vera identità ancora per molto, e ora la sua sfida più grande è convincerla a rimanere al suo fianco.
LinguaItaliano
Data di uscita9 feb 2018
ISBN9788858977743
Scommessa milionaria: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Scommessa milionaria - Maureen Child

    1

    Al pari di qualsiasi altro uomo, Rafe King non diceva mai di no a una scommessa tra amici.

    Semplicemente non gli piaceva perdere.

    Quando accadeva, comunque pagava sempre il suo debito. Ecco perché, in quel momento, stazionava in piedi nel vialetto d’accesso di un’abitazione privata a sorseggiare del caffè, in attesa di essere raggiunto dal resto della squadra di operai. Essendo uno dei proprietari della King Construction, erano passati alcuni anni dall’ultima volta in cui Rafe si era ritrovato a svolgere del lavoro sul campo. Di solito, fungeva da coordinatore e supervisore, curando gli ordini e verificando la puntuale consegna delle forniture. Insomma, gestiva le mille e una commesse che l’impresa edile aveva costantemente per le mani e controllava le aziende subappaltatrici perché il lavoro venisse svolto a regola d’arte.

    Adesso però, a causa di una scommessa andata storta, avrebbe dovuto lavorare come manovale per le settimane immediatamente successive.

    Un pick-up argento metallizzato che trainava un piccolo rimorchio gli arrivò alle spalle e Rafe lanciò un’occhiata al conducente. Joe Hanna. Subappaltatore e amico. Nonché colui che aveva lanciato la sfida che Rafe aveva perso.

    Joe saltò giù dal suo camioncino, riuscendo a malapena a trattenere un sorriso. «Stentavo a riconoscerti senza il completo firmato che indossi abitualmente.»

    «Spiritoso.» Per la verità, Rafe non era proprio tipo da giacca e cravatta. Non a caso, si sentiva più a suo agio vestito com’era adesso, in jeans sbiaditi, scarpe rinforzate da lavoro e T-shirt nera con la scritta King Construction stampata sulla schiena. «Sei in ritardo.»

    «No. Non sono io che sono in ritardo. Sei tu che sei in anticipo.» Joe sorseggiò a sua volta del caffè e tese un sacchetto. «Ti va una ciambella?»

    «Sicuro.» Rafe tuffò la mano nel sacchetto e afferrò un dolce ripieno di gelatina che spazzolò in pochi bocconi. «Dove sono gli altri?»

    «Non cominciamo fino alle otto. Dunque, hanno ancora un quarto d’ora di margine.»

    «Fossero stati già qui, avremmo potuto predisporre tutto in modo da iniziare a lavorare alle otto.» Rafe volse lo sguardo sul bungalow californiano che sarebbe stato il centro del suo mondo nelle prossime settimane. Si affacciava su di un viale alberato a Long Beach ed era circondato da un prato perfettamente curato. Risalente a mezzo secolo prima, dava la sensazione di essere lì da sempre. Come se la cittadina gli fosse cresciuta attorno.

    «In cosa consiste il lavoro?»

    «Nella ristrutturazione di una cucina» disse Joe, appoggiando la schiena contro il furgone di Rafe per studiare la casa. «Sostituzione del pavimento. Cambio del ripiano di lavoro. Un sacco di opere idrauliche per rimettere tutto a norma, intonacatura e verniciatura.»

    «Credenze?» chiese Rafe, concentrandosi sul lavoro che li aspettava.

    «No. Quelle esistenti sono in solido legno d’abete. Dunque, non le sostituiremo. Ci limiteremo a carteggiarle e verniciarle.»

    Rafe annuì, staccandosi dal veicolo. «I ragazzi che faranno questo lavoro con me sanno chi sono?»

    Joe sogghignò. «Non ne hanno la minima idea. Come stabilito, la tua vera identità rimarrà segreta. Per l’intera durata di questo intervento, tu sarai Rafe Cole. Ah, dimenticavo. Sei un nuovo assunto.»

    Meglio così, pensò Rafe. Se avessero saputo che era il loro principale, i ragazzi non sarebbero stati tranquilli e avrebbero finito per non far bene il loro lavoro. Inoltre, per Rafe questa era un’occasione per capire esattamente cosa pensavano i suoi dipendenti della King Construction.

    Ma, comunque, non poté fare a meno di scuotere il capo. «Ricordami un po’ perché non ti licenzio?»

    «Perché non ti tiri indietro quando si tratta onorare una scommessa» disse Joe. «Resta il fatto che ti avevo avvertito che l’auto della mia Sherry avrebbe vinto la corsa.»

    «Vero.» Rafe sorrise, ripensando al picnic per famiglie organizzato dalla King Construction. I bambini dei dipendenti passavano mesi e mesi a costruire fantasiose auto in legno che avrebbero poi gareggiato su un percorso realizzato espressamente per l’evento. Secondo lo spirito della competizione, Rafe aveva puntato contro l’auto rosa shocking della sorella di Joe. E, come volevasi dimostrare, Sherry aveva lasciato tutti quanti con un palmo di naso. Così imparava a scommettere contro le femmine.

    «Meno male che al picnic hai lasciato ai tuoi fratelli i discorsi di rito» stava dicendo Joe. «Altrimenti, i ragazzi qui ti riconoscerebbero.»

    In realtà, Rafe lasciava sempre che ad occuparsi degli aspetti pubblici dell’attività fossero i fratelli Sean e Lucas. Loro tre avevano fatto della King Construction una delle imprese edili più importanti della West Coast. Sean gestiva l’aspetto aziendale della faccenda, Lucas curava i rapporti con i clienti e i dipendenti, mentre Rafe era responsabile delle forniture e dei materiali necessari in cantiere.

    «Buon per me» mormorò, quindi sollevò il capo di fronte al fracasso prodotto da un altro camioncino che avanzava scoppiettando lungo la strada. Il veicolo parcheggiò dietro il pick-up e ne scesero due uomini che si incamminarono verso di loro.

    Joe si fece avanti. «Steve, Arturo, vi presento Rafe Cole. Lavorerà in squadra con voi.»

    Steve era alto, sulla cinquantina, con un sorriso contagioso e indossava la T-shirt di una rock band locale. Arturo era più avanti con gli anni, più basso e portava una camicia macchiata di tutti i colori di vernice esistenti. Be’, pensò Rafe, almeno sapeva chi dei due era l’imbianchino.

    «Siamo pronti?» chiese Steve.

    «Come non mai.» Joe si girò e indicò il fianco della casa. «C’è un cancello di accesso laterale laggiù. Mettete pure il rimorchio nel cortile sul retro, sarà più facile accedere agli attrezzi e la recinzione terrà alla larga eventuali ladruncoli.»

    «Giusto.»

    Joe portò pick-up e rimorchio oltre il cancello e, nel giro di pochi minuti, erano già tutti indaffarati. Rafe partì di buona lena. Erano alcuni anni che non operava direttamente in cantiere, ma questo non significava che avesse dimenticato ciò che aveva imparato. Suo padre, Ben King, non era stato un gran genitore, ma aveva guidato abilmente il ramo edile dell’impero finanziario della dinastia familiare dei King, e si era assicurato che ciascuno dei suoi figli, otto in tutto, passasse regolarmente l’estate nei vari cantieri. Lo trovava un buon modo per ricordar loro che la vita non era una passeggiata, neppure per un King.

    All’epoca, tutti quanti loro avevano mugugnato, ma Rafe era giunto alla conclusione che quella era la cosa migliore che il loro genitore avesse fatto per loro.

    «La settimana scorsa abbiamo fatto il sopralluogo» stava dicendo Joe e Rafe ascoltò attentamente. «Abbiamo già sgombrato tutto, dunque Steve e Arturo possono cominciare subito. Rafe, tu invece dovrai collegare una cucina provvisoria per la signorina Charles nel patio chiuso.»

    Rafe lo guardò sconcertato. «Una cucina provvisoria? Scusa, ma non può mangiare fuori durante la ristrutturazione, come fanno tutti?»

    «Potrebbe» gli rispose una voce femminile proveniente dalla casa alle loro spalle. «Ma ha bisogno di poter sfornare i suoi dolci mentre voi le sistemate la cucina.»

    Rafe si girò lentamente per guardare in faccia la donna cui apparteneva quella voce e si sentì investire da una sconcertante ondata di calore. Era piccola e snella, cosa che gli garbava non poco perché non sopportava di doversi piegare in due per baciare una donna, aveva dei capelli ricci di un rosso scuro che le arrivavano alle spalle e dei luminosi occhi verdi. Sorrideva e la curva assunta dalla bocca era assolutamente deliziosa.

    Ma niente di tutto questo lo rese particolarmente felice. Non aveva bisogno di una donna. Non la voleva, e se anche l’avesse voluta di certo non ne avrebbe presa una che aveva stampata in fronte la parola matrimonio a caratteri cubitali.

    Rafe non era proprio tipo da focolare domestico.

    Comunque, questo non significava che non potesse ammirare lo spettacolo.

    «Buongiorno, signorina Charles» disse Joe. «Ecco la squadra al gran completo. Arturo e Steve li ha conosciuti l’altro giorno. E questo è Rafe.»

    «Piacere di conoscerla» disse lei. I suoi occhi verdi si intrecciarono con quelli di lui e per un lungo, intensissimo istante nell’aria sembrò esservi un’elettricità quasi palpabile. «E mi chiami pure Katie, la prego. In fin dei conti, nelle prossime settimane passeremo un sacco di tempo insieme.»

    «Esatto. Allora, cosa sarebbe questa faccenda della cucina provvisoria?» si informò Rafe.

    «Preparo biscotti e focaccine» lo informò lei. «È la mia attività e devo essere in grado di evadere gli ordini anche durante la ristrutturazione della cucina. Joe mi ha garantito che non ci sarebbe stato alcun problema.»

    «Né ci sarà» confermò Joe. «Naturalmente, non potrà cucinare di giorno. Infatti, mentre lavoreremo alle tubazioni, dovremo togliere il gas. Ma ripristineremo tutto quanto alla fine della giornata. Rafe provvederà a questo e lei stasera potrà lavorare.»

    «Magnifico. Be’, allora vi lascio procedere.»

    Lei tornò dentro e Rafe ne approfittò per ammirare la vista del fondoschiena. Oh, aveva un gran sedere, fasciato da un tessuto di denim consunto che ne delineava ogni curva e che insinuava in un uomo la forte tentazione di vedere cosa celasse quel paio di jeans. Rafe tirò un profondo respiro, augurandosi che l’aria frizzante del mattino dissipasse almeno in parte i bollori che lo avevano assalito. Era meglio ignorare quella donna. Era qui solo per pagar pegno, non per perdersi in pericolose distrazioni.

    «Okay» stava dicendo Joe, «voi ragazzi spostate la cucina dove vi è stato indicato dalla padrona di casa, così Rafe la sistemerà mentre procediamo con la demolizione.»

    Rafe l’avrebbe sistemata più che volentieri. La padrona di casa, non la cucina. Ma, non potendo certo dar sfogo alle sue fantasie, si ritrovò a seguire Steve e Arturo sul retro della casa.

    Il rumore era incredibile.

    Dopo un’ora, Katie aveva la testa che le pulsava al ritmo dei colpi di mazza che venivano battuti nella vecchia abitazione di sua nonna.

    Era strano avere degli estranei per casa. E ancor più strano pagarli perché distruggessero la cucina nella quale era praticamente cresciuta. Ma sapeva che ne sarebbe valsa la pena. Sperava solo di poter sopravvivere ai disagi dei lavori.

    Nella speranza di mettere un minimo di distanza fra sé e l’assordante frastuono, si avviò verso il patio che aveva provveduto a far chiudere, trasformandolo in veranda. Situato tra l’autorimessa e la casa, il locale era lungo e stretto. Conteneva alcune sedie, un tavolo da picnic che Katie aveva già coperto con una tovaglia di plastica e una montagna di teglie per biscotti che aspettavano di essere riempite. Gli accessori dell’impastatrice elettrica erano su un ripiano di fortuna costituito da un tavolino da gioco. Oh, quella che stava per affrontare sarebbe stata senza dubbio una bella sfida. L’unico aspetto positivo dell’intera faccenda era che aveva un fusto da urlo allungato dietro i banco di lavoro che borbottava tra sé.

    «Come va?» chiese timidamente lei.

    L’uomo si tirò su di scatto, picchiò la testa nello spigolo del bancone e biascicò un’imprecazione che Katie fu contenta di non essere riuscita a decifrare. Lanciandole un’occhiataccia con quei suoi begli occhi azzurri, le disse: «Va come può andare quando si collega una cucina da museo a un tubo del gas».

    «È vecchia, ma affidabile» sottolineò Katie. «Naturalmente, ne ho ordinata una nuova.»

    «Voglio ben sperare» replicò Rafe, tornando ad abbassarsi dietro alla cucina. «Questo ferrovecchio avrà trent’anni.»

    «Almeno» disse lei, prendendo posto su di una sedia nelle vicinanze. «Mia nonna l’ha comperata prima che nascessi e io adesso ho ventisette anni.»

    Lui la guardò e scosse il capo.

    Il fiato le si fermò nei polmoni. Non era davvero il tipo che si era aspettata. Uno bello come lui avrebbe dovuto essere sulla copertina di GQ, non impegnato a lavorare in cantiere. Ma pareva sapere il fatto suo, e lei doveva ammettere che il solo guardarlo le trasmetteva delle sensazioni che non provava ormai da troppo tempo.

    La strada che avevano imboccato i suoi pensieri era a dir poco pericolosa, quindi Katie decise di portare la conversazione su qualcosa di meno personale.

    «Solo perché una cosa è vecchia non significa che sia inutile» buttò lì, sogghignando. «Questa cucina potrà anche essere un tantino bizzarra, ma ormai la conosco come le mie tasche. Ogni tanto la temperatura sale un po’ oltre le impostazioni, ma ho imparato ad aggirare l’inconveniente.»

    «Però» le fece notare lui con un mezzo sorriso, «ne sta aspettando una nuova.»

    Lei si strinse nelle spalle e il suo sorriso svanì in qualcosa che somigliava

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