Il cuore del deserto: Harmony Collezione
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Carol Marinelli
Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.
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Anteprima del libro
Il cuore del deserto - Carol Marinelli
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Heart of the Desert
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2011 Carol Marinelli
Traduzione di Chiara Fasoli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-709-8
1
«Proviamo da qualche altra parte.»
Georgie sapeva che non avevano alcuna possibilità di riuscire a entrare nell’esclusivo club londinese. Non voleva nemmeno provarci. A dire la verità, Georgie avrebbe preferito andare a dormire, ma era il compleanno di Abby e, anche se tutti i loro amici erano già tornati a casa, lei non voleva ancora porre fine alla sua giornata speciale. Sembrava contenta di sostare in quella coda impossibile a guardare personaggi ricchi e famosi che sfilavano davanti a loro, mentre il buttafuori continuava a tenerle dietro a un cordone rosso.
«Rimaniamo ancora un po’. È divertente stare qui a guardare.»
I flash dei paparazzi inondarono la strada quando una limousine accostò al marciapiede lasciando uscire una giovane donna accompagnata da un attore.
Georgie rabbrividì, ma continuò a chiacchierare con l’amica, determinata a non fare la guastafeste. Dopotutto Abby aveva tanto desiderato quella serata.
Il buttafuori si diresse verso di loro e Georgie sperò quasi che fosse sul punto di invitarle a tornare a casa. Ma improvvisamente si rese conto che l’uomo le stava guardando... Automaticamente con la mano si sistemò i capelli biondi in un gesto nervoso.
«Venite avanti, signore.» Spostò il cordone rosso per lasciarle passare e le due donne si guardarono incredule, stupite per ciò che stava accadendo. «Mi dispiace molto, non ci eravamo accorti che foste qui fuori.»
Georgie stava per aprire bocca e parlare, chiedere chi pensava che fossero, quando sentì le dita di Abby premere sulle sue costole.
«Cammina.»
Tutte le persone in coda si erano voltate a guardarle e cercavano di indovinare chi fossero. Una macchina fotografica scattò e, subito dopo, altre la seguirono, i paparazzi erano convinti che fossero delle vip mentre le pesanti porte di vetro si aprivano per lasciarle entrare nel locale esclusivo.
Abby era fuori di sé per l’eccitazione.
«È il compleanno più bello della mia vita!» esclamò. Il cuore di Georgie invece batteva all’impazzata, mentre sentiva la gola serrata e una strana stretta allo stomaco. Sospettava che non ci fosse stato alcun errore da parte del buttafuori. Quel tipo di errori non accadeva mai. E riusciva a pensare a una sola persona al mondo che potesse trovarsi lì, una persona che conosceva e che aveva il potere di aprire porte impossibili. La persona alla quale aveva cercato di non pensare per mesi. Un uomo che avrebbe fatto di tutto per evitare.
«Le rinnovo le nostre scuse, signorina Anderson.» I suoi sospetti trovarono conferma quando il cameriere la chiamò per nome e una bottiglia di champagne apparve come per magia sul loro tavolo. Georgie si sedette, le guance in fiamme, timorosa di sollevare lo sguardo, perché sapeva perfettamente chi era l’uomo che si stava avvicinando. «Ibrahim ha chiesto che ci prendessimo cura di voi.»
Non c’era modo di evitarlo, dunque. Prese un profondo respiro, imponendo al proprio cuore di rallentare, al proprio corpo di calmarsi, e sperò senza possibilità di essere esaudita, di riuscire a rivolgersi a lui in modo distaccato. Georgie alzò gli occhi e, anche se riuscì a simulare un sorriso, anche se sembrava avere il pieno controllo su se stessa, ogni cellula del suo corpo era in subbuglio, sconvolta dall’agitazione e al tempo stesso da un inaspettato senso di sollievo.
Sollievo perché, nonostante avesse cercato in tutti i modi di convincersi del contrario, doveva finalmente ammettere di desiderarlo ancora.
«Georgie.» Il suono della sua voce e quel lieve accento nonostante la dizione quasi perfetta le chiusero lo stomaco mentre si alzava per salutarlo e per un momento si ritrovò di nuovo a Zaraq, tra le sue braccia. «È passato molto tempo.» Stava chiaramente per andarsene. Al suo braccio, una donna le lanciò uno sguardo di avvertimento mentre si stringeva possessivamente a lui.
«In effetti, ne è passato un po’.» La sua voce suonò leggermente più alta di quanto avrebbe voluto. «Come stai?»
«Bene» rispose Ibrahim, e sembrava davvero stare benissimo, nonostante tutti gli eccessi della sua vita che i giornali non mancavano di riportare. Era più alto di quel che ricordava, lievemente più magro e il suo aspetto selvaggio era evidenziato dai lunghi capelli indomabili, ma persino alle due del mattino era in perfetta forma.
I profondi occhi neri percorsero tutta la sua figura, proprio come avevano fatto in quel giorno lontano, e poi attesero che lo sguardo di lei li incontrasse e, come allora, lei non riuscì a trattenersi dal guardarlo.
La sua bocca non era cambiata. Se avesse dovuto riconoscerlo da una sola caratteristica, se la polizia avesse per qualche motivo creato un archivio di labbra, lei avrebbe riconosciuto quelle di Ibrahim senza la benché minima esitazione perché, in contrasto con i suoi lineamenti scolpiti, la sua bocca era morbida, con labbra carnose e denti perfetti e bianchissimi.
Georgie rimaneva lì in piedi, cercando di portare avanti quella strana conversazione, ma la sua mente era concentrata sulla bocca di lui. Mentre le rispondeva, era la sua bocca che avrebbe voluto guardare e dopo tutto quel tempo, in quel locale affollato e con una donna al fianco di lui, erano quelle labbra che avrebbe voluto baciare.
«Come stai?» le chiese cortesemente. «Come va la tua nuova attività? Hai molti clienti?»
Questo le rivelò che ricordava non solo quella notte, ma tutti i dettagli che lei aveva così prontamente condiviso. Ricordava l’eccitazione nella propria voce mentre gli raccontava del suo progetto di aprire un centro di Reiki e quanto interesse avesse dimostrato, e fu grata dell’oscurità intorno a loro perché i suoi occhi si riempirono di lacrime.
«Sta andando molto bene, grazie.»
«Hai visto tua nipote, ultimamente?»
Come suonava formale e distante! Avrebbe desiderato che tornasse a essere il vero Ibrahim, che la prendesse per mano e la trascinasse lontano da lì, nella sua macchina, nel suo letto, ovunque avessero potuto rimanere soli. Invece lui era lì, fermo in attesa della sua risposta e Georgie scosse la testa. «Non sono più tornata dopo...» E si fermò, perché doveva, perché il suo mondo era diviso in due, prima e dopo, da quando un bacio l’aveva cambiata per sempre. Da quando erano state scambiate parole dure. «Non sono più tornata dopo il matrimonio.»
«Io ci sono stato il mese scorso. Azizah sta bene.»
Sapeva che era tornato laggiù, nonostante avesse giurato di non cercare di scoprirlo. Aveva indagato solo un pochino parlando con la sorella, cercando di sentire il suo nome, cosa di cui non andava fiera.
Le sue parole si perdevano nel rumore del locale e l’unico modo di continuare la conversazione sarebbe stato quello di avvicinarsi un po’ di più, ma Georgie sentiva di non potere. Mentre la ragazza che era con lui sbadigliava annoiata, stringendo possessivamente la presa sul suo braccio, Georgie lo ringraziò per averle fatte entrare nel club e per lo champagne e in risposta Ibrahim le augurò una buona notte. Le si avvicinò per baciarla sulla guancia, ma restarono entrambi bloccati in un momento di imbarazzo, perché, anche in mezzo a tutte quelle persone, lo spazio tra loro si era riempito di un profumo che era una sottile combinazione di loro due, un profumo caldo, inebriante e così potente che avrebbe forse dovuto essere messo sotto controllo governativo.
Georgie si lasciò sfuggire un sorriso amaro. Era sotto il controllo reale!
«Buonanotte» mormorò, e mentre lui si allontanava, rimase a guardare la gente farsi da parte, girare la testa verso quel bellissimo uomo e poi verso di lei, perché persino quel breve contatto con lui bastava a renderla qualcuno. Soprattutto quando all’improvviso lui cambiò idea e tornò velocemente verso di lei. Era quasi come nel passato, quella carica, quella potenza che lo spingeva verso di lei, e avrebbe voluto arrendersi, attraversare il locale e correre da lui, invece rimase immobile, rabbrividendo dentro di sé mentre lui si avvicinava, si chinava su di lei e le offriva parole che non si sarebbe mai aspettata di sentire.
«Ti chiedo scusa.»
Non riuscì a dire niente, perché avrebbe pianto o, peggio, si sarebbe lasciata andare contro di lui, contro quella bocca che aveva desiderato così a lungo.
«Non per tutto, ma per alcune delle cose che ho detto. Tu non sei...» La sua voce si spense. Non aveva bisogno di ripeterlo. Quelle parole erano impresse chiaramente nella mente di entrambi. «Mi dispiace.»
«Grazie.» In qualche modo riuscì a parlare. «Dispiace anche a me.»
Poi lui si voltò e lei si sedette, non potendo sopportare di vederlo allontanarsi una seconda volta.
«Chi era quello?» le chiese Abby non appena si fu seduta.
Georgie non rispose. Invece bevve un sorso di champagne seguendo con gli occhi l’uomo che non si guardava mai indietro. In quel caso, però, lo fece, e l’effetto di quel gesto fu così potente, risvegliò un tale desiderio, che gli sarebbe bastato schioccare le dita per vederla gettarsi tra le sue braccia.
Fu un sollievo quando le porte del locale si chiusero alle sue spalle, ma le ci volle del tempo prima di tornare alla realtà, in un mondo senza di lui.
«Georgie?» Abby stava diventando impaziente.
«Ricordi mia sorella Felicity, che vive a Zaraq?» Abby la guardò a bocca spalancata. «Quello è il fratello di suo marito.»
«È un principe?»
Georgie cercò di suonare indifferente.
«Be’, visto che Karim lo è, immagino lo sia anche lui.»
«Non hai mai detto che era così...» La voce di Abby si spense, ma Georgie sapeva cosa intendeva. Sua sorella era andata a Zaraq come infermiera e aveva sposato un principe, entrando a far parte della famiglia reale, ma Georgie aveva sempre minimizzato, con i suoi amici, come se Zaraq e i suoi reali non contassero nulla, fossero insignificanti. Non aveva mai raccontato loro i dettagli di quella terra incredibile, il deserto infinito che aveva sorvolato, i mercati e le radicate tradizioni della campagna, in contrasto con il lusso della città, ricca di hotel a sette stelle e di negozi