Equivoco seducente: Harmony Destiny
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Vicki Lewis Thompson
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Anteprima del libro
Equivoco seducente - Vicki Lewis Thompson
successivo.
Prologo
Cosa non avrebbe dato per un bagno caldo, magari in compagnia di una bella donna...
Hugh Armstrong stava nuotando verso una barca a vela che affondava per la decima volta, con un cordone di salvataggio stretto tra i denti, fendendo le onde gelide sollevate dalle pale dell'elicottero della produzione. Il regista, probabilmente, pensava di essere l'erede di James Cameron e doveva essere convinto che quella scena, con Antonio Banderas che combatteva contro le onde, gli avrebbe fatto vincere una pioggia di Oscar. L'unico problema era che a mollo al posto di Banderas c'era lui!
La gente immaginava che lungo le coste meridionali della California le acque dell'oceano fossero sempre calde. Ad agosto, forse. Purtroppo era giugno, e tra l'altro uno dei più freddi degli ultimi anni.
Hugh amava il suo lavoro, ma le parti in mare non gli erano mai piaciute troppo. Aveva sempre preferito buttarsi giù dai precipizi o sfondare finestre. Rispetto alle cose che faceva di solito, infatti, quella nuotata risultava piuttosto noiosa e, proprio per questo, ancora più stancante.
Quelle continue ripetizioni lo esasperavano anche perché aveva deciso di prendere il volo delle otto, in modo da poter passare a Rhode Island tutto il fine settimana. C'era il matrimonio di Stuart e Kim, ma quello che lo rendeva più felice era avere la possibilità di passare un po' di tempo con suo fratello Harry. Era il suo gemello e avrebbe fatto da testimone allo sposo. Dall'ultima volta in cui si erano visti era passato parecchio tempo. Un po' troppo, forse.
Uno spruzzo di acqua salata gli schizzò in faccia. Hugh si fece forza e decise di mettercela tutta. Il decimo ciak sarebbe stato quello buono. Diede un colpo di reni e in poche bracciate raggiunse lo scafo della barca che stava colando a picco, poi con un gesto deciso assicurò il cavo di salvataggio a una scaletta. Questa volta il regista non poteva che essere soddisfatto.
Allungò le braccia verso il primo passeggero, un diciottenne che con quel film sarebbe dovuto diventare una stella del cinema.
Il ragazzo fece un grande balzo e finendo in acqua graffiò inavvertitamente la fronte di Hugh. Ma non importava. Le macchine da presa continuavano a girare, quindi il regista doveva essere soddisfatto.
Raggiunsero insieme un'altra imbarcazione e lui aiutò il ragazzo a salire a bordo.
Il regista non aveva fermato l'azione.
Forse sarebbe riuscito a prendere l'aereo.
1
Kate era di nuovo in ritardo.
Una volta un vecchio fidanzato le aveva chiesto se il fatto di arrivare sempre tardi non fosse uno stratagemma adottato per rendere più eccitante la sua vita. Lei l'aveva piantato, indignata, ma sapeva che sotto sotto qualcosa di vero c'era. Non c'era niente che la elettrizzasse di più che lottare costantemente con un ritardo cronico di quindici minuti.
Uscendo da Providence sulla sua decappottabile, con la radio a tutto volume, Kate sentì una volta ancora quella sferzata di adrenalina che le piaceva tanto. Era diretta all'aeroporto di Warwik e approfittando del caldo sole di giugno a Rhode Island, aveva abbassato la capotte della macchina. Ora viaggiava con i capelli scompigliati dal vento, zigzagando nel traffico per cercare in ogni modo di guadagnare secondi preziosi.
In pochi minuti aveva lasciato la superstrada ed era quasi arrivata all'aeroporto. La missione di quel pomeriggio non le sembrava molto impegnativa. Nella borsetta aveva una foto di Harry Armstrong, così sarebbe stata in grado di riconoscerlo anche se fosse giunta troppo tardi al cancello di arrivo del suo volo. Anzi, cercarlo per tutto l'aeroporto sarebbe stato ancora più divertente.
Mentre entrava nel parcheggio si liberò un posto proprio di fronte all'ingresso del terminal. Kate parcheggiò e si mise a frugare nella borsa. Ne estrasse una spazzola con cui si sistemò rapidamente i capelli corti. Poi diede un ritocco al trucco e rimise tutto in borsa.
Prima di scendere Kate prese la sua Nikon e controllò che il rullino fosse inserito. Le foto in studio le permettevano di vivere e pagare l'affitto, ma la sua vera passione erano le istantanee che riusciva a cogliere dal vivo, negli ambienti più disparati. Certo, era solo un hobby e quelle foto non le mai aveva mostrate a nessuno.
Chiuse la macchina e si diresse verso il luogo dell'appuntamento. Aveva sempre amato quell'aeroporto. Nell'atrio principale c'era il modello a grandezza naturale di un veliero, come a ricordare ai turisti che, prima dell'avvento dell'aviazione, quel luogo era stato un importante porto di mare.
Kate superò una porta automatica e salì sulle scale mobili, sempre guardandosi intorno alla ricerca di Harry. Con un certo dispiacere dovette rinunciare a un bicchiere di caffè freddo. Chissà perché, ogni volta che capitava in un aeroporto le veniva voglia di bere un caffè.
Mentre osservava la folla di passeggeri che si accalcava ai cancelli di arrivo, immaginò di essere un agente della CIA in attesa di incontrare un collega, che nella fattispecie aveva le sembianze di Harry. E a giudicare dalla fotografia si sarebbe detto che fosse un collega niente male: capelli scuri, mascella volitiva e un paio di occhi azzurri degni di James Bond. La scelta del testimone per il matrimonio di sua sorella Kim non poteva essere migliore, soprattutto considerato che lei, in quanto damigella d'onore, era destinata a passare in sua compagnia buona parte delle giornate successive. A ogni modo aveva deciso di non riporre in Harry troppe speranze. Non era il caso di montarsi la testa.
Senz'altro si sarebbe rivelato il classico cittadino, con un lavoro ben pagato, la Volvo ultimo modello e il cellulare. Uno normale, insomma. Il problema era che lei si sentiva più attratta dal brivido che dalla normalità e non era così facile incontrare degli uomini che rispondessero ai suoi canoni.
Uomini come suo nonno, per esempio. Durante la seconda guerra mondiale nonno Charles si era arruolato volontario perché voleva che il mondo diventasse un luogo sicuro dove crescere i propri figli. Era morto ucciso da una granata, sacrificandosi per salvare i suoi compagni. Ogni volta che Kate pensava a quell'incredibile atto di coraggio le veniva la pelle d'oca.
Avrebbe tanto voluto incontrare un uomo così. Ma nessuno fino ad allora aveva mai dimostrato il coraggio del nonno e temeva che nemmeno Harry sarebbe stato all'altezza.
Sperava solo che a sua madre non venisse in mente di metterli insieme. Ora che Kim stava per sposarsi, tutte le attenzioni della sua famiglia si erano puntate su di lei. Qualche giorno prima sua madre le aveva confessato di essere dispiaciuta del fatto che non avesse ancora trovato marito. Aveva sempre sognato di vederla salire all'altare insieme alla sua gemella.
Forse sperava di poterle vestire allo stesso modo ancora una volta, come quando erano bambine. L'ultima volta che avevano subito quella tortura era stato alla laurea di loro fratello Nick. Poi avevano tagliuzzato i loro vestiti con un paio di cesoie, minacciando di fare lo stesso con qualsiasi altro completo da gemelle. Erano rimaste in castigo per un mese, ma la mamma aveva recepito il messaggio.
Kate frugò nuovamente nella borsa per recuperare la foto di Harry. Le diede un'occhiata e poi riprese a guardarsi intorno.
Doveva essere proprio un bel tipo. Le sembrava di ricordare che fosse un medico. Lui e Stuart si erano conosciuti all'università.
Kate si concentrò, scrutando la folla che le passava davanti, finché lo vide.
Dannazione, dal vero era ancora meglio che in fotografia. Indossava una maglietta bianca, un paio di jeans e un giubbotto leggero. A vederlo così si sarebbe detto una rock star, più che un dottore.
Doveva essere molto stanco, pensò Kate. Non si era neppure fatto la barba. Forse aveva dovuto assistere un paziente per tutta la notte ed era riuscito a prendere l'aereo solo all'ultimo momento. Un comportamento davvero nobile, che gli faceva guadagnare dei punti nella sua classifica personale.
«Sono qui, Harry!» lo chiamò lei, agitando il braccio per farsi notare.
Lui non la degnò di uno sguardo.
Possibile che avesse sbagliato persona? No, non poteva essere che lui. Facendo la fotografa aveva sviluppato un occhio particolare per i volti e le fisionomie. Quell'uomo era Harry. Forse era semplicemente troppo stanco per accorgersi di quel che gli succedeva intorno.
Sarebbe dovuta arrivare puntuale, ma si sarebbe fatta perdonare. Gli avrebbe riservato un trattamento speciale per tutta la giornata.
Fece un passo in avanti e gli poggiò una mano sul braccio. Il cotone della giacca era di una morbidezza sorprendente. Materiale pregiato, si disse. «Scusami, sono in ritardo.»
Lui la guardò con aria smarrita.
«Veramente sono sempre in ritardo. Sono Kate Cooper, la sorella gemella di Kim. Sono venuta a prenderti.»
«Oh! Magnifico!» esclamò lui. «Non pensavo che qualcuno...»
«Lo so» lo interruppe Kate. «Mi spiace moltissimo di non essere stata puntuale.» Quando lo fissò nei grandi occhi blu le fu subito chiaro che doveva essere stato sveglio tutta la notte. Lanciò un'occhiata ai suoi bagagli. «Hai delle altre valigie?»
«No, è tutto qui.»
«Bene. Allora possiamo andare» propose lei, incamminandosi verso l'uscita. «Stuart voleva venire di persona, ma ha avuto un contrattempo.»
«Capisco. Dopotutto si sposa dopodomani.»
«È questo il problema.»
«Non sarà successo qualcosa tra lui e Kim?» si preoccupò lui.
«No, assolutamente.» Le piaceva la sua voce. «È solo che si sono fatti prendere dall'agitazione. I miei genitori sono arrivati qualche giorno fa, mio fratello Nick ieri e i miei cugini Clint e Maureen questa mattina. La mamma di Stuart è venuta con il nuovo marito e suo padre con la nuova moglie. E poi ci sono le sue sorelle. Diciamo che Stuart e Kim hanno un bel po' di lavoro. Mi dispiace solo che non abbiano molto tempo per starsene un po' da soli, poverini.»
«Capisco.»
Appena furono all'aperto si infilarono tutti e due gli occhiali da sole. Kate non poté fare a meno di notare che così Harry sembrava più una star del cinema che il dottore venuto a fare da testimone di nozze al suo futuro cognato.
«La mia macchina è laggiù. Non è lontana, ma se vuoi mi puoi aspettare qui.»
«Ti sembro così distrutto?»
«Be', diciamo che hai un'aria piuttosto affaticata.»
«Forse hai ragione, ma non sono ancora stanco fino a questo punto.» Lui sorrise. «Fammi strada.»
«Va bene.» Aveva davvero un bel sorriso. «È quella laggiù. La Miata rossa.»
«Un bel giocattolino.»
«A me piace. Forse ti dovrai sacrificare un po'.» In effetti era molto alto. «Avrei dovuto prendere la macchina di mio cugino...»
«Sta' tranquilla. A vedere come ti preoccupi per me si direbbe che ho l'aspetto di uno che è appena stato travolto da uno schiacciasassi.»
«Ma figurati!» protestò Kate aprendo il bagagliaio. «Hai solo