Strettamente passionale: Harmony Destiny
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Info su questo ebook
Maureen Child
Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.
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Anteprima del libro
Strettamente passionale - Maureen Child
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Up Close and Personal
Harlequin Desire
© 2012 Maureen Child
Traduzione di Mariangela Latorre
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-138-6
1
«So che sei là dentro, Laura!»
Ronan Connolly riprese a colpire la porta, poi si fermò e tese l’orecchio. Non un suono proveniva dall’interno della casa, anche se lui sapeva che Laura era lì. Che diavolo, gli sembrava quasi di percepire la sua presenza, come se fosse proprio dall’altra parte di quella maledetta porta.
Donna cocciuta! Come aveva potuto scambiare quella caparbietà per una virtù?
Trascorsero altri secondi. Il silenzio che proveniva dall’interno non fece che irritarlo ulteriormente. Guardò la Volkswagen gialla parcheggiata accanto alla casa, poi tornò a fissare la porta azzurrina.
«So che sei in casa, Laura. C’è la tua macchina, per strada.»
«È un vialetto, Ronan, non una strada» gli giunse la risposta di lei, attutita ma distinta. «Non sei più in Irlanda, ricordi?»
«Purtroppo.» Si strofinò il viso mentre alzava gli occhi al cielo con un sospiro. Se fossero stati ancora in Irlanda, in quel momento una buona metà del villaggio di Dunley gli sarebbe stata accanto, a fare il tifo per lui e aiutandolo a convincere Laura ad aprire quella maledetta porta.
«Ti ho sentito, sai? Quindi ritieniti pure libero di salire su uno dei tuoi jet privati e di tornartene quanto prima nella terra dei Connolly.»
Oh, se solo avesse potuto! Ma era arrivato in California per aprire una filiale americana della sua azienda, e non si sarebbe potuto muovere fino a quando la Cosain non fosse entrata a pieno regime.
E in quel momento era stanco, di pessimo umore, e non aveva nessuna voglia di avere a che fare con altre femmine capricciose. Aveva trascorso le ultime sei settimane accompagnando in giro per l’Europa una pop-star sedicenne, facendo la guardia del corpo a lei e alla madre, e non vedendo l’ora che quell’impegno finisse. E adesso che era tornato, si aspettava una vita tranquilla, ordinata, pacifica. E invece...
Strinse i denti e contò fino a dieci. Poi ripeté l’operazione. «Chiamalo come ti pare, Laura. La tua macchina è qui, e ci sei anche tu.»
«E se fossi uscita a piedi? Non ti è venuto in mente che potevo essere fuori?»
La proverbiale irascibilità dei Connolly crebbe in maniera esponenziale e Ronan dovette fare uno sforzo per contenerla. «Però non sei fuori, a quanto pare» obiettò con fare ragionevole, complimentandosi con se stesso per la pazienza dimostrata. «Sei qui, mi stai facendo diventare matto e mi costringi a urlare verso una porta chiusa, neanche fossi lo scemo del villaggio.»
«Non è necessario che urli, riesco a sentirti benissimo» obiettò lei con voce tersa.
Laura Page viveva lungo una graziosa strada di Huntington Beach, in California, in una delle innumerevoli villette cittadine costruite sullo stile dei villaggi di Cape Cod. Quando l’aveva vista la prima volta, Ronan aveva pensato che fosse un posto molto carino. Adesso, invece, lo riteneva un inferno.
Una brezza fredda spirava dall’oceano lungo la strada, scuotendo i rami dell’olmo quasi completamente spoglio nel giardino di Laura e spingendo nel cielo scure nuvole minacciose e gonfie di pioggia. Ronan si augurava soltanto che l’acquazzone non scoppiasse mentre lui era ancora fermo sul porticato.
«Mi sentiranno anche i vicini» commentò, accennando all’uomo che potava con eccessivo vigore le siepi del giardino accanto. «Perché non apri, così possiamo parlare in privato?»
«Non ho niente da dirti.»
Una risatina gli distese le labbra. Sarebbe stata la prima volta, si disse. Aveva sempre due parole da aggiungere su qualsiasi cosa, lei. Sulle prime, era stata proprio quella caratteristica, a piacergli. Era sempre stato circondato da donne sorridenti e vanitose, capaci soltanto di ridere di ogni sua stupida battuta soltanto per entrare nelle sue grazie.
Ma non Laura.
No. Sin dall’inizio, lei era sempre stata ostinata, polemica, non si era mai lasciata impressionare dalla sua ricchezza e dalla sua celebrità. A quell’epoca, discutere con lei gli piaceva, ammirava la sua intelligenza pronta e vivace. E l’aveva ammirata ancora di più dopo essersela portata a letto.
Abbassò lo sguardo sul fascio di rose rosse che stringeva tra le mani e si dette dell’imbecille per essersi illuso di convincerla con un mazzo di fiori e con qualche parolina dolce.
Sbuffando, abbassò un po’ la voce. «Sai benissimo per quale motivo sono qui. Andiamo, facciamola finita.»
Un attimo di pausa seguì quelle parole, quasi che lei vi stesse riflettendo. Poi gli rispose. «Non puoi averlo.»
«Cosa?»
«Mi hai sentito.»
«Sì, ti ho sentito, ma non lo accetto. Sono venuto a prendere quello che è mio e non me ne andrò finché non l’avrò avuto.»
«Tuo? Sei sparito per due mesi, Ronan. Cosa ti fa pensare che ci sia ancora qualcosa di tuo?»
Ronan scagliò le rose per terra e appoggiò le mani ai lati della porta, protendendosi verso il battente. «Laura» esordì. «Ho passato dieci ore in aereo ad ascoltare una adolescente che mi elencava le ragioni per cui bisognerebbe adorarla. La madre non ha fatto altro che lamentarsi di ogni cosa, dalla marca di acqua minerale che le hanno offerto alla scomodità del cuscino. L’unico pensiero che mi ha sostenuto nelle ultime settimane è stato quello di tornare a casa mia, sulla scogliera, e di rivedere il mio adorato cane. Non ho nessuna intenzione di andarmene senza di lui.»
All’improvviso la porta si spalancò e lei comparve sulla soglia, un metro e settanta di curve bionde con due occhi azzurri chiari come il cielo d’estate. Perfino con quei jeans scoloriti e una abbottonatissima camicia bianca era in grado di togliergli il fiato. Ronan non lo sopportava.
Laura se ne stava con una mano sulla porta e l’altra sullo stipite, per impedirgli di oltrepassare la soglia.
Allora abbassò gli occhi e vide il suo cane appoggiarsi a lei con adorazione da schiavo. Aggrottò la fronte in direzione di Beast, ma il cane non lo degnò della minima attenzione. «Appena poche settimane e mi hai già dimenticato?» gli domandò in tono glaciale. «Che razza di lealtà è mai questa, da parte del migliore amico dell’uomo?»
Il cane guaì e si appoggiò ancora più pesantemente contro Laura, tanto da farla barcollare sotto il suo peso.
«Un migliore amico non lo avrebbe abbandonato» gli disse lei, quasi ringhiando.
«Non l’ho abbandonato. Mio cugino Sean...»
«Me lo ha mollato quando è ripartito per l’Irlanda. Come puoi constatare, Beast sta bene. È felice, qui. Con me.»
«Può darsi, ma non ti appartiene.»
«È in casa mia. Questo lo rende mio.»
«È in casa tua soltanto perché Sean ti ha chiesto di occuparti di lui fino al mio ritorno.» Non fosse altro che per questo, il cugino si sarebbe meritato un pugno nei denti. Sean aveva chiesto a Laura di prendersi cura di Beast soltanto per risparmiargli un lungo mese di soggiorno in un canile, ma Ronan era venuto a saperlo soltanto quando ormai era troppo tardi per cambiare le cose. Certo, era stata la scelta migliore per il cane. Ma per lui?
Non vedeva Laura da quando si erano lasciati, due mesi prima, anche se non poteva affermare di essersela tolta dalla testa. Che diavolo! Aveva addirittura accettato l’incarico di guardia del corpo per la cantante adolescente, invece di destinarlo a uno dei suoi dipendenti, solo per prendere le distanze dalla donna seducente che in quel momento gli stava così pericolosamente vicino. La distanza non gli era stata d’aiuto. Non aveva fatto altro che pensare a lei, sognarla e svegliarsi ogni mattina teso ed eccitato per colpa sua.
Perfino adesso quella sua lieve fragranza floreale gli titillava i sensi, riaccendendo i ricordi di ogni bacio, di ogni carezza, di ogni amplesso...
«Ronan.» Il tono paziente di lei interruppe quelle fantasticherie. «Sappiamo entrambi che Beast sta meglio con me. Non ti si può certo definire un bravo genitore, per un cane.»
«Non sono suo padre, sono il suo padrone.»
Laura lo ignorò. «Presto tornerai in Irlanda e...»
«E mi porterò dietro Beast» concluse Ronan secco. In verità, non aveva ancora pensato a cosa fare del cane una volta lasciati gli Stati Uniti, ma in quel momento la decisione gli parve esageratamente semplice. Perfino le leggi sulla quarantena gli sarebbero sembrate una passeggiata, al confronto con una discussione con Laura Page.
A denti stretti, la fissò in quegli occhioni azzurri e si domandò se era davvero imperturbabile come appariva. Possibile che lo avesse dimenticato tanto in fretta? Che se lo fosse gettato alle spalle con tanta facilità? Non era certo un pensiero lusinghiero, per un uomo come lui.
Cercando di non pensare a quello che c’era stato un tempo tra loro, ribadì: «Beast è mio, ho sempre avuto l’intenzione di portarlo in Irlanda con me e non è cambiato niente».
«Oh, sì, invece. A casa hai un altro cane, no?»
«Sì, Deirdre.»
«Ah, una femmina. E da quanto tempo non la vedi?»
«Questo non c’entra niente.»
«Oh, sì che c’entra» replicò lei incrociando le braccia. «A un cane serve ben più di una visita ogni due o tre mesi. A un cane servono amore, compagnia, qualcuno su cui contare. Qualcuno che ci sia.»
Ronan la guardò accigliato. Ecco la ragione per cui l’aveva lasciata. Quella donna aveva praticamente scritto in fronte casa e focolare. Era una donna che meritava di essere amata, ma non era lui l’uomo che avrebbe potuto soddisfare quella necessità. Per questo aveva messo fine alla loro relazione. Prima che le cose si complicassero.
«Stai ancora parlando di Beast, Laura? Oppure stai parlando di te?»
Lei lo fissò a bocca aperta, poi ribatté, imperturbabile: «Il tuo egocentrismo non ha limiti. Pensi davvero che sia rimasta qui a piangere per te? A sentire la tua mancanza?».
Be’, per la verità, sì, era proprio quello che pensava. E più lei si alterava, più capiva che in realtà non l’aveva mai dimenticato.
«Non stiamo parlando di noi, Ronan, stiamo parlando di Beast. E non puoi averlo. Non te lo meriti.» Detto ciò, e prima che lui avesse modo di obiettare, gli sbatté la porta in faccia e la chiuse a chiave dall’interno. Basito, lui restò a fissare la porta chiusa per un lungo minuto. Non riusciva a crederci. Nessuno osava sbattere la porta in faccia a Ronan Connolly.
Sentì che all’interno lei parlava con Beast, rassicurandolo, che finalmente si erano liberati dei bulli. Bastarono quelle parole per fargli venire voglia di ricominciare a bussare, ma si trattenne. Meglio lasciarle credere di avere vinto la battaglia. Si sarebbe calmata, così sarebbe stato più facile riavvicinarla.
Ancora furibondo, girò sui tacchi, calpestò le rose e se ne andò.
Ma sarebbe tornato. Oh, certo che sarebbe tornato. I Connolly non si davano mai per vinti.
«È tutto a posto, tesoro» disse Laura a Beast nel dargli una grattatina tra le orecchie. «L’uomo cattivo se n’è andato.» Un brivido la scosse quando sentì allontanarsi l’auto sportiva di Ronan. E non per via della discussione. Sapeva da settimane che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma rivederlo in carne e ossa era stato più difficile di quanto avesse immaginato.
Guardarlo in quegli occhi azzurri, scorgere la rabbia che vi avvampava, l’aveva emozionata così come quando aveva visto quegli stessi occhi oscurarsi per la passione.
Alto, spalle larghe, capelli castani che al sole mostravano un lampo di rosso, Ronan indossava jeans e maglietta con lo stesso agio con cui indossava giacca e cravatta, un agio che lo rendeva minaccioso e irresistibile al tempo stesso. E a quanto