Un re per amico: Harmony Bianca
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Marie e Alex sono amici fraterni fin dai tempi della scuola di medicina e sono sempre stati inseparabili. Ma una rivelazione scioccante cambia improvvisamente ogni cosa. Alex è un erede al trono in esilio e ha rinunciato a qualsiasi diritto per scegliere la medicina.
... le conseguenze sono irresistibili.
Tuttavia, in seguito alla morte del padre, Alex ha ereditato inaspettatamente titolo e ricchezze a una sola condizione: ritornare alla vita che anni prima aveva rifiutato. Ma ora, con i soldi e le proprie competenze, lui potrebbe fare la differenza, costruendo cliniche e ospedali. Alex accetta, ma a patto di avere Marie al proprio fianco. Riuscirà a convincere la sua migliore amica a diventare anche la sua regina?
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Anteprima del libro
Un re per amico - Annie Claydon
successivo.
1
Il primo venerdì di febbraio
Negli ultimi dodici anni la sera del primo venerdì di febbraio era sempre stata contrassegnata dal termine impegnata sull'agenda di Marie. E, osservando le dodici persone che parlavano contemporaneamente sedute intorno a un tavolo colmo di vino e di cibo, poteva solo augurarsi che fosse così anche per i dodici anni successivi.
Durante l'ultimo anno di università si era formato un gruppo di amici davvero unito che aveva condiviso le più grandi risate, così come gli alti e bassi del corso di studi. Dopo la laurea le loro strade si erano divise, ma una sera all'anno era ancora tutta per loro.
Sunita stava facendo girare il proprio cellulare in modo che tutti ammirassero le foto del suo bambino. Will era appena tornato dall'America e Rae aveva un sacco di storie da raccontare sull'Africa. Nate stava confidando i propri problemi personali a David che l'ascoltava, annuendo. Quando ne avesse avuto l'occasione, Marie avrebbe cambiato posto per offrirgli anche lei il proprio sostegno.
E Alex...
A Marie non piaceva ammetterlo, ma era lui che aveva avuto più voglia di rivedere.
Era stato il ragazzo d'oro del loro corso, quello che riusciva a combinare l'amore spensierato per la vita e la voglia di divertirsi con risultati accademici brillanti. Lui e Marie avevano stretto un'amicizia particolarmente profonda anche perché, se si cercava un qualsiasi rapporto a lungo termine con Alex, l'amicizia era l'unico modo di ottenerlo. Raramente era senza una ragazza, ma erano sempre storie di breve durata.
Quella sera però aveva l'aria di chi aveva delle preoccupazioni. Aveva sì osservato le foto di Sunita sorridendo e dicendo tutte le cose giuste, ma quando aveva passato il cellulare agli altri, aveva ripreso a giocare con il cibo nel piatto, lo sguardo perso nel vuoto.
Marie si sporse verso di lui, sentendo la morbidezza del maglione di cachemire sotto la punta delle dita, mentre gli sfiorava piano un braccio per avere la sua attenzione. «Che cosa c'è, Alex?»
«Ah, niente... Sto costeggiando al momento. Una mano sul timone e il vento tra i capelli.» Si strinse nelle spalle, sorridendole di colpo. Gli occhi grigi dalle lunghe ciglia nere erano sempre gli stessi, così come la folta chioma scura, tagliata un po' più corta, sì, ma comunque folta.
Il ricordo era vivo, come se fosse trascorso un solo giorno. Alex che fermava la decappottabile aperta davanti alla sua tana da studentessa dicendole che voleva sentirsi il vento caldo del mare sulla faccia e che le chiedeva di fargli compagnia...
Un istante lontano una galassia dalle preoccupazioni che sembravano nascondersi ora dietro il suo sorriso.
«E tu...? Stai sempre spostando montagne?»
Marie rise. «Sì, le sto sempre spalando, se è questo che vuoi sapere.»
«Esatto, sposti le montagne una badilata alla volta. La tua specialità.»
La faceva suonare una cosa positiva. Qualcosa di buono e virtuoso e non una necessità della vita.
Della sua, in ogni caso.
Alex non si era mai dovuto preoccupare dei soldi e aveva sempre ricevuto un generoso assegno dai genitori. Marie invece si era iscritta a medicina sapendo che era la famiglia ad aver bisogno del suo aiuto e non viceversa, quindi aveva vissuto alla giornata, prendendo ogni giorno come veniva. Per lo più aveva avuto abbastanza di che mangiare e pagarsi l'affitto, ma a volte era stata dura. Però ce l'aveva fatta. Una badilata alla volta, appunto.
Sull'altro lato della sala ristorante un cameriere portò una torta con le candeline accese a un tavolo dove sedevano sei ragazze, intonò Tanti auguri a te e tutti intorno cantarono insieme a lui. Anche Alex guardava la scena, cantando a bassa voce e Marie si chiese se quella sera avesse qualche desiderio.
La festeggiata allora si alzò sporgendosi sopra il dolce.
Un istante.
Un attimo dopo Alex agì, evitando due camerieri e avvicinandosi a lei. Marie capì cosa stava accadendo solo alzandosi in piedi. La ragazza agitava frenetica il braccio, cosa che alimentava di più le fiamme che le lambivano la manica.
Fermati! A terra! Rotolati! Non aveva fatto la prima cosa e non pareva affatto sul punto di fare la seconda e nemmeno la terza. Alex la raggiunse proprio mentre si stava facendo prendere dal panico, le afferrò il braccio quindi agguantò una caraffa d'acqua dal tavolo.
A un tratto il ristorante fu preda di un silenzio irreale, rotto solo dai singhiozzi della ragazza. Alex la sosteneva saldamente con un braccio. Lanciò una rapida occhiata a Marie per assicurarsi che rimanesse con le altre ragazze, quindi condusse in fretta l'amica ferita verso il bagno delle signore.
«Ma dove vanno? Andiamo anche noi con loro...»
Una delle donne si alzò per seguirli, ma Marie le fece cenno di rimettersi a sedere. Alex aveva tutto sotto controllo e, se avesse avuto bisogno di aiuto, l'avrebbe certamente comunicato.
«Va tutto bene, siamo medici. L'ustione va raffreddata subito ed è quello che vuole fare il mio collega. Intanto è meglio che noi stiamo qui.»
Alex avrebbe controllato se la ragazza era sotto shock e avere gente intorno non gli sarebbe stato d'aiuto.
«Ma... siete sicuri... andrà tutto bene? La manica aveva preso fuoco...» considerò un'altra amica spaventata.
Poteva finire molto peggio. Se Alex non avesse agito così in fretta, si sarebbero persi minuti preziosi...
«Sì, ma l'hanno spento subito. Adesso vado a vedere io.»
Passando accanto al tavolo dei colleghi, fermi ai loro posti ma attenti, fece cenno a Sunita di restare accanto alle ragazze quindi si avviò verso i bagni.
All'interno Alex aveva fatto sedere la ragazza accanto al lavandino e le sosteneva il braccio sotto il getto di acqua tiepida. Sorrideva chiacchierando con lei in tono calmo e rilassato. «Ma quante candeline c'erano sulla tua torta, Laura?»
«Diciotto. Domani compio diciotto anni. E voglio fare anche una festa» aggiunse con una smorfia.
«Su, dai che starai bene! È solo una scottatura di primo grado, che sono quelle meno gravi. Ti farà male per un po', ma non ti resterà la cicatrice. Passerai un compleanno fantastico, vedrai.» Sollevò gli occhi in quelli di Marie. «Ah, e questa è una mia collega, Marie. È medico anche lei e quindi non può fare a meno di ficcare il naso e venire a controllare se faccio tutto per bene.»
Alex le rivolse un sorriso delizioso, di quelli che le faceva quando erano studenti. Laura si voltò verso di lei.
«Oh, ma se la cava benissimo» la rassicurò.
«Sono felice di sentirtelo dire. E tu, Laura, come stai?»
«Bene. Ma dove sono tutte le mie amiche? Si stanno mangiando la mia torta?»
«Mi hanno mandato a vedere come stavi. No, non la stanno ancora mangiando.»
Se la sua preoccupazione maggiore era il dolce, Alex era stato bravissimo a calmarla.
«Questo sì che è un sollievo!» le interruppe Alex. «Laura me ne ha promesso una fetta. Ma tra dieci minuti, però. Prima dobbiamo raffreddare l'ustione. Dopodiché credo che ti spediremo a casa con un elenco di istruzioni da seguire.»
«Le vuoi scrivere le istruzioni?» indagò Marie sorridendo con fare cospiratore a Laura. «Stacci attenta, eh?»
Alex soffocò una risata. «La prima è trascorrere un compleanno felicissimo.»
Le cose sarebbero potute finire in modo ben diverso. Avrebbe potuto passare il suo diciottesimo compleanno nel reparto ustionati per sottoporsi a un doloroso trapianto di pelle e invece stava per tornare a casa con le sue amiche, con un paio di ustioni miracolosamente insignificanti e solo un po' inumidita dall'acqua che Alex le aveva versato sul braccio per spegnere le fiamme. Aveva ancora davanti a sé lo stesso futuro che l'attendeva.
Alex trascorse con lei un'altra mezz'ora, spiegandole come prendersi cura delle ferite. Sunita aveva convinto le amiche di Laura a raggiungerla e avevano già impacchettato la torta, dividendola prima in porzioni. Il chiacchierio sommesso nella sala indicava che l'incidente era stato ampiamente dimenticato.
Alex aveva accompagnato lei e le amiche fuori a prendere un taxi. Quando partirono, Marie lo vide girarsi e appoggiarsi all'inferriata che separava il marciapiede dall'ingresso del ristorante e fissare il pezzettino di cielo che si intravedeva tra le cime dei grattacieli. Quell'aria calma e rilassata era stata solo per il bene di Laura.
Durante l'ultimo anno di università Alex aveva sempre superato ogni difficoltà legata agli studi brillantemente, ma in quel momento sembrava incupito, quasi affranto. Sì. Qualcosa non andava.
Forse Marie poteva aiutarlo. Forse era rimasto fuori proprio nella speranza che lei lo raggiungesse. Non sarebbe stata la prima volta che si scambiavano delle confidenze e Marie aveva sempre voluto trasmettergli la sicurezza di poterle parlare di qualsiasi cosa.
Prese la giacca di Alex dalla spalliera della sedia e scivolò via dal tavolo.
Aveva proprio avuto voglia di rivederla.
Marie.
Chissà se doveva confidarsi con lei. Il desiderio di farlo – risolto il problema con Laura – si fece risentire. Però, no, non l'avrebbe fatto. Marie di solito capiva tutto, ma non sarebbe stata in grado di capire quanto erano stati difficili gli ultimi mesi. Nella vita lei aveva dovuto lottare per ogni minima cosa e gli pareva sbagliato riversarle addosso il dolore e lo sgomento che provava per aver saputo di possedere molto più che abbastanza di qualsiasi cosa.
«Ma non hai freddo?»
Non si sorprese nel sentire la sua voce. Forse era proprio per quello che stava lì fuori a tremare sotto i lampioni: aspettava che lei uscisse a trovarlo.
«No, non più di tanto.» Le prese la giacca, gliela avvolse intorno alle spalle e quel semplice gesto gli trasmise un piacere sproporzionato rispetto al suo vero significato.
«È stato un po' come ai vecchi tempi» osservò lei.
Poi lo guardò negli occhi e a un tratto fu esattamente come ai vecchi tempi.
«Sì. Sono contento che Laura stia bene.»
«E deve ringraziare te. Be', visto che siamo qua fuori e la tua giacca è bella pesante...» Marie gli rivolse un sorriso da diavoletto. «Mi puoi anche dire che problema c'è.»
Una vera tentazione. A quegli occhi Alex non era mai riuscito a resistere. Quasi viola alla luce del sole e di un blu scuro all'ombra, sempre incorniciati dalle ciocche lucenti dei capelli scuri tagliati corti.
«Sto bene... sono solo un po' stanco. Stanco, ricordi?» Le sorrise.
Lei soffocò una risatina. «Sì... Quella volta che sei venuto da me e quella stanca ero io che ero rimasta su tutta la notte a lavorare su quegli articoli?»
«Io non ho davvero mai più visto nessuno addormentarsi proprio mentre beveva il caffè. Anche perché l'avevo fatto particolarmente forte...»
Scrivere articoli per riviste scientifiche era stato un lavoro molto più redditizio che fare la cameriera e si adattava molto meglio ai loro orari di studio. Lavorare e studiare allo stesso tempo era stato uno sforzo enorme per lei, ma Alex aveva capito fin dagli inizi della loro amicizia che Marie non era tipo da accettare aiuti. Da nessuno.
A un tratto si trovò a rivivere quel periodo lontano della giovinezza in cui per la prima volta si era sentito completamente libero. Le due stanze malandate di Marie all'ultimo piano di un condominio fatiscente erano sempre state pulitissime e brillanti di colori.
«La cosa buffa» esordì Marie lanciandogli un'occhiata eloquente, «è che quando poi mi sono svegliata, tu te n'eri andato e gli articoli erano perfetti. Niente errori di grammatica né di ortografia.»
Aveva pensato di averla fatta franca e invece...
Quando aveva cercato di farla alzare, Marie gli era caduta addosso, sempre addormentata, tanto che lui l'aveva portata in camera di letto, le aveva tolto il cardigan e le scarpe per poi decidere che bastava e l'aveva coperta con un plaid colorato. In seguito aveva spesso fantasticato sui loro corpi nudi sotto quel plaid, ma Marie era un'amica troppo preziosa, una persona troppo buona per pensare di avere con lei una storia usa e getta.
Infine aveva dato uno sguardo al testo aperto sul PC prima di spegnerlo. Ci aveva scorto un errore, si era seduto e non aveva più smesso finendo per correggere tutte le sviste dovute alla stanchezza.
«Devi proprio riuscire a fare del tuo meglio quando inserisci il pilota automatico» asserì impassibile.
«Immagino di sì. Pensa un po', scrivo anche synthesise con la zeta invece che con la esse.»
«Ma pensa... Sai che mi pare proprio di aver letto uno studio su come la stanchezza influenzi le tue scelte ortografiche?» Si strinse nelle spalle. «Comunque, in inglese al giorno d'oggi è considerato corretto in entrambi i modi.»
«Infatti. Però dicono che l'uso del suffisso -ize con la zeta sia anacronistico nell'inglese americano» lo punzecchiò.
«Prendimi pure in giro. Solo perché io ho fatto una scuola americana che si gloria di essere la stessa da secoli...» Quanto l'aveva odiata... Era stata solo un velo meno snob e soffocante della casa dei suoi genitori.
«Non ti prendo in giro! È stato carino da parte tua.» Gli si avvicinò di