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Una notte col duca: Harmony Bianca
Una notte col duca: Harmony Bianca
Una notte col duca: Harmony Bianca
E-book184 pagine2 ore

Una notte col duca: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Un bacio rubato...
L'infermiera Megan Wheeler non ha intenzione di permettere che il bacio che ha condiviso con il dottor Jaye Perera - per quanto eccitante, irresistibile e assolutamente indimenticabile! - comprometta il lavoro dei suoi sogni. Jaye potrà anche essere un duca, un dottore e l'uomo più sexy che abbia mai visto, ma è il suo capo e rappresenta un confine che lei non ha alcuna intenzione di oltrepassare!

... una passione da domare.Tuttavia lavorare fianco a fianco sotto il sole dello Sri Lanka si rivela una deliziosa tortura capace di sciogliere il cuore e i sensi anche di un uomo controllato come Jaye. Dopo le ferite che hanno segnato il loro passato, lui e Megan sapranno ancora credere nell'amore?
LinguaItaliano
Data di uscita20 ago 2019
ISBN9788830501669
Una notte col duca: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Una notte col duca - Annie Claydon

    successivo.

    1

    Nel grande disegno delle cose, non era poi una catastrofe. L'edificio era ancora in piedi, non c'erano morti e il sole splendeva alto nel cielo. Ma per Megan Wheeler era il peggiore disastro che potesse accadere. Aveva desiderato quel lavoro con tutta se stessa e adesso sembrava irraggiungibile.

    Era cominciato tutto bene. I colloqui si erano rivelati difficili ma costruttivi e la sua fiducia era stata ricompensata quando le era arrivata l'offerta di lavoro. Ci sarebbe stato un workshop di preparazione di quattro giorni nel Gloucestershire, ospitato dalla fondazione per cui avrebbe lavorato, e all'incontro avrebbero partecipato i delegati di numerose associazioni benefiche.

    Aveva preparato la valigia con cura, prevedendo un abbigliamento adeguato per ogni eventualità, ed essendosi alzata molto presto, aveva raggiunto Holte Hall guidando in tutta tranquillità.

    Un brivido di eccitazione le percorse il corpo quando superò il favoloso cancello in ferro battuto e vide i cartelli che indirizzavano verso l'edificio. L'imponente palazzo si stagliava all'orizzonte, tutto ornato di lavorazioni in pietra e con file di grandi finestre che correvano lungo l'intera facciata. Mentre si dirigeva verso il gruppo di auto ferme ai margini del viale, due ragazzi le indicarono di entrare nel parcheggio, il cui ingresso era costituito da una specie di volta ricoperta da piante rampicanti.

    John Ferris, l'amministratore delegato della fondazione, accoglieva gli ospiti nell'ampia hall immersa nella penombra. Sembrò lieto di rivederla, e dopo i saluti di rito l'affidò a un altro ragazzo che l'accompagnò nella sua stanza.

    Non ebbe nemmeno il tempo di apprezzare l'elegante camera da letto, fornita di bagno moderno e scintillante, che subito la chiamarono al piano terra. Una ventina di persone chiacchieravano davanti a un tavolo dove venivano serviti i caffè e i dolci, e quando il personale di servizio invitò il gruppo a prendere posto nella sala, Megan aveva già avuto modo di scambiare qualche debole e nervoso sorriso con alcuni colleghi.

    John Ferris si alzò per pronunciare alcune parole di benvenuto, dopodiché passò a illustrare i lavori del workshop per poi presentare le associazioni presenti con i loro nuovi assunti. Al termine del suo discorso annunciò che avrebbe lasciato la parola al loro ospite, il proprietario di Holte Hall e presidente del consiglio di amministrazione della sua fondazione, affinché spiegasse nel dettaglio il programma dei successivi quattro giorni.

    Ferris sorrise e, scuotendo il capo, si passò la mano sulla testa calva. «Sempre se riusciamo a trovarlo, il nostro presidente...»

    Evidentemente non era insolito che l'uomo sparisse. Uno dei presenti uscì in corridoio per chiamarlo, e subito una risata nervosa si diffuse nella sala. Poi, tutt'a un tratto, la porta si riaprì, e Megan si sentì mancare la terra sotto i piedi.

    Jaye Perera.

    Jaye era sempre stato un maestro delle entrate scenografiche e anche questa volta non era stato da meno. Era bello come il sole e con un paio di occhi castani incorniciati da ciglia lunghe e folte che conferivano un tocco di delicatezza al volto dai tratti decisi. I capelli scuri scendevano fino a sfiorare il colletto aperto della camicia. Era come se fosse stato creato per far battere forte il cuore alle donne.

    Il suo abbigliamento casual e il suo modo di fare rilassato lasciavano pensare che fosse un tipo che non badava alle formalità, ma considerato com'era tirato a lucido in quel momento si poteva tranquillamente supporre che se avesse voluto indossare qualcosa di più adeguato alla situazione avrebbe potuto essere elegante come tutti gli altri.

    Megan sentì la donna seduta al suo fianco trattenere il fiato, ma non ne rimase sorpresa. Anche lei era rimasta senza parole quando l'aveva visto per la prima volta, cinque anni prima, in un reparto ospedaliero mentre chiacchierava con un dirigente medico. I lineamenti armonici del suo volto e la perfetta carnagione scura – tratti che aveva preso da suo padre cingalese – si armonizzavano magnificamente col titolo nobiliare ereditato da parte di madre e formavano un cocktail impressionante. E quando Jaye si scusò per il ritardo e per il fatto di non riuscire mai a essere dove ci si aspettava che fosse, sembrò sinceramente dispiaciuto.

    Jaye Perera era famoso per non essere mai dove ci si aspettava di trovarlo. Non si era nemmeno presentato alle sue nozze.

    «Benvenuto a tutti.» Il suo sorriso contagioso si diffuse nella sala, e nemmeno lei poté restare impassibile. «Questa è una nuova avventura per tutti noi. Come forse già sapete, ci siamo gemellati con altre tre associazioni, e il workshop che abbiamo organizzato servirà a formare i medici e gli infermieri destinati a lavorare all'estero. In sala sono presenti i rappresentanti delle quattro associazioni che condivideranno la propria esperienza, e questo servirà a rendervi partecipi di realtà che presto conoscerete con i vostri occhi.»

    Era un ottimo oratore, Megan doveva ammetterlo. In pochi istanti era riuscito a catturare l'attenzione del pubblico, e lei, guardandosi intorno, ebbe la sensazione che non ci fosse persona in quella stanza che non pendesse dalle sue labbra.

    «Sono numerosi i professionisti in campo medico che desiderano partecipare a una missione all'estero per conto di una ONLUS, ma non tutti sanno che la pratica è molto diversa dalla teoria. Vi troverete a dover affrontare un lavoro faticoso, condizioni disagiate, a volte situazioni frustranti, e non poche delusioni. Non conta che la paga sarà maggiore di un altro impiego a cui potreste aspirare, perché comunque nei luoghi in cui andrete a operare non avrete molte possibilità di spendere i soldi che guadagnerete...»

    Un fremito di risate si sollevò nella sala. Se Jaye stava cercando di fare cambiare idea a qualcuno, non era sulla strada giusta. Ma lei non era così ingenua da pensare che lui non lo sapesse. Quella era solo una strategia perfetta, un piccolo trucco, per far credere ai presenti che lui ne avesse fatte tante di esperienze all'estero. In realtà, Megan dubitava che Jaye Perera si fosse mai sporcato le mani.

    «Allora... Chi tra voi ha una persona importante nella propria vita...?» Il suo sguardo sorvolò la sala e per una frazione di secondo parve soffermarsi su Megan, che era una delle poche che non aveva alzato la mano.

    Jaye annuì. «Non serve essere astrofisici per capire che un lavoro di questo tipo influisce sui rapporti più stretti. Per questo motivo ci interessa conoscere la vostra opinione in merito...»

    Megan si sentì arrossire. Jaye Perera aveva la faccia tosta di parlare di rapporti affettivi? Lui che aveva abbandonato la fidanzata incinta tre giorni prima delle nozze?

    Scosse piano la testa, confusa. Lei desiderava davvero ottenere quel posto, ma come avrebbe potuto lavorare alle dipendenze di uno come lui? Sarebbe riuscita a seguire le sue direttive pur sapendo che Jaye Perera non era una persona integra? Sospirò piano e strinse i denti, mentre una vocina nella sua mente le diceva che avrebbe fatto meglio a lasciare perdere subito ogni cosa.

    Rimase ad ascoltare Jaye che parlava sentendo i propri sogni che scivolavano via. Riscuotendosi dai suoi pensieri, decise che all'una, quando ci sarebbe stata la pausa pranzo, ne avrebbe approfittato per sgattaiolare via.

    Più facile a dirsi che a farsi. Infatti, quando tutti si alzarono per uscire dalla sala, il gruppo di persone intorno a lei le impedì di defilarsi, e Jaye, forte del suo sorriso smagliante e incantatore, fece lo slalom tra i presenti e la raggiunse.

    «Lord Marlowe» lo salutò Megan con un sorriso tirato. Ora non poteva più scappare. Tuttavia, nascondersi dietro le formalità le avrebbe consentito di mantenere le distanze.

    «Infermiera Wheeler» rispose lui in tono deferente, come se volesse lasciare intendere che il ruolo che lei ricopriva in ospedale fosse più importante del titolo che lui aveva nella vita. E anche questo era un atteggiamento vergognoso. Quando al lavoro aveva avuto a che fare con lui, le era parso che accettasse di rapportarsi solo con le caposala, come se il resto del personale fosse invisibile.

    «Mi sorprende che si ricordi di me» ribatté lei fingendosi stupita. Okay, sulla targhetta che aveva attaccato alla giacca c'era scritto il suo nome, ma anche se era riuscito a indovinare che era infermiera, di certo non poteva essersi inventato il cognome Wheeler.

    «Non si dimenticano le persone che svolgono bene il proprio lavoro.» Era chiaro che aveva voluto farle un complimento, ma Megan sapeva che era privo di contenuto. Forse aveva solo studiato bene le candidature, dimostrando ora di essere un uomo di buona memoria.

    «Visto che lei è già stata all'estero» continuò Jaye, «saremmo lieti se potesse condividere la sua esperienza con gli altri.» Lo disse con fare assertivo, come se sapesse esattamente di poterlo pretendere senza sentirsi in obbligo di aspettare una sua risposta.

    Poteva stare al gioco e svignarsela in seguito comunque. Oppure poteva dimostrargli che anche lei aveva un'ottima memoria.

    «Come sta Sonia? Non abbiamo più avuto sue notizie da quando ha lasciato l'ospedale.» Non c'era alcuna ragione particolare per cui Megan avrebbe dovuto chiedere informazioni di Sonia, visto che non erano amiche. Ma del resto, di tutto ciò che era accaduto due settimane dopo che la ragazza aveva lasciato il lavoro – del matrimonio annullato e della scomparsa dello sposo – i colleghi avevano parlato per mesi.

    Per un attimo il sorriso scivolò via dal volto di Jaye. «Non l'ho più sentita neanch'io.»

    Il che significava che Jaye non aveva notizie nemmeno di suo figlio. Megan sapeva perfettamente che cosa significava essere la figlia indesiderata di un uomo ricco e influente. Un uomo che non si faceva scrupoli a riscrivere la storia ogni volta che gli tornava comodo. Ed era forse per quel motivo che ora avrebbe voluto prendere a schiaffi Jaye. Non lo avrebbe fatto per Sonia, ma per il loro bambino.

    «Mi è giunta voce che Sonia ha avuto un figlio.»

    Lui si sentì pulsare le tempie. «L'ho saputo anch'io.»

    Un bambino per il quale non c'era posto nella sua vita. E se in quel momento Jaye non si fosse voltato di scatto sentendosi chiamare, Megan gli avrebbe davvero tirato uno schiaffo. Jaye Perera non aveva scuse. Sapeva di essere padre, ma aveva deciso di far finta di niente.

    «Mi dispiace...» disse voltandosi di nuovo a guardarla, il viso inespressivo. «Devo andare, il pranzo è pronto. Spero che potremo parlare ancora più tardi.»

    Uscì in corridoio aiutando John Ferris a fare confluire le persone nella sala adiacente dove era stato allestito il buffet. Megan attese che la stanza si vuotasse prima di uscire. Poi, invece di seguire il gruppo, prese il corridoio dalla parte opposta dirigendosi verso la scala che portava all'ingresso.

    Jaye si era ricordato di Megan nel momento in cui aveva letto il suo nome sulla domanda di partecipazione. Del resto, lei era l'infermiera che riusciva sempre a strappare un sorriso ai pazienti. Dalle risposte accurate che aveva riportato nel modulo di iscrizione si percepiva l'entusiasmo che provava per il lavoro della fondazione, e John Ferris, dopo averle fatto il colloquio, si era convinto che Megan era la miglior candidata per essere reclutata nel progetto.

    Jaye si era subito chiesto se Megan si sarebbe ricordata di lui; anzi, nonostante la situazione imbarazzante in cui si trovava coinvolto, lo aveva sinceramente sperato. E così, quando Megan aveva riposto positivamente – e in meno di un'ora – all'invito che le aveva mandato via mail per partecipare al workshop, lui aveva creduto che fosse disposta a ignorare l'episodio più umiliante e terrificante della sua vita, e in cuor suo aveva persino sperato di averle fatto la stessa impressione che lei aveva fatto a lui.

    Ma si era sbagliato di grosso. E in entrambi i casi. Quando l'aveva cercata tra la folla dei presenti in sala, con il cuore che batteva forte al ricordo dei suoi caldi occhi azzurri, aveva trovato solo gelo. E il suo commento piccato su Sonia lasciava intuire che se lo ricordava fin troppo bene e che non era affatto disposta a dimenticare il passato.

    Be', c'era tempo per rimediare, si disse. Quattro giorni erano più che sufficienti per valutare ciò che lei provava nei suo confronti, e parlarne.

    Jaye si sporse un poco in avanti e notò il posto vuoto al tavolo. Forse si era allontanata un attimo per decidere come affrontarlo. Sospirò; dubitava che fosse andata così. Quando l'aveva vista lavorare in reparto, era rimasto colpito dalla sua capacità di analizzare le situazioni, prendere le decisioni più opportune e metterle in atto.

    «Hai visto Megan Wheeler?» chiese a una delle ragazze che erano state assunte per assistere gli ospiti. «Giacca azzurra, camicetta bianca con...» Cercò di mostrarle con le mani i morbidi drappeggi della camicetta di Megan.

    Emma sorrise. «Si chiama scollo a cappuccio.»

    «Be', l'hai vista?»

    «No.»

    Jaye si voltò e uscì a passo sostenuto dalla sala, improvvisamente in collera. Se Megan voleva andarsene, era libera di farlo, ma non le avrebbe permesso di farsi condizionare dalle voci false che erano girate su di lui e Sonia.

    La maniglia retrattile del trolley non era abbastanza abbassata e Megan non riusciva a far entrare la valigia nel bagagliaio dell'auto. Si voltò quando sentì dei passi avvicinarsi alle sue spalle.

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