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Prigionieri di un sogno: Harmony Collezione
Prigionieri di un sogno: Harmony Collezione
Prigionieri di un sogno: Harmony Collezione
E-book164 pagine2 ore

Prigionieri di un sogno: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare, ma sapeva di doverla fare.



Guardando il corpo scolpito e il volto affascinante di Riccardo, Lucy Emiliani capisce di aver commesso un grave errore tornando nella lussuosa villa sulle sponde del Lago di Garda. Ma farebbe qualunque cosa per il bene di suo figlio, compreso tornare accanto al marito che non l'ha mai amata...



Riccardo considera sua moglie un'approfittatrice, ma sa bene che i figli hanno bisogno delle madri, così decide di ospitarla sulla sua isola privata. Mai avrebbe pensato che fra loro potesse nascere una nuova scintilla.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2018
ISBN9788858976685
Prigionieri di un sogno: Harmony Collezione
Autore

Kate Walker

Autrice inglese originaria della regione di Nottingham, ha anche diretto una libreria per bambini.

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    Anteprima del libro

    Prigionieri di un sogno - Kate Walker

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Kept for Her Baby

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2009 Kate Walker

    Traduzione di Sonia Indinimeo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-668-5

    1

    Il calore del giorno si stava arrendendo pian piano allo scendere della sera. Le ombre cominciavano ad allungarsi, mentre Lucy avvicinava la minuscola barca a una spiaggetta dell’isola e saltava sulla riva.

    L’acqua fredda le arrivava ai polpacci, proprio sotto l’orlo dei jeans arrotolati. Con uno sforzo, tirò la barca a riva e si morse un labbro allarmata, udendo il rumore secco dello scafo piatto sulla ghiaia.

    Qualcuno l’aveva sentita? Non poteva farsi prendere lì, troppo lontana dalla casa per raggiungere il suo scopo. Se un addetto alla sicurezza di Riccardo fosse venuto a controllare, sarebbe stata perduta e la sua missione sarebbe finita prima di cominciare. Sarebbe stata cacciata dall’isola e costretta a tornare a mani vuote nella piccola e squallida pensione. L’unico posto dove poteva permettersi di alloggiare, per una settimana.

    Una settimana di importanza vitale.

    Ammesso di riuscire a restare per una settimana... Scoprendo che era tornata, lui avrebbe potuto pretendere che lasciasse il paese, non solo la sua isola. Fuori dall’Italia e fuori dalla sua vita, una volta per tutte.

    «Oh... aiuto...» supplicò sottovoce.

    Si rese conto che stava trattenendo il respiro, in apnea. Espirò a fondo e si passò le mani tra i capelli biondi, che erano sfuggiti allo stretto chignon sulla nuca. Volse gli occhi di un azzurro intenso a destra e a sinistra, per assicurarsi che non arrivasse nessuno.

    Se qualcuno avesse sentito il rumore della barca a quell’ora sarebbe già stato lì.

    Doveva essere libera di muoversi. Asciugò i piedi sull’erba e infilò le scarpe di tela che aveva tolto prima di saltare dalla barca.

    Avrebbe voluto tirarla più a riva e coprirla con foglie e rami per nasconderla meglio, ma non ne aveva la forza, inoltre l’impazienza la spingeva ad agire subito.

    Era arrivata fin lì e ora non poteva aspettare più a lungo. Progettava quel blitz da tanto tempo, da quando la lettera che aveva spedito a Riccardo era tornata al mittente ancora intatta. In quel momento aveva deciso di entrare in azione e di fare l’unica cosa possibile.

    Aveva tentato la strada della ragione ed era stata rifiutata. Aveva tentato di fare appello alla parte migliore di Riccardo, ma sembrava che non ne avesse una, almeno quando c’era di mezzo lei.

    Così era stata costretta a tornare in segreto, arrivando sull’isola come un ladro. Facendosi strada tra la vegetazione, lungo sentieri che ricordava ancora, si avvicinò alla casa e si nascose tra i cespugli.

    Spingendo lo sguardo oltre il fogliame, dovette ricacciare le lacrime che le annebbiarono gli occhi alla vista della grande villa che sorgeva in mezzo a un curatissimo giardino. Numerosi vialetti si snodavano tra le aiuole fiorite, fino alla casa di un bianco abbagliante, che un tempo era stata un monastero.

    I vetri delle finestre gotiche riflettevano il bagliore del sole al tramonto e nell’angolo sud occidentale svettava un’alta torre rosa, coronata da merli in pietra, scolpiti con decorazioni floreali. Da quelle finestre di Villa San Felice aveva lasciato vagare spesso lo sguardo sulle acque calme e azzurre del Lago di Garda, tra le province di Verona e di Brescia, sul ridente paese di San Felice del Benaco incastonato sulla costa proprio di fronte, che aveva dato il nome all’isola e alla villa.

    Quella villa stupenda, in quel posto magnifico, una volta era stata la sua casa.

    Ma non lo era più da molti mesi, ormai. E, in realtà, non si era mai sentita davvero a casa per tutto il tempo che aveva vissuto in quel luogo.

    Assalita dai ricordi, Lucy rabbrividì nonostante la temperatura mite della sera. Un nodo di angoscia le attanagliò la gola, al pensiero di come si era sentita vivendo fra quelle mura, senza mai appartenervi.

    «Non posso farlo» gemette a voce alta. «Non posso. Non ce la faccio ad affrontarlo...»

    Scrollò la testa per scacciare quel pensiero. Aveva il bisogno e il dovere di affrontare la situazione perché in quella villa, oltre al ricordo dei mesi più terribili della sua esistenza, c’era anche la cosa più importante del mondo.

    La sola cosa per cui valesse la pena di vivere.

    Imboccò un sentiero tra gli alberi, che ricordava bene, e si diresse cauta verso un cancelletto che portava nel giardino. Lo aprì lentamente col cuore in gola, sperando che non iniziasse a cigolare proprio allora.

    «Mio Dio, ti prego, fa’ che non arrivi nessuno» mormorò, avanzando adagio sul prato, tra gli arbusti che crescevano intorno alla terrazza pavimentata, lungo le balaustre di pietra. «Fa’ che non mi veda nessuno...»

    Quando sentì aprirsi una porta, si acquattò tra i cespugli fioriti. Era una delle porte che dal patio davano accesso alla grande sala da pranzo.

    La stessa porta da cui era fuggita più di sei mesi prima, senza osare fermarsi, terrorizzata dall’idea che qualcuno scoprisse le sue intenzioni e la fermasse.

    «Buona sera...»

    La voce che arrivò dall’interno della casa le piovve addossò come una doccia gelata che la lasciò immobile e senza fiato, incapace di respirare. Un secondo dopo il suo cuore prese a battere come un forsennato.

    Riccardo.

    Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque. Nessuno aveva un tono così profondo e quella leggera nota oscura che vibrava in ogni singola parola.

    In quanti modi diversi l’aveva sentito pronunciare il suo nome? Divertito, sprezzante, rabbioso... E ancora, dolce e appassionato nel fare l’amore, quando lei diventava la sua Lucia...

    Sua moglie...

    Le si fermò il cuore un istante al ricordo di come Riccardo Emiliani scandiva quella parola, un tempo. Con una nota d’orgoglio... o almeno era ciò che lei aveva voluto credere.

    «Mia moglie» le aveva sussurrato raggiante, prendendola per mano e allontanandosi dall’altare. «Mia moglie...»

    E per un certo periodo lei si era compiaciuta di quel titolo. Aveva provato un piacere tutto suo nel sentirsi chiamare signora Emiliani. Bei giorni in cui il mantello di una fragile felicità aveva nascosto la realtà.

    Col sorriso stampato sul viso, aveva recitato il ruolo della giovane sposa felice che aveva ottenuto tutto ciò che aveva sognato.

    Ma per tutto il tempo, nel profondo del cuore, aveva sempre saputo la vera ragione per cui Riccardo l’aveva sposata.

    E l’amore non aveva niente a che fare con il loro matrimonio.

    «Se senti qualcos’altro, fammelo sapere...» continuò la voce che un tempo aveva tanto amato. Ma perché stava parlando in inglese e non in italiano? Con chi stava parlando? E di cosa?

    Un brivido nervoso le corse lungo la spina dorsale. Per la prima volta temette di aver commesso un tragico errore, tentando di mettersi in contatto con Riccardo dopo tanto tempo.

    Aveva sentito il disperato bisogno di scrivergli, ma facendolo gli avrebbe svelato il suo nascondiglio. Lui era abbastanza ricco e potente da ottenere altre informazioni. Gli sarebbe bastato schioccare le dita per avere a disposizione un esercito di investigatori, per scoprire tutto su di lei e sulla sua vita.

    E poi?

    Cos’altro avrebbe potuto fare l’uomo che le aveva urlato in faccia che sposarla era stato il più grosso errore della sua vita?

    «Voglio finire questa storia una volta per tutte» proseguì Riccardo. «Domani mattina saranno pronti i contratti da firmare.»

    Quella frase la riportò alla realtà con tanta rapidità che per poco non scoppiò a ridere.

    Ma chi cerco di prendere in giro?, pensò avvilita. Riccardo non voleva sapere niente di lei.

    Non l’aveva lasciata andare senza muovere un dito? Nessuno si era presentato alla sua porta, cercando di riportarla a casa. E il fatto che avesse respinto la sua lettera, non era stato forse un messaggio forte e chiaro?

    Parlava di contratti da firmare... Che altro poteva avere in mente, se non il suo lucroso commercio di auto di lusso?

    Riccardo Emiliani non voleva avere niente a che fare con lei.

    Non l’avrebbe mai perdonata dopo ciò che aveva fatto, quindi doveva essere contento che fosse fuori dalla sua vita e sicuramente desiderava che le cose restassero così.

    Quando sentì i suoi passi avvicinarsi, si schiacciò tra il muro e i cespugli, trattenendo il respiro. Riccardo scese l’ultimo gradino della terrazza, le passò inconsapevolmente accanto e si addentrò in giardino. Seguendolo con lo sguardo, Lucy restò immobile e senza fiato, come se qualcuno le avesse sferrato un pugno in pieno petto. Un dolore lancinante le serpeggiò lungo tutto il corpo, mentre il cuore le saltava in gola.

    Riccardo aveva un impatto impressionante su di lei. Continuò a fissarlo, paralizzata, incapace di distogliere gli occhi.

    Anche la prima volta lo aveva visto di spalle, mentre si allontanava da lei. Non aveva potuto fare a meno di notare i capelli corvini, le spalle larghe, le gambe lunghe e muscolose. La sua andatura elastica e decisa e quel modo arrogante di tenere la testa alta.

    Anche quel giorno, sulla spiaggia, indossava i jeans ma non aveva la maglietta e la vista della sua pelle abbronzata, tesa sui muscoli della schiena, le aveva seccato la bocca di colpo. Era a piedi nudi e niente aveva lasciato immaginare quanto fosse ricco e potente, in realtà, quell’affascinante turista.

    Si era innamorata di lui, prima di scoprire la verità.

    Guardò la polo bianca che gli copriva i fianchi e deglutì. Lei sapeva cosa c’era sotto quella maglietta. Molto spesso aveva insinuato la mano nella camicia slacciata, per passare le dita sulla seta della sua pelle, felice di vederlo reagire alle sue provocazioni. Quante volte gli aveva premuto le mani sui muscoli tesi delle spalle, infilando le unghie in quella carne calda, mentre Riccardo si muoveva rapido dentro di lei, fino all’estasi?

    Oh, no. No!

    Non doveva pensare a quello! Non doveva concedere a se stessa di indugiare nel ricordo di ciò che era stato e della rapidità con cui gli si era concessa. Non doveva, o il suo piano sarebbe fallito prima ancora di cominciare.

    Era andata lì per una sola ragione, che era...

    Un suono improvviso, nuovo e inaspettato, le irruppe nella mente, facendo piazza pulita dei suoi pensieri. Per un attimo ebbe l’impressione che fosse un’eco dal passato.

    Ma lo sentì di nuovo, un mormorio appena percettibile, sommesso, come se fosse attutito da qualcosa di soffice.

    Sentì la terra tremarle sotto i piedi. Allungò una mano per afferrarsi a un ramo sperando di non cadere.

    «No...»

    Era un suono dolce che non poteva pretendere di aver dimenticato.

    Quando riuscì a metterlo a fuoco, vide che Riccardo si stringeva al petto le braccia, come se portasse qualcosa di prezioso.

    Qualcosa di prezioso...

    In quel momento le si fermò il cuore.

    «Ssh, calmati tesoro...» sussurrò di nuovo la voce familiare di Riccardo, con una nota di dolcezza che le ferì il profondo dell’anima. «È ora di dormire, figlio mio.»

    Oh, santo cielo!

    Figlio mio...

    Riccardo si era voltato, offrendole una visuale migliore. Ora lo scorgeva bene. E ciò che vide le provocò un dolore straziante, come se una mano crudele le avesse strappato il cuore dal petto, gettandolo via.

    Stringeva le braccia intorno al piccolo corpo di un bambino. Intravide la testolina dai capelli corvini, così simili a quelli di suo padre, abbandonata dolcemente sull’avambraccio. Rilassato e a suo agio.

    E perché non sarebbe dovuto esserlo? Il bimbo era al sicuro tra le braccia

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