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Per amore o per ricatto: Harmony Collezione
Per amore o per ricatto: Harmony Collezione
Per amore o per ricatto: Harmony Collezione
E-book155 pagine2 ore

Per amore o per ricatto: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Quando il suo ex marito si offre di salvarla dalla bancarotta, Cara, un'affermata arredatrice d'interni non ha proprio nulla da festeggiare. Lei lo conosce molto bene e sa che il ricco e volitivo Byron Rockcliffe non fa niente per niente. In cambio, infatti, vuole un figlio da lei. Quello che le propone è un freddo contratto che, tra le clausole, non prevede certo l'amore. Sarà la sua feroce vendetta contro la donna che lo ha abbandonato sette anni prima...

LinguaItaliano
Data di uscita10 set 2015
ISBN9788858939611
Per amore o per ricatto: Harmony Collezione
Autore

Melanie Milburne

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Per amore o per ricatto - Melanie Milburne

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Blackmail Pregnancy

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2004 Ris Wilkinson

    Traduzione di Giovanna Cavalli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-961-1

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    «Se non chiudi questo contratto, siamo rovinati.» Da dietro la scrivania, Cara fissò il suo socio, scioccata.

    «Che significa che siamo rovinati?» chiese, sentendo di avere le mani già sudate per un inizio di panico.

    Trevor disegnò in aria una piccola croce. «Vuol dire che chiudiamo baracca. Kaput. The end.»

    Cara deglutì per sciogliere il nodo di paura che le stava chiudendo la gola. «Ma... ma stiamo andando alla grande, lo hai detto tu stesso all’ultima riunione, soltanto un mese fa. Inoltre da un momento all’altro ci entrerà sul conto il bonifico della Pritchard...»

    Trevor scosse la testa. «Ho parlato con la banca, stamattina. Il prestito è stato utilizzato quasi tutto e gli spiccioli della Pritchard non basteranno nemmeno a coprire gli interessi di questa settimana, figuriamoci quelli del mese prossimo. Per questo i soldi della Rockcliffe sono la nostra unica speranza, senza di quelli, non potremo sopravvivere.»

    Cara si irrigidì nel sentire quel nome, un lieve brivido le corse lungo la spina dorsale al ricordo del bel volto tenebroso di Byron Rockcliffe.

    «Perché io?» chiese dopo un lungo silenzio.

    «Perché il boss ha chiesto espressamente di te, tesoro.» Dal tono di voce era chiaro che Trevor lo considerava un piccolo affronto. «Ha insistito perché fossi tu a gestire tutta la faccenda» continuò, controllandosi le unghie perfettamente curate. «Tipico atteggiamento da maschio alfa, vagamente omofobo. Ma del resto lo sai bene, visto che una volta eri sua moglie.»

    Lo sguardo di Cara non tradì emozioni, ma le sembrava che lo stomaco si fosse accartocciato.

    «Non dire sciocchezze, Trevor, e comunque è stato tanto tempo fa» minimizzò, più distaccata che poté. «Sette anni fa, per l’esattezza. Quasi non mi ricordo più che faccia ha. Probabile che abbia messo su pancia o che la sua testa sia lucida come una palla da biliardo» aggiunse, calcando un po’ la mano.

    «Forse è per questo che ha domandato di te.» Trevor le sorrise impertinente. «Magari vuole rinfrescare la tua memoria. O la sua.»

    Cara lo guardò di traverso. «Piantala. La memoria di Byron Rockcliffe funziona benissimo, sono le sue intenzioni recondite che mi preoccupano.»

    «Intenzioni?» Trevor spalancò gli occhi. «E chi se ne importa, ci sta facendo un favore enorme. Pensaci. Una villa sul porto a Cremorne tutta da arredare, carta bianca totale, nessuna ingerenza.»

    «Troppo bello per essere vero» ragionò lei a voce alta, alzandosi in piedi. «Sarà bene leggere le clausole scritte in piccolo sul contratto, prima di accettare.»

    «Ormai è tardi. L’ho già firmato» confessò lui con la faccia contrita. «Scusami, ma non potevo permettere che tutti quei soldi finissero in tasca alla concorrenza.»

    Sulla soglia, Cara lo fulminò con lo sguardo. «Se domani non mi presento in ufficio sarà colpa tua.»

    «Nel caso non ti vedessi arrivare capirò che Byron ti ha convinto a tornare nel suo letto. Mmm... sembra così meravigliosamente virile... che spreco.»

    Cara uscì senza replicare.

    «Buona fortuna!» le gridò Trevor oltre la porta chiusa.

    Mi servirà ben altro che la fortuna per uscirne viva, pensò lei. Mi servirà un miracolo.

    Gli uffici della Rockcliffe & Associates erano enormi anche per gli standard di Sidney. Cara prese l’ascensore diretta al diciannovesimo piano, il cuore che le batteva come un tamburo nel petto al pensiero di rivedere il suo ex marito.

    La cabina di acciaio e vetro si arrestò al tredicesimo piano per far entrare delle persone. Che fosse una sorta di presagio? Cercò di controllare il respiro.

    L’ascensore fece altre tre soste, prolungando l’agonia. Cara fissò i numeri luminosi sulla propria testa in un conto alla rovescia verso il disastro... quindici, sedici, diciassette, diciotto... diciannove.

    Le porte si spalancarono di fronte a una parete a specchio. Cara osservò la propria immagine riflessa come se vedesse un’estranea: alcune ciocche dei lunghi capelli castani, illuminati da colpi di sole, erano sfuggite al fermaglio, le guance erano arrossate come se fosse salita a piedi, e il tailleur nero gridava Sono stato comprato ai grandi magazzini!

    La segretaria bionda alla reception invece indossava un completo Armani e un profumo altrettanto costoso.

    «Ho un appuntamento con Mr. Rockcliffe» si presentò Cara con la voce roca che tradiva la sua agitazione. Calmati, accidenti. «Alle tre.»

    La ragazza controllò l’elenco degli appuntamenti sul computer di fronte a lei. «La signora Gillem?»

    «Sì.»

    «Mr. Rockcliffe è un po’ in ritardo.» I suoi occhi celesti e freddi incontrarono quelli nocciola di Cara. «Ci sarà da attendere...»

    «Quanto, più o meno?» chiese lei infastidita. Non aveva nessuna voglia di fare anticamera sotto lo sguardo ostile dell’ultima probabile conquista di Byron.

    «Venti minuti, forse trenta.»

    Cara fece un lungo respiro. «Bene. Aspetterò.»

    Quarantatré minuti dopo udì il ronzio dell’interfono e nascose il viso nella rivista che fingeva di leggere.

    «Signora Gillem? Prego, può andare, prima porta a destra sul corridoio.»

    Cara si avviò con le gambe che minacciavano di cedere. Bussò alla porta, proprio sotto la targhetta Byron Rockcliffe con la mano che tremava. Raddrizzò la schiena e aspettò risposta.

    «Avanti.»

    La voce profonda la travolse come una mareggiata. Byron era seduto dietro l’enorme scrivania, le sue ampie spalle bloccavano la luce del pomeriggio che filtrava attraverso la finestra, lasciando il viso in ombra. Cara riuscì comunque a immaginare la sua espressione beffarda e altera, si sentiva come una studentessa convocata in presidenza.

    «Cara.»

    Una parola, due sillabe, quattro lettere.

    «Byron.»

    Così formale, freddamente formale.

    «Prego, accomodati.»

    Cara si sedette.

    Lui la osservò per interminabili secondi. «Vuoi bere un caffè? Qualcosa di più forte?»

    Lei scosse la testa. «Niente, grazie. Preferirei passare subito agli affari.»

    Byron rigirò una penna tra le dita, inchiodandola con lo sguardo color cioccolato.

    «Certo. A proposito, come va il tuo lavoro?»

    «Bene.»

    Anche controluce, lo vide alzare un sopracciglio.

    «Ah sì?»

    Cara deglutì e strinse al petto la cartellina, come se potesse proteggerla. «Sai bene che non sarei qui, se fosse così» ribatté con voce fredda e distante.

    «Nemmeno una mandria di cavalli selvaggi ti avrebbe trascinato nel mio ufficio, immagino.»

    «Esatto. Piuttosto, credevo che il tuo quartier generale fosse a Melbourne.»

    «La mia azienda è in continua espansione.»

    «Congratulazioni.»

    «Grazie.»

    «Trevor mi ha informato della tua richiesta» riprese Cara, spezzando il silenzio imbarazzato tra loro. «Non capisco perché tu insista che me ne occupi io. È Trevor la mente creativa del nostro studio di decorazione d’interni.»

    «Vedo che hai sempre la tendenza a sottovalutarti. E a questo proposito, come sta tua madre?»

    «È morta.»

    «Non lo sapevo.»

    «È stato un funerale strettamente privato. Mia madre aveva pochi amici.»

    «Quanto tempo fa è successo?»

    «Tre anni. È stata una cosa molto veloce.»

    «Un male incurabile?»

    «No. Complicazioni dopo un banale intervento.»

    «Deve essere stato un colpo terribile per te.»

    «Si va avanti.»

    «Già» rispose lui, fissandola.

    «Passiamo agli affari, se non ti spiace. Trevor mi ha detto che la proprietà si trova a Cremorne e...»

    «Ti ci porto questo pomeriggio, se ti va» la interruppe Byron.

    «Posso andarci per conto mio.»

    «Come desideri.»

    Cara si morse un labbro: era tutto sbagliato, si sentiva inadeguata, come se le mancasse la terra sotto i piedi. «Prima di esaminare la paletta dei colori devo almeno avere un’idea della pianta della casa e...»

    «Ecco qui.» Byron aprì una valigetta nera e le porse una serie di fogli. «C’è tutto.»

    Lei gli diede una rapida scorsa. «Quando deve essere pronta?»

    «Il primo ottobre.»

    «Non c’è molto tempo.»

    «Un mese. Mi pare sufficiente.»

    «La gran parte dei negozi si prendono almeno sei-otto settimane per la consegna dei mobili, così come per le stoffe.»

    «E tu allora scegline uno che ci metta un mese.»

    «Ma...»

    «Sono sicuro che puoi farcela.»

    Cara non rispose e provò a concentrarsi sulle planimetrie. I disegni però le si annebbiarono davanti agli occhi, era come leggere un documento antico scritto in una lingua sconosciuta. Trovava incredibile come il suo ex marito fosse riuscito a innervosirla in pochi minuti.

    «Ho bisogno di tempo per pensarci su» disse.

    «Quanto?»

    «Un giorno o due, magari tre.»

    Byron rifletté qualche istante. «D’accordo» rispose infine. «Ti concedo tre giorni. Ci rivediamo nel tuo ufficio venerdì a mezzogiorno. Non oltre.»

    «Non capisco perché tutta questa fretta.»

    «Voglio trasferirmi lì il prima possibile. Sono tre settimane che sto in hotel e non ne posso più.»

    «Dunque si tratta della tua casa?» Cara lo guardò sbalordita. «Andrai ad abitarci tu?»

    Lui annuì.

    «Ma... ma tu vivi a Melbourne» continuò lei in preda al panico. «E la tua famiglia? Il tuo lavoro?»

    «Ho deciso che era ora di cambiare.»

    «Ci sono decine di designer di interni, perché proprio io?»

    «Perché no?»

    «Perché ce ne sono parecchi più bravi di me.»

    «Però io voglio te.»

    Quattro semplici parole, con un chiarissimo doppio senso. Cara si spostò sul bordo della sedia, le mani posate sulle ginocchia perché non tremassero.

    «Sono lusingata, naturalmente» mentì.

    Byron si alzò, uscendo dal cono d’ombra. Il suo metro e novantacinque l’aveva sempre messa in soggezione e adesso ancora di

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