Torna da me
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Roma, 1867. In un'Italia appena unificata, che attende soltanto l'ambitissima annessione di Roma, Nives Barbieri, figlia di un agitatore politico scopre un'imprevedibile passione per Damiano Alciati, giovane deputato, simpatizzante della causa. I due trascorreranno insieme pochissimi giorni, ma sarà comunque un intervallo di tempo più che sufficiente perché sia amore a prima vista.
"Ombre Rosa" è una collana e insieme un viaggio alla riscoperta di un'intera generazione di scrittrici italiane che, tra gli anni Settanta e gli anni Duemila, hanno posto le basi del romanzo rosa italiano contemporaneo. In un'era in cui finalmente si colgono i primi segnali di un processo di legittimazione di un genere letterario svalutato in passato da forti pregiudizi di genere, lo scopo della collana è quello di volgere indietro lo sguardo all'opera di quelle protagoniste nell'ombra che, sole, hanno reso possibile arrivare fino a questo punto, ridando vita alle loro più belle storie d'amore.
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Anteprima del libro
Torna da me - Roberta Ciuffi
Roberta Ciuffi
Torna da me
SAGA Egmont
Torna da me
Cover image: MidJourney
Copyright ©2000, 2024 Roberta Ciuffi and SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788727061375
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
www.sagaegmont.com
Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.
Sommario
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Nota
1
Roma, 1867
«Nives! Nives, che fine hai fatto?»
La voce del ragazzino risuonò nella viuzza soffocata tra i palazzi dalle facciate scurite dal fumo ed erose dalle intemperie.
«Vieni subito o lo dico a mamma!»
Si guardò attorno, impotente. La stizza nei confronti della sorella cominciava a essere sostituita da una paura strisciante, che cercava di controllare con la forza d’animo che – lo sapeva – competeva alla natura mascolina, ma che la sua condizione di dodicenne rendeva meno convinta di quanto avrebbe voluto. La notte era scesa quasi all’improvviso e la via priva di botteghe si era svuotata dei passanti. A ogni istante gli sembrava che qualcosa dovesse sbucare dal buio per saltargli addosso: uno di quei mostri di cui Nives gli raccontava nei lunghi pomeriggi estivi, sul loro terrazzino affacciato sul fiume. Ma i racconti che d’estate, alla luce del sole, lo facevano ridere e sbuffare d’incredulità, in una sera d’inizio autunno gli comunicavano solo l’urgenza di scapparsene a casa.
Perché Nives era così cattiva? Perché non era come gli altri suoi fratelli, che obbedivano ai loro genitori e non si permettevano mai di criticarli o sfidarli?
«Nives!»
«Devo andare» bisbigliò la ragazza, divincolandosi dall’abbraccio del soldato che la teneva premuta contro il portone aperto della rimessa per carrozze. «Mio fratello mi sta chiamando.»
L’altro non accennò ad allentare la stretta; invece, abbassò la testa per cercarle la bocca. «Lascialo chiamare» rispose, in tono di arrogante superiorità. «A chi importa?»
«Importa a me.»
Con uno scatto repentino, Nives si abbassò, scivolandogli sotto il braccio fino a portarsi alle sue spalle. «Devo andare!» ripeté, arretrando.
«No, torna qui!»
«Non posso, mi aspettano. Ci vediamo domani. Stesso posto.»
Frustrato, lui fece un balzo in avanti per afferrarla ma il rumore dei passi rapidi sul selciato si beffò del suo tentativo. Accidenti, pensò, quella gatta doveva vedere anche al buio. «Non andare via» insistette. «Ho voglia di baciarti.»
Lei rise, ormai confusa nell’oscurità. Solo il suono di quella risata resistette qualche istante, prima di perdersi del tutto.
Gilbert Guillot, zuavo delle truppe pontificie, restò ad ascoltare finché il silenzio parve vestirsi di suoni misteriosi che sembravano scaturire dal suolo e dalle mura della città straniera, che la notte rendeva ancora più estranea.
Trasse un respiro profondo, seguito da un sospiro. Quella ragazza era davvero una gatta selvatica. Da un mese, ormai, cercava di ricavarne qualcosa in più di qualche bacetto furtivo ma non c’era niente da fare. Trovava sempre modo di svicolare proprio quando le cose iniziavano a diventare interessanti.
Non che avesse intenzione di impegnarsi sul serio. Lei non gliene aveva mai parlato ma Gilbert sapeva che i suoi genitori erano stati degli agitatori politici ed erano tuttora degli elementi sospetti per i gendarmi pontifici. Inoltre, benché avesse proprietà di linguaggio e il portamento di una persona di ceto superiore, in fondo era solo una popolana, un'operaia. Di certo non il tipo di ragazza che i suoi genitori si aspettavano presentasse loro come futura nuora.
Fischiettando per superare la frustrazione, si passò le dita sui sottili baffi biondi. Meglio tornare in caserma. Si stava facendo tardi e rischiava di incorrere in una punizione. Ma se Nives si fosse dimostrata un po’ più… carina, con lui, avrebbe accettato ben volentieri di essere punito, ritenendo anche di guadagnarci, nello scambio.
«Nives!»
Pietro aveva sentito dei rumori: un bisbiglio di voci, passi di corsa, poi più nulla. Ruotò su se stesso, non per cercare inutilmente di intravedere qualcosa ma per difendersi, nel caso una di quelle misteriose creature avesse tentato di afferrarlo. Stava per lanciare un altro richiamo, quando due mani scaturite da chissà dove lo agguantarono alla vita.
«Ti ho preso!»
Terrorizzato, saltò in aria e lanciò un urlo che penetrò il silenzio della viuzza. Alcune persiane si aprirono sulle facciate dei palazzi e le luci tremolanti delle lampade spuntarono alle finestre, producendo un effetto da presepe. «Chi è là, che succede?»
Pietro fece per gridare di nuovo, chiedendo aiuto, quando al fioco riverbero proveniente dall’alto si accorse che il misterioso assalitore era solo sua sorella Nives.
«Stupida!» strillò, allontanandosi di scatto mentre lei scoppiava in una fragorosa risata. «Sei una stupida, lo dico a mamma!»
«E tu sei un fifone! Scommetto che te la sei fatta sotto» ritorse la ragazza, che non riusciva a smettere di ridere.
«Voialtri, laggiù, andate a fare i vostri giochetti a casa vostra» sbraitò una voce femminile da una finestra.
Nives scompigliò allegramente i capelli del fratello minore, poi lo afferrò per il polso e lo tirò via. «Forza, andiamo, o ci tireranno l’acqua addosso!»
Pietro inghiottì rabbiosamente le lacrime che sentiva premere in gola, ma era troppo piccolo per ignorare con eleganza l’umiliazione che la sorella gli aveva inflitto. «Sei una stupida!» ripeté, con voce fessa. «Lo dirò a mamma e lei ti punirà.»
«E io dirò a tutti che sei un fifone e un piagnone» ribatté lei, senza mostrare la minima preoccupazione per la minaccia.
«E dov’è il pane che dovevi comprare, eh? Te lo sei perso?»
«Il pane?» Nives si fermò, ricordando d’improvviso il compito che di solito concludeva i suoi doveri della giornata. «Me ne sono dimenticata.» Fece un sorrisetto, che il buio del vicolo nascose. Temeva che i baci di Gilbert le avrebbero fatto dimenticare anche la strada di casa. Era una cosa esaltante l'amore, ma anche un po' inquietante. Quando si trovava con lui, non sapeva se desiderasse sciogliersi tra le sue braccia… o fuggire via. Le due emozioni la tentavano allo stesso modo ed era per questo che, seppure fosse stata quel tipo di ragazza, sapeva che non gli avrebbe permesso altro che qualche bacio fugace.
«Ah, sì? E che mangeremo adesso per cena?» esclamò Pietro.
Lei si strinse nelle spalle, in quel modo noncurante che faceva disperare la madre e mandava su tutte le furie il suo zelante fratellino. «Mangeremo i tozzi duri di ieri, dov’è il problema? Lo facciamo sempre.»
«A papà non piace mangiare il pane duro» ritorse lui, di colpo trionfante, consapevole di avere in mano la carta vincente.
Nives si fermò, girandosi di scatto a guardarlo. «Papà? Vuoi dire che è tornato?»
«Sì, è tornato, e non sarà per niente contento…»
«È tornato!» esclamò lei esultante, interrompendo le sue recriminazioni. Afferratolo per le spalle, lo fece ruotare come una trottola, per poi abbandonarlo d’improvviso. Lanciato all’indietro come il sasso da una fionda, il ragazzino urlò, mentre la sorella scoppiava di nuovo a ridere.
«Forza, fifone, facciamoci una bella corsa!» lo pungolò, partendo senza preavviso. «Ti sfido a chi arriva primo.»
2
Mantenendo l’espressione sorridente, Damiano Alciati scambiò un’occhiata d’avvertimento