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Angelo Nero
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E-book332 pagine4 ore

Angelo Nero

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Info su questo ebook

1818, Kent. Il tranquillo villaggio di Aylesvale è in fermento: mai è accaduto prima qualcosa di altrettanto emozionante e scandaloso. La vedova Hobson sta ospitando nel suo cottage un uomo giovane, attraente e ... vittima di amnesia. È arrivato in una notte di tempesta, il corpo ferito e la mente confusa. Certo nessuno può pensare male di Nell Hobson, nota per le numerose opere di carità, ma chi potrà mai essere quell'affascinante sconosciuto che non ricorda nulla del suo passato? Un reduce delle guerre napoleoniche, un criminale in fuga o... un angelo caduto?
"Ombre Rosa" è una collana e insieme un viaggio alla riscoperta di un'intera generazione di scrittrici italiane che, tra gli anni Settanta e gli anni Duemila, hanno posto le basi del romanzo rosa italiano contemporaneo. In un'era in cui finalmente si colgono i primi segnali di un processo di legittimazione di un genere letterario svalutato in passato da forti pregiudizi di genere, lo scopo della collana è quello di volgere indietro lo sguardo all'opera di quelle protagoniste nell'ombra che, sole, hanno reso possibile arrivare fino a questo punto, ridando vita alle loro più belle storie d'amore.
LinguaItaliano
Data di uscita27 mag 2024
ISBN9788727061191
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    Anteprima del libro

    Angelo Nero - Roberta Ciuffi

    Angelo Nero

    Cover image: MidJourney

    Copyright ©2011, 2024 Roberta Ciuffi and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788727061191 

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    Aylesvale, Kent. 1818 

    «Ah, ti ho sistemato finalmente, maledetto tiranno!»

    Il grido, seguito da un rumore simile alla caduta di una pila di piatti, spinse Nell a sollevare lo sguardo dal suo ricamo.

    «Willie, tesoro, che cosa stai facendo?»

    Il tappeto di fronte al camino era quasi del tutto occupato da soldatini in ferro dalle divise multicolori, taluni radunati in schiere ordinate, altri rovesciati a terra. «Sto distruggendo le armate di Napoleone» rispose suo figlio con tutta la serietà di un bambino di otto anni che sente di star compiendo un'impresa storica.

    «Molto bene» replicò Nell. «Ma cerca di non far crollare la casa, mentre ci provi.» Abbassò gli occhi e tornò al lavoro che le stava tenendo compagnia da circa tre mesi, una tovaglia che intendeva regalare alla cognata per ringraziarla di quanto lei e suo marito stavano facendo per l'educazione di Willie. Quella sera sperava di completare il secondo dei complicati intrecci di rami d'edera che decoravano gli angoli. Forse avrebbe fatto meglio a disegnare dei rami d'ulivo, pensò, infilando l'ago nella stoffa.

    Lanciò un'occhiata di sottecchi verso il camino. Il fuoco scoppiettava vivace, illuminando un lato del volto del bambino sdraiato sul tappeto, impegnato a risistemare la sua armata, che, a occhio, sembrava composta da più di un centinaio di soldatini. Il fatto che lei non fosse in grado di determinarne il numero né di riconoscere a quale reggimento appartenessero le comunicò l'irritante sensazione che la vita del figlio stesse inesorabilmente staccandosi dalla sua. Il compimento di quell'evoluzione sarebbe stata la sua partenza per Eton. Il pensiero le provocò la solita fitta al cuore.

    Era consapevole che quella fosse un'ottima opportunità per Willie, che altrimenti avrebbe dovuto accontentarsi della scuola del villaggio… ma di lei che ne sarebbe stato?

    Uno scroscio improvviso di pioggia batté contro la finestra del salotto. Un refolo d'aria fece tremare la luce della lampada.

    «Mamma, sta arrivando il temporale!» esclamò Willie, mettendosi in ginocchio.

    «Sì, caro, lo sento.»

    «Posso aprire la finestra?» chiese il bambino, fissando avidamente in direzione della tenda.

    «No, non puoi» rispose lei, fingendo di non notare il lampo di ribellione nei suoi occhi.

    Un terribile frastuono bloccò sul nascere la protesta del figlio. Nell gridò, alzandosi dalla poltrona.

    «Mio Dio, cos'era?» Dallo schianto si sarebbe detto che fosse crollato un muro del cottage.

    «Nell, hai sentito?» Una donna di mezza età, distinta e ben vestita, entrò nel salotto quasi correndo. Aveva ancora gli occhiali sul naso e stretta nella destra la penna con cui stava scrivendo a qualcuno dei suoi innumerevoli corrispondenti, prima che il rumore la interrompesse. «Cosa sarà stato?»

    «Non lo so, ma sembrava terribile! Spero solo…»

    «Forse era un fulmine!» gridò Willie, balzando in piedi e iniziando a saltellare eccitato. «Forse ha colpito il bosco e adesso è tutto in fiamme!»

    «Oh, spero proprio di no!» esclamò Mrs. Harriett Mercer. «Sarebbe davvero spaventoso.»

    «È caduto un albero» annunciò una domestica piccola e grassoccia, entrando nella stanza con la stessa prepotenza del refolo di poco prima. «Deve essere quell'olmo che è morto l'altro inverno. L'avevo detto a Cooper di tagliarlo, ma quello ha sempre troppo da fare» commentò con asprezza, andando a controllare che finestra e scuri fossero ben chiusi. «E meno male che non c'è caduto sulla testa o di tutti noi sarebbe rimasto ben poco» concluse.

    Mrs. Mercer rabbrividì. «È incredibile, non si può mai stare tranquilli» disse, andando a sedersi sul divano. «Un istante si sta scrivendo a un conoscente di vecchia data, quello dopo ci si trova con la testa spaccata e il cervello sul tappeto!»

    «Oh, Harriett, non esagerare.» Nell non riuscì a trattenere un sorriso. «Non abbiamo corso un pericolo così grande.»

    «Pura fortuna» la contraddisse la domestica. «Se quello scheletro d'albero si fosse trovato qui fuori, accanto alla finestra, ce la saremmo vista brutta. Maledetto temporale.»

    Con uno scatto, allargò per bene la tenda, in modo da bloccare per quanto possibile l'accesso agli spifferi che infestavano Hobson Cottage.

    Una vibrazione improvvisa scosse la casa, seguita quasi immediatamente dal fragore di un tuono. Le donne gridarono e Willie, abbandonate le sue ambizioni di comandante d'armata, corse a rifugiarsi accanto alla madre.

    «La casa sta crollando! Nasconditi, mamma!» esclamò, rannicchiandosi presso la sua poltrona.

    «Non sta succedendo niente di simile.» Nell si rese conto che la propria voce tremava leggermente, nel pronunciare quelle parole. «Era solo un tuono, niente di speciale. Su, Meg» disse, mettendo da parte la tovaglia e alzandosi in piedi, «accendiamo altre lampade. Vedrete che la luce scaccerà la paura.»

    «La luce attira i fulmini» borbottò l'anziana domestica, iniziando però a eseguire l'ordine ricevuto. Quel fannullone di Cooper, pensò. Perché non era lì a proteggerle in una serata come quella? Dove stava, a quell'ora? Probabilmente nella bettola del villaggio, a riempirsi di pessima birra e a raccontare alle sguattere avventure immaginarie.

    «Credo che verrò qui a scrivere» disse Harriett, rimirando compiaciuta il nuovo aspetto del salotto, illuminato come per un ricevimento. Si fermò di colpo, portandosi una mano al cuore. «Avete sentito?»

    «Cosa?»

    «Qualcuno ha battuto alla porta.»

    Meg tese il collo, come se questo l'aiutasse ad aguzzare l'udito. «Io non ho sentito niente.»

    «E io neanche…» Mentre Nell faceva quest'affermazione, risuonarono distintamente due colpi di battente, così forti da superare il frullare degli alberi scossi dal vento e il frastuono del temporale. «Oh, cielo, sì! Ora li ho uditi anch'io! Ma chi può essere a quest'ora?»

    «E con questo tempo» rincarò Harriett, affrettandosi però a togliersi gli occhiali. Chiunque fosse, si trattava comunque di una visita serale, quindi da tenere in una certa considerazione. «Deve essere bagnato fradicio.»

    L'idea che un qualsiasi essere umano se ne stesse indifeso sotto quella pioggia attenuò i timori di Nell. «Meg, vai alla porta e chiedi chi è. Fa' bene attenzione, mi raccomando. Apri solo se ti senti sicura.»

    «A ogni buon conto» replicò la domestica in tono pratico, afferrando un robusto bastone da passeggio appartenuto al nonno di Nell, «io mi porto questo. Funziona meglio delle parole.»

    «È una fortuna avere una persona così in casa» disse Harriett, dandosi qualche rapido colpetto alla capigliatura. «L'avessi avuta io, forse vivrei ancora per conto mio, invece di stare qui a infastidirti con la mia presenza.»

    Nonostante la preoccupazione, Nell sorrise. «E sarebbe una vera sfortuna per me, che mi priverebbe della compagnia di una buona amica.»

    La donna si dimenò, e si diede l’aria di arrossire dal piacere. «Oh, cara, so che lo pensi, tuttavia… Ha aperto la porta!» esclamò con la solita volubilità. «Meg ha aperto la porta! Spero che sappia quel che fa…»

    Lo sapeva certamente, pensò Nell. Strinse le mani fra loro, agitata. Un visitatore notturno: ecco una cosa che non accadeva di frequente, a Hobson Cottage. O, meglio, mai. Cosa stava succedendo?

    «Tranquille, tranquille. Va tutto bene.»

    La voce profonda di suo cognato, quella voce che alla domenica riusciva a raggiungere senza fatica il fondo della navata e che costituiva il motivo principale del suo successo come ecclesiastico, sciolse la sua tensione. Nell si rilassò ed emise un sospiro. Aveva inconsapevolmente trattenuto il fiato.

    «È solo il rettore» disse Meg, entrando in salotto. «È bagnato fradicio e non vuole venire dentro per non rovinare i tappeti.»

    «Che sciocchezza! Naturalmente deve venire accanto al fuoco o si prenderà un malanno. Lo convincerò io. Meg, prepara subito un punch ben caldo.»

    Mentre usciva dalla stanza, parte del nervosismo di poco prima tornò a investirla. Cosa poteva aver spinto il cognato a farle visita, a un'ora serale e nel mezzo di un temporale come se ne vedevano di rado? Joshua Hobson era l'uomo più corretto che esistesse al mondo, sia per merito della sua professione sia per predisposizione personale. Non si limitava a evitare le situazioni censurabili, ma aveva orrore perfino di quelle che potessero apparire tali.

    Che non fosse successo qualcosa a Adela, pensò, o alle bambine! Cominciò a pregare silenziosamente, dirigendosi verso l'ingresso.

    L'uomo era fermo presso la porta, una figura scura, quasi informe negli abiti resi pesanti e molli dalla pioggia. Si dondolava a disagio, consapevole della pozza d'acqua che scivolando dal mantello stava rapidamente inzuppando il tappeto sotto i suoi piedi.

    «Nell?»

    «Sì, Joshua, sono io» rispose lei, andandogli vicino. «Perché non sei venuto in salotto? C'è un bel fuoco, nel camino, potevi riscaldarti.»

    Lui liquidò la domanda con un gesto e lei decise di non insistere. Quando si trattava della cura delle anime – ma anche dei corpi – delle persone sottoposte alla sua autorità spirituale, il rettore della chiesa di Saint Jude tendeva a dimenticarsi del proprio benessere. Era usuale vederlo percorrere le strade del villaggio con la sua lunga falcata, il cappello fuori posto e il mantello mal allacciato, lo sguardo perso nel vuoto, diretto ovunque ci fosse bisogno di lui e completamente dimentico dell'aspetto che dovrebbe avere un religioso.

    Era una cosa che faceva impazzire Adela, che, in quanto figlia di un vescovo, riteneva che un uomo nella sua posizione dovesse tenere in maggior conto la propria dignità.

    Erano così diversi, quei due. Ma, soprattutto, Joshua era diverso dal fratello quanto il giorno dalla notte. Dopo tanti anni, Nell non poteva ancora evitare di chiedersi cosa avesse causato quella difformità di carattere, che aveva spinto l'uno tra le braccia della Chiesa… e l'altro tra le sue, per cominciare, e poi tra infinite braccia di donne sconosciute!

    «È successo qualcosa? Va tutto bene?» chiese trepidante. «Adela? Le ragazze? Come stanno?»

    «Oh, no, no, niente del genere!» esclamò il rettore, turbato al pensiero che lei avesse equivocato sulla ragione del suo arrivo. Abbastanza inopportuno, se ne rendeva conto adesso, sia per l'ora sia per le condizioni meteorologiche. «Sono terribilmente spiacente, non è successo nulla di preoccupante, credimi.»

    Nell emise un sospiro. «Oh.» Si portò una mano al petto. «Grazie al cielo. E… e dunque…?»

    Joshua aumentò il movimento dondolante del corpo, una cosa che faceva sempre quando si agitava. «Mio Dio, mi accorgo di aver commesso una sciocchezza» disse, lanciando un'occhiata alle proprie spalle, in direzione della finestrella di vetro che dava luce alla porta d'ingresso. Al momento non lasciava intravedere che il buio all'esterno, ma lui si allungò come per scrutare qualcosa e poi si ritrasse, innervosito. «Una grande sciocchezza» ripeté. «Andrò subito a casa… no, non a casa, non ha senso… Forse a… a…»

    «Non te ne andrai senza dirmi perché sei venuto qui, con questo tempaccio?» protestò Nell. Aveva l'impressione che il cognato non fosse perfettamente in sé. «Anzi, vieni in salotto. Ti toglierai il mantello e ti asciugherai accanto al fuoco, con una bella tazza di punch caldo tra le mani.»

    «No, no, non posso. Non che non mi piacerebbe. Ti assicuro che in questo momento non desidero altro» ribatté lui in tono di sincero rimpianto. «Ma è successa una cosa strana… per così dire.» Estrasse un ampio fazzoletto dalla tasca e se lo passò sul volto. Visto che era bagnato quanto tutto il resto, non ottenne altro risultato che perdere un po' di tempo, prima di fare la sua rivelazione. «Abbiamo trovato un uomo, uno straniero. Stava sdraiato nel fango, poco distante da Chester Hall.»

    «Mio Dio! Morto?»

    «No, non ancora almeno. Ma è in pessime condizioni. Può parlare, tuttavia, e sembra una persona di una certa educazione, solo che non dice nulla che abbia un senso e non rammenta il proprio nome.»

    «Che cosa straordinaria!» Non era frequente che al villaggio capitassero degli stranieri, neppure in buone condizioni fisiche, e uno che avesse perso la memoria, poi, costituiva decisamente un evento. Ma questo non spiegava la ragione della presenza di suo cognato a Hobson Cottage. «E dunque…»

    Per qualche istante, preso dalla foga del racconto, il rettore aveva arrestato il suo dondolio. Ora lo riprese, più forte di prima.

    «Ecco, è un guaio, un guaio davvero» disse, tamponandosi la fronte con il fazzoletto fradicio. «Una vera disdetta che sia capitato mentre ero in visita alla madre di Harry Chester. Ha un delicato problema di polmoni, sai, e richiede un certo conforto spirituale…»

    «Joshua…»

    «Sì, sì. Sai come la pensa Harry sui mendicanti. È a capo del consiglio parrocchiale e ha la sua influenza.»

    «Ha cercato di liberarsene?» chiese Nell, cominciando a intravedere il filo nel confuso discorso del cognato. I mendicanti, i viandanti malati che transitavano nella zona, le vedove con prole, chiunque insomma si trovasse in condizione di disagio fisico o economico all'interno dell'area della parrocchia di Saint Jude era a carico della parrocchia stessa, e quindi dei parrocchiani, che non vedevano di buon occhio la faccenda.

    Soprattutto Harry Chester, l'iroso magistrato onorario locale.

    «Difatti. Voleva che Bob Allen, il suo fattore, lo scaricasse da qualche altra parte, ma io non potevo consentirlo. Innanzitutto non è un atteggiamento cristiano e poi quest'uomo non sembra affatto un mendicante. Ha più l'aria di essere stato aggredito da… dai briganti.»

    «Briganti, addirittura.» Nell sorrise. La zona non era famosa per le sue attività criminali, che si limitavano a dei tafferugli nella locanda e qualche furtarello di galline.

    «Ebbene, nelle tasche non ha documenti, orologio, denaro, niente! Quando l'ho trovato non aveva neppure la giacca. Gliene ho dovuta dare una delle mie.»

    «Oh. E Adela che cos'ha detto?»

    Altra tamponata sulla fronte. «Ecco, non è stata contenta. Affatto. Il problema è, vedi…» Joshua si girò e lanciò un'altra occhiata esitante fuori dalla finestrella. «… che non so cosa fare di lui. Adela non lo vuole in casa a nessun costo e di altri non mi fido: non vorrei che ne approfittassero per liberarsene. Così… l'ho portato qui.»

    «Qui?» ripeté Nell, girandosi di scatto in direzione della porta, quasi aspettandosi che il misterioso straniero fosse proprio là fuori, sulla soglia della sua casa. «Joshua, cosa ti è saltato in mente?»

    «Oh, lo so, lo so! È stata un'idea stupida. Ma non sapevo che altro fare. Questo poveretto è capitato proprio a sproposito.»

    Nell non poteva essere più d'accordo. Suo cognato doveva essere impazzito per pensare di piazzarle in casa uno sconosciuto. Uno che, lo aveva ammesso, non aveva tutte le rotelle al loro posto. Ma era tipico di Joshua non fermarsi troppo a considerare le conseguenze, quando si trattava di aiutare il prossimo. Così diverso da Timothy, rifletté di nuovo, e forse sull'onda dell'emozione che quel ricordo sempre le provocava chiese: «Dov'è adesso? Dove l'hai lasciato?».

    Lui fece un cenno appena abbozzato con la mano che reggeva il fazzoletto, cosicché parve un gesto di resa. «Qui fuori, sul calesse. C'è Briscoe con lui, a tenerlo d'occhio. Non che sia violento» si affrettò a precisare. «Nelle condizioni in cui si trova non potrebbe far male a una mosca. Solo che continua a cercare di scendere e andarsene per conto suo, come se avesse qualcosa di urgente da fare. Farebbe meglio a starsene tranquillo, secondo me.»

    «Che cosa intendi quando parli delle sue condizioni?» lo interruppe Nell.

    «Ha la febbre alta, senza dubbio causata dalla botta in testa.»

    «Perché, è stato colpito in testa?»

    «Non te lo avevo detto? Credevo di sì. Devono essere stati quelli che l'hanno derubato, i briganti, sai…»

    «Oh, Joshua!» esclamò, esasperata. «Giuro che sei l'uomo meno pratico che esista al mondo, oltre che il più altruista e caritatevole!»

    «Io? Ma niente affatto! Io ho soltanto… Ma dove vai, adesso?» le chiese il cognato, vedendo che Nell tirava il battente della porta. «Sta piovendo, fuori.»

    «Lo so bene e fa anche un freddo cane. E tu hai lasciato un uomo ferito e febbricitante e un povero vecchio dentro un calesse scoperto sotto la pioggia! Sei davvero terribile…»

    Non appena ebbe aperto la porta, fu raggiunta da una sferzata d'acqua gelida che le tolse il respiro. Cielo, che notte aveva scelto il destino per regalarle la prima avventura degna di nota da… da non sapeva quanto tempo! L'esplosione di un tuono quasi la fece di nuovo arretrare di un passo, mandandola a sbattere contro il cognato, che le era venuto dietro.

    «Non sono sotto l'acqua» si discolpò questi. «Ho detto a Briscoe di fermarsi nella stalla.»

    Figurarsi, il tetto della stalla era così fradicio da aver perso la sua funzione di riparo e quella era una delle ragioni per cui lei non possedeva una carrozza. L'altra era che il suo appannaggio di vedova non le consentiva di mantenerne una.

    Uscì nel cortile devastato dalla pioggia e dai lampi. Il vento le afferrò le gonne, scuotendole con violenza, ma solo per pochi istanti: quelli sufficienti perché si infradiciassero del tutto, aderendole pesantemente contro il corpo.

    «Briscoe!» gridò, sperando di riuscire a risparmiarsi il percorso fino alla stalla. Ma il rumore del temporale dovette coprire la sua voce, perché nessuno rispose al richiamo. «Briscoe!» gridò di nuovo, procedendo nel terreno melmoso che solo quella mattina era stato parte del suo giardino. Il fango le arrivava più su delle caviglie e dopo pochi passi aveva già superato la modesta protezione delle scarpe da casa, insinuandosi sotto la pianta dei piedi. Nell lottò contro il ribrezzo provocato da quel vischioso contatto. La stalla non era lontana, appena dietro l'angolo della facciata, ma quando ne raggiunse l'entrata le parve di aver attraversato l'intera contea con le sue sole forze. «Briscoe» chiamò, ferma sotto l'architrave.

    Niente al mondo, neppure la carità cristiana o l'affetto per un vecchio servitore, l'avrebbe spinta a entrare in una costruzione tanto pericolante in una notte come quella.

    «Sì, signora, siete voi?» La voce dell'uomo fu seguita da un accesso di tosse. «Cosa fate qui, con questo tempo?»

    «Per cominciare, uscite di qua, non è sicuro. Il tetto è pericolante. Portate quel… quell'uomo, l'infermo, dentro casa e poi andate ad asciugarvi in cucina, o vi prenderete un malanno anche voi.»

    «Oh, no, Mrs. Nell, non lascio la mia povera Dora sotto la pioggia» rispose l'altro, accennando alla cavalla che scuoteva la grossa testa, chiaramente infastidita.

    «Allora spostate il calesse nella legnaia. Lì è abbastanza asciutto, Dora dovrebbe trovarcisi bene.» E di legna non ce n'era rimasta quasi più. «Avete bisogno d'aiuto?» chiese senza troppa convinzione.

    Non era sicura di riuscire a sorreggere un uomo malato e fuori di sé, anche se, al momento, sembrava piuttosto calmo. Da quando era arrivata non aveva sentito altri suoni che la voce di Briscoe e l'impaziente sfiatare delle narici di Dora. Quanto all'aspetto dello sconosciuto, non avrebbe saputo dire, perché tutto ciò che vedeva di lui era una massa scura simile a un sacco rovesciato sul sedile posteriore.

    «Nossignora, mai, signora!» esclamò l'uomo in tono scandalizzato. «Non è una cosa adatta a voi. Ci penserò io, non vi preoccupate. Non è il primo ubriaco che scarico dentro una casa.»

    «Bene, allora ci vediamo più tardi.»

    Non poteva negare di sentirsi colpevolmente sollevata. Non aveva alcuna voglia di toccare lo straniero, che doveva essere in spiacevoli condizioni d'igiene, oltre che malato. Girandosi, quasi si scontrò con il cognato, che arrivava in suo aiuto. Gli spiegò rapidamente la situazione e poi si affrettò a tornare in casa.

    Mai prima di allora il cottage le era parso una tale oasi di pace e protezione. Che cosa terribile, pensò, non avere una casa, un focolare in cui correre a ripararsi quando la natura decideva di dare sfogo alla propria collera.

    Si appoggiò con la schiena a una parete e iniziò ad armeggiare per togliersi le scarpe, che sembravano incollate alle calze. Ora che si trovava al riparo, la consapevolezza delle proprie condizioni deplorevoli la colpì, assieme al disagio di essere inzuppata fino alle ossa e al freddo pungente. Battendo i denti riuscì a portare a termine l'operazione. Esaminò con rimpianto le scarpe, ridotte a due masse contorte inzuppate d'acqua. Dubitava che avrebbero mai più ripreso la loro forma primitiva. Erano vecchie e usurate anche prima della sua avventura, ma sarebbero potute durare ancora… Oh, chi lo sapeva! Le lasciò sul tappeto, già tanto zuppo che risultava impossibile peggiorare le sue condizioni.

    Forse Daniel si sarebbe lasciato commuovere dalle sue richieste e avrebbe consentito a versarle in anticipo il suo appannaggio vedovile. Sempre che nelle settimane precedenti non avesse perso troppo al tavolo da gioco. Speranza vana, si disse, scuotendo il capo. Il che la rese cosciente che la sua pettinatura si era disfatta e le ricadeva ora sulle spalle in ciocche appiccicose, che in breve si sarebbero trasformate in un groviglio indomabile.

    «Santo cielo, che disastro» mormorò. Attorcigliò i capelli in uno stretto nodo, ma prima che potesse sistemarli una luce brillò dall'alto delle scale, accecandola.

    «Ma che cosa avete combinato?» strepitò una voce roca, che riconobbe per quella di Meg Bitton. «Non sarete andata fuori, vero? Santo cielo, sembrate un pulcino bagnato!»

    Lasciando ricadere i capelli, Nell si riparò gli occhi con la mano. Conoscendo Meg, avrebbe voluto coprirsi anche le orecchie. Sapeva che ora le sarebbe toccata una strapazzata di tutto rispetto.

    Come non mancava mai di ricordarle, l'anziana domestica l'aveva vista nascere, e poi crescere, e l'aveva seguita in ogni peripezia della sua vita. In considerazione di ciò, tendeva a dimenticare i loro rispettivi ruoli, soprattutto in privato, e specialmente quando riteneva che il comportamento della sua protetta non si conformasse alle regole stabilite dalla buona società.

    «Uscire con questo tempo, in mezzo alla tempesta!» gridò infatti, precipitandosi giù per le scale. «Vi prenderete una polmonite, se non peggio. E che fine ha fatto quella zucca vuota di vostro cognato? Perché non vi ha fermata?»

    «Per carità, Meg, basta!» si ribellò Nell, riprendendo a torcere strettamente i capelli. La vista dell'acqua che cadeva in rivoletti provocò un altro strillo oltraggiato della domestica. «Basta, ho detto» ripeté lei con più forza. «Sono uscita per un buon motivo e non è tuo diritto dubitarne. Il rettore tornerà subito, in compagnia di una persona bisognosa di cure… forse due, visto che Briscoe è con lui, e sono tutti bagnati fradici. Per cui, predisponi molte coperte, fa’ bollire dell'acqua e prepara un tè abbondante… con quello che hai» aggiunse, per prevenire le obiezioni della donna.

    Con la lampada in mano, Meg non poteva incrociare le braccia, ma si sfogò soffiando molto dal naso. Era fortemente contrariata e molto tentata di opporre mille ragionevoli motivi per cui quelle richieste non potevano essere soddisfatte. Ma non poteva ignorare il fatto che ci fossero due – o forse tre – uomini bisognosi d'assistenza: panni caldi, cibo, cure mediche… Tutte cose cui lei non riusciva a resistere.

    «Va bene» consentì a malincuore. «Ma voi ve ne andate subito nella vostra stanza a cambiarvi e non metterete piede fuori finché non sarete del tutta asciutta.»

    Nell cedette di buona grazia. «Fatti aiutare da Estelle» disse, salendo con attenzione le scale, favorita dalla luce dondolante della lampada. «Non puoi fare tutto

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