Il diritto di amare
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"Ombre Rosa" è una collana e insieme un viaggio alla riscoperta di un'intera generazione di scrittrici italiane che, tra gli anni Settanta e gli anni Duemila, hanno posto le basi del romanzo rosa italiano contemporaneo. In un'era in cui finalmente si colgono i primi segnali di un processo di legittimazione di un genere letterario svalutato in passato da forti pregiudizi di genere, lo scopo della collana è quello di volgere indietro lo sguardo all'opera di quelle protagoniste nell'ombra che, sole, hanno reso possibile arrivare fino a questo punto, ridando vita alle loro più belle storie d'amore.
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Il diritto di amare - Maria Masella
Maria Masella
Il diritto di amare
SAGA Egmont
Il diritto di amare
Cover image: Freepik
Copyright © 2024 Maria Masella and SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788727035659
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
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www.sagaegmont.com
Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.
Capitolo Primo
Prima una spolverata di neve che aveva imbiancato i tetti e le vie, poi qualche raggio di sole avevano fatto diventare la città uno scenario perfetto per le fotografie e le riprese dei turisti, che venivano per l’escursione in battello sul Ness o per affrontare l’uscita in barca sperando di avvistare delfini, foche e uccelli acquatici.
Un gruppo di studenti camminava costeggiando il Ness: guardavano appena le bellezze circostanti perché si stavano dando appuntamento per la serata. Una loro compagna di studi, che abitava ad Inverness, compiva vent’anni e avrebbero festeggiato a casa sua. Il fischio dei battelli che avvisava i ritardatari che la partenza era prossima era un sottofondo ormai abituale alle loro conversazioni. Ogni tanto uno si staccava dal gruppo e prendeva la direzione di casa.
Kathleen salutò gli amici con un sorriso e un gesto allegro ed entrò, spensierata, nella pensione a gestione familiare dove alloggiava da più di un anno.
La proprietaria era una vecchia conoscenza di zia Ann e, oltre a farle un prezzo di favore, la teneva anche d’occhio.
La zia aveva dovuto cedere alle sue insistenze e consentirle di continuare gli studi a Inverness, ma era stata irremovibile sulla condizione che lei alloggiasse in un posto sicuro e rispettabile. Niente appartamentini insieme con ragazze sconosciute! L’unica figlia di sua sorella doveva avere il meglio.
Solo perché era consapevole del profondo affetto della zia, Kathleen non aveva lasciato prima il villaggio per affrontare la vita in città con le sue forze; avrebbe potuto cercarsi qualche occupazione temporanea, un posto da commessa o da cameriera, come alcune sue amiche, perché il lavoro non l’aveva mai spaventata. Ma la sua decisione avrebbe ferito zia Ann, che da dodici anni le faceva da madre e da padre.
Aveva pazientato fino ai diciotto anni, non un mese di più, poi aveva lasciato il villaggio. Da quasi due anni studiava a Inverness e raramente sentiva nostalgia del piccolo villaggio, su, al nord, dove tutti si conoscevano. Almeno una volta al mese andava a trovare la zia e le telefonava spesso, ma la sua vita ormai era lì. Fra poco avrebbe compiuto vent’anni, aveva tutta la vita davanti a sé.
Ancora incerta su quali studi intraprendere, perché attirata da vari interessi, aveva ripreso lo studio delle lingue, e seguito un breve corso di disegno e grafica.
I docenti l’avevano incoraggiata a continuare, anche con un corso più impegnativo; la zia dicevano che aveva una buona mano e idee originali, ma lei prima di impegnarsi in studi più lunghi, voleva pensarci bene ed essere sicura della scelta.
Per Natale, fra meno di un mese, sarebbe ritornata a casa per almeno una decina di giorni e ne avrebbe parlato con zia Ann.
In un mese sarebbe riuscita a decidere se puntare sul disegno e la grafica o sulle lingue.
Per ora si godeva la splendida sensazione di essere padrona della propria vita e con tutto un futuro davanti a sé.
Arrivata alla sua camera all’ultimo piano, aprì l’armadio e diede un’occhiata al vestito che aveva acquistato per la festa della serata. Era un semplice abito di velluto di seta azzurro ghiaccio, il colore dei suoi occhi, che aveva trovato adatto per l’occasione.
Lo indossò e si fermò davanti allo specchio. Non sapeva se lasciare i capelli sciolti o raccoglierli. Provò in un modo e poi nell’altro, senza riuscire a decidere. Sfilò il vestito, c’era ancora tempo e prima si sarebbe fatta una doccia.
Era appena rientrata in camera, dopo la doccia, e stava ancora pensando a come acconciarsi i capelli, quando sentì bussare alla porta e aprì. Era la proprietaria e non aveva la solita espressione sorridente, sembrava preoccupata.
— Cosa c’è? — chiese Kathleen con la sensazione che una brutta notizia fosse in arrivo.
— Ho ricevuto una telefonata da casa tua, ha chiamato Marion… — e si interruppe soffiandosi il naso arrossato.
— La zia! Sta male la zia! — concluse per lei Kathleen, spaventata.
L’altra annuì.
— Si è sentita male, l’hanno portata in ospedale. Non è in pericolo di vita, ma non è cosa da poco.
— Le risparmio i termini medici, signorina. La paziente ha avuto un infarto. Per fortuna non grave ed è stata soccorsa in tempo.
Kathleen annuì. La zia si era sentita male mentre era con Marion, amica e vicina da sempre: questo le aveva salvato la vita o, almeno, aveva impedito danni più gravi.
— Ormai possiamo sciogliere la prognosi, — proseguì il medico. — Sarà solo questione di tempo e poi la paziente potrà ritornare a casa.
— Che cosa devo fare?
Il medico scrutò con attenzione la ragazza che aveva di fronte: sapeva dalle infermiere che aveva trascorso giorni e notti accanto alla zia. Il giorno di Natale, non si era staccata dal letto della zia neppure per quel piccolo brindisi che le infermiere avevano organizzato per i parenti dei ricoverati.
Era davvero giovane ma sembrava sinceramente affezionata alla parente e in più abbastanza sensata. Doveva essere affidabile e d’altra parte presto avrebbero dovuto dimettere la paziente, così rispose lentamente per essere sicuro che la ragazza capisse bene l’impegno che l’aspettava:
— Potrà ritornare a casa, ma dovrà evitare sforzi e condurre una vita tranquilla.
Kathleen annuì ancora una volta, aveva già immaginato quello che il medico le stava dicendo. Quando aveva telefonato alla padrona della pensione per dare notizie della zia, le aveva anche detto di affittare pure la sua camera: lei sarebbe rimasta al villaggio.
Aveva anche disdetto i corsi che stava frequentando.
Sarebbe rimasta al villaggio: sua zia aveva bisogno di lei. Era un sacrificio, ma non le pesava, non tanto.
Guardò il medico e disse con sicurezza:
— Mi prenderò cura di lei, farò quello che mi dirà di fare, dottore.
Lui le sorrise, era proprio una brava ragazza.
— Va bene, te lo dirò a suo tempo. Se continua a migliorare la dimetteremo fra una settimana.
Così Kathleen era ritornata per qualche giorno al villaggio perché la casa fosse pronta per accogliere la convalescente. Tutti erano stati molto gentili e pronti ad aiutarla in ogni modo, ma c’erano mille cose da fare.
Anche pagare le bollette.
Per fortuna zia Ann aveva insistito perché anche lei avesse la firma sul loro conto, però si era sempre occupata di tutto personalmente.
Kathleen riguardò ancora una volta i fogli sparpagliati sul tavolo della cucina e si passò una mano sugli occhi; sapeva che non navigavano nell’oro ma non aveva immaginato che la loro situazione fosse così precaria. Pagate le bollette e le tasse, sul loro conto restava ben poco. E la casa era ipotecata! La zia non aveva mai detto nulla dell’ipoteca. Quella casa un po’ fuori paese apparteneva alla sua famiglia da generazioni.
Kathleen era voluta andare a Inverness a studiare e la zia l’aveva accontentata! Lei, incosciente, non aveva chiesto da dove arrivava il denaro necessario per i corsi, per l’alloggio, per le sue piccole spese.
Ormai era inutile piangere sul latte versato, doveva trovare una soluzione. Con la modesta pensione della zia non sarebbero riuscite a salvare la casa e forse neppure a sopravvivere dignitosamente. L’unica possibilità era trovarsi un lavoro.
Ma non poteva lasciare la zia e doveva cercare al villaggio. In inverno non c’erano molti lavori disponibili per una ragazza, ma in primavera sarebbe cominciata la stagione turistica e le conveniva muoversi per tempo, forse nella caffetteria e nel pub avevano bisogno di cameriere.
Prima di sera sarebbe andata a chiedere.
Al pub e alla caffetteria avevano già confermato il personale dell’anno precedente.
Restava l’albergo, che rimaneva aperto tutto l’anno. Kathleen l’aveva lasciato per ultimo perché non aveva mai provato simpatia per la Munro, la proprietaria, così maligna e pronta a spettegolare su tutto e tutti.
Sospettava inoltre che l’antipatia fosse ricambiata. Eppure la proprietaria la stupì.
— La ragazza che viene sempre ha trovato un lavoro migliore in città. Se vuoi puoi prendere il suo posto per lo stesso compenso.
Kathleen annuì, avrebbe voluto ricordarle che all’altra dava anche vitto e alloggio ma non era il caso di fare la schizzinosa. Aveva bisogno di quel denaro.
— E poi arrotonderai con le mance. A volte qualche cliente si dimostra generoso, — concluse la Munro. — E tu sei una ragazza carina, sono sempre più gentili con un bel faccino.
— Quando devo cominciare?
— La settimana prossima. Dobbiamo pulire le stanze e preparare tutto per i clienti.
Sean rimise lo zaino sulle spalle e ricominciò la salita. La brughiera lisciata dal vento era entusiasmante quanto il mare che si era lasciato alle spalle.
Aveva proprio bisogno di qualche giorno in un posto così! Forse alcuni avrebbero detto che quella costa era in capo al mondo e troppo isolata, che non c’erano divertimenti, ma lui amava quel silenzio e la sensazione di avere tanto spazio libero attorno.
Da tre anni aveva trovato lavoro in un laboratorio farmaceutico a Glasgow, un posto sicuro e ben retribuito. Quando, meno di quattro anni prima, si era laureato in biologia non avrebbe mai sperato in un simile colpo di fortuna! Aveva studiato sfruttando borse di studio e mantenendosi con lavori saltuari e il suo futuro era sempre stato incerto.
Ora cominciava ad avere dei dubbi: restare ore e ore chiuso in un laboratorio con aria condizionata a fare un lavoro così sedentario gli pesava. Aveva cercato di parlarne con Claire, ma lei continuava a dire che era uno sciocco e aggiungeva:
— È un lavoro sicuro, ti pagano bene… Che cosa vuoi di più? Un lavoro è un lavoro, niente di più che un modo per guadagnare e poter fare nel tempo libero le cose che piacciono.
Non era mai riuscito a farle capire che avrebbe voluto un lavoro che gli piacesse, ma forse era lui a pensare nel modo sbagliato.
Da qualche tempo Claire diventava sempre più nervosa quando lui affrontava il discorso. Nell’ultimo mese la situazione si era fatta snervante: avevano saputo di poter usufruire di due settimane di ferie contemporaneamente, ai primi di dicembre, e Claire, senza dirgli nulla, aveva chiesto ad alcuni suoi conoscenti se potevano ospitarli a Londra.
Invece Sean aveva sperato di fare scorta di silenzio e di spazio libero nella costa settentrionale della Scozia, facendo anche una puntata nelle Orcadi.
Quando ne aveva parlato a Claire, sottolineando anche quanto sarebbe stato romantico, lei si era chiusa in un ostinato silenzio. Solo dopo giorni, al termine una serata fallimentare, aveva esclamato con rabbia che lei non sarebbe andata in quel deserto nemmeno morta! Voleva andare a Londra perché ai grandi magazzini si potevano vedere le ultime novità e ai mercatini si trovavano occasioni stupende!
Quella sera Sean aveva dovuto arrendersi all’evidenza: lui e Claire non erano fatti per stare insieme.
L’attrazione iniziale non si era trasformata in un sentimento abbastanza