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Il cuore non mente
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E-book168 pagine2 ore

Il cuore non mente

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Info su questo ebook

In una San Francisco cinica ma terribilmente affascinante, una donna in carriera viene risucchiata da una passione irresistibile, quasi adolescenziale, per un misterioso uomo conosciuto al bar di un hotel.
"Ombre Rosa" è una collana e insieme un viaggio alla riscoperta di un'intera generazione di scrittrici italiane che, tra gli anni Settanta e gli anni Duemila, hanno posto le basi del romanzo rosa italiano contemporaneo. In un'era in cui finalmente si colgono i primi segnali di un processo di legittimazione di un genere letterario svalutato in passato da forti pregiudizi di genere, lo scopo della collana è quello di volgere indietro lo sguardo all'opera di quelle protagoniste nell'ombra che, sole, hanno reso possibile arrivare fino a questo punto, ridando vita alle loro più belle storie d'amore.
LinguaItaliano
Data di uscita6 mag 2024
ISBN9788727035611

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    Anteprima del libro

    Il cuore non mente - Maria Masella

    Il cuore non mente

    Immagine di copertina: Midjourney

    Copyright © 2024 Maria Masella and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788727035611 

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    Capitolo Primo

    Il sole stava calando, gli ultimi piani dei grattacieli riflettevano il cielo infiammato dal tramonto ma le vie erano già nella notte. Karen era seduta ad un tavolo accostato alla vetrata panoramica del bar Big Sur Hotel e aveva sotto di sé una delle vedute più interessanti di San Francisco: la città era una distesa di velluto scuro trapunto di luci che si riflettevano nella baia.

    Fino a poche settimane prima la giovane donna avrebbe pensato che la città era ai suoi piedi, ora sapeva che non era così. Aveva scoperto che la fortuna può smettere di sorriderti, può farlo in un lampo e senza motivo. Non aveva niente da festeggiare, anzi.

    Se proprio voleva solennizzare l’evento poteva andare in un altro locale, non al bar del Big Sur dove quattro anni prima aveva festeggiato un nuovo lavoro e una nuova vita.

    No, non era stata una buona idea scegliere quel locale, legato a troppi ricordi.

    Era stato Jed Mason, il suo capo, ad indicare come luogo adatto per festeggiare il bar panoramico di uno dei più prestigiosi Hotel della città.

    Karen ricordava ancora le sue parole:

    Se si festeggia, si festeggia con il meglio. La sua carriera era diventata sempre più gratificante e così lei, anche per scaramanzia, aveva preso l’abitudine di festeggiare ogni successo con Margarita al bar panoramico del Big Sur Hotel.

    La giovane donna smise di giocherellare con la scatola di fiammiferi che la direzione lasciava ad ogni tavolo nella zona fumatori, prese il bicchiere e finì il suo Margarita; poteva ritornare a casa o restare per un secondo drink, andare via sarebbe stato saggio ma aveva deciso di permettersi ancora un giorno da vincente: così alzò il bicchiere vuoto in direzione del barman, il suo vecchio amico Manuel, e fece un cenno per chiedere il bis.

    Manuel era davvero un amico: lei l’aveva aiutato una volta e lui non l’aveva dimenticato.

    Non tutti erano così a San Francisco: quella era una città splendida, ma senza pietà per i perdenti. E non c’era alternativa, o si aveva successo o si falliva.

    La fortuna le aveva girato le spalle e il suo successo era volato via.

    Sì, la città era crudele ma il panorama era splendido e lei non doveva permettere che pensieri deprimenti le guastassero la serata. Rialzò le spalle e con un gesto si ravviò i capelli.

    Lars guardò ancora una volta la giovane donna che gli voltava le spalle: era seduta sola e sembrava non desiderare compagnia, nessuna occhiata furtiva agli uomini in sala, nessun gesto provocante. Forse aspettava qualcuno, ma era a quel tavolo da quasi un’ora e non le aveva visto guardare l’ora. Lars non riusciva ad evitare di tenerla d’occhio: lo incuriosiva che una donna così affascinante fosse sola.

    La vide ravviarsi i capelli neri e lucidi come seta che brillarono per un attimo come cosparsi di stelle. Quel gesto aveva qualcosa…

    Si rivolse al barman e con un’occhiata gli indicò la ragazza, senza parole.

    — No, mister Stuart, è solo una cliente abituale. Anche a lei piacciono i miei drink.

    — Abituale? — replicò Lars, sperando che il barman si lasciasse sfuggire il nome. Ma attese inutilmente.

    La vide chinare il viso e poi girarsi verso il barman. Per pochi istanti le vide il volto. Sentì il cuore battere più forte.

    Assurdo, come se fosse ancora un collegiale alle prime schermaglie amorose!

    Fu chiedendo un secondo drink che Karen notò il riflesso nel vetro; all’inizio non ci badò ma poi le fu impossibile ignorare quell’uomo che fissava proprio lei.

    Era al banco con un gomito appoggiato con noncuranza al ripiano di mogano e stava bevendo, ma senza impegno. Non doveva essere un bevitore accanito, ma soltanto uno cui non dispiaceva un drink mentre calava la notte.

    Dal bicchiere che teneva fra le dita doveva essere uno scotch, una scelta non delle più comuni al Big Sur, locale famoso per i suoi cocktails.

    Karen ebbe l’impressione di coglierne lo sguardo e sentì un brivido correrle lungo la schiena: una sensazione ormai dimenticata. Da quanto tempo non le accadeva più di innamorarsi? Da quando aveva capito che l’amore vero, eterno, esiste solo nelle favole.

    Sì, lui fissava proprio lei, ma non in modo sgradevole o anche solo troppo insistente: no, la guardava come se il vederla gli procurasse gioia.

    Non era un uomo che potesse passare inosservato così alto, con quei capelli, appena strinati di grigio alle tempie… Era elegante ma sobrio nello smoking che portava con disinvoltura.

    Non sembrava il tipico californiano, ma piuttosto uno della costa Orientale, anche lo smoking era di taglio europeo, impeccabile e così privo di stravaganze.

    Fu nel riflesso del vetro che Karen lo seguì con lo sguardo mentre lasciava il posto accanto al bancone ed avanzava verso di lei. Era davvero alto e con un passo sciolto e sicuro, belle spalle e fianchi stretti.

    Aveva qualcosa di vagamente familiare, come se una volta l’avesse incontrato. Forse era un attore, non uno importante, ma uno che lavorava in qualche produzione di secondo piano non in un ruolo principale… O forse faceva spot pubblicitari.

    Di sicuro nella parte di un uomo di successo e sicuro di sé che usava la colonia giusta!

    Ma con piccole parti negli spot non ci si paga smoking di sartoria e scarpe così… Quell’uomo poteva essere solo un gigolò.

    Forse era momentaneamente disoccupato ed era in cerca di una donna ricca da cui farsi mantenere per un po’. Strano però, pensò Karen, di solito un gigolò sa valutare bene le finanze della preda: sa dire il prezzo di un gioiello o di un abito meglio di un esperto di moda.

    Il suo vestito rosso a sottoveste era di seta, ma non di stilista, solo di un negozietto di Sausalito, e il ciondolo non di platino ma d’argento. Cadi male, ragazzo!, si disse Karen e trattenne a fatica un sorriso, pensando a come era vicino al fondo il suo conto in banca.

    L’uomo era venuto verso di lei, con passo agile e deciso e le si era fermato vicino. Poteva vederlo riflesso nel vetro; decise di non girarsi a guardarlo, ignorandolo gli avrebbe reso più difficile l’approccio. Se gli interessava davvero avrebbe insistito, altrimenti avrebbe rinunciato.

    — Non sono un gigolò.

    Per lo stupore che un estraneo le avesse letto nel pensiero, Karen decise di non ignorarlo e si girò verso di lui, ma non disse nulla limitandosi a squadrarlo con distacco. Da vicino era ancora più interessante: non aveva solo un fisico prestante, ma anche il viso attirava l’attenzione. Forse non era una bellezza classica, con quei lineamenti decisi, ma in quanto a fascino virile ne aveva davvero da vendere!

    — Non sono un gigolò, — ripeté lo sconosciuto con voce profonda, indicò con un gesto l’altra poltroncina al tavolo di Karen e chiese: — Posso?

    Lei annuì, dicendosi che lui aveva una voce intonata con il suo aspetto. Aveva un lieve accento indefinibile, ma era una bella voce d’uomo, la voce di un uomo abituato ad essere ascoltato.

    Mentre lui spostava la poltroncina per prendere posto davanti a lei, Karen commentò:

    — Ha sbagliato locale.

    Lui sedette.

    — Perché? Perché ho sbagliato? Non sono di San Francisco.

    La giovane donna si protese verso di lui e spiegò con tono tranquillo:

    — Ci sono tanti locali per incontri, dove è previsto bere qualcosa insieme e poi finire la serata da uno dei due o in una camera d’albergo. Ecco, questo non è un posto così. Non che io sia una puritana, se glielo dico è solo per evitarle una perdita di tempo.

    Il gesto con cui lei si era protesa in avanti aveva mostrato l’inizio del solco fra i seni. Lui aveva visto scollature più audaci e provocanti, ma non riusciva a ricordarne una più interessante… Così bevve un sorso prima di rispondere.

    — I locali per incontri non mi interessano. Sono venuto in questo locale per uno scotch come piace a me e il bel panorama. Ho visto una bella donna, il tipo che piace a me, e mi sono avvicinato. — Fece una pausa. — Sono stato troppo esplicito?

    — Esplicito? — Karen si permise un sorriso. — In questa città si può dire qualunque cosa a chiunque!

    — La città non mi interessa. Mi interessa lei: a lei si può dire qualunque cosa? — replicò lui guardandola oltre l’orlo del bicchiere. Era davvero bella, i capelli neri incorniciavano un viso dai tratti regolari ed espressivi, appena evidenziati da un filo di trucco. La sua pelle aveva una grana così fine che al tatto doveva essere di seta: l’uomo si impedì di allungare una mano e sfiorarle il viso. Con quella donna non poteva permettersi errori.

    — Ho un cervello: non sopporto che mi si tratti da stupida.

    L’uomo appoggiò la schiena alla spalliera e alzò il bicchiere verso Karen in un silenzioso brindisi e commentò:

    — Me ne ricorderò.

    La giovane donna bevve un sorso, era sempre più perplessa: il comportamento di quell’uomo era correttissimo ma strano. Era in cerca di una facile avventura oppure no? Se lui cercava l’avventura lei non era quel tipo di donna e d’altra parte non era nello stato d’animo giusto per pensare a una storia più coinvolgente. Lo vide dare un’occhiata all’orologio da polso: d’oro extra piatto, poco vistoso e con cinturino di pelle. Non era un poveraccio. Era ricco di suo o aveva qualcuno che lo manteneva al meglio. Qualcuna, ricca e forse non più giovane, lo manteneva e così lui era in cerca di una breve evasione.

    Karen sapeva che situazioni simili erano frequenti e non si sentiva di condannare nessuno dei due: se erano adulti e consenzienti…

    Era venuta al Bar panoramico del Big Sur per scacciare un inizio di malinconia, ma con risultati opposti. Prima che lui si avvicinasse.

    Perché non stare al gioco e flirtare un po’ con un uomo piacevole? Anche lei aveva bisogno di distrazione e un uomo così non capitava spesso.

    La voce dello sconosciuto interruppe le sue riflessioni.

    — Ha qualche impegno per questa sera? — le chiese.

    — Le ho già detto che non sono quel tipo di donna.

    Flirtare era una cosa, andarci a letto era ben diverso.

    L’uomo alzò una mano come per chiedere tempo e attenzione.

    — L’ho capito subito. Ma volevo farle una proposta. Rispettabile, anche se forse inconsueta.

    Karen esitò un attimo poi annuì: era incuriosita non tanto da quello che lui stava dicendo ma soprattutto dal suo modo di parlare.

    — Sono stato invitato a un ricevimento, avevo detto che non sarei andato solo, ma chi doveva venire con me… — esitò un attimo prima di aggiungere: — Non c’è; il nostro rapporto è finito.

    Strano modo davvero di definire la fine di un amore, pensò la giovane donna e disse:

    — Provi a richiamarla.

    Lui alzò una mano, sembrava quasi a disagio, e commentò:

    — E’ stata una rottura definitiva e ora sono solo… Con la mano fece un gesto vago come per dire che era rimasta lontana e guardò Karen. — Non ho il cuore infranto, solo un po’ ammaccato.

    — E il suo orgoglio? — gli chiese la ragazza, sapendo che gli uomini, alla fine di una storia, soffrivano non solo per amore: anche l’orgoglio ferito bruciava.

    — Niente che non possa essere guarito dal comparire a un ricevimento con una bella donna al fianco, — replicò lui abbozzando un sorriso

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