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Solo una donna
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E-book273 pagine3 ore

Solo una donna

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Info su questo ebook

Nella Roma del XIX secolo, un misterioso avvocato ingaggia come guardia del corpo di sua moglie un giovane accusato ingiustamente di furto. Ma per il ragazzo, subito rapito dalla bellezza della donna, non sarà facile riscattarsi…
"Ombre Rosa" è una collana e insieme un viaggio alla riscoperta di un'intera generazione di scrittrici italiane che, tra gli anni Settanta e gli anni Duemila, hanno posto le basi del romanzo rosa italiano contemporaneo. In un'era in cui finalmente si colgono i primi segnali di un processo di legittimazione di un genere letterario svalutato in passato da forti pregiudizi di genere, lo scopo della collana è quello di volgere indietro lo sguardo all'opera di quelle protagoniste nell'ombra che, sole, hanno reso possibile arrivare fino a questo punto, ridando vita alle loro più belle storie d'amore.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2024
ISBN9788727061085
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    Anteprima del libro

    Solo una donna - Roberta Ciuffi

    Solo una donna

    Cover image: MidJourney

    Copyright ©2003, 2024 Roberta Ciuffi and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788727061085 

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    Cosenza, anno 1803 

    Guarda quel tipo laggiù. Che te ne pare?

    Reagendo alla gomitata del collega, il miliziotto si girò. Non ebbe difficoltà ad individuare il ‘tipo’ che ne aveva acceso l'interesse: anche nel caotico trambusto di un giorno di mercato, non passava davvero inosservato. Si accigliò, esaminando con istintiva avversione la figura che fendeva la calca trascinando un sauro alla cavezza.

    Lo straniero era alto e di corporatura massiccia; il torace, costretto quasi a fatica nella giacchetta di panno scuro, suggeriva l'idea d'essere altrettanto muscoloso del dorso dello stallone che gli trotterellava al fianco. Non indossava il cappello, ed i neri capelli ricciuti tagliati all'altezza del collo rivelavano la presenza di un cerchietto d'oro all'orecchio sinistro.

    Che ne pensi?

    Uno zingaro, rispose il miliziotto con disgusto.

    Sei sicuro? Mi sembra troppo grosso, per uno zingaro.

    Ci scommetterei la testa. Come pure che quel cavallo è rubato.

    Nonostante lo straniero procedesse senza guardarsi attorno, non c'era donna che, al suo passaggio, non gli gettasse un'occhiata. Una venditrice di agli arrivò a spostare il cesto sull'altro braccio, per esser libera di strofinarglisi addosso approfittando del pigia pigia del mercato. Lo straniero sorrise lievemente, accennando ad un saluto con la mano.

    No, non passava davvero inosservato, pensò il soldato sentendo il fastidio aumentare. Era difficile, per un uomo con la sua professione, vincere la diffidenza delle donne quel tanto che bastava anche solo a corteggiarle. E di sicuro nessuna di loro gli avrebbe mostrato il suo interesse in modo tanto sfacciato.

    Quel cavallo è rubato, ribadì con forza.

    Va bene, replicò l'altro. Andiamo a vedere.

    Con piglio deciso, si staccarono dall'angolo da cui erano rimasti a lungo a vigilare i movimenti nella piazza e s'inoltrarono tra la folla, che parve addensarsi davanti a loro in modo misterioso. Senza guardare in faccia nessuno, proseguirono testardamente, confidando nella forza dei fucili che portavano a spalla, se non in quella della loro autorità.

    Poco lontano, un borghese ben vestito interruppe la conversazione che stava tenendo con altri due uomini simili a lui. Era sicuro che i miliziotti avessero in mente qualcosa. Li aveva veduti confabulare, poi indicare verso la folla, e l'aveva colto il presentimento che la sua opera sarebbe stata necessaria. Seguì con lo sguardo il loro procedere nella calca, tentando di individuare chi avesse attirato la loro indesiderata attenzione.

    Che c'è? chiese l'uomo alla sua destra, accorgendosi finalmente che l'amico aveva smesso di interessarsi agli ultimi pettegolezzi sulla Corte di Napoli. Hai scovato una bella ragazza?

    In quel momento Nazareno individuò lo zingaro. Con un brivido di soddisfazione, capì che poteva trattarsi solo di lui. Era il tipo che avrebbe stimolato l'istinto di rivalsa di qualunque uomo, e tantopiù di due miliziotti disprezzati e sottopagati.

    Nazareno non guarda le belle ragazze, insinuò una voce, da qualche parte.

    Lo credo. Con una moglie come la sua, che gliene può importare delle altre donne?

    Non badò ai mormorii di consenso che seguirono l'affermazione. In quel momento non si sentiva più l'affermato avvocato Guerrero, un borghese dalla solida posizione, proprietario di terre e marito della più bella donna della Calabria intera, ma uno di quei cacciatori primitivi capaci di divenire tutt'uno con la preda. Mentre seguiva con lo sguardo il passo borioso dei soldati, gli sembrò di percepire il gusto aspro della loro soddisfazione come se fosse lui stesso a provarlo. Un sorriso si aprì sul suo volto. Le cose non sarebbero andate come quei due si aspettavano.

    Paride aveva notato gli sbirri molto prima che quelli si accorgessero di lui, ma aveva sperato di mimetizzarsi tra la gente che affollava la piazza del mercato. Vedendo che si staccavano dal muro, capì che le sue speranze sarebbero state deluse. Non per la prima volta maledisse la propria mole, che lo rendeva immediatamente individuabile anche in mezzo a centinaia di persone. Se nel corso della sua esistenza avventurosa la sua corporatura gli era stata spesso d'aiuto, ancor più di frequente l'aveva messo nei guai.

    E non solo quella, pensò gettando un'occhiata risentita al bel sauro che fendeva la calca con l'indifferenza e l'arroganza di un re. Era stato proprio quel portamento a spingerlo a ricadere nella cattiva abitudine da cui aveva creduto di essere guarito tempo addietro.

    Accidenti a te, sibilò tra i denti. Dovevi proprio essere così bello?

    Tentò rapidamente di analizzare la situazione. La bisaccia attaccata alla sella e il carro, che aveva lasciato presso la rimessa pubblica, non contenevano nulla d'incriminante: solo gli attrezzi da lavoro, pagati col sudore della sua fronte. L'unica cosa che poteva metterlo nei guai era quel maledetto cavallo.

    Abbassando gli occhi a terra, rilassò le spalle e chinò la testa, nel tentativo di assumere l'aspetto più modesto che la sua conformazione gli consentisse senza cadere nel ridicolo. Alle brutte, aveva sempre il suo coltello infilato alla cintura, anche se non sapeva di che utilità poteva essergli in quel frangente. La piazza era troppo fittamente affollata per permettergli di scappare; inoltre avrebbe dovuto abbandonare il cavallo, per non parlare del carro e dei muli appena comprati, più la sua attrezzatura di fabbro itinerante. Insomma, tutto quanto possedeva al mondo. Se fosse stato costretto non avrebbe esitato a farlo, pensò con riluttanza: ma, maledizione, era troppo vecchio per ricominciare da capo!

    Per un istante si permise di sperare di essersi sbagliato, e che gli sbirri non l'avessero con lui. Madre santa, se mi fate questa grazia giuro che non tocco più un cavallo per il resto della mia vita! pregò, con una passione che provava raramente. Ma la speranza durò poco: quando vide le gambe dei due uomini di fronte a sé, capì che avrebbe dovuto trovare un altro sistema per cavarsela. Trattenendo un sospiro, sollevò il capo. Il cielo aiuta chi si aiuta, pensò, e spalancò la bocca in un gran sorriso innocente.

    Lo zingaro era ancora più alto di quanto sembrasse di lontano. Il miliziotto reputò che lo superasse di tutta la testa, e forse qualcosa di più. Con un senso di disagio, sbirciò le spalle poderose coperte dalla giacca nera, e il lungo coltello infilato alla cintura, come usava tra la gente del popolo. La mano che pendeva libera sul fianco era grande due volte la sua, il pugno che reggeva le redini della misura di una palla di cannone.

    L'uomo lanciò un'occhiata di lato, per verificare che il compagno gli fosse rimasto vicino. Si; benché leggermente innervosito, l'altro era ancora lì. Rassicurato dalla sua presenza, tornò a guardare in direzione dello zingaro, e rimase sconcertato nell'accorgersi che stava sorridendo.

    Anche la faccia era di quelle che non passano inosservate. Ogni tratto del viso, dalle mascelle potenti, alla bocca larga e segnata ai lati, alla linea netta e decisa del naso, suggeriva un carattere determinato e volitivo. Sotto i ricci neri e le sopracciglia folte, gli occhi incassati scintillavano di uno stupefacente azzurro zaffiro.

    Forse non era uno zingaro, pensò lo sbirro, colto dal dubbio; ma, chiunque fosse, quel cavallo era decisamente troppo bello per lui. Intanto l'altro aveva chinato il capo in un saluto rispettoso, senza mai smettere di sorridere.

    Eccellenza… pronunciò, volgendo lo sguardo dall'uno all'altro degli uomini di fronte a lui. Tenete proprio un bel mercato, da queste parti.

    I suoi occhi avevano un'espressione mite; malgrado ciò, nel trovarsi sotto la mira di quello straordinario raggio azzurro, il miliziotto si scoprì ad agitarsi sui talloni. Irritato con se stesso, strinse il pugno sulla cinghia del fucile, come per rammentarsi chi era e cosa rappresentava. Attorno a loro la gente continuava a scorrere senza fermarsi, apparentemente inconsapevole di quanto stava avvenendo. Ma nella folla del mercato, o tra gli scioperati fermi fuori delle botteghe, c'erano di sicuro molti ragazzi degli uomini di rispetto della città. Tra breve sarebbero corsi ad informarli, e non si poteva mai sapere cosa avrebbero deciso di fare.

    Come ti chiami? chiese, senza preoccuparsi di ricambiare il tono amichevole dello straniero. E chi sei?

    Paride dei Camminanti, rispose quello, con appena una nota di stupore nella voce, quasi non si fosse aspettato la domanda. Sono un fabbro. Avete bisogno di qualcosa, eccellenza?

    Bene! pensò lo sbirro con sollievo e soddisfazione. I Camminanti erano una tribù di zingari siciliani, da cui l'altro aveva evidentemente tratto il cognome.

    Di chi è quel cavallo?

    Questo? Paride si girò a guardare l'animale, come se nel frattempo si fosse dimenticato della sua presenza. Ah, questo è Guappo, il mio cavallo. L'ho portato dal dottore, perché è un po’ ballerino, concluse, illustrando l'affermazione con un piccolo calcio allo stinco della bestia.

    Lo sbirro allargò la bocca in un ghigno. Tuo, questo cavallo qua? Raccontamene un'altra. Dove l'hai preso?

    Sul volto dello zingaro comparve un'espressione d'assoluto stupore. Preso? Vuole dire chi me l'ha dato? Corrugò la fronte, quasi la cosa richiedesse un certo sforzo. Beh, è stato il barone Reggitani, a Polistena. Gli avevo fatto dei lavori alla villa e me l'ha dato come pagamento.

    Non era del tutto una menzogna. Quando l'aveva trovato, il bel sauro stava proprio pascolando sulle terre del barone: smunto, con segni di percosse sul muso ed una zampa posteriore legata per impedirgli di scappare. Ma negli occhi scuri vibrava lo spirito altero di un purosangue, e così se l'era preso, sentendosi pienamente giustificato dalle sue evidenti condizioni di maltrattamento. L'aveva curato, vezzeggiato, addestrato, ed erano ormai due mesi che se la passavano benissimo, assieme.

    È un po’ ballerino, ve l'ho detto. Non vale tanto. Tirandolo per la cavezza, costrinse Guappo ad avanzare di qualche passo, cosa che quello fece con rimarchevole riluttanza, mostrando perfino un accenno di zoppia.

    I soldati valutarono l'esibizione con diffidenza. E tu che ci fai con una bestia così?

    Be', che si butta via un animale? Allungò una mano sul muso poggiato alla sua spalla e gli assestò una pacca affettuosa. Bravo ragazzo, pensò. Ha imparato proprio bene. Magari gli compro una femmina e gli faccio fare razza.

    Una venditrice di limonata passò alle spalle dei miliziotti, lanciando un'esclamazione allegra: Fatela con me, la razza, che vi viene una bellezza!

    Qualcuno si mise a ridere, rivelando come il disinteresse che circondava il piccolo incidente fosse fittizio. Il commento e quelle risa irritarono maggiormente i rappresentanti dell'ordine pubblico.

    Hai modo di dimostrare che il cavallo è tuo? sbottò uno, con una voce impostata per sovrastare il chiasso del mercato.

    Dimostrare? Gli occhi di Paride si spalancarono dallo stupore. E come?

    Con un documento. Il barone ti avrà dato un atto di proprietà, no?

    A me? Madre mia, e che ci facevo? Io non so leggere.

    Un brusio solidale si levò tra la folla. Pochi là in mezzo sapevano leggere, e la maggior parte tendeva a pensare che i documenti, come le leggi, fossero solo strumenti per imbrogliare i poveracci.

    Se non puoi dimostrare il possesso di quell'animale devi venire con noi, annunciò il miliziotto, cominciando a calare la cinghia del fucile. Non che si aspettasse una rivolta in favore di uno zingaro, ma non si poteva mai sapere. Quel coltello aveva un aspetto molto minaccioso.

    Con voi? sbalordì l'altro, volgendo in giro uno sguardo azzurro sulla cui innocenza ogni donna sarebbe stata pronta a giurare. Volete dire che mi arrestate? A me?

    A te, si, ribadì il miliziotto, pronto ad imbracciare l'arma. E il cavallo è sequestrato.

    Il brusio si fece più forte, ma prima che la folla potesse decidere a quale emozione abbandonarsi, una voce educata intervenne, con accento di curiosità: Che cosa sta succedendo, qui? Guardia, che cosa ha fatto quest'uomo?

    Il nuovo arrivato lanciò un'occhiata allo zingaro, fermo davanti ai due miliziotti in atteggiamento d'apparente umiltà: un tentativo che la sua mole rendeva quasi disperato.

    Cos'ha fatto quest'uomo? ripeté, prendendosi il suo spazio nel piccolo circolo.

    E voi chi siete? ritorse il miliziotto, senza curarsi di rispondere. Di che v'impicciate?

    Mi chiamo Nazareno Guerrero, e sono avvocato. Ai vostri comandi. La formula rispettosa non stemperò l'insolenza del tono.

    Dalla folla si levò un'esclamazione: Fategliela vedere voi, eccellenza!

    Le labbra del nuovo arrivato si stirarono in un sorriso appena accennato, mentre i soldati si giravano a cercare con gli occhi chi avesse parlato. Paride, dal canto suo, si chiedeva che diavolo stesse succedendo. Non aveva mai visto quell'uomo, e non riusciva a spiegarsi cosa volesse da lui.

    Allora, riprese Nazareno, quando i miliziotti rinunciarono al tentativo e tornarono a voltarsi, si può sapere che reato ha commesso?

    Ha rubato questo cavallo, affermò uno dei due. Lo stiamo arrestando.

    L'avete rubato? chiese Nazareno, rivolgendosi allo zingaro.

    No eccellenza. L'ho avuto in pagamento per dei lavori che ho fatto. Non vale tanto. È ballerino, ripeté, ma stavolta senza spingere l'animale ad esibirsi. Me l'ha dato il barone Reggitani, a Polistena.

    Non lo può dimostrare, intervenne il miliziotto, sulla difensiva. Non ha documenti.

    Nazareno gli rivolse un'occhiata di compatimento. Come potevano aspettarsi che uno zingaro avesse dei documenti? sembrava dire. E del cavallo che ne farete? si limitò a chiedere.

    Lo sequestriamo.

    Il lieve sorriso s'intensificò sul volto dell'avvocato. Già, per il momento. E poi? Lo rimanderete al barone?

    Se esiste, rispose il miliziotto, di colpo a disagio.

    Se esiste, il barone non lo rivede più quel cavallo! gridò qualcuno attorno a loro, suscitando un coro d'approvazione che comunicò ai soldati la sgradita sensazione di ritrovarsi circondati da una folla ostile.

    Eccellenza, se quelli ci mettono le mani addosso quel cavallo non lo rivede più nemmeno Nostro Signore.

    Nazareno non commentò le affermazioni, limitandosi a guardare i soldati con un sopracciglio ironicamente inarcato. Quando il trambusto si fu un po’ placato, spostò lo sguardo sul sauro che se ne stava a testa china, come per conformarsi al tentativo del suo padrone di assumere un aspetto più dimesso. Sforzo inutile quanto il precedente. Splendido animale, pensò.

    Ho da poco seguito un caso piuttosto interessante, esordì come soprappensiero. Due guardie di dogana avevano requisito il carro di un contadino, con tutte le merci che stava portando al mercato, adducendo come scusa che non poteva dimostrarne l'appartenenza. Il contadino li ha denunciati. Il sorriso si allargò sulle sue labbra e per la prima volta i miliziotti ebbero l'impressione che ci fosse un che di minaccioso nell'aspetto dell'avvocato. Ho assistito alla loro impiccagione giusto tre settimane fa, concluse, sollevando il bastone da passeggio e facendolo dondolare allegramente.

    Ora molto a disagio, i soldati seguirono il gesto con gli occhi.

    E hanno fatto bene! gridò qualcuno.

    Noi non abbiamo intenzione di rubare il cavallo, protestò debolmente uno dei miliziotti.

    L'altro si guardò attorno, preoccupato. La folla, poco prima così indifferente, dava ora l'impressione di essersi serrata contro di loro. Diede di gomito al compagno, per richiamare la sua attenzione. Non valeva la pena di rischiare una coltellata nello stomaco solo per togliersi la soddisfazione di angariare uno zingaro che, forse, era un ladro. D'improvviso, il dubbio gli parve rilevante.

    L'avvocato li guardava, continuando a dondolare il bastone. Andiamo, lasciate stare quest'uomo, suggerì, conciliante. Non avete alcuna prova che abbia sottratto il cavallo.

    Se garantite voi per lui… azzardò il soldato, giocherellando con la cinghia del fucile. Non ricordava in che momento avesse risistemato l'arma a spalla, ma in ogni modo in quella calca gli sarebbe servita a poco.

    Un gran sorriso, molto diverso da quello ironico di poco prima, illuminò il volto di Nazareno. Ma certo, affermò, lasciando scivolare il bastone a terra. Garantisco io, certo. E mi premurerò che la sua condotta in città non dia scandalo.

    Su questo non c'era problema, pensò Paride. Non sarebbe restato a Cosenza abbastanza a lungo. Il tempo di recuperare il carro, i muli, e filarsela. Forse avrebbe perfino liberato Guappo non appena trovato un pascolo adatto, pensò a malincuore.

    Va bene, allora… Scornati ed un po’ imbarazzati, i soldati si agitarono sui piedi. Se le cose stanno così…

    Fantastico! Avete preso la decisione giusta. Questa città ha una polizia che le fa onore.

    Nazareno era l'immagine stessa dell'affabilità e i miliziotti si sentirono assurdamente grati per il suo intervento, quasi li avesse salvati da un qualche pericolo. E chissà, forse era davvero così, pensarono, notando gli sguardi astiosi che li circondavano. Facendosi forza per non abbassare la testa sotto quella bordata d'ostilità, si girarono per andarsene. La folla si aprì per lasciarli passare, ma la premeditata lentezza con cui si spostava aveva un che di minaccioso.

    Nazareno li guardò allontanarsi. Il suo sorriso non vacillò un istante, fino al momento in cui si girò in direzione di Paride. Allora svanì di botto. Bene, ce li siamo levati dai piedi, disse, con un tono che di affabile non aveva più nulla.

    Paride non sapeva che pensare. Era la prima volta in vita sua che qualcuno si prendeva il disturbo di difenderlo. Eccellenza, la ringrazio…

    Ah, lasciate stare questi titoli, esclamò l'altro, agitando una mano con insofferenza. Siamo tutti esseri umani, no?

    A questo lo zingaro non seppe che replicare.

    Se volete ringraziarmi, mettete quel cavallo in una rimessa e tenetemi compagnia per pranzo. Mi è venuto appetito.

    Allora, esordì Nazareno, dopo aver ringraziato la ragazza che gli aveva posato davanti un piatto di carne al sugo. Vi chiamate Paride dei Camminanti e siete siciliano.

    Già, commentò seccamente l'altro, giocherellando con la forchetta. Non gli piaceva parlare mentre mangiava.

    E' la prima volta che lasciate la Sicilia?

    Un leggero sorriso gli apparve sul volto, per dileguarsi subito. Sono vent'anni che vado per il mondo. Questa è la prima volta che torno indietro, e guardate che mi stava per capitare.

    Quel cavallo è proprio vostro?

    La domanda importuna fece calare un improvviso senso di gelo. Paride fissò il suo ospite con una pacatezza per nulla rassicurante.

    Certo che è mio, ribatté, una nota di tensione nella voce.

    Va bene, non ve lo chiederò più. Nazareno iniziò a sezionare la sua carne con precisione.

    L'altro notò che mangiava compitamente, con quel senso delle buone maniere che s'impara solo alla tavola dei signori. Se voleva sapeva fare altrettanto, ma per il momento l'appetito gli era passato.

    L'avvocato doveva avere suppergiù la sua età, anche se ne dimostrava meno, ed era un uomo molto attraente, con occhi castani e capelli rossicci portati corti alla moda dei giacobini. Abbastanza alto, di corporatura elegante, aveva un aspetto curato ed un'espressione amabile. Gli sguardi delle donne presenti nel locale si spostavano equamente da un lato all'altro della tavola. Ognuno a suo modo, erano due bei campioni di mascolinità.

    E dove siete stato, durante questi vostri viaggi?

    Paride scrollò le spalle. Un po’ dappertutto. Una volta sono arrivato fino a Parigi.

    Non mi dite. L'avvocato si chinò in avanti, interessato. E come vi ci siete trovato?

    Bene, rispose, senza preoccuparsi di specificare che ne era scappato appena possibile, spaventato come un ragazzino. Parigi,

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