Amore e altri disastri (eLit)
Di Jill Shalvis
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Info su questo ebook
I buoni propositi di Cami Anderson:
1. Ristrutturare la mia casetta e arredarla con gusto e originalità (che altro ci si deve aspettare da un'arredatrice d'interni? Non per vantarmi ma... io sono la migliore!)
2. Sopportare i terrificanti appuntamenti al buio che mi combina mia madre (tanto poi c'è Tanner, il mio capo carpentiere, con cui sfogarmi...)
3.Trovare il VERO AMORE (a proposito, che ne pensa Tanner?)
Jill Shalvis
JILL SHALVIS è una scrittrice che ha fatto del rosa malizioso e seducente la sua bandiera. Donna eclettica e vivace, sa dimostrarlo pienamente in ogni suo libro.
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Anteprima del libro
Amore e altri disastri (eLit) - Jill Shalvis
Credits: Drawlab19 / Shutterstock
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Blind Date Disasters
Harlequin Duets
© 2001 Jill Shalvis
Traduzione di Alda Barbi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-294-0
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Frontespizio. «Amore e altri disastri (eLit)» di Shalvis Jill1
Non c’è mai nulla di buono da dire sui lunedì, specialmente sui lunedì mattina, se non forse che mancano solo cinque giorni al weekend.
Cami Anderson odiava il lunedì con la stessa passione con cui amava il sabato, per cui, quando la sua detestabile sveglia le trapanò le orecchie per la terza volta, la spense con delicatezza.
Be’, non fu proprio delicata, perché la sveglia si schiantò per terra con un suono sinistro, ma almeno tacque.
Sospirando si crogiolò tra le lenzuola calde del suo letto confortevole e cercò di ignorare il sole zelante del mattino che le sfiorava il volto. Per un po’ ci riuscì e veleggiò lieta nel mondo dei sogni, pieno di cibo ipercalorico e di uomini stupendi. Tutte le miserie della vita, tipo il conto bancario sempre in rosso e la madre esigente e incontentabile, svanirono come per magia.
Poi qualcosa le atterrò sulla testa e d’un tratto si sentì soffocare, accecata da... pelo di gatto.
«Annabel!» Cami si liberò dal peso, sputacchiando peli. «Che schifo!»
Trovandosi sbattuta in terra senza tante cerimonie, la soriana drizzò la coda, offesa. Dopo un attimo di riflessione, però, saltò di nuovo sul letto.
«Miao!» Strofinò la testa contro la guancia di Cami.
«No, non è ora della pappa.» Cami sperava di potersi godere ancora qualche momento prezioso, per cui si girò e seppellì la testa sotto il cuscino.
I mattini avrebbero dovuto essere dichiarati illegali. Le giornate sarebbero dovute iniziare più tardi, a un orario decente. Diciamo a mezzogiorno.
Non ti troverai mai un uomo se resti a letto tutto il giorno, le diceva sempre sua madre. Ebbene, Cami era certissima che fosse possibile, invece, proprio facendo quello; chiaro che bisognava essere esperte e, visto il suo stato civile e la totale assenza di appuntamenti in vista nell’immediato futuro, non era il suo caso.
Annabel stavolta si sistemò sul suo sedere, un’area imbottita per fortuna, poiché la gatta usò le zampe e le unghie per pianeggiare il posto prima di accoccolarsi.
«Ahio!»
«Miao!»
«Più tardi» mormorò Cami, ormai a un passo da un nuovo sogno. Un sogno in cui non esistevano più problemi di soldi, madri che brontolavano, vite sentimentali inesistenti. C’era solo lei su una spiaggia.
Una spiaggia tropicale.
Una spiaggia tropicale remota con uomini molto carini. Sì, quella era una bella vista. Uomini abbronzati e dal fisico scolpito. Nudi, magari, con le mani piene di olio solare che si cospargevano sui corpi gloriosi e...
Il campanello suonò, rovinandole il quadretto.
Cami borbottò e cercò di fingere di non avere udito. Anche i campanelli dovrebbero essere dichiarati illegali, decise. Forse avrebbe cambiato i suoi progetti e sarebbe entrata in politica, così avrebbe potuto varare nuove leggi.
«Uomini nudi» mormorò tentando di rievocare le scene del suo sogno meraviglioso. «Con un sacco di olio solare.»
Il campanello suonò di nuovo.
«Miao!»
Dannazione! «Sì, sì, ho sentito.»
Non era colpa sua se era completamente allergica al mattino. Era un problema congenito e come tale al di fuori dal suo controllo.
«Arrivo!» urlò debolmente, barcollando giù dal letto nuda. Nuda perché, tanto per cambiare, aveva dimenticato ancora di passare in lavanderia e la sua scorta di biancheria pulita si era assottigliata fino a diventare, come dire... invisibile!
Comunque, chi mai poteva cercarla a quell’ora antelucana? Oddio! Erano quasi... strizzò gli occhi per essere sicura di avere letto bene. Le undici?! Scoccò uno sguardo colpevole alla povera Annabel i cui occhi verdi, impassibili, la fissarono di rimando con aria vendicativa.
«Okay, forse è davvero l’ora della pappa» le disse con dolcezza.
«Miao!» Ma va’?
La testa di Cami prese a pulsare mentre lo stomaco le si serrava per la nausea. Lei che era sana come un pesce... «Grazie, Dimi» mormorò maledicendo la sua terribile sorella gemella che per fortuna non abitava più con lei. Era stata Dimi a incoraggiarla a bere due piccoli, piccolissimi bicchieri di champagne per festeggiare, quando sapeva che Cami non beveva praticamente mai. «Dai, Cami, non ti farà alcun male» disse Cami in una replica perfetta delle parole suadenti della sorella.
Il campanello trillò di nuovo e lei strinse i denti mentre il suono le trapassava il cervello, distruggendole tutti i neuroni all’erta.
«Sto arrivando!» Si arrotolò la coperta addosso, rischiando di incorporare anche la povera Annabel nel viluppo, e si avviò verso la porta, pronta a fare a pezzi la malcapitata visitatrice.
Ammesso che fosse Dimi.
Del resto, non poteva essere altri che lei. A parte la gemella ventiseienne, Cami non aveva molte altre amicizie. Lo stesso valeva per Dimi. Brutto affare, quello, soprattutto per due che al liceo Truckee erano state elette reginette di bellezza. Eh, altri tempi!
E non era perché non ci provassero. Cami, il pagliaccio di famiglia, aveva sempre avuto un debole per gli uomini che sapevano ridere e svelti di cervello, mentre Dimi, la sorella seria, dimostrava preferenze per le personalità affidabili, brave sul lavoro. Il ventaglio di uomini tra cui scegliere non era molto ampio, ma le gemelle Anderson avevano fatto del loro meglio. Senza risultati apprezzabili.
Niente Mister Perfezione, nessuno Uomo Ideale era comparso all’orizzonte e ora si commiseravano l’una con l’altra sul pessimo stato della popolazione maschile di single. C’era qualcosa che non andava in ognuno di quegli uomini. C’era qualcosa che non andava nella società. C’era qualcosa che non andava nella vita, e di certo la colpa non era imputabile a loro due.
O no?
Alla fine avevano deciso che forse, dopotutto, poteva anche essere colpa loro, nel senso che la colpa della solitudine di Cami era di Dimi e la colpa di quella di Dimi era di Cami. E a quel punto c’era stata un’unica soluzione.
Vite separate.
Dimi aveva lasciato la casa di città di Cami e si era trasferita nella propria... esattamente al lato opposto del piccolo complesso abitativo, cioè circa a cinquanta passi di distanza. Okay, non era una gran distanza. Ma almeno Cami non doveva più condividere i rasoi, e c’erano sempre le patatine nella dispensa quando ne aveva bisogno, il che avveniva spesso.
Cami spalancò la porta. «Grazie tante per la sbornia che...» Oh-oh.
Non era Dimi.
Non era nemmeno una donna.
Era un maschio. Sì, assolutamente maschio. E che maschio. Magnifico. «Io... lei...» Cami esibì un sorriso nervoso e cominciò da capo. «Salve.»
«Salve» rispose MM, il Magnifico Maschio, sorridendo alla sua evidente confusione. Guardò Annabel, appoggiata a Cami, che lo fissava come se lui fosse la sua colazione. «Salve anche a te» le disse con una voce che avrebbe sciolto la calotta polare.
Annabel, che odiava tutti eccettuata Cami, lasciò la sua padrona senza una parola e si strofinò contro le gambe dell’uomo. Belle gambe, tra l’altro, sigillate nei jeans sbiaditi. Sopra quelle belle gambe c’erano due fianchi snelli attorno ai quali stava una cintura degli attrezzi. In cima a tutto ciò c’era il torace più attraente che avesse mai visto, coperto da una T-shirt blu e da una camicia da lavoro sbottonata. E quello era solo l’inizio, perché poi c’erano due spalle ampie, un collo forte e abbronzato... e un volto perplesso.
«Ho sbagliato giorno?» domandò lui. «Pensavo che avesse detto lunedì.»
«Lunedì? Oh!» Cami lo fissò a bocca aperta, sbatté le ciglia e cercò di non pensare. Sapeva che sarebbe stato un grave errore dopo una sbornia da champagne. «Oh, no.» Le stava tornando in mente tutto. Oggi. La sua vita. Quello che lei e Dimi avevano festeggiato la sera prima. «Lei è...?»
«Tanner James» rispose lui porgendole la grossa mano resa ruvida dal lavoro.
Oh, Dio. Come aveva potuto dimenticare, anche per un solo istante, che quel giorno sarebbe stato il primo della seconda parte della sua vita?
In qualche modo, tra la cena di festeggiamento della sera prima e la testa martellante di quel mattino, era riuscita a scordare che tutti i suoi desideri stavano per avverarsi. Ce l’aveva fatta, si era diplomata alla scuola di design ed era ufficialmente una designer di interni.
Al solo pensiero le venne da sorridere. Un atto doloroso, perché tutto ciò che si trovava nei paraggi della testa le faceva male, ma non riuscì a contenersi. Il pagliaccio, la fallita, la Anderson che non valeva nulla ora aveva davanti a sé una strada, e una carriera che desiderava con tutto il cuore.
Anche se non aveva biancheria pulita in casa. Né addosso.
Quello che le serviva adesso erano clienti, e poiché l’apparenza è tutto nella vita, Cami aveva pensato di iniziare con la propria casa. Voleva sistemarla, farne la propria vetrina. Non era male per cominciare. Il piccolo complesso, formato da quattro casette, si trovava nella città di Truckee, sul lago Donner, un luogo ricco non solo di storia ma anche di leggende sulla California. La struttura risaliva alla fine dell’Ottocento, quindi avrebbe dovuto rivolgersi alla società di conservazione dei beni culturali, ma quello era un dettaglio minore paragonato alla sfida posta dai