L erede e la governante: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Quando Isabel Makepeace rifiuta le avance del suo datore di lavoro viene immediatamente licenziata, ritrovandosi in un solo colpo senza lavoro e senza un tetto sulla testa. Alla bella e giovane Izzy, che si trova in Spagna per dimostrare alla sua famiglia di potersela cavare da sola, non resta quindi che accettare un impiego, offertole dall'anziano Miguel soccorso da lei per strada, presso la potente famiglia Garcia. Cayo, rampollo di casa, non si fida di lei, e ritiene di conoscere alla perfezione il tipo di donna disposta a tutto pur di ottenere ciò che vuole. Così, per smascherarla, decide di sedurla, ma quello che scopre con le sue macchinazioni è assai diverso da ciò che si aspettava.
Diana Hamilton
Prolifica autrice inglese, adora la bellissima villa in stile Tudor in cui vive con il marito.
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Anteprima del libro
L erede e la governante - Diana Hamilton
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Spaniard’s Virgin Housekeeper
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2008 Diana Hamilton
Traduzione di Anna Vassalli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-341-5
1
Isabel Makepeace - Izzy per parenti e amici - si accasciò su una panchina all’ombra di un albero, cercando di ripararsi dal sole cocente del mezzogiorno spagnolo e sbattendo furiosamente le palpebre all’abbacinante chiarore delle acque dell’Atlantico. Non avrebbe pianto. Per nessun motivo!
Soffiò via dal viso i capelli biondi ribelli che le impedivano la vista. Avrebbe tanto voluto non essere un fallimento totale; avrebbe desiderato che i piedi non le facessero così male, visto che l’aspettava un lungo cammino alla ricerca di una sistemazione a buon mercato, dove stabilirsi mentre cercava un lavoro.
Il problema era che, essendo piccola, in genere calzava scarpe con tacchi vertiginosi, l’unico modo in cui poteva sopperire alla bassa statura.
Non che qualcuno avesse mai fatto commenti sul suo aspetto fisico, beninteso. In genere le critiche provenivano dai suoi familiari e riguardavano il suo raziocinio. Hai poco cervello, aveva dichiarato spesso il suo brillante fratello. Oppure, Ti manca il buonsenso, aveva sospirato il padre esasperato, mentre la madre si limitava a scuotere tristemente il capo pensando a quella figlia concepita in tarda età. Una sorpresa spiacevole, si diceva qualche volta Izzy mentre s’impegnava - molto spesso invano - a eguagliare il brillante fratello, la luce degli occhi dei genitori.
Il cavo telefonico aveva trasmesso fedelmente dalla Nuova Zelanda il disappunto di suo padre quando l’aveva informato di aver lasciato il lavoro in Inghilterra - un impiego che, sospettava, lui le avesse trovato nonostante la disapprovazione dei soci - per assumere l’incarico di istitutrice di lingua inglese presso una ricca famiglia di Cadice.
Le aveva predetto che sarebbe finita in pianto, e aveva avuto ragione.
Solo che, contrariamente a quanto il genitore aveva immaginato, lei non aveva ancora versato una sola lacrima.
Quell’inserzione pubblicata su un quotidiano locale le era parsa la manna dal cielo. Avrebbe dovuto prendersi cura di due gemelle di sei anni, insegnare loro l’inglese e svolgere qualche leggero lavoro domestico. Le era sembrata la risposta alle sue preghiere, il modo perfetto per dare una svolta alla sua vita.
Aver ottenuto quel lavoro era stato per lei un’iniezione di fiducia, soprattutto dopo l’umiliazione subita dall’uomo che aveva adorato. Decisa a dimenticare Marcus e il proprio cuore spezzato, e a provare al fratello James e ai genitori sfiduciati di non essere un fallimento totale, si era impegnata con entusiasmo e buona volontà nella nuova avventura.
Aveva accettato di buon grado la delusione inflittale dai datori di lavoro, i signori Del Amo che, benché disponessero di un’ampia villa, le avevano assegnato una stanzetta non più grande di un armadio, con un piccolo lucernario, un letto in ferro e un cassettone contro il quale sbatteva ogni volta che cercava di raggiungere il letto.
Le gemelle erano un incubo e rifiutavano categoricamente di obbedirle, fingendo di non capire una sola parola d’inglese, anche se la loro madre aveva sostenuto il contrario.
Ben presto a Izzy era sorto il sospetto di essere soltanto una domestica mal pagata. Il giorno di permesso era stato subito annullato e i leggeri lavori domestici si erano rivelati una pila immensa di panni da stirare e lunghe distese di pavimenti da lavare. Poi, naturalmente, doveva accompagnare a scuola le gemelle e andare a riprenderle. Tuttavia aveva stretto i denti, decisa a continuare.
Aveva anche imparato in fretta a tenersi alla larga dal señor Del Amo, perché l’individuo - un viscido ammasso di lardo - essendo un ricco banchiere e pagandole quello che considerava un lauto stipendio, riteneva evidentemente di avere il diritto di metterle le mani addosso.
Izzy aveva intenzione di mettere da parte un po’ di denaro per licenziarsi e cercare un altro posto, possibilmente sulla costa mediterranea popolata di turisti, dove il suo scarso spagnolo non sarebbe stato un problema. Ma proprio quel mattino i suoi programmi si erano scontrati con la dura realtà, sotto forma del suo datore di lavoro, che le era saltato addosso mentre lei stava avviando la lavatrice.
Lottando per districarsi da quelle braccia simili ai tentacoli di una piovra, Izzy non si era resa conto che la señora Del Amo si stava avvicinando, finché un urlo non aveva rivelato la sua presenza. Pulendosi la bocca con il dorso della mano dall’assalto di quelle labbra disgustose, non aveva neppure provato a tradurre la risposta del señor Del Amo alla moglie. Tuttavia i suoi occhi azzurri avevano emesso lampi di furore quando la donna le aveva intimato di andarsene all’istante. «Come osi sedurre un onorato padre di famiglia? Un marito devoto, genitore di due bambine innocenti?» l’aveva assalita.
Sconvolta per l’orribile ingiustizia, Izzy era riuscita solo a balbettare qualcosa, mentre la señora Del Amo imperversava: «Non avrai nessuna referenza da me! E non ti pagheremo neppure lo stipendio. Racconteremo del tuo comportamento oltraggioso a tutti i nostri amici».
Perorare la propria causa sarebbe stato fiato sprecato, Izzy lo sapeva bene. La señora Del Amo avrebbe continuato a credere ciò che voleva, ciò che le faceva comodo e, anche senza guardarlo, era certa che il marito ostentasse un’espressione trionfale.
Non le era rimasto che fare i bagagli e andarsene.
Considerando la situazione dal lato positivo, era felice di allontanarsi dalle mani lunghe e dai sorrisi lascivi di quell’uomo, dall’alterigia di sua moglie, dalle sue pretese e dalle terribili gemelle.
Recuperata la dignità, aveva rivolto alla donna uno sguardo di compatimento. «Se crede a una sola parola di suo marito, è più stupida di quanto pensassi.»
E così si era fatta una nemica per la vita.
Adesso si trovava senza un tetto sulla testa, senza lavoro e senza neppure il denaro per raggiungere qualche località turistica in cui lo spagnolo stentato non sarebbe stato un problema, dove avrebbe potuto trovare un impiego stagionale in un bar o in un albergo.
Non avrebbe sprecato gli ultimi euro per chiedere aiuto ai genitori. Si erano trasferiti in Nuova Zelanda quando il padre era andato in pensione, per stare vicini al figlio. Ammettere un altro fallimento sarebbe stata la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Con un ultimo sprazzo di energia, Izzy prese il borsone e si gettò la sacca sulla spalla. Qualcosa avrebbe trovato.
Un’ora dopo, ancora senza lavoro, i piedi più gonfi che mai, lasciò la zona commerciale e si addentrò nel centro storico, percorrendo viuzze costellate da balconi che offrivano un certo riparo dal sole. Di sicuro da qualche parte doveva esserci un bar, rifletté, dove avrebbe potuto prendere un caffè.
I capelli le cadevano sugli occhi, la maglietta era zuppa di sudore, così come la gonna. Ebbe la tentazione di togliersi le scarpe per avere un po’ di sollievo.
Mise da parte l’autocommiserazione quando vide un uomo anziano, vestito modestamente, inciampare e cadere. Istintivamente Izzy lasciò andare il bagaglio, ignorò i piedi doloranti e si precipitò ad aiutarlo.
L’espressione bellicosa, Cayo Angel García lasciò l’attico di Cadice in cui risiedeva quando gli affari lo richiedevano, e uscì in strada. Sarebbe andato a piedi, per calmare la rabbia.
Si passò nervosamente le dita tra i capelli neri, strizzando gli occhi per l’accecante sole del mattino.
Tornato per una breve sosta al castillo dopo due mesi di assenza, aveva trovato una lettera di Tio Miguel. Leggendola, aveva provato il solito affetto misto a esasperazione. Il vecchio era ciò che aveva di più simile a un padre. Quello naturale, Roman, aveva sempre voluto avere poco a che fare con lui, poiché lo incolpava inconsciamente della morte dell’adorata moglie, avvenuta quando lui non aveva ancora due mesi. Era stato zio Miguel a dargli affetto, tempo e aiuto. Ma quando si trattava di ascoltare qualche consiglio, l’uomo diventava sordo!
Il maggiore dei due fratelli, Miguel aveva ereditato le proprietà di famiglia, mentre a Roman era toccata la compagnia di esportazione, un impero di cui Cayo - a sua volta - era venuto in possesso alla morte del padre, avvenuta cinque anni prima.
Tagliando attraverso la trafficata Avenida del Puerto, imboccò una viuzza del centro storico. Si biasimava per non essersi saputo imporre. Lo zio, un adorabile vecchio eccentrico, era molto ricco, ma insisteva nel vivere in ristrettezze, del tutto disinteressato al cibo e all’abbigliamento. La vita ruotava intorno ai suoi libri. Cayo adorava il vecchio zio, ma quello stile di vita inutilmente austero lo esasperava e lo preoccupava. Avrebbe dovuto condurlo, anche con la forza, al castillo, dove sarebbe stato accudito a dovere.
Ma, nella convinzione che chiunque avesse il diritto di vivere come voleva purché non facesse del male ad altri - e nessuno era più dolce e inoffensivo dello zio - alla fine Cayo aveva sempre lasciato perdere.
E guarda cos’è successo! Furioso, digrignò i denti.
La lettera non aveva fatto risuonare alcun campanello d’allarme nella sua mente. Anzi, Cayo era stato felice che finalmente Miguel avesse assunto una nuova governante. Una giovane inglese, Izzy Makepeace, aveva sostituito la vecchia strega che, a suo parere, non aveva fatto altro che aggirarsi per la cucina alla ricerca di qualcosa da bere, e spettegolare sulla porta di casa con i vicini.
Quando Cayo aveva suggerito, piuttosto fermamente, che Miguel avrebbe dovuto dare il benservito alla strega, aveva ricevuto la prevedibile, mite risposta. «Come me, anche Benita è vecchia. Non può certo faticare come una ragazza. Ce la caviamo bene. Inoltre ha bisogno di me per avere un tetto sulla testa.»
Per questo Cayo aveva tirato un respiro di sollievo appurando che la strega se n’era andata, probabilmente per raggiungere il nipote e l’ignara moglie, e che lo zio aveva finalmente trovato una giovane che lo accudisse.
Almeno fino... alla sera precedente.
Cayo aveva colto l’opportunità della visita a Cadice per partecipare a una cena con gli associati, pianificando una lunga visita allo zio per il giorno successivo.
La sera precedente, durante la cena, chiacchierando con il banchiere Augustín Del Amo e la moglie Carmela, aveva espresso la propria soddisfazione perché lo zio finalmente si era liberato dell’anziana governante, sostituendola con una più giovane. Ma una frase della detestabile Carmela aveva catturato la sua attenzione.
«Di questi tempi non si riesce a trovare del personale decente. Le mie povere piccole sono senza bambinaia da più di un mese, da quando abbiamo licenziato su due piedi l’ultima, una ragazza inglese, una certa Izzy Makepeace. Che errore