Soli tra i ghiacci: Harmony Destiny
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Una potente famiglia di petrolieri: scandali, segreti inconfessabili ed eredità da spartire nella selvaggia Alaska
Naomi Steele ritiene che sia arrivato il momento di dimostrare il proprio valore alla sua potente famiglia di petrolieri, convincendo l'ingegnere Royce Miller a lavorare per loro. La strategia è semplice: andare a letto con lui senza rivelargli la propria identità, e quale migliore occasione che trovarsi isolati durante una tempesta di neve? L'attrazione si trasforma presto in una rovente passione; il contesto inoltre dà modo ai due di conoscersi, ma quando la neve inizia a sciogliersi i segreti vengono in superficie...
Catherine Mann
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Soli tra i ghiacci - Catherine Mann
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Prologo
Naomi Steele non era un'ingenua.
La vita le aveva già posto davanti abbastanza sfide da renderla saggia, se non cinica. Si era aspettata che la gravidanza portasse dei cambiamenti, ovviamente. Certo, sbalzi ormonali. Ma anche miracolose trasformazioni, forti emozioni e sogni realizzati.
Quello che non si era aspettata era di provare un simile, feroce istinto di proteggere suo figlio a tutti i costi.
O forse figli. Plurale. I gemelli non erano rari in famiglia, e avendo usato la fecondazione in vitro la probabilità era ancora più alta. Fu assalita dall'ansia... e dalla nausea.
Respira. Respira. Concentrati.
Con il rapporto dell'investigatore privato sulla sinistra e lo schermo del computer sulla destra, confrontò le informazioni sullo scienziato ricercatore di fama mondiale che avrebbe potuto rappresentare per lei il colpo grosso – la sicurezza – di cui aveva bisogno per suo figlio. Certo, aveva una famiglia numerosa e benestante, molto unita; la sua suite, ad Anchorage, Alaska, era spaziosa, e la loggia offriva una vista magnifica sia sulla baia, sia sulle montagne.
Quello che non aveva, però, era un ruolo da protagonista nell'azienda di famiglia. Un'eredità da trasmettere a suo figlio. E dato che la gravidanza era stata ottenuta grazie al seme di un donatore anonimo, il compito di creare una tale eredità pesava tutto sulle sue spalle. Era lei che avrebbe dovuto scrivere una pagina insostituibile nel portfolio degli Steele che nessuno avrebbe mai potuto portarle via.
La famiglia era in subbuglio. L'imminente matrimonio del padre con un'ex rivale in affari e la conseguente fusione dei due imperi petroliferi significavano che ogni membro delle due famiglie stava lottando per avere un ruolo nella nuova compagnia: l'Alaska Oil Barons, Incorporated. E Naomi doveva dare il proprio contributo, come tutti gli altri.
Lo scienziato ricercatore Royce Miller era la sua carta da giocare.
Fece scorrere sul pollice gli angoli delle pagine del rapporto dell'investigatore, informazioni che già conosceva a memoria. Spostò lo sguardo sullo schermo, dove campeggiava una rara immagine di Royce Miller. Era un uomo brillante, un genio solitario, tutto sguardi riflessivi e aspetto bello e pensieroso. L'intelligenza evidente quanto le ampie spalle.
Aveva bisogno di lui per consolidare il proprio valore riconosciuto all'interno della compagnia.
Il padre, anonimo, del bambino era altrettanto intelligente? Altrettanto unico? Congetture inutili. Naomi aveva scelto la strada del genitore single, e quella era la strada che avrebbe percorso.
Fino a quel momento, l'indipendenza le era andata più che bene.
Da quando aveva dovuto lottare contro il cancro, da adolescente, aveva vissuto la vita per se stessa, e con abbandono. Aveva scelto la competitività nel gioco, e più tardi nel lavoro come legale della compagnia petrolifera di famiglia con base in Alaska. Preferiva non avere legami in tutto ciò che faceva, al di fuori dell'ovvia connessione con il padre rimasto vedovo e con i fratelli.
E aveva tutta l'intenzione di proseguire allo stesso modo, solo che adesso la posta in gioco era più alta.
Aveva visto fin troppo spesso con quale rapidità una compagnia di successo può fallire. E con la tumultuosa fusione tra la Steele Industries e la Mikkelson Oil – grazie al fidanzamento a sorpresa del padre con la matriarca Mikkelson – Naomi era più preoccupata che mai riguardo al futuro dell'azienda. Il loro rivale, la Johnson Oil United, soffiava il fiato sul collo, e chiaramente sperava di poter approfittare dell'incertezza nel corso della fusione per scavalcarli sul mercato.
Naomi non poteva sedersi sugli allori. Non poteva tirarsi indietro.
Trovare lo scienziato era stato un compito arduo; dopo una ricerca estesa e approfondita, finalmente lo aveva individuato tra le montagne, dove si era ritirato a lavorare in un isolato igloo di vetro extralusso.
Quantomeno, doveva incontrarlo e riuscire a dare un'occhiata ai risultati che aveva raggiunto, anche se l'ideale, ovviamente, sarebbe stato convincerlo a condividere le sue ricerche sullo sviluppo ecosostenibile degli oleodotti con la compagnia di famiglia. Al di là dei vantaggi economici per l'Alaska Oil Barons, la sua ricerca poteva essere la chiave per ridurre il cancro causato da fattori ambientali, un'ambizione che Naomi condivideva con Delaney, la sorella ecologista.
Perciò ora doveva solo escogitare un piano per conoscerlo, passare un po' di tempo con lui. E usare la creatività per convincerlo a trascorrere un pomeriggio insieme durante il quale avrebbe lavorato per conquistarsi le sue grazie e assicurarsi il contratto di una vita.
1
Royce Miller, nonostante il dottorato di ricerca, non aveva alcun problema a passare dall'intellettuale al maschio alfa per salvare una donna da un grizzly affamato che sarebbe dovuto essere ancora in letargo.
Prima, però, doveva mettersi qualcosa addosso.
Perciò recuperò jeans, stivali e giacca da infilare sopra i boxer e la camicia. Oltre gli spessi vetri isolati del suo rifugio in mezzo al nulla, uno spettinato orso bruno stava avanzando verso un SUV. Parcheggiata nel suo vialetto fiancheggiato dai cumuli di neve, la conducente, che indossava un accecante parka rosa, continuava a suonare il clacson. Il frastuono avrebbe allarmato almeno un paio di isolati, se non fosse stato che quello era l'unico cottage nel raggio di un centinaio di miglia.
O meglio, non che fosse proprio un cottage.
Affittare quell'igloo di vetro lontano da tutto e da tutti gli aveva dato l'irresistibile opportunità di godersi qualche raggio di sole, così raro e prezioso, in Alaska, nel corso del mese in cui intendeva immergersi nello sviluppo di misure di sicurezza per gli oleodotti. Non che gli importasse l'abbronzatura, ma a quella latitudine la vitamina D fornita dal sole scarseggiava, ed era comunque fondamentale per la salute delle ossa, della massa muscolare e dell'energia. Tutte cose che gli avrebbero fatto comodo, una volta che fosse uscito dall'igloo per salutare l'enorme grizzly sempre più vicino al SUV che conteneva quell'ospite inaspettata.
L'ospite? Una faccenda della quale si sarebbe occupato in seguito.
Solo perché attribuiva alla propria privacy lo stesso valore che dava alla Pascalina vintage che possedeva, non significava che avrebbe permesso all'orso infuriato di far fuori la signorina al volante della quattro ruote motrici. Il suo cappuccio rosa si muoveva a destra e a sinistra, rapidamente, come se stesse valutando le opzioni. O cercando aiuto.
Perlomeno era all'interno di un veicolo. Questo gli dava qualche istante prezioso per vestirsi, piuttosto che schizzare fuori in mutande.
Allontanandosi dai vetri, scavalcò il suo cane San Bernardo. «Scusa, Tessie.»
Tessie, che stava per Nikola Tesla.
Il cane di due anni sollevò il grosso muso dalle zampe e lo inclinò da una parte. Era esausta per il tempo che avevano passato a giocare nel cortile, poco prima.
Royce l'aveva tenuta fuori più a lungo del solito perché era al corrente dell'imminente arrivo della tempesta di neve. Era quello il motivo per cui l'estranea si era fermata lì davanti? Era rimasta bloccata sulla via del ritorno verso Anchorage? Da quelle parti, la primavera era a un soffio di distanza dall'inverno.
Il San Bernardo strinse gli occhi, studiandolo intensamente. Annusando l'aria, emise un lungo guaito prima di alzarsi. Probabilmente aveva fiutato l'orso... pessima notizia.
«Non è il momento di essere curiosi, ragazza mia.» Royce si vestì alla velocità della luce, prendendosi solo un secondo per spegnere il computer in modo da proteggere i dati sensibili.
Da un orso e da una turista sperduta? Improbabile.
Tuttavia, la cautela non era mai troppa nel suo mestiere; se tutto andava come da programma, quella ricerca sarebbe stata da brevetto. E raramente si sbagliava. La posta era troppo alta, troppo personale.
Il padre aveva lavorato sugli oleodotti vecchio stampo, come la maggior parte della popolazione della piccola cittadina texana dove Royce era cresciuto. La comunità era stata molto unita; la perdita di uno dei suoi membri si ripercuoteva su tutti gli altri.
Quando il padre della fidanzata era morto in un'esplosione, il mondo di Royce era caduto a pezzi. La fidanzata aveva perso il bambino che aspettavano e se n'era andata, l'aveva lasciato...
Scrollandosi di dosso il passato, Royce terminò di vestirsi e indossò i guanti, quelli leggeri che gli avrebbero consentito di usare i pochi attrezzi a sua disposizione per liberarsi dell'orso: una pistola lanciarazzi e, come ultima spiaggia, un fucile.
«Tessie» ordinò con fermezza. «Resta qui.»
L'animale parve sbuffare la propria insofferenza, ma non si mosse.
«Brava la mia ragazza» si complimentò prima di aprire la porta che conduceva al piccolo tunnel stile igloo. Una folata di aria ghiacciata lo investì, facendogli congelare il respiro in gola. Facendosi forza, procedette nell'ululato del vento, accompagnato dal suono del clacson che era quasi più inquietante dell'orso.
Royce incassò lo schiaffo del vento di tempesta. Se fosse riuscito a deviare l'orso prima che raggiungesse la conducente, o a distrarlo abbastanza a lungo da permetterle di schizzare all'interno dell'igloo...
Neanche avesse percepito i suoi pensieri, il grizzly accelerò il passo verso il SUV fermo accanto al pickup di Royce.
Dall'esterno, riusciva a vedere che le ruote posteriori del veicolo sparavano fanghiglia all'indietro, nel vano tentativo di mettersi in marcia.
Con un balzo possente e un ruggito, la bestia atterrò sul cofano del SUV, le enormi zampe artigliate che battagliavano col tergicristallo.
Non c'era più tempo per la finezza.
«Ehi, tu, orsacchiotto Teddy» gridò Royce, «guarda un po' da questa parte.»
La sua voce però si perse nel rumore del clacson mescolato al frastuono della tempesta. Le orecchie dell'orso fremettero, ma l'animale continuò a scuotere il SUV. La furia della tormenta si stava intensificando, i fiocchi di neve trasportati dal vento che venivano scagliati come proiettili di ghiaccio. Royce puntò verso il cielo la pistola lanciarazzi e scaricò un colpo, facendo attenzione a evitare i rami degli alberi.
Con un ruggito, l'animale voltò il grande testone.
«Esatto, Paddington, adesso sì che ci siamo» gridò Royce, afferrando i lembi della giacca per allargarla il più possibile. Gli orsi di solito preferiscono le prede facili, perciò apparire grandi e grossi può essere d'aiuto per scoraggiarli. Non che Royce ci contasse troppo. Continuò a tenere il fucile in una mano mentre con l'altra teneva la giacca aperta. «Sì, parlo proprio con te. Torna da dove sei venuto, Baloo.» Chi l'avrebbe mai detto che nella letteratura ci fossero così tanti orsi? Ai bambini si dovrebbe insegnare a starne lontano, non a coccolarli. «Non c'è cibo nella mia spazzatura, e quella piccola signora lì dentro non sarà la tua cena.»
O l'aperitivo, considerate le dimensioni.
Il clacson squarciò l'aria ancora una volta, a lungo, mentre la donna lo pigiava con tutte le forze. Di sicuro non era una pappamolla. Né una fifona che si nascondeva sotto il cruscotto. Continuava a mandare il motore su di giri, riversando gas di scarico nel freddo.
Il finestrino lato guidatore fu abbassato, e ne sbucò una testa. Quel parka rosa era un pugno in un occhio ma Royce intravide una coda di cavallo nera come il carbone appoggiata sulla spalla.
«Sto cercando di fare retromarcia, ma o le ruote sono bloccate, o l'orso pesa...»
«Torna dentro prima che Winnie Pooh ti stacchi la testa con una zampata» abbaiò lui interrompendola. Da un rapido calcolo, avrebbe dovuto allontanare l'orso dall'auto nel giro di due o tre minuti al massimo, altrimenti il parabrezza sarebbe andato in frantumi. Il grizzly era grosso, tuttavia non abbastanza da non potersi infilare nell'abitacolo.
«Certo che me ne sto in macchina» gridò la sconosciuta di rimando. «Volevo solo sapere se ti viene in mente qualcosa di diverso che potrei fare. Non ho alcuna intenzione di muovermi finché Winnie Pooh non se ne torna nel suo bosco dei cento acri...»
Con la zampa, l'orso spazzò via lo specchietto laterale, a pochi centimetri dal suo viso. Con uno strillo, la donna si infilò di nuovo nel SUV richiudendo il finestrino, mentre il grizzly scivolava dal cofano e atterrava sulle zampe posteriori, senza alcuna intenzione