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Purazi… doni!
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E-book209 pagine1 ora

Purazi… doni!

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Info su questo ebook

«Purazi... doni!» (vongole... donne!) è l’antico grido delle pescivendole che, un tempo, a piedi o in bicicletta, vendevano le vongole di strada in strada. Le 71 ricette, raccolte dalla viva voce della popolazione marinara anziana della costa romagnola, sono accompagnate da racconti, proverbi e 49 foto d’epoca. Il volume è risultato vincitore del Premio Internazionale “Langhe Ceretto per la cultura del cibo”
LinguaItaliano
Data di uscita7 apr 2015
ISBN9788874722723
Purazi… doni!

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    Anteprima del libro

    Purazi… doni! - AA. VV.

    srl


    PREFAZIONE

    Purazi... Doni! è un libro prezioso. Le oltre settanta ricette, trascritte con encomiabile scrupolo e senza opinabili rivisitazioni (culinarie o dietetiche che siano), restituiscono un quadro fedele della vecchia cucina dei marinai e dei pescatori della bassa Romagna. Non pochi piatti sono in via d’estinzione, e averne messo in salvo le ricette allo scadere del 90° minuto, per così dire, potrà allungar loro la vita. O almeno lo si spera. Altri piatti sono praticamente estinti, non foss’altro che per il fatto che alcuni pesci, crostacei e molluschi (come la grancevola nostrana e le disprezzate pisciotte) sono oggi quasi introvabili. Al peggio, se ne sarà trasmessa la memoria ai posteri.

    Il libro è anche di piacevole lettura, per le informazioni, gli aneddoti e le fotografie che si alternano alle ricette, e che consentono di collegarle al microcosmo economico e culturale che le ha create. Il primo dato, quello che salta immediatamente agli occhi, è la povertà. Quella dei pescatori bellariesi era un’economia di pura sussistenza. Il poco pesce che rimaneva nelle reti serviva, oltre che per l’autoconsumo, per il commercio porta a porta e, più spesso, per il baratto: i contadini, in cambio del pesce, davano alle donne dei pescatori grano e ortaggi, o consentivano loro di spigolare nei campi.

    Emerge su tutte una figura: quella della pescivendola, la pisaera. Di solito mogli dei pescatori, le pescivendole partivano all’alba col pesce pescato nella notte dai mariti e facevano decine di chilometri: in aperta campagna, nei paesi dell’entroterra e fino a Rimini. Inizialmente a piedi o col biroccio, poi, a partire dagli anni Trenta, con la fida bicicletta. "Blariesa" – ricorda Gianni Quondamatteo – era un tempo sinonimo di pescivendola.

    "Purazi... Doni!" era il loro proverbiale richiamo. E qui ci permettiamo di formulare il solo, marginale appunto che muoviamo al libro. Il sottotitolo Vongole... Donne! fa sorridere. Come farebbe sorridere tradurre pataca con scioccherello. Per punizione e sfoggio di cultura, diremo qualcosa sull’etimologia di puraza.

    Puraza, italianizzata in poveraccia, non ha niente a che vedere (etimologicamente, almeno) con la povertà, come i più favoleggiano e come amava credere anche Marino Moretti. Puraza (o puvraza) deriva da peverazza, che a sua volta discende da pevere, ossia da pepe. Perché la valva della puraza nostrana ha giusto l’aspetto e il colore del pepe macinato grossolanamente. Infieriamo ulteriormente. Chi lo sa che gli umilissimi garagoli hanno una nobile etimologia latina? Caracolus, in effetti, significa lumaca, conchiglia.

    Chiusa la parentesi. Etimologia a parte, le poveracce erano davvero un cibo povero. Così come erano tutti pesci minuti e poveri quelli venduti dalle pisaere: sardoni, saraghine, sardelle, paganelli, morsioni, seppia. Degli stessi pesci si cibavano i pescatori. I pochi esemplari di pregio che si impigliavano nelle reti venivano venduti alle pescivendole della pescheria. L’élite delle pescivendole, per capirci.

    Ad un’alimentazione povera corrispondeva una cucina altrettanto povera. Il lettore cercherà invano, in Purazi... Doni!, piatti a base di sogliole, rombi, merluzzi, orate e code di rospo. I curatori, giustamente, hanno raccolto solo le ricette di pesce feriale. Anche gli ingredienti e le tecniche sono caratteristici di una gastronomia povera. L’olio d’oliva è spesso affiancato o sostituito dallo strutto: che forse è meno salutare, ma garantisce fritti più morbidi e saporiti. Al posto del pomodoro fresco si usa, di norma, la conserva di pomodoro, che promette sughi più ristretti e quindi, almeno in apparenza, più complessi e sostanziosi. Tra le preparazioni domina l’onnipresente soffritto.

    Si tratta, senza dubbio, di una cucina vigorosa e senza fronzoli, per stomaci robusti. Non sempre, però. Dall’arte di arrangiarsi (cioè di ottenere molto dal poco) nascono geniali piatti minimalisti che varrebbe la pena recuperare, come il pancotto di pesce, la zuppa di poveracce e la sardella con la cipolla.

    Un’ultima osservazione. Nel secondo dopoguerra l’economia di Bellaria è radicalmente cambiata. Chi osservi la massiccia cementificazione della costa, stenterebbe a credere che sopravviva, nelle viscere della cittadina, la memoria viva e addirittura nostalgica di un passato di povertà. Eppure è così. Resiste tenacemente il ricordo dei mestieri, dei soprannomi, degli usi e dei cibi. Sopravvive, a dispetto di tutto, un’identità bellariese. È grande merito di chi ha promosso e realizzato la ricerca, averla portata alla luce. Le radici delle piccole patrie servono. Serviranno.

    Piero Meldini

    PREMESSA

    alla seconda edizione

    Purazi... Doni!, pubblicato nel 1995, oltre che ricettario per i lettori curiosi di riscoprire un settore della cucina tradizionale, ha assolto un compito istituzionale promosso dall’Azienda U.S.L. di Rimini e dal Comune di Bellaria Igea Marina: contribuire a valorizzare il ruolo degli anziani in una società nella quale essi sono marginali e spesso indicati solo come una fonte di costi, invece che come una risorsa, e a coinvolgerli in un’attività di socializzazione attraverso il recupero della memoria orale, dei vissuti e dei saperi di cui essi sono portatori.

    Il volume nel 1996 ha ricevuto un riconoscimento internazionale, il Premio Langhe Ceretto per la cultura dell’alimentazione, riservato ai libri per ricette, con questa motivazione:

    «Purazi... Doni!, è il grido che richiamava a comprare le vongole appena sbarcate dalle barche dei pescatori sul litorale adriatico. Vongole... Donne! appunto.

    Questo libro è sì un ricettario ma è soprattutto il risultato di una ricerca sul territorio di Bellaria Igea Marina, per trarre dalla memoria dei vecchi testimoni le abitudini gastronomiche di una popolazione povera di marinai. Cucina povera, perciò. È quindi il documento di una cucina ormai dispersa o perduta, affidato alle ricette.

    Ma il libro, corredato di fotografie di allora, vuole anche servire da modello o da esempio per un modo di lavorare; di sollecitazione, perché altrove, in altre aree e territori, si ripeta questa operazione culturale, magari con un disegno sistematico complessivo».

    Questa sollecitazione, ed il felice esito della pubblicazione, ci hanno indotto negli anni successivi a proseguire il lavoro intrapreso e ad integrarlo con una nuova indagine intorno alle ricette e alle abitudini alimentari dei contadini romagnoli¹.

    Ringraziamo il Comune di Bellaria Igea Marina che, a dieci anni dalla prima pubblicazione di Purazi... Doni!, ci ha concesso di procedere autonomamente ad una nuova edizione che, senza rinunciare agli obiettivi iniziali, possa rivolgersi a un pubblico più vasto. Il volume si arricchisce così di nuove immagini e ricette inedite che in una prima fase erano state accantonate.

    Marzo 2005

    Gli Autori

    INTRODUZIONE

    Purèt chi la pesca

    Purèt chi la vend

    Purèt chi la magna²

    PURAZI... DONI!

    Vongole... Donne! è il vecchio grido delle donne bellariesi che un tempo, a piedi o in bicicletta, vendevano le vongole di strada in strada.

    Nella cassetta o nel sacco di juta, caricato sulla bicicletta, stavano le vongole generalmente pescate dai mariti marinai.

    Era il periodo fra le due guerre, allora costavano due centesimi al chilo e il fondo del sacco rimasto invenduto si barattava con uova, farina e fagioli.

    Le vongole erano considerate il mangiare dei poveri, il mare ne era ricco e dopo le burrasche si poteva rimediare la cena per la famiglia intera, raccogliendo sulla riva granchi, cannelli, seppie e vongole.

    È in ricordo di quei marinai, di quella gente e di quelle donne, che col loro grido svegliavano i bambini e facevano aprire le finestre, che abbiamo scelto il titolo di questo libro.

    La ricerca è partita dalle strade di Bellaria Igea Marina raccogliendo dalla gente ricette, ricordi, immagini, racconti; quelle stesse strade dove nella prima metà del secolo si svolgeva la vita sociale del paese e si gridava: purazi… doni!

    Un altro obiettivo che ci siamo proposti è stato di trasmettere l’importanza che il consumo di pesce assume nell’alimentazione odierna e stimolare la fantasia nel riproporre a tavola

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