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Il fascino del greco: Harmony Collezione
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Il fascino del greco: Harmony Collezione
E-book171 pagine2 ore

Il fascino del greco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Calda come il sole di Corfù, antica come le rovine di Creta, dolce come il nettare degli antichi dei. La passione, nel sangue di ogni uomo greco, scorre veloce fin dalla notte dei tempi...



La bellissima Isobel James, a quanto pare l'unica single rimasta sulla terra, non riesce ancora a credere di essere davvero sbarcata in Grecia tutta da sola. D'altra parte, avrebbe fatto qualunque cosa pur di fuggire dalla febbre matrimoniale che sembra aver colpito tutte le sue amiche! Ma quando il noto e facoltoso Lukas Andreadis si trova di fronte la giovane Isobel, distesa sulla sua spiaggia privata, dà per scontato che si tratti della solita giornalista in cerca di uno scoop, così decide di stare al gioco, almeno fino a quando non avrà scoperto qualcosa di più su quella bella sconosciuta.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2018
ISBN9788858980668
Il fascino del greco: Harmony Collezione
Autore

Catherine George

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il fascino del greco - Catherine George

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Power of the Legendary Greek

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2010 Catherine George

    Traduzione di Cecilia Bianchetti

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-066-8

    Prologo

    Lukas entrò a passo deciso nella grande sala riservata alle riunioni importanti e i componenti del consiglio di amministrazione lo accolsero con dei sorrisi di benvenuto. Tutti, tranne uno. L’unica donna, come Lukas aveva previsto, lo trafisse con occhi simili a frecce di ossidiana mentre lui la salutava con un formale cenno del capo. Le finestre si aprivano su una splendida vista di Atene, ma nella sala del consiglio tutti gli occhi erano puntati su di lui, che senza fretta si sedette e aprì la ventiquattrore.

    La donna seduta a capotavola osservò ogni sua mossa come un felino pronto ad avventarsi sulla preda, ma Lukas la ignorò. Era troppo sicuro del suo successo. Dopo settimane di trattative segrete con i consiglieri, quell’incontro era una pura formalità.

    Una volta conclusi i saluti di rito, Lukas si alzò per illustrare la sua proposta, ignorando la furia crescente della donna. «A favore?» chiese poi, guardando in faccia i presenti.

    Tutti alzarono la mano, mentre Melina Andreadis balzava in piedi furiosa. Con il tailleur nero griffato e i riccioli diventati ormai il suo marchio di fabbrica, pur contrastando in modo quasi crudele con il viso invecchiato, rivolse a Lukas un’occhiata che avrebbe potuto incenerirlo.

    Poi il suo sguardo da basilisco si posò su ciascuno degli uomini presenti. «Idioti, vi illudete di potere consegnare la mia azienda a questo... questo playboy» gridò furibonda, minacciando con il pugno Lukas, per nulla turbato dalla sua sceneggiata. «Io voto contro! Mi rifiuto di prestarmi a questa farsa!»

    Lukas la guardò dall’alto in basso, con il viso inespressivo come una maschera del teatro greco per nascondere il senso di trionfo che provava in quel momento. «Puoi anche votare contro, ma non serve. Le mie condizioni più che generose sono state accettate a maggioranza dal consiglio.»

    «Non è possibile! Io mi oppongo! Questa è la mia compagnia aerea!»

    Lukas la fissò con occhi gelidi. «No, kyria. Era la compagnia aerea di mio nonno, non è mai stata tua. E adesso è mia. Io, Lukas Andreadis, la posseggo per diritto d’acquisto. E di sangue.»

    1

    La linea confusa all’orizzonte si trasformò a poco a poco in un’isola verdeggiante che sorgeva come per incanto nel mare azzurro intenso. Mentre la barca si avvicinava, Isobel vide sul lungomare i locali dai tendoni variopinti e le case dai tetti color cannella e le pareti bianco calce sparse sulla collina come un villaggio costruito con il Lego. Entrando nel porto, Isobel cercò di distinguere il cottage illustrato sul dépliant, ma ben presto rinunciò divertita, scoprendo che la maggior parte delle case avevano la porta azzurra. Con un sospiro di sollievo si sistemò lo zaino in spalla e prese la valigia. Finalmente era arrivata!

    Per prima cosa doveva pranzare e chiedere istruzioni per arrivare nella casetta che aveva affittato per le vacanze sull’isola di Chyros, che sembrava troppo bella per essere vera. La taverna indicata dal dépliant era invitante e affollata di vacanzieri che mangiavano e parlavano senza sosta. Isobel si diresse all’unico tavolo libero, all’aperto sotto il tendone, e sistemò i bagagli mentre leggeva il menù. Con un educato parakalo indicò la sua scelta al cameriere, che le portò subito acqua minerale e del pane, seguiti da insalata greca con feta. Isobel sembrava non mangiasse da giorni per quanto era affamata, il che non era poi così lontano dalla realtà. Il viaggio era stato interminabile.

    «Le è piaciuta l’insalata?» chiese il cameriere, guardando soddisfatto il piatto vuoto della cliente.

    Meno male che parlava inglese, pensò lei sorridendo. «Era deliziosa» rispose. Poi indicò il dépliant. «Sa dove posso ritirare le chiavi di questo appartamento?»

    Lui annuì sorridendo. «Le ha mio padre, è lui il proprietario della Kalypso. Se ha un attimo di pazienza, l’accompagno io.»

    Isobel scosse la testa imbarazzata. «Molto gentile, ma lei sta lavorando. Prenderò un taxi.»

    Il cameriere sorrise. «Mio padre, Nikos, è anche il proprietario di questa taverna e gli farà piacere che l’accompagni. Sono appena tornato dall’ospedale.»

    Che strano, robusto e muscoloso com’era... «È stato malato?»

    «No, sono medico, ma in alta stagione do una mano qui. Mi chiamo Alex Nicolaides, piacere. Se mi dice il suo nome, prendo le chiavi e l’accompagno.»

    «Isobel James.»

    Quando lei finì il suo pranzo, il premuroso Alex era già tornato con le chiavi. «Andiamo a piedi, è qui vicino» la informò. Le prese i bagagli, ma lei insistette per tenere lo zaino.

    «Lasci.»

    «Contiene oggetti di valore?» chiese Alex mentre camminavano sul lungomare.

    «In un certo senso» spiegò Isobel, abbassando la visiera del cappellino per ripararsi dal sole. «C’è il mio materiale da disegno.»

    «È un’artista, signorina James?»

    «Ci provo» sorrise Isobel.

    In effetti la strada non era lunga, ma il sole era così forte che Isobel era stanca e accaldata quando arrivarono al gruppo di cottage sulle pendici della collina. Tutti avevano porte e finestre azzurre che si affacciavano sul porticciolo.

    «Il suo è il più lontano» la informò Alex. «Non si sentirà sola?»

    Isobel scosse la testa. Pace e isolamento erano proprio quel che cercava.

    Alex imboccò un sentiero ripido e coperto di aghi di pino, posò la valigia su una veranda provvista di sdraio e tavolino e con un inchino aprì la porta.

    «Benvenuta a Chyros, signorina James. Si goda la vacanza!»

    «Questo è poco ma sicuro!» sorrise lei. «Solo un’informazione: dov’è la spiaggia più vicina?»

    «Di fianco al porto, ma qui sotto ce n’è una molto più bella.» Il giovane medico indicò una stradina tra i pini di Aleppo dietro la casa. «È più piccola, molto carina, e poco affollata, perché il sentiero per raggiungerla è ripido.»

    «Che meraviglia! Grazie mille di tutto.» Isobel sorrise ed entrò a ispezionare il soggiorno con aria condizionata, pavimento piastrellato e pareti dipinte di giallo, un divano azzurro uguale alle tende, due letti e un armadio. Un arco lo separava dalla cucina e dal bagno. Era tutto così pulito e tranquillo, proprio come aveva sperato.

    La sua amica Joanna, compagna di vacanze finché non si era sposata, aveva disapprovato la sua scelta, insistendo perché prenotasse un albergo su un’isola più vivace come Mykonos. Invece Isobel aveva scelto la tranquilla Chyros, dove poteva dipingere, o semplicemente rilassarsi, senza orari e coinvolgimenti emotivi.

    Aprì la valigia, fece una doccia e indossò calzoncini e top. Mandò un sms a Joanna per dirle che era arrivata sana e salva e si sedette sul balcone per leggere la guida. Fin da bambina era appassionata di mitologia greca e cercò sulla cartina l’isola di Serifos dove, secondo la leggenda, erano approdati Perseo e sua madre Danae, chiusi un una cassa lasciata alla deriva. Ma il viaggio l’aveva sfinita, così chiuse gli occhi e si rilassò.

    Alla fine, però, prese un album e si mise a disegnare le barche nel porticciolo. Era così assorta nel suo compito che continuò a lavorare fino al tramonto, quando si alzò sbadigliando. Era troppo stanca per andare fuori a cena, così mangiò il pane, il formaggio e i pomodori che il proprietario aveva lasciato in frigorifero per la sua ospite e decise che sarebbe andata a letto presto, con un libro e l’iPod nelle orecchie. Come diceva Rossella O’Hara: Domani è un altro giorno.

    Prima di coricarsi uscì per un’ultima volta in balcone a guardare le luci del porto e delle case arrampicate sulla collina. Musica e profumo di cibo si mescolavano alla brezza notturna, mentre le stelle si accendevano come diamanti sul cielo nero di velluto. Contrariamente alle pessimistiche previsioni di Joanna, non si sentiva sola e abbandonata, ma serena e tranquilla. Per la prima volta da settimane si era liberata dalla nuvola nera che la inseguiva persino mentre lavorava. L’aria dell’isola doveva essere particolarmente rilassante, e si sarebbe addormentata senza problemi.

    La mattina seguente si svegliò presto, contenta di avere trascorso una notte tranquilla e senza incubi. Dopo colazione indossò un bikini rosa, jeans, maglietta, un cappellino da baseball e scese al porto, dirigendosi verso la piazza principale e scambiando sorrisi con donne vestite di nero e uomini anziani seduti fuori dalle proprie abitazioni. In un chiosco comprò cartoline, pane, acqua minerale e un bellissimo grappolo d’uva e infine imboccò il sentiero che le aveva indicato Alex Nicolaides.

    In effetti era molto ripido e in certi punti faceva quasi paura, ma valeva la pena di percorrerlo per arrivare in quella spiaggetta deserta e stupenda dalla sabbia bianchissima. Isobel l’ammirò a bocca aperta, impaziente di immortalare in un quadro le sfumature del mare che andavano dal turchese al verde smeraldo all’azzurro profondo. Gli alberi erano vicinissimi al mare, tamarischi, ginepri e pini che svettavano nella macchia mediterranea. Ci sarebbero voluti gli acquerelli, pensò frustata, ma portare tutto il materiale su quel sentiero era pericoloso. Si sarebbe accontentata di un disegno a matita. Si sistemò accanto a uno scoglio, si tolse jeans e maglietta, si cosparse abbondantemente di crema protettiva e incominciò a disegnare.

    La pace durò fino a quando barche grandi e piccole incominciarono a riversare passeggeri sulla spiaggia. E in un attimo ci fu gente dappertutto e bambini che strillavano, giocavano a palla e correvano dentro e fuori dal mare. Alla faccia della spiaggia tranquilla! Isobel voleva andare a mangiare qualcosa ma, mentre raccoglieva le sue cose, scorse un passaggio tra gli scogli all’estremità opposta della spiaggia e non poté resistere alla tentazione di andare a curiosare. Il passaggio era molto stretto ma, togliendosi lo zaino e stringendolo al petto, riuscì a strisciare lungo le rocce, anche se a un certo punto pensò di rinunciare. Non si diede per vinta, però, e poco dopo sbucò in una piccola insenatura protetta da scogli alti, dove non c’era anima viva.

    Si guardò attorno deliziata: in fondo per pranzo poteva accontentarsi dell’uva. Si sistemò sotto una roccia simile a un leone rampante che si ripromise di disegnare, bevve un po’ d’acqua, mangiò l’uva e si sdraiò per fare un pisolino. Ma la pace durò poco anche lì e fu rotta dal rombo di un motore. Per puro istinto Isobel balzò in piedi e si arrampicò su un scoglio, quando un uomo su una moto d’acqua puntò dritto verso di lei. Sterzò all’ultimo momento con una risata sguaiata e tornò al largo a tutta velocità. Isobel lo insultò, con il cuore in gola. Era così furiosa che perse l’equilibrio mentre saltava per tornare al suo posto sulla sabbia. Agitò le braccia per non cadere e lanciò un grido mentre la sua testa colpiva la roccia con un rumore sinistro. Poi il mondo divenne buio e silenzioso.

    Lukas Andreadis si pregustava una nuotata rinfrescante, seguita da un’ottima cena e da una serata libera da acquisizioni e viaggi in aereo, nave o a bordo di qualunque altro mezzo di trasporto. Voleva festeggiare da solo e nel suo posto preferito il trionfo su Melina Andreadis, impresa che perseguiva da quando aveva iniziato a lavorare. Si rilassò mentre l’elicottero scendeva verso le familiari acque azzurre del mare Egeo e provò la consueta emozione vedendo Chyros, sinonimo di pace e privacy, beni preziosi nella sua vita caotica ad Atene. Ma mentre si avvicinava a terra imprecò seccato. Una donna nuda stava prendendo il sole sulla sua spiaggia privata. Ancora!

    Atterrò nell’eliporto dietro la villa, spense il motore e balzò fuori dal velivolo, facendo attenzione alle pale ancora in movimento. Superò la piscina e gli alberi che delimitavano il giardino e arrivò sugli scogli, fissando seccato la figura immobile sulla spiaggia. In nome di tutti gli dei, perché non lo lasciavano in pace?

    Si voltò quando sentì arrivare il fedele Spiro e lo salutò con affetto, poi gli indicò la spiaggia. «Tanto per

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