Oltre la nebbia: Harmony Collezione
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C’è un “vuoto”, nella memoria di Portia Grant. Un vuoto che riguarda l’adolescenza e che può essere colmato da un momento all’altro. Adesso il lavoro di agente immobiliare la riporta proprio a Turret House, la villa dove ha vissuto quel periodo così delicato.
Iniziano delle “visioni”, durante le quali...
Catherine George
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Oltre la nebbia - Catherine George
successivo.
1
La telefonata arrivò nel tardo pomeriggio del venerdì quando tutti se ne erano già andati per il weekend. Anche Portia stava per uscire dall'ufficio nel momento in cui il telefono squillò e per un istante fu tentata di lasciar scattare la segreteria, ma poi il senso del dovere ebbe la meglio e seppur sbuffando rispose.
«Immobiliare Whitefriars, buonasera.»
«Buonasera. Sono in partenza da Parigi e domani sarò da voi per visionare una delle vostre proprietà. Con chi sto parlando?» esordì una voce maschile imperiosa dal chiaro accento francese.
«Sono la signorina Grant» rispose Portia in tono asciutto. «Se vuole fornirmi i dettagli.»
«L'appuntamento è fissato per domani sera alle cinque. Ho già preso accordi con il signor Parrish.»
Portia s'irrigidì. «Un preavviso un po' troppo breve, monsieur...»
«Brissac. Il preavviso non è affatto breve. La settimana scorsa, il signor Parrish mi ha informato che uno degli associati è sempre disponibile anche durante il weekend per mostrare le proprietà. Per la precisione ha detto che bastava confermare. Lei è un socio, vero?»
«Sì, signor Brissac.» Ben Parrish, uno dei soci più anziani, era appena partito per un fine settimana sulla neve a Gstaad senza accennarle minimamente dell'esistenza di quel francese piuttosto arrogante. «Quale proprietà ha intenzione di visionare?» gli domandò infine non avendo altra scelta.
«Vorrei vedere Turret House» le comunicò lui lasciandola senza parole.
La proprietà non si trovava a Londra, bensì a tre ore di macchina verso la costa! E come se ciò non bastasse, quella era una casa che Portia aveva sperato di non rivedere più in tutta la sua vita. Da quando era stato affidato alla loro agenzia l'incarico di venderla, era sempre stato Ben Parrish ad accompagnare i pochi clienti alla Turret House, ma ora che lui era assente non poteva permettere che dei sentimenti personali le impedissero di concludere una vendita.
«È ancora lì, mademoiselle?»
«Sì, signor Brissac. Questo è davvero un preavviso irrisorio» commentò lei seccata. «Comunque farò in modo che lei possa vedere la proprietà.»
«Verrà lei in persona?»
«Certo. Mi accompagnerà la mia assistente» replicò Portia non ritenendo opportuno fargli sapere che Biddy in realtà era a casa influenzata.
«Come vuole. Non pretendo che la sera ritorni a Londra. Nelle vicinanze c'è il Ravenswood Hotel presso il quale troverà prenotata una doppia a nome della Immobiliare Whitefriars. Ne usufruisca liberamente.»
«Non sarà necessario» rispose lei pronta.
«Al contrario. Richiedo una seconda visita alla Turret House al mattino presto.»
«Temo che sarà impossibile.»
«Eppure questi erano gli accordi presi con il signor Parrish. Mi ha ribadito più volte che ci sarebbe stato qualcuno disponibile a mostrarmi la proprietà.»
Ben Parrish sarà stato pure uno dei soci più anziani, ma non l'avrebbe passata liscia al ritorno dal suo piacevole weekend. «Come le ho già detto, mi sono resa disponibile per incontrarla alla Turret House, signor Brissac, ma una stanza d'albergo non è necessaria. Sono abituata a percorrere lunghe distanze.»
«Come preferisce, tuttavia non mi pare saggio da parte sua, dal momento che dovrebbe rendersi disponibile la domenica mattina molto presto. Ho intenzione di ritornare a Parigi nella tarda mattinata.»
Imprecando silenziosamente contro Ben Parrish, a Portia non rimase che accettare. «D'accordo, signor Brissac.»
«Grazie, mademoiselle. Come ha detto di chiamarsi?»
«Grant.»
«A domani, signorina Grant.»
Con aria torva, Portia riabbassò la cornetta pentendosi di non aver lasciato rispondere la segreteria telefonica e, dopo aver chiuso l'ufficio, se ne andò a casa.
Portia viveva in un appartamento a Chiswick con una vista fantastica sul Tamigi e un altrettanto fantastico mutuo da pagare. Aveva acquistato l'appartamento da poco e ancora non aveva terminato di arredarlo, ma non le importava. Per tutta la vita era stata costretta a condividere il tetto con altre persone e il senso di liberazione che adesso provava era tale da non farle rimpiangere per un solo istante gli anni di duro lavoro trascorsi e che ancora l'attendevano.
Nonostante le sue rimostranze al signor Brissac, Portia non aveva alcun appuntamento da cancellare. Aveva progettato di affittare alcune videocassette, di ordinare il suo cibo preferito e non fare assolutamente nulla per tutto il fine settimana. Un fine settimana da trascorrere sola. I suoi colleghi maschi la ritenevano un po' eccentrica.
«Una donna come te dovrebbe risplendere nella vita di qualche uomo» le aveva detto una volta Ben Parrish. Un'opinione del tutto maschile, secondo Portia, perché a lei la sua vita piaceva così com'era. Del resto, ci pensava il lavoro a tenerla più che affaccendata. Come quel weekend, appunto. L'unica lamentela, in quel caso, era che si trattava di Turret House.
«Tu non sei normale» l'aveva accusata la sua amica Marianne che passava da una storia amorosa all'altra alla velocità della luce, andando a consolarsi da Portia nei momenti bui. «Ti interessano soltanto il lavoro e la casa. Potresti comprarti un gatto e votarti definitivamente allo zitellaggio.»
Portia non si era lasciata impressionare. «Non mi piacciono i gatti e la parola zitella non è politicamente corretta da tempo, cara signorina Taylor.»
«Se è per questo, neppure ti si addice» aveva obiettato l'altra. «Ma è quanto potrebbe accaderti se non farai attenzione...»
Portia rincasò e dopo un bel bagno caldo e una cena frugale, si mise a studiare la situazione di Turret House. Gli ultimi proprietari l'avevano ristrutturata e Portia era sorpresa che se ne fosse interessato un francese. Benché in ottime condizioni, Turret House era grande, costosa, in un posto sperduto e, a meno che uno non amasse lo stile gotico, non era neppure gradevole di aspetto. Costruita per lasciarla in eredità alla moglie del proprietario di Ravenswood, l'architettura risaliva all'ultimo periodo del regno della regina Vittoria. Oggi Ravenswood era un lussuoso hotel e Turret House una proprietà se parata, troppo grande per attirare una famiglia media. Portia osservò il dépliant rabbuiandosi. La giornata che l'attendeva si sarebbe risolta in una dura prova personale oppure in una perdita di tempo. Il francese avrebbe dato un'occhiata alla casa, ne sarebbe rimasto disgustato e quindi sarebbe ritornato a Parigi col primo volo disponibile. Tutto sommato non era così male. In tal modo si sarebbe potuta scrollare di dosso Turret House per sempre e ritornare a Londra per concludere in santa pace il fine settimana.
Mentre Portia si recava al suo appuntamento, un freddo e limpido sole illuminava il cielo di febbraio. Raggiunse in orario l'incrocio tra Ravenswood e la Turret House e alla vista della ben nota strada che conduceva alla casa, Portia sentì aumentare dentro di sé il senso di riluttanza che stava provando. Benché avesse sperato di non rivedere più quel posto in vita sua, si sforzò di allontanare i pensieri sgradevoli e assunse un'aria professionale. Oltrepassò i cancelli restaurati e attraversò i giardini ben curati finché raggiunse lo slargo dinanzi all'entrata e si trovò nuovamente faccia a faccia con Turret House.
Portia spense il motore, ma rimase nell'auto. Fintantoché il suo cliente non fosse arrivato, Portia avrebbe avuto tempo di mettere da parte i suoi sentimenti e osservare la casa con l'occhio del venditore mentre gli ultimi raggi di sole si riflettevano sulle finestre ad arco e accendevano il rosso dei muri di mattoni. Era una tipica villa vittoriana con una torre squadrata al lato. Ravenswood era stata fatta costruire per l'aristocratica moglie del proprietario e a questa era stata aggiunta la Turret House, a tre miglia di distanza, per la suocera.
Incapace di protrarre quel momento, Portia scese dall'auto e rabbrividì più dall'apprensione che per il freddo. Si strinse nel suo cappotto bianco e si abbassò il cappello fin quasi sugli occhi. Poi attraversò il terrazzo fino alla porta principale. Prendendo un profondo respiro, Portia aprì il portone e rimase sulla soglia guardandosi intorno sorpresa. Sapeva che la casa era stata completamente ristrutturata, ma le sembrava strano non vedere più il vecchio tappeto turco nell'ingresso, che ora risplendeva d'austera bellezza con il maiolicato bianco e nero. E quel legno scuro e opprimente della scala era stato carteggiato e lucidato riportando alla luce la bellezza degli intarsi. Portia emise il respiro che stava ancora trattenendo. L'ingresso era molto più piccolo di quanto ricordasse e, soprattutto, era vuoto. Non c'erano fantasmi.
Sollevata a quella scoperta, Portia attraversò le altre stanze accendendo le luci e osservando la qualità della moquette e dei tendaggi di seta in tinta. Non c'erano mobili, il che costituiva un inconveniente. Era molto più facile vendere una casa arredata e libera. Forse era quello il motivo per il quale non riuscivano a trovare acquirenti. Al piano di sopra era tutto così diverso da ciò che lei ricordava che poteva trattarsi benissimo di un'altra casa. Le stanze più piccole erano state trasformate in bagni e le grandi camere da letto dai colori pastello erano ben lontane da quelle opprimenti del passato.
Portia lanciò uno sguardo all'orologio e accigliandosi ritornò al piano inferiore. Il suo cliente era in ritardo di un'ora. E Turret House non era il posto in cui lei gradiva attardarsi dopo il calar del sole. Né aveva intenzione di recarsi da sola alle stanze della torre. Meglio ritornare nella chiara accogliente cucina. Le cucine erano un punto molto importante nella vendita di una casa. Ormai ben pochi clienti desideravano una sala da pranzo formale e per fortuna i proprietari avevano annesso la vecchia dispensa alla cucina creando così un unico vasto ambiente con la zona pranzo. In contrasto con la scomoda sala del passato, il risultato attuale era quello di una cucina rustica completa di stufa.
Una voce dall'ingresso la riportò al presente. Correndo alla porta, Portia si trovò di fronte a un uomo alto, lo sguardo puntato verso la scala, un senso d'impazienza che trasudava da tutti i pori.
«Signor Brissac?»
L'uomo si voltò di scatto, e quell'impazienza che lo stava attanagliando fino a qualche secondo prima, si allentò per scomparire del tutto man mano che le si avvicinava sotto la luce al centro dell'ingresso. «Par don. La porta era aperta e così sono entrato. Il volo ha avuto un ritardo. Mi dispiace se l'ho costretta ad attendere.»
Anche a prima vista, Portia dubitò che le scuse rientrassero nelle sue abitudini. «Piacere» replicò in tono cortese.
«Lei è la signorina Grant della Whitefriars?» s'informò lui dopo un momento di silenzio che pesò più di qualsiasi parola.
«Sì. Purtroppo la mia assistente è ammalata e non ha potuto accompagnarmi» ammise lei riluttante, contraccambiando però con interesse il suo esame accurato. L'uomo indossava un formale soprabito scuro sotto il quale s'intravedeva un elegante completo grigio. Era più giovane di quanto Portia non avesse pensato e aveva dei folti capelli neri, una carnagione olivastra e un naso dritto. La sua bocca, piegata in una smorfia sensuale, contrastava con la mascella squadrata e volitiva. All'improvviso Portia avvertì il senso di disagio che aveva già sperimentato quando aveva parlato al telefono.
«Mi aspettavo qualcuno più maturo» disse lui infine.
Lo stesso valeva per lei. Eppure