Un contratto intrigante: Harmony Collezione
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Catherine George
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Un contratto intrigante - Catherine George
successivo.
1
Man mano che si avvicinava alla meta, Hester sentì la propria agitazione aumentare. Controllò di nuovo l'indirizzo, poi salì i gradini di pietra che conducevano all'ingresso di una delle case costruite su tre lati della Albany Square. Spinse il pulsante del campanello, scandì il proprio nome al citofono e, dopo qualche istante, la porta fu aperta da un uomo che doveva essere un dipendente, ma che era completamente diverso dall'idea che si era fatta di un maggiordomo.
«Buongiorno, signorina Ward» l'accolse l'uomo con un sorriso. «Prego, da questa parte.»
Hester lo seguì attraverso un atrio dal soffitto altissimo, su per una scala di marmo, e fino a uno studio le cui pareti erano interamente coperte da scaffali colmi di libri. Le indicò una sedia posta di fronte alla scrivania, le disse che il suo principale l'avrebbe raggiunta di lì a poco e la lasciò sola.
Sempre più tesa, Hester si accomodò, la schiena rigida. Aveva sostenuto il colloquio preliminare con John Austin, l'assistente personale del proprietario di quella casa, nel bar di un albergo.
Sulla scrivania, una fotografia incorniciata era rivolta verso la finestra. Esitò un momento, quindi la girò per guardarla e trattenne il respiro. Dunque non si era sbagliata! L'uomo che l'aveva convocata era davvero il suo misterioso signor Jones. Uno sguardo al bel viso dell'uomo che nell'istantanea sorrideva a una bambina la indusse a ripensare al loro primo incontro.
Era intenta a riempire scatoloni, una fredda notte di gennaio, quando sua madre aveva fatto irruzione nella stanza...
«Ho bisogno d'aiuto, tesoro. Abbiamo degli ospiti.»
«Cosa?» replicò Hester sorpresa. «A quest'ora?»
«Non potevo rifiutare. Fuori nevica, e sembrano esausti.»
«Siamo chiusi per il resto del mese» le rammentò Hester. «Avresti dovuto far presente la situazione.»
Moira Ward le scoccò un'occhiata esasperata. «Mi serve una mano, non una ramanzina» insistette.
«D'accordo» si arrese Hester, seguendo la madre verso la cucina. «Dove sono?»
Moira aprì lo sportello del frigorifero. «Si stanno sistemando nelle loro camere» rispose. «Il signor Jones ha accettato la mia offerta di qualche panino con tale entusiasmo da farmi pensare che sia davvero da molto che non mangiano.»
Hester scosse la testa. «Hai il cuore troppo tenero» sentenziò mentre imburrava una fetta di pane.
«Ma non sono poi così ingenua» sottolineò Moira. «Non rifiuto ospiti che pagano in contanti e in anticipo. E poi la donna ha un aspetto così patito! No, proprio non potevo mandarli via.»
«Ovviamente.» Hester le lanciò un bacio con la punta delle dita. «Con cosa devo farcire i sandwich?»
«Affetta il roast-beef che è avanzato dalla cena. Intanto io riscaldo la minestra, così che quella povera cara riuscirà a prendere un po' di calore.»
«Vuoi che porti un vassoio in camera?»
«Sì. Così sapranno che non sono sola in casa.»
Hester sorrise. «Dubito che la mia presenza servirà da diversivo se il signor Jones ha in mente di commettere un crimine» commentò. «Dove li hai sistemati?»
«Nelle due stanze comunicanti» rispose Moira.
«Chissà perché non dormono insieme» commentò lei.
«La cosa non ci riguarda» la redarguì Moira. Appoggiò una zuppiera fumante sul vassoio e mandò via la figlia.
Hester salì le scale lentamente, impaziente di dare uno sguardo alla coppia di inaspettati ospiti.
L'uomo che aprì la porta della prima delle due camere sorrise e prese il vassoio dalle sue mani. A Hester bastò un rapido sguardo al bel viso di lui per farle battere il cuore all'impazzata.
«Grazie.»
La voce era profonda, con un timbro che le fece correre un brivido lungo la schiena.
«Potrebbe dire alla signora Ward che le siamo molto grati per tutto ciò che sta facendo per noi?»
«Lo farò» replicò Hester, cercando di apparire disinvolta. «Troverete un bricco elettrico, tè e caffè solubile sul tavolo. Ho portato del latte fresco. Le serve altro?»
L'uomo scosse la testa. «Va bene così. Grazie ancora.»
«Di nulla. A che ora volete fare colazione?»
Il signor Jones lanciò uno sguardo all'uscio chiuso della stanza adiacente. «Dobbiamo partire presto. Sarebbe possibile mangiare qualcosa alle sette e trenta?»
«Naturalmente» confermò Hester. «Le porterò il vassoio in camera.» E lo avrebbe fatto volentieri, pensò, pur di rivedere l'affascinante signor Jones anche se solo per pochi istanti.
Tornò giù, sul viso un'espressione incantata. Il tizio che aveva appena conosciuto era materia di sogno, se piacevano uomini alti, scuri e dall'atteggiamento imperioso. Gli uomini, insomma, che preferiva lei. Sospirò. La signora che lo accompagnava era molto, molto fortunata.
«Tutto bene?» Seduta accanto al tavolo della cucina, intenta a sorseggiare una tazza di tè, Moira alzò lo sguardo quando la sentì entrare.
«Con il super fusto, sì» replicò Hester. «La porta dell'altra camera era chiusa, non sono riuscita a vedere la donna.»
«In caso contrario, avresti capito perché mi è mancato il coraggio per mandarli via. Quella poveretta sembra un fantasma.»
Hester versò del latte in un bicchiere e aggiunse un cucchiaino di cacao in polvere. «Vuole la colazione alla sette e trenta. Mi sono offerta di servirgliela in camera. Chissà perché sono qui, in una gelida notte di gennaio... È piuttosto insolito passare da queste parti per caso.»
«Il signor Jones mi ha detto che aveva intenzione di guidare fino all'alba» spiegò Moira. «Però poi la sua compagna si è sentita male nello stesso momento in cui ha cominciato a nevicare. Ha visto l'insegna della nostra locanda e ha deciso di fermarsi per la notte.»
«Pensi che si chiami davvero Jones?»
«È così che ha firmato il registro.»
«Un cognome molto comune... Potrebbe aver assassinato il marito della donna per fuggire con lei, per quanto ne sappiamo» ipotizzò Hester.
Moira scosse la testa. «Francamente ne dubito, ma poiché partiranno domani, non lo scopriremo mai.»
Mai dire mai, pensò Hester sentendo passi che risuonavano lungo le scale. Un orologio a pendolo batté l'ora mentre si alzava per affrontare l'uomo che l'aveva affascinata dieci anni prima, e che non aveva mai più dimenticato.
Alto, una giacca dal taglio perfetto che enfatizzava la larghezza delle spalle, era un po' invecchiato, ma i capelli scuri e gli occhi neri erano uguali, così come uguale fu l'impatto che ebbe su di lei. Le andò incontro con la mano tesa e un sorriso sulle labbra.
«Connah Carey Jones» si presentò. «Mi scusi se l'ho fatta attendere.»
Hester gli strinse la mano e sentì qualcosa di molto simile a una scarica elettrica serpeggiarle nel corpo. «No, sono stata io ad arrivare in anticipo» replicò.
L'uomo le fece cenno di accomodarsi, poi prese posto sulla poltrona dietro alla scrivania e le rivolse un lunga occhiata prima di dedicare la sua attenzione alla copia del curriculum vitae che lei gli aveva spedito.
L'aveva riconosciuta?, si chiese Hester. Ma anche in quel caso, non ne fece cenno.
«Sembra molto giovane per avere tanta esperienza nel campo dell'assistenza ai bambini» affermò il signor Jones una volta terminato di leggere.
«Ma ho ventisette anni, non sono così pochi» ragionò Hester. «Signor Carey Jones, solo per evitare un inutile spreco del suo tempo, può confermare che l'impiego che offre sia assolutamente temporaneo?»
«Certo, solo per le vacanze estive» rispose prontamente l'uomo. «Ma c'è una piccola complicazione» aggiunse, guardandola negli occhi. «Lowri frequenta il collegio già da qualche anno, e non sarebbe molto felice all'idea di essere affidata di nuovo a una babysitter. Dunque le ho detto di aver assunto una governante. Sam Cooper, l'uomo che le ha aperto la porta, si occupa dell'andamento della casa, ma quando Lowri è qui ho bisogno di una donna che le prepari i pasti e che le tenga compagnia durante il giorno. Di sera invece cenerà con me.»
«Capisco» disse Hester, anche se in realtà non era proprio la verità. Una volta scoperto il nome del suo probabile nuovo datore di lavoro, aveva chiesto informazioni a un giornalista del Financial Times suo amico. Angus però era stato piuttosto avaro sui dettagli personali. Conosciuto come il Mago Gallese a causa del fenomenale successo che aveva riscosso nel mondo della finanza, Connah Carey Jones manteneva il più stretto riserbo sulla sua vita privata, dunque non erano state menzionate una moglie o una figlia.
«Una babysitter con referenze come le sue obbietterebbe a essere assunta come governante?» domandò lui.
«Assolutamente no» replicò prontamente Hester. «Ho esperienza anche in questo campo. Dopo la morte di mio padre, mia madre trasformò la casa di famiglia in un bed & breakfast. Io ho collaborato al progetto sin dall'inizio. Mi piace cucinare, come ho spiegato al signor Austin.»
«Questo è un bene, ma la mia priorità è trovare una persona competente e degna di fiducia, che però sia anche abbastanza giovane da instaurare un rapporto sereno con mia figlia. Lei dovrebbe trasferirsi qui per la durata dell'incarico, e accettare di sottoporsi agli opportuni controlli di sicurezza.»
«D'accordo.»
«Ora che sono stato chiaro sulle mie esigenze» continuò lui dopo aver precisato la generosa cifra del salario, «accetterebbe il posto se glielo offrissi?»
Di corsa... «Certo, signor Carey Jones, lo accetterei» confermò Hester.
«Grazie per il tempo che mi ha dedicato. Le farò avere mie notizie al più presto possibile» concluse lui prima di accompagnarla personalmente alla porta.
Ancora eccitata per l'incontro con il signor Jones, Hester si avviò a passo veloce verso la casa costruita in collina, nella periferia della città. Alzò una mano in segno di saluto e sorrise quando il suo patrigno le aprì la porta mentre lei stava ancora percorrendo il vialetto che conduceva al patio. «Ciao, Robert» disse.
«Come è andata?» domandò lui, facendosi da parte per lasciarla entrare.
«Bene, almeno penso, ma devo aspettare per vedere se sarò scelta fra le altre aspiranti.»
«Certo che lo sarai» la rassicurò Robert. «Moira è andata al supermercato per comprare qualcosa che le mancava in cucina. Ceneremo in giardino appena tornerà.»
Hester gli baciò la gota, poi uscì di nuovo per salire la scala che conduceva al piccolo appartamento sul garage che Robert Marshall aveva ristrutturato per lei. La carriera che aveva scelto la costringeva ad abitare presso le famiglie per cui lavorava, dunque era grata al marito di sua madre per averle messo a disposizione il monolocale che occupava nei periodi che intercorrevano fa un contratto e l'altro. Guardando dalla finestra il bel giardino che circondava la casa, indossò un pantaloncino corto e una maglietta, chiedendosi se il signor Jones l'avrebbe convocata per un secondo colloquio.
Quando Moira tornò, si affrettò a raccontarle che l'uomo che aveva appena conosciuto era lo stesso al quale avevano offerto ospitalità in una notte di tempesta di tanti anni prima.
«Sospettavo che potesse essere lui, ma non ti ho detto nulla perché effettivamente era una coincidenza un po' assurda» disse. «Non mi sbagliavo. L'uomo che ha bisogno di una babysitter temporanea per la figlia è il nostro misterioso signor Jones.»
«Incredibile... Come hai reagito quando lo hai visto?» domandò Moira.
«Per fortuna c'era una sua foto sulla scrivania, così ho avuto il tempo per prepararmi.»
«Lui ti ha riconosciuto?»
Hester scosse la testa. «No, sono cambiata molto da allora. E poi tu sei stata con loro più di me. Ricordi che non partirono l'indomani dal loro arrivo come previsto, e che io fui costretta a tornare al college... Non ebbi la possibilità di vedere