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Immagini sfuocate: Harmony Collezione
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E-book151 pagine2 ore

Immagini sfuocate: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Com’è piccolo il mondo!

Kate Brown non ha ancora capito se deve tremare o gioire, nel pronunciare questo luogo comune, perché la persona che ha appena incontrato per caso in Australia riguarda un capitolo del passato che lei credeva chiuso.

Ora rischia di rivivere il dramma...
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2017
ISBN9788858963302
Immagini sfuocate: Harmony Collezione
Autore

Robyn Donald

Robyn Donald è nata sull'Isola del Nord, in Nuova Zelanda, dove tuttora risiede. Per lei scrivere romanzi è un po' come il giardinaggio: dai "semi" delle idee, dei sogni, della fantasia scaturiscono emozioni, personaggi e ambienti.

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    Anteprima del libro

    Immagini sfuocate - Robyn Donald

    successivo.

    1

    Ti prego, Signore, fa' che finisca al più presto! Per una manciata di secondi Kate Brown e suo figlio Nick rimasero appesi a testa in giù, nel minuscolo vagone che correva a velocità vertiginosa sulle montagne russe del parco divertimenti.

    Dopo l'ennesimo sforzo, Kate socchiuse gli occhi.

    «Nick, rimetti subito le mani sulla sbarra!» strillò.

    «Oh, mamma!» Il bambino protestò ma le obbedì. Aveva le sue stesse dita lunghe e affusolate. Il vagone affrontò un altro avvitamento triplo, il pensiero si interruppe e lo stomaco di Kate si strinse di nuovo in un nodo convulso.

    Di sicuro, Nick non soffriva di vertigini: aveva il visetto animato e l'espressione intrepida. La passione per le grandi altezze gli veniva certamente dai nonni. E la simpatia?

    Non assomigliava a suo padre, grazie al cielo! Lo stomaco di Kate si contrasse ancora di più, nonostante il vagone fosse ormai in dirittura di arrivo.

    «Possiamo farlo un'altra volta, mamma? Possiamo? È stato bellissimo!»

    Bellissimo?

    Con i piedi finalmente fissi sulla terraferma, Kate scrollò la testa con decisione. «Vuoi farmi morire?»

    Nick sogghignò, e i grandi occhi azzurri traboccarono di allegria. «Invece, ci scommetto che ti è piaciuto. E poi, la seconda volta è sempre meglio, perché sai già che cosa ti aspetta.»

    «Una volta è più che sufficiente, grazie» tagliò corto lei. «E poi stanno per chiudere l'ingresso ai giochi d'acqua. Qui diventa buio presto.»

    «Va bene, andiamo» concesse suo figlio, con un sospiro.

    Kate gli arruffò i capelli ridendo, poi lo prese per mano e alzò lo sguardo. Ma qualcosa la immobilizzò dov'era.

    Un paio di occhi grigi e freddi erano fissi su di lei.

    Patric Sutherland la guardò, e poi guardò il bambino. Infine salutò: «Ciao, Kate».

    Per un attimo le sembrò che il mondo avesse smesso di girare. Il panico le serrò la gola, impedendole di pensare, ed ebbe la sensazione di precipitare in un vortice cupo e inarrestabile. Vacillò.

    Udì l'esclamazione preoccupata di Nick, e sentì due braccia forti che si protendevano per sorreggerla.

    «Non preoccuparti, ragazzo. È solo la sorpresa.»

    Lei lottò per riprendersi dall'emozione.

    «Appoggiati a me, Kate.» La voce di Patric sembrava più pacata e suadente di un tempo, ma il profumo del suo dopobarba non era cambiato.

    Kate si irrigidì e cercò disperatamente di scostarsi. «Nick» chiamò.

    «Mamma?» A suo figlio tremava la voce.

    «Non è niente, tesoro» tentò di rassicurarlo lei. «Forse sono stata troppo tempo al sole.»

    «Te l'avevo detto di mettere il cappello» osservò lui. «Devi proprio appoggiarti a questo signore?» le chiese poi, fissandola sconcertato.

    «No, infatti non ce n'è più bisogno.» Kate fece un passo indietro. «Ecco, vedi? Sono perfettamente in grado di stare in piedi da sola.»

    Patric la lasciò andare. Per un attimo, gli brillò negli occhi un lampo di collera. Poi, lo sguardo tornò indecifrabile.

    «Hai bisogno di bere qualcosa» le disse in tono deciso. «Vieni.»

    Conosceva quel tono, pensò lei con un tuffo al cuore. Patric Sutherland era un uomo abituato a fare a modo suo, e con gli anni il suo formidabile carisma era persino maggiore. Opporsi era impensabile.

    Kate tese la mano verso suo figlio. La strinse, e il bambino parve subito un po' più rassicurato.

    «Lo credo anch'io, mamma. Hai bisogno di bere qualcosa.»

    I cinque minuti necessari per raggiungere il bar furono appena sufficienti a Kate per ricomporsi. Intanto, nella mente si affollavano mille domande. Che cosa ci faceva lì Patric? Viveva in Australia? Proprio sulla Costa d'Oro?

    Impossibile. Come proprietario e direttore di una delle compagnie aeree più prospere della Nuova Zelanda, senz'altro abitava ancora ad Auckland. Ma nei rotocalchi, gli ultimi articoli su di lui parlavano di una casa ad Aspen, nel Colorado, e di altre a Londra, e a New York.

    In pratica, un vero esponente del jet-set.

    All'interno del locale, lui le tenne la sedia e convocò una cameriera con un'occhiata. Solo Patric sapeva ottenere un'attenzione così istantanea dovunque andasse, e non solo per merito delle spalle ampie e della statura che arrivava al metro e novanta. C'era, nella sua espressione, qualcosa che gli conferiva automaticamente il massimo dell'autorità.

    «Tè o caffè?» le chiese.

    «Un tè, grazie» riuscì a dire Kate.

    Patric si rivolse a Nick. «E tu, giovanotto? Che cosa prendi?»

    «Un succo di frutta» rispose educatamente il bambino. «Oppure un bicchiere d'acqua, grazie.»

    Patric passò l'ordine alla cameriera e le sorrise, con lo stesso sorriso che aveva illuminato tutta l'adolescenza di Kate. La ragazza arrossì e se ne andò: lui tornò a girarsi verso Kate e il sorriso scomparve.

    La esaminò da capo a piedi, con molta attenzione. Si soffermò sul viso, e sulle mani. Notò sicuramente che non portava nessuna fede nuziale. «Dunque, bentrovata, Kate Brown» disse con voce suadente. «Il tempo è stato gentile, con te. Sei più bella che mai.»

    «Grazie» mormorò lei, e si sforzò di assumere un tono amichevole e naturale. Inutile, non funzionava: dalle labbra non le uscivano che monosillabi.

    «Abiti qui in Australia, adesso?» chiese lui, appoggiandosi all'indietro sul sedile.

    Lei non poté mentire, con Nick seduto proprio lì accanto. «No.»

    Impedì al bambino di aggiungere altro con una occhiata. L'occhiata nota ai bambini di tutto il mondo come: Di' una sola parola e stasera facciamo i conti. Nick tacque.

    «Allora, sei rimasta una neozelandese?» Gli occhi grigi e metallici di Patric si soffermarono con insistenza sui riflessi color mogano dei suoi capelli.

    Quasi sette anni prima, il giorno del suo diciottesimo compleanno, lui le aveva affondato il viso tra i capelli, ordinandole di non tagliarli mai.

    Chissà se lo ricordava.

    «Sì» rispose seccamente Kate. «E tu?»

    La bella bocca dal taglio deciso si incurvò impercettibilmente. «Sono qui per affari.»

    Lei si sforzò di sorridere. «Un bel posto, per occuparsi di lavoro» commentò.

    «Dipende da che lavoro è» le fece osservare lui. Poi, con una sfumatura grave nella voce domandò: «Non ci presenti?».

    Kate sentì la gola diventare secca di colpo. Deglutì. «Oh, certo. Ti presento mio figlio Nick. Nick, questo è un mio vecchio amico, il signor Sutherland.»

    Nick tese la mano. «Piacere, signor Sutherland» salutò, con una certa solennità.

    Le dita lunghe e abbronzate di Patric si chiusero sulle sue. «Il piacere è mio, Nick. Quanti anni hai?»

    «Quasi sei» rispose il bambino, prima che Kate riuscisse a fermarlo. «Li compio il trentuno di ottobre, fra cinque settimane.»

    Lei non si fece nessuna illusione. Dietro allo sguardo impassibile, la mente acuta di Patric stava già lavorando febbrilmente. Un'ondata di angoscia e di disperazione rischiò di travolgerla. Doveva dirgli subito la verità, pensò Kate, e vedere così sfumare anche l'ultima illusione, quella che non aveva osato ammettere neppure a se stessa.

    Benvenuta nella realtà. Meglio tardi che mai.

    «Be', Nick, devo dire che sei piuttosto alto, per la tua età» commentò Patric con aria pensosa.

    «Sì.» Nick sorrise, compiaciuto. Di solito, non dava confidenza agli estranei, ma neppure lui era immune al fascino di Patric. «Presto sarò anche più alto della mamma. Lei compie venticinque anni in febbraio, ma il signor Frost dice che sembra mia sorella.»

    «Il signor Frost ha ragione» approvò Patric con un sorriso. «Chi è?»

    «Il mio maestro.»

    Le spiegazioni stavano diventando fin troppo specifiche. Kate cercò in fretta di interromperle. «Che genere di affari ti ha portato fin qui, Patric?»

    Il suo nome le uscì dalle labbra a fatica. Per sette lunghi anni aveva evitato con cura di pronunciarlo. Un modo come un altro per erigere una barriera fra sé e il passato.

    «Sono venuto a ispezionare un'impresa che intendo rilevare» spiegò lui magnanimo. «E voi, come mai siete qui?»

    «Lei ha vinto un viaggio premio» spiegò Nick, alzandosi di dieci centimetri.

    Arrivò la cameriera, con il vassoio colmo. Kate sospirò di sollievo e sorseggiò il suo tè.

    Ma Nick non aveva finito. «Ha inventato uno slogan su una limonata, e così abbiamo vinto sette giorni nel Paradiso del Surf, e il biglietto gratuito per tutti i parchi divertimenti della zona. Siamo venuti adesso perché è vacanza. Devo andare a scuola, quando torniamo a casa.»

    «Capisco» osservò Patric, e mise a dura prova l'equilibrio di Kate con una sola occhiata. «Ti faccio i miei complimenti.»

    Nick si gonfiò ancora di più. «Lei non ha dei bambini come me, signor Sutherland?» chiese.

    Patric si irrigidì. «No» rispose. «Non ho una moglie, capisci? La mia è andata in cielo tre anni fa.»

    Laura? «Mi dispiace» sussurrò Kate, colpita.

    «Già» disse lui. Si rivolse di nuovo a Nick. «Ti è piaciuto questo parco divertimenti?»

    Il bambino si illuminò. «Moltissimo.» Rivolse alla madre un'occhiata divertita. «Ma a lei non piacciono molto le montagne russe.»

    «E a te sì?»

    «Io le adoro!» esclamò lui con tanto entusiasmo che anche due persone sedute al tavolo vicino gli sorrisero.

    Kate sentì il cuore gonfiarsi d'orgoglio. Suo figlio si era sempre attirato senza fatica la simpatia di tutti. Quando lo portava a passeggio in carrozzina la gente la fermava per ammirarlo. Più tardi, Nick era felicemente passato dal nido alla scuola materna combinando l'acuta intelligenza e la formidabile volontà con un carattere straordinariamente aperto e solare.

    Gli occhi di Patric si soffermarono ancora per un attimo sui lunghi capelli ramati di Kate. Poi si rivolsero di nuovo al bambino. «Mi sorprende che tu sia riuscito a farla salire lassù, Nick. Ha sempre sofferto di vertigini.»

    «Ho dovuto insistere molto» confessò lui, e si fermò per un attimo a riflettere. «Lei conosceva la mamma? È per questo che è venuto qui?»

    «Sì, la conoscevo molto bene. Quando aveva quattordici anni, venne a vivere con gli zii e i cugini nel ranch di mio padre.»

    «A Tatamoa, nella Poto Valley?» chiese Nick, che era stato evidentemente informato. «La mamma mi ha raccontato tante cose. Quando sarò più grande mi ci porterà... Abitava lì anche lei?»

    Patric scrollò la testa. «No, abitavo ad Auckland con la mia famiglia, ma tornavamo ogni estate per le vacanze.»

    «Ci ha visto da lontano quando eravamo sulle montagne russe?» chiese Nick, con l'innocente spontaneità tipica dei giovanissimi.

    «Sì, vi ho visto dalla terrazza del ristorante vicino, e ho pensato che sarebbe stato un peccato non venirvi a salutare.»

    La spiegazione parve a Nick perfettamente sensata. Annuì e incominciò a sorseggiare il suo succo d'arancia. Intanto, Kate rifletteva. Dunque, pensò con un brivido, Patric li aveva attesi all'uscita di proposito.

    Era ora di mettere fine

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