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La donna dello sceicco (eLit): eLit
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E-book166 pagine2 ore

La donna dello sceicco (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO
Faye Lawson non ha alternative: l'unico modo per salvare il fratello dalla bancarotta e dalla prigione è rivolgersi a lui, lo sceicco Tariq Shazad. Tariq non si sarà assolutamente dimenticato della loro travolgente e contrastata storia d'amore, della cui fine la considera responsabile. Come reagirà vedendola?
LinguaItaliano
Data di uscita1 ago 2019
ISBN9788830503014
La donna dello sceicco (eLit): eLit
Autore

Lynne Graham

Lynne Graham vive in una bellissima villa nelle campagne dell'Irlanda del Nord.Lynne ama occuparsi della casa e del giardino, soprattutto nel periodo che lei considera il più magico dell'anno, il Natale.

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    Anteprima del libro

    La donna dello sceicco (eLit) - Lynne Graham

    successivo.

    1

    Nella sua villa nel sud della Francia, il principe Tariq Shazad ibn Zachir, regnante assoluto del Jumar, stato del Golfo reso ricco dal petrolio, mise da parte il cellulare e rivolse la sua attenzione al suo più fedele assistente, Latif.

    «C'è qualcosa che non va?» Abile nel capire gli altri, Tariq aveva notato la tensione sul viso dell'uomo.

    «Sono dolente di doverla disturbare con questo argomento...» Latif appoggiò sul tavolo una cartella con aria di scusa. «Ma sentivo di doverlo sottoporre alla sua attenzione.»

    Il documento era un dettagliato rapporto del capo della polizia del Jumar. Scorrendo fino al nome dello straniero che era stato imprigionato per crediti inesigibili, l'uomo raggelò: si trattava di Adrian Lawson, il fratello maggiore di Faye, un altro Lawson colpevole di disonestà e inganno!

    Nel leggere la spiegazione dei fatti che avevano portato all'arresto di Adrian, il suo volto forte e affilato si irrigidì per il disgusto. Come aveva potuto il fratello di Faye fondare una ditta di costruzioni per derubare i cittadini che lui, Tariq ibn Zachir, aveva giurato di proteggere?

    Ricordi ancora forti si agitarono in lui, ricordi spiacevoli che Tariq aveva cercato di dimenticare negli ultimi dodici mesi. Quale uomo vorrebbe ricordarsi del suo errore più grande?

    A differenza di molti altri rampolli reali del Medio Oriente, non era stato educato in Occidente. Era stato invece allevato come i suoi antichi predecessori: scuola militare, tutori, prove di sopravvivenza nel deserto con le forze speciali britanniche. All'età di ventidue anni, provetto pilota ed esperto in ogni possibile forma di combattimento, Tariq aveva finalmente convinto suo padre che, anche se l'abilità nel guidare il suo futuro popolo nella battaglia era importante, cento anni di pace al loro interno e con i loro vicini potevano suggerire che forse una laurea in economia sarebbe stata molto più utile.

    Tariq aveva presto scoperto un talento naturale per il mondo degli affari e aveva arricchito le casse di uno stato già immensamente ricco.

    E con il suo ingresso nella cultura più liberale d'Europa, Tariq aveva anche imparato a conoscere i costumi delle donne occidentali. Ma nonostante questo, era stato ugualmente colpito come un facile bersaglio quando aveva incontrato Faye Lawson...

    «Come desiderate che mi comporti in questa circostanza?» lo sollecitò Latif.

    «Non ci sono azioni da intraprendere. Lascia che la legge faccia il suo corso» gli rispose Tariq.

    «Sembra improbabile che Adrian Lawson riesca a procurarsi il denaro necessario per ottenere il proprio rilascio» commentò Latif.

    «Allora può marcire in carcere.» Dopo un lungo silenzio, il principe aggiunse: «Sì, so cosa faccio...».

    Anche se a disagio per quella risposta, l'anziano Latif si inchinò e si allontanò.

    Consapevole del motivo di quell'ansia, Tariq considerò la propria posizione con triste disapprovazione: il suo fiero orgoglio, la sua furia per essere stato incastrato un tempo si erano interposti tra lui e il buonsenso. Ma era ora di troncare del tutto il suo legame con Faye Lawson e di andare avanti.

    Avrebbe dovuto farlo già da un anno. Non era una situazione che poteva rimanere irrisolta. In particolare, non adesso che aveva la responsabilità di crescere tre bambini.

    Mettendo da parte la cartella su Adrian Lawson, senza avere letto oltre la prima pagina, Tariq si agitò sulla sua sedia come una tigre insofferente, gli occhi scuri minacciosi e duri come l'acciaio. I fratelli Lawson e il loro rozzo patrigno Percy erano un trio scaltro e avido, privo di scrupoli morali quando si trattava di ottenere un profitto economico. Quanti altri uomini Faye aveva preso per polli? Quante vite aveva rovinato Percy con il ricatto? E ora anche Adrian. Persone del genere dovevano essere punite.

    Un sorriso gelido gli affiorò alle labbra: non c'era ragione per cui non dovesse prendersi la rivincita in nome della giustizia. Non c'era motivo per cui lui non dovesse approfittare della situazione e divertirsi un po' allo stesso tempo...

    Faye stava seduta accanto al patrigno sul sedile posteriore del taxi, immersa in un silenzio assoluto. Piccola e di corporatura esile, era sovrastata dal corpo massiccio dell'uomo accanto a lei.

    Era solo metà mattina, ma faceva caldo, e dopo il lungo volo notturno da Londra era esausta.

    Il taxi che sfrecciava per le strade ampie e antiche della città di Jumar li stava portando alla prigione dove suo fratello Adrian era rinchiuso. Se non fosse stata così preoccupata per Adrian e se il denaro non fosse stato così limitato, avrebbe rifiutato di dividere quel taxi con Percy Smythe.

    I legami familiari erano sempre stati molto importanti per lei, ma sapeva che non avrebbe mai perdonato Percy per averla trascinata con sé nel fango, distruggendo la fiducia che il principe Tariq ibn Zachir aveva avuto in lei.

    «Questa è una perdita di tempo.» La faccia grassoccia e sudata di Percy denotava impazienza. «Devi andare a trovare il principe Tariq e chiedergli di liberare Adrian!»

    «Non potrei...» Faye si sentì gelare, pallida sotto la cascata di capelli biondo chiaro.

    «E come ti sentirai se in quel carcere Adrian contrarrà qualche orribile malattia e ci lascerà la pelle?» le domandò Percy con brutale franchezza. «Sai che non è mai stato forte!»

    Una fitta di paura le contrasse lo stomaco. Da bambino, Adrian aveva avuto la leucemia e, anche se si era ripreso, aveva ancora la tendenza a prendere ogni bacillo di passaggio. La sua salute incerta gli aveva definitivamente distrutto la carriera militare, costringendolo a rivedere il proprio futuro e a lanciarsi nell'impresa commerciale che lo aveva portato al suo attuale stato di difficoltà.

    «Gli Affari Esteri ci hanno assicurato che lo stavano trattando bene» ricordò Faye agitata.

    «Finché non è stato rinchiuso in cella! Se io fossi un uomo superstizioso penserei che il tuo guerriero del deserto ha lanciato una maledizione su tutti noi l'anno scorso» si lamentò amaramente Percy. «A quel tempo stavo andando bene, facevo soldi in fretta, e ora sono praticamente rovinato!»

    Proprio come meriti di essere, rifletté cupa Faye. Il suo patrigno avrebbe calpestato chiunque e fatto qualunque cosa pur di guadagnare soldi. Ma c'era una sorprendente eccezione a questa regola: Adrian in qualche modo gli era diventato caro quanto un vero figlio. Era ironico pensare che Percy aveva dovuto sacrificare la sua stessa sicurezza nel cercare invano di mantenere a galla gli affari di suo fratello.

    La prigione si trovava al di fuori dei confini della città, ospitata in una cupa fortezza circondata da alte mura e torri di vedetta. Dovettero aspettare un po' prima di essere introdotti in una stanza dove una fila di sedie era disposta di fronte a una parete divisoria di vetro. Faye si rese conto che tra reclusi e visitatori non erano permessi né privacy né contatto fisico.

    Uno shock ancora più grande fu l'apparizione di Adrian. Aveva perso molto peso e gli indumenti da carcerato gli ciondolavano sul corpo magro. Il pallore tirato dei suoi tratti la allarmò: suo fratello non sembrava stare per niente bene. Gli occhi arrossati erano tesi e si rifiutavano di guardarla.

    «Non saresti dovuta venire, sorellina» mugolò Adrian al telefono fornito per la comunicazione. «Questo è un mio problema. Sono troppo arrogante e mi sono sopravvalutato, ho lasciato che Lizzie spendesse come se non ci fosse un domani. È il modo in cui vive la gente qui... esci quasi di testa nel tentativo di reggere...»

    Percy strappò il ricevitore a Faye e ringhiò: «Quando tornerò in patria mi rivolgerò alla stampa e solleverò un tale casino che dovranno farti uscire da questo buco d'inferno!».

    «Sei pazzo?» mormorò Adrian, osservando il patrigno con palese orrore.

    Faye riprese il telefono, gli occhi blu pieni di ansia. «Non possiamo trovare il denaro di cui hai bisogno per uscire di qui. Scesi dall'aereo abbiamo incontrato il tuo avvocato che ha detto che non poteva fare più niente per te e che il caso era chiuso. Devi dirci che altro possiamo fare per opporci a questa situazione.»

    «Niente. Non ti ha detto l'avvocato che non c'è diritto di appello in un caso come il mio? Come se la cavano Lizzie e i ragazzi?»

    Al nome di sua cognata, Faye si irrigidì perché non aveva buone notizie.

    «Lizzie non mi ha mandato neanche una lettera...» riferì Adrian cercando di interpretare lo sguardo evasivo della sorella.

    «È molto giù...» Faye odiava aumentare la sua pena con quell'ammissione. «Mi ha chiesto di dirti che ti ama ma che al momento per lei è molto difficile accettare questa situazione.»

    Gli occhi di Adrian si inumidirono e lui distolse il viso, deglutendo forte per riprendere il controllo.

    Faye ricacciò indietro le lacrime davanti all'angoscia del fratello e si affrettò a cambiare argomento. «Come te la cavi? Ti trattano bene?»

    Era intimidita dai due agenti armati che osservavano ogni loro singolo movimento.

    «Non ho motivo di lamentarmi... a parte il fatto che è un inferno perché odio il cibo di qui, e in più continuo ad ammalarmi.» La voce convulsa del fratello venne meno. «Ma qualunque cosa tu faccia, non permettere a Percy di andare a lamentarsi coi giornalisti, perché questo potrebbe segnare la mia fine. La gente di qui considera ogni critica al Jumar come una critica al loro regnante, quello schifoso donnaiolo del principe Tariq.»

    Con un movimento brusco, uno degli agenti armati si fece avanti con aria offesa e strappò il telefono ad Adrian.

    «Cosa c'è... che succede?» Faye fu presa dal panico.

    Adrian venne scortato verso la porta attraverso la quale era entrato e scomparve alla loro vista.

    «Scommetto che lo stanno portando via per picchiarlo.» Percy era esterrefatto.

    «Ma nessuno dei due ha messo una mano su Adrian.»

    «Non di fronte a noi... ma come sai che cosa gli stanno facendo ora?»

    Attesero dieci minuti nella speranza che Adrian riapparisse. Al suo posto, entrò invece un uomo in uniforme dallo sguardo severo.

    «Voglio sapere cosa sta succedendo qui» lo aggredì Percy.

    «Le visite sono un privilegio che concediamo ai parenti, non un diritto per legge. La vostra visita ha avuto termine perché non permettiamo che il nostro onoratissimo regnante sia oggetto di termini offensivi. Permettetemi di assicurarvi che noi non malmeniamo i prigionieri. Il Jumar è un paese civilizzato e umano. Potete chiedere un'altra visita in questa settimana.»

    Per tutto il viaggio di ritorno, Percy inveì in preda a un'ira frustrata. Faye fu grata del fatto che il conducente del taxi sembrasse non capire una parola della feroce invettiva di Percy contro il Jumar e tutto ciò che lo riguardava.

    Sparlare di Tariq in un posto pubblico equivaleva ad attirarsi un'aggressione fisica. Mentre il suo patrigno si dirigeva al bar dell'albergo, Faye entrò in ascensore per fare ritorno nella propria stanza.

    Tutto ciò che riusciva a vedere era la disperazione sul volto tirato di suo fratello.

    Faye si sedette ai piedi del letto con gli occhi fissi sul telefono di fronte a lei.

    «Il numero si ricorda facilmente» le aveva detto Tariq una volta. «Siamo stati i primi ad avere il telefono in Jumar. Devi semplicemente digitare uno per contattare il centralino del palazzo.»

    Faye chiuse per un attimo gli occhi smarriti, lacerata dal dolore, il rimpianto e l'amarezza. Le piacesse o no, il principe Tariq ibn Zachir sembrava l'unica possibilità che era loro rimasta. In molti altri paesi Adrian sarebbe stato dichiarato in bancarotta, non imprigionato per debiti come un criminale. Ma lì la legge era quella.

    Non poteva fare altro che rivolgersi a Tariq e supplicarlo di patrocinare il caso di suo fratello. Il principe avrebbe sicuramente potuto fare qualunque cosa...

    Che importanza aveva se implorare Tariq la faceva sentire umiliata? Come poteva dare al proprio orgoglio un valore maggiore del benessere di suo fratello?

    Sentendosi sui carboni ardenti, Faye rifletté misurando a grandi passi la stanza. Tariq avrebbe acconsentito anche solo a vederla? Come poteva chiedere un favore così grande a un uomo che disprezzava sia lei sia il suo patrigno?

    Il Jumar non era un posto adatto a lei: anche l'aria sembrava odorare

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