La tentazione di restare: Harmony Bianca
Di Tina Beckett
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Sull'isola su cui sono cresciuti, quattro dottori lottano per realizzare i propri sogni. E per convincere una donna a restare
Dopo aver perso il fidanzato, la psicologa Lea Risi non ne vuole sapere di complicazioni sentimentali. Ma aiutare la piccola comunità greca di Mythelios a rialzarsi dopo un terribile terremoto, e soprattutto conoscere il dottor Deakin Patera, scardina ogni sua più ferrea certezza. Giorno dopo giorno il feeling professionale con Deakin e la loro naturale chimica diventano sempre più forti, creando un legame che sarà difficile da spezzare per entrambi. Infatti Lea, alla scadenza del suo contratto, dovrà lasciare l'isola; ha un futuro ancora tutto da realizzare e un passato da lasciarsi alle spalle. Riuscirà Deakin a trovare la chiave per aprire il suo cuore e convincerla a restare?
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Anteprima del libro
La tentazione di restare - Tina Beckett
successivo.
Prologo
Le immagini che si susseguivano sullo schermo del televisore erano... orribili.
Deakin Patera fu assalito dall'angoscia mentre cercava di capire le parole. Nel baccano del bar faticava a sentire la voce dello speaker ma conosceva quel paesaggio come le sue tasche. Il testo che scorreva alla base dello schermo gli disse tutto quello che c'era da sapere.
Un'isola greca colpita da un terremoto d'intensità otto virgola uno. Centinaia di feriti, non si sa ancora quanti morti. Risultano anche numerosi dispersi...
Chi?
Al diavolo! Chi?
Estrasse il cellulare e controllò gli ultimi messaggi. Ce n'era uno di sua zia.
Salva per ora. Aspettiamo le scosse di assestamento. Grazie al cielo non ci sono danni alla casa. Dove sei?
Nessun danno alla casa, a differenza dell'ultima volta.
Si passò il palmo sulla pelle ruvida del collo, il segno di un altro danno che lo aveva marchiato per sempre.
Rispose con un breve messaggio.
Per fortuna sei sana e salva. Sono in Africa, in missione medica. Notizie degli altri?
Sua zia avrebbe capito subito di chi stava parlando: del suo migliore amico da quando erano bambini. Si erano associati per aprire una clinica sulla loro isola natale... proprio come i loro genitori si erano uniti in società per fondare la Mopaxeni Shipping, la compagnia di navigazione che li aveva arricchiti.
Da qualche tempo non frequentava molto la clinica, tuttavia Theo lo teneva informato sulla situazione. In tempi tranquilli il loro fondo comune per la clinica copriva ogni spesa, ma quella catastrofe lo avrebbe prosciugato.
Continuò a seguire le notizie sullo schermo mentre scorreva nervosamente i contatti del suo cellulare.
Come conseguenza delle scosse di terremoto, si temevano mostruosi tsunami nel mare. Sua zia non ne aveva parlato e non aveva nemmeno risposto alla domanda sugli amici.
Gli inviò un altro messaggio: Tsunami?
Ricevette subito la risposta.
Non ancora, grazie al cielo. Ma siamo ben protetti, le onde non dovrebbero fare danni. Ho inviato un messaggio a Theo. Chris e Ares non sono sull'isola. La pista dell'aeroporto è distrutta. Per il momento non ci sono voli né in arrivo né in partenza.
Nessun volo. Be', almeno potevano scambiarsi messaggi. Il servizio non era ancora stato bloccato dalle migliaia di persone che volevano notizie dai loro cari.
Sua zia non sapeva nulla di Theo. Dove poteva essere?
In quel momento il cellulare cominciò a vibrargli in mano e sullo schermo comparve il nome della persona che lo chiamava. Esattamente quella che stava cercando.
Grazie al cielo!
Inviò un ultimo messaggio a sua zia. Aspetto altre notizie.
Poi rispose alla telefonata.
«Theo, sono felice di sentirti!»
«C'è poco da essere felici. Hai saputo del terremoto?»
Il suo amico era ferito? La clinica distrutta?
«Sto guardando un reportage in TV. È veramente terribile come sembra?»
«Se stai parlando dell'isola, sembra che l'abbiano passata al tritacarne. Dove sei?»
«In Africa. Mi resta un mese e qualche giorno di contratto.»
«Cerca di liberarti, allora. Mythelios ha bisogno di te.»
«No, l'isola sta benissimo senza di me. Anzi, sta meglio.»
Deakin sentì un sospiro all'altro capo della linea. «Vuoi farla finita con questa storia? Sono passati secoli. Le persone coinvolte hanno già dimenticato tutto.»
Deakin si massaggiò di nuovo il collo. Neanche se non si fosse più guardato allo specchio sarebbe riuscito a cancellare quelle immagini dalla mente. E nemmeno il sorriso del suo amico un attimo prima che il mondo gli esplodesse in faccia.
«La famiglia di Ville ha lasciato l'isola dieci anni fa. In ogni caso non ha importanza.»
Deakin cominciò a borbottare qualche altra scusa ma Theo lo prevenne.
«Niente storie, Deak. Ne abbiamo già parlato. Smetti di piangerti addosso, una volta tanto. È ora che ti decida. Torna a casa. Prima verrai, meglio sarà per tutti.»
1
Lea Risi fu sorpresa dalla quantità di persone presenti nell'atrio della clinica. Era passato soltanto un mese dal terremoto e l'afflusso dei feriti non era ancora cessato.
La clinica, con il suo meraviglioso giardino, era un punto di riferimento per tutti gli abitanti dell'isola. Lea aveva faticato a trovare un luogo tranquillo per ascoltare i pazienti ancora sotto shock. La sua vacanza era finita da un pezzo e i suoi risparmi si stavano assottigliando. Doveva sbrigarsi a decidere se voleva partire o meno.
Non subito, in ogni caso.
Un uomo con arruffati capelli neri e il viso coperto da una barba di tre giorni fece il suo ingresso nell'atrio. La sua stanchezza non sembrava soltanto fisica. Guardò lentamente da una persona all'altra e ne salutò alcune stringendo loro la mano; lo scambio fu rapido, senz'ombra dei calorosi convenevoli in uso presso gli abitanti di Mythelios.
Finalmente si accostò al banco ma non prese la penna per firmare la richiesta di accettazione. Voltò la prima pagina del registro dei pazienti e cominciò a studiare le note.
Un segnale di allarme squillò nella mente di Lea. Non era insolito che un paziente scorresse la lista degli altri per sapere quanto sarebbe durata l'attesa. Ma il comportamento dello sconosciuto era inquietante, le dava i brividi.
Quando le lunghe dita girarono un'altra pagina, decise di entrare in azione. Scusandosi con un'anziana signora per averle inavvertitamente urtato la spalla, corse presso l'uomo e posò la mano sul registro.
«Le occorre qualcosa?»
Lui alzò lo sguardo dalla pagina e corrugò la fronte. «Sto controllando quanti pazienti sono stati ricevuti oggi.»
Le parole borbottate dall'uomo non sembravano di scusa. Non aveva l'aria di un ficcanaso che si impiccia degli affari altrui. Al contrario, si comportava come se avesse il diritto di leggere quei registri. Ma Lea non lo riconosceva. Quegli zigomi alti le sarebbero rimasti impressi nella mente, come il leggero bernoccolo sul naso altrimenti diritto.
Anche se mancava...
Qualcosa.
Nonostante la barba, la mascella robusta dell'uomo era chiaramente visibile. Sembrava indubbiamente un tipo deciso. Tuttavia Lea non riusciva a definire con precisione quel qualcosa.
Tornò a guardare la zona della reception. Era ancora affollata. Qualche persona era in lista e aspettava di essere ricevuta, ma altre cercavano soltanto la rassicurante presenza della clinica per sentirsi protette.
Si rivolse allo sconosciuto, anche se probabilmente non avrebbe dovuto. In fin dei conti non si era ancora presentato.
«Potrei chiederle che cosa cerca in particolare?»
«Credo di averglielo già spiegato, signora...»
Lei alzò la testa. «Sono la dottoressa Risi.»
«Non sapevo che la clinica avesse assunto un nuovo medico.» La voce sembrava diventata un po' meno ruvida. «Dov'è Petra?»
«Sua madre non si sente bene dal giorno del terremoto. Petra ha approfittato della pausa di mezzogiorno per andare a darle un'occhiata.»
Come faceva a conoscere il nome della segretaria? Be', in fin dei conti tutti gli abitanti dell'isola sembravano conoscersi a vicenda.
Ora l'uomo stava nuovamente sfogliando le pagine dei pazienti. «Non vedo una lista di sintomi o ferite.»
«Non c'è. Siamo nel caos e cerchiamo di organizzarci. Prima di tutto ci occupiamo dei pazienti più gravi. Mettiamo quelli stabili ma bisognosi di un medico in una zona d'attesa secondaria in giardino.»
Il cortile della clinica dava su un vasto giardino di fronte al mare. La minuscola zona di cura riservata a Lea si trovava alla fine di un sentiero, protetta su due lati da tralicci coperti di rampicanti. Era il luogo perfetto nel quale ricevere i pazienti che presentavano i sintomi del disturbo da stress post-traumatico.
Le persone nell'atrio della clinica non erano le sole a cercare un punto di riferimento. Era venuta in Grecia precisamente per quel motivo e si era trovata sull'isola quando il terremoto l'aveva colpita. Così si era fermata per aiutare.
Fu richiamata al presente da uno sbuffo dell'uomo che le stava di fronte.
«Che cosa c'è?»
«Niente.»
In quel momento Lea ricordò che ignorava ancora chi fosse. Per quanto ne sapeva, poteva anche essere un paziente psichiatrico.
«Vuole lasciare un messaggio per Petra?»
Lui si accigliò. «Theo... il dottor Nikolaides... non è ancora tornato?»
Theo si era appena fidanzato. Il suo travolgente idillio con Cailey era stato una buona notizia per la clinica, forse una delle ragioni per le quali ora c'era più gente del solito. Sembrava che gli abitanti dell'isola volessero vedere la coppia per partecipare alla sua felicità, pur essendo in pieno dramma. Cailey era incinta quasi di due mesi e il bambino era diventato un simbolo di speranza.
«Si è preso una meritata giornata di vacanza. Ha un appuntamento?»
Forse era veramente un paziente.
«Non esattamente.» Le labbra dello sconosciuto si incresparono in un mezzo sorriso che le stimolò all'istante il battito cardiaco. «Mi ha chiamato. In pratica mi ha detto che, se non tornavo subito a casa, ero un egoista senza cuore.»
A casa...
A casa?
Finalmente il sospetto si concretizzò nella mente di Lea. «Abita qui?»
Stavolta l'uomo sorrise sul serio e scordò i fogli mentre si voltava a guardarla. «Non abito nella clinica, se è questo che vuole dire.»
«Non intendevo questo, ma...»
Lea si scoprì a corto di parole. Un evento del tutto insolito, dato che era pagata per parlare. No, non esattamente. Amava ascoltare, capire... aiutare.
Sebbene non potesse aiutare tutti.
No, non pensarci. Non adesso.
Qualcosa le toccò la mano. «Ehi. Tutto bene?»
«Sì.» Lea si costrinse a sorridere. «Sono soltanto stanca. E ho scordato di chiedere il suo nome.»
«Ah, sì. Mi scusi, credevo che mi conoscessero tutti.» Un'ombra passò sugli occhi castani nell'uomo e svanì quasi subito. «Sono Deakin Patera. Uno dei quattro soci fondatori della clinica.»
Santo cielo, avrebbe dovuto capirlo. Theo l'aveva informata dell'imminente arrivo del dottor Patera. Ma non si era aspettata un uomo che sembrava uscito dalla copertina di una rivista di trekking. Si sarebbe dovuto presentare prima, enfatizzando il suo titolo come aveva fatto lei.
«Mi scusi. Non l'avevo riconosciuta.»
Lui si passò una mano fra i capelli. «Niente di male. Ho fatto un