La scommessa dell'erede: Harmony Destiny
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Jennifer Lewis
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La scommessa dell'erede - Jennifer Lewis
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Trap So Tender
Harlequin Desire
© 2013 Jennifer Lewis
Traduzione di Rita Pierangeli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-475-7
1
Il suo avversario era un bell’uomo. Occhi grigio ardesia, capelli scuri e lineamenti aristocratici – in tutto e per tutto il tipico nobiluomo scozzese.
Strinse la mano che le veniva tesa. «È un piacere conoscerla. Sono Fiona Lam.»
«James Drummond.»
Lo so. Gli rivolse un sorriso soave. La stretta della mano dell’uomo era salda e la pelle era fresca al contatto. La sua, invece, scottava, e dovette imporsi di non ritirarla. Il brulichio del sontuoso cocktail party, offerto da una banca internazionale, ronzava intorno a lei ma, per chissà quale motivo, tutto sbiadiva in sottofondo. «Sono nuova a Singapore. Mi sono appena trasferita da San Diego.»
«Davvero?»
«Ho venduto la mia prima azienda e sono a caccia di nuove opportunità. Lei lavora qui?»
«A volte.» Lui continuava a tenerle la mano. Demonio impudente. Non c’era da stupirsi che godesse fama di dongiovanni. «Ho una casa in Scozia» continuò.
La grande proprietà terriera di cui lei aveva sentito parlare. Non le interessava. Invece, avrebbe voluto recuperare la mano. Era sempre più calda e uno sgradevole formicolio le si stava diffondendo lungo il braccio. Diede uno strattone deciso e lui le lasciò andare le dita con l’ombra di un sorriso.
Fiona si trattenne dallo scuotere la mano. «Mi dicono che la Scozia è bella.»
«Se le piacciono la nebbia e l’erica» replicò lui. Il suo sguardo d’acciaio era imperturbabile. Non c’era da stupirsi che intimidisse i suoi avversari d’affari.
«A lei non piacciono?»
«Le ho ereditate. Non è indispensabile che abbia un’opinione. Posso prenderle qualcosa da bere?»
«Champagne.» Fiona sospirò di sollievo quando lui si voltò per cercare un cameriere. Quell’uomo riusciva a turbarla. Le stava bene così. Non era tenuta a farselo piacere.
Doveva solo ottenere di piacere a lui.
Lui tornò con due bicchieri e gliele porse uno. Nessuno l’aveva avvertita che era un così bell’uomo. Era un po’ più che sconcertante. A quanto le risultava, i plutocrati della finanza erano di solito uomini sulla sessantina, con ciuffi di peli che gli uscivano dalle orecchie. Bevve un sorso di champagne, poi si sforzò di non starnutire quando le bollicine le solleticarono la gola. Non era una patita di bevande alcoliche ma voleva dare l’impressione di non stonare nel mondo rarefatto di James Drummond.
Lui sollevò il mento dalla linea marcata. «Che cosa la porta a Singapore?»
«Sto esaminando un paio di offerte di lavoro.»
«Anch’io sono in affari. Di cosa si occupa?»
«Ho appena venduto un’azienda che produce decalcomanie. Smileworks.» Di solito il nome faceva sorridere la gente. Faceva sorridere lei, ed era ancora triste per averla venduta, ma non per tutto il denaro che le aveva fruttato.
«Congratulazioni. Ho letto che è stato un colpo davvero formidabile.»
La scintilla di interesse nei suoi occhi era più vivida. Fiona avvertì una lieve ondata di orgoglio... o era piacere? «Grazie. È stato divertente far crescere la Smileworks, ma più di così non avrei potuto fare.»
«E adesso?» James si protese in avanti, chiaramente incuriosito.
Lei alzò le spalle, seccata nell’accorgersi che i suoi capezzoli si erano induriti sotto l’abito da cocktail nero, e si augurò che lui non lo notasse. «Non so ancora. Tutto dipende da cosa accenderà da oggi in poi la mia immaginazione.»
Nel suo completo grigio scuro, James Drummond accendeva la sua immaginazione in ogni genere di direzioni deprecabili. Il suo aspetto era così impeccabile che la prospettiva di strappargli via l’immacolata camicia bianca o di infilargli le dita nei capelli perfettamente pettinati, era una sfida stuzzicante.
Era saggio andare a letto con un avversario? Probabilmente no, ma non c’era niente di male a flirtare un po’. Doveva conquistarsi la sua fiducia, quindi escogitare come ricomperare – o rubare – la fabbrica di suo padre.
Bevve un altro sorso di champagne. Doveva restare concentrata. Suo padre aveva bisogno di lei, e lei aveva finalmente l’occasione di dimostrargli di volergli bene. Non era colpa sua se era cresciuta a novemila miglia di distanza, chiamando papà un altro uomo. Non era stata lei a pianificare le prime due decadi della sua vita, ma aveva preso il controllo delle successive e intendeva porre riparo ad alcuni dei torti che erano stati commessi contro Walter Chen. A cominciare da quelli perpetuati da un certo James Drummond.
Lasciarono il cocktail party insieme, e l’autista di James li portò da Rain, il ristorante più chic di tutta Singapore, dove persino un uomo potente come James Drummond doveva esercitare parecchia influenza per ottenere un tavolo.
«È un locale straordinario. Non immaginavo che Singapore avesse una vita notturna così intensa.» Fiona si guardò in giro, ammirando l’arredamento minimalista. «È ovvio che devo uscire più spesso.»
«Devono fare in modo che i clienti siano soddisfatti, altrimenti cambierebbero locale.»
James si sedette di fronte a lei, piacevolmente sorpreso di cenare con una bella donna entrata nella sua vita da un’ora soltanto. Fiona aveva tutta la sua attenzione. La sua azienda, la Smileworks, aveva avuto un successo internazionale con i suoi insoliti disegni grafici e la proposta di superfici alternative alle quali appiccicare le decalcomanie... come le pareti. Che lei l’avesse già venduta, incassando più denaro di quanto la maggior parte della gente ne guadagnava in una vita, era impressionante.
Per di più, oltre che intelligente era anche bella, con grandi occhi scuri sormontati da sopracciglia lievemente arcuate, e una bocca piena che supplicava di essere baciata. Il suo accento americano l’aveva sorpreso, e non faceva che stuzzicare ancora di più la sua curiosità. Era esattamente il genere di donna con la quale poteva vedersi sposato.
E lui doveva sposarsi.
Il cameriere diede loro i menu. James la osservò abbassare le ciglia mentre studiava il suo. Quando alzò la testa, lo trafisse con quei suoi occhi luminosi. «Che cosa mi consigli?»
«Ho sentito dire che è tutto buono, ma posso consigliarti i ricci di mare locali.»
Fiona sgranò li occhi. «Non avevo idea che fossero commestibili.»
Il cameriere gli mostrò una bottiglia del suo vino preferito e James annuì. Quando se ne fu andato, dopo aver riempito i loro bicchieri, James si sporse in avanti. «L’ultima volta ho preso il piccione. Anche quello era buono. Dipende se vuoi mangiare creature di terra, di mare o d’aria.»
«E se le volessi di stagno?» chiese lei, ridendo.
«L’anatra è molto tenera» rispose James, alzando il proprio bicchiere. «E scommetto che, cucinate da loro, sarebbero buone anche le alghe di stagno.»
«Con un pizzico di sale e di pepe e uno spicchio di aglio?» L’ilarità brillava nei suoi incantevoli occhi mentre prendeva il bicchiere e beveva un sorso. «Questo vino è ottimo.»
«Non può non esserlo, a quattrocento dollari la bottiglia.»
«Passi più tempo a Singapore che in Scozia?» chiese Fiona, spiegando il suo tovagliolo.
«È così. La Scozia non è esattamente un polo internazionale per gli affari.» Era buffo che non gli avesse ancora chiesto che cosa faceva. Un particolare gradito. Essendo nuova a Singapore, era evidente che non aveva idea della sua reputazione, il che era un altro extra. Diventava noioso dover spiegare alla gente che non eri un avvoltoio, e che anche gli avvoltoi avevano un ruolo importante nel ciclo della vita. «Oggi puoi lavorare stando dove più preferisci. Svolgo la maggior parte del mio lavoro via internet.»
«Anch’io, ma non c’è niente come incontrare la gente faccia a faccia.» La faccia di Fiona era incantevole. Pelle vellutata, con una luminosità che contrastava con i folti capelli neri che le scendevano sulle spalle. James avrebbe voluto infilarvi le dita.
E l’avrebbe fatto, se fosse andato tutto secondo i suoi piani.
«È buffo che tu abbia un nome scozzese, quando non c’è niente di scozzese in te.»
Fiona lo guardò con aria di sfida. «Mi piace il tartan. L’altro giorno ho perfino comprato un paio di scarpe di quel tessuto. Cosa c’è di scozzese in te?»
«Bella domanda. Non credo che me l’abbiano mai fatta. Probabilmente sono l’unica persona alla quale piace il whisky di puro malto.»
Lei arricciò il naso. «Sei sicuramente l’unica che io abbia mai conosciuto. L’ho assaggiato una volta e non lo farò mai più.»
«Io stesso lo tratto con il dovuto rispetto, dal momento che ha ucciso molti dei miei antenati.»
«Erano bevitori?»
«Bevitori, attaccabrighe, spericolati, il genere di uomini che va a caccia della punta di una spada con la quale scontrarsi.»
La curiosità che brillava negli occhi di Fiona stimolò l’eccitazione che già gli ribolliva dentro. «E tu non sei come loro?»
«Preferisco impugnarla, la spada.»
James si aspettava una risata o, quantomeno, un sorriso, invece lei parve riflettere sulle sue parole. «Suppongo che sia una posizione più vantaggiosa. Hai paura di fare la fine dei tuoi antenati?»
«Non posso dire di temerlo. Tuttavia, continuo a ricevere email e lettere da una cugina americana che ha deciso che la sua missione è salvare la famiglia Drummond da un’antica maledizione riunendo le tre parti di un calice andato perso.»
«Una maledizione?» ripeté lei spalancando gli occhi. «Credi che ci sia qualcosa di vero?»
«Non credo a questo genere di sciocchezze. Il duro lavoro e il buonsenso sono la cura per la maggior parte delle cosiddette maledizioni.»
«Hai detto che i tuoi antenati continuavano a cacciarsi nei guai. Forse c’è qualcosa in quella leggenda. Dove dovrebbe trovarsi il calice?»
«Stando alla sua ultima email, mia cugina ne ha già trovato due pezzi. Uno era nella casa di famiglia dove lei abita, a New York – è una Drummond per matrimonio – e l’altro è stato trovato in fondo all’oceano, al largo di un’isola in Florida, dove è affondato con una nave pirata trecento anni fa. Lei ritiene che il terzo pezzo sia stato riportato in Scozia da uno dei miei antenati.»
«Che storia interessante.» Fiona si chinò in avanti, regalandogli un soffio allettante del suo profumo. «Hai intenzione di cercarlo?»
La sua eccitazione, così palese, stimolò un pizzico di interesse in James. Si era quasi dimenticato di Katherine Drummond e delle sue suppliche di partecipare alle ricerche. Negli ultimi tempi era stato talmente impegnato da non riuscire nemmeno a ricordare se le aveva risposto. «Non so. Secondo te, dovrei?»
«Assolutamente. È così romantico.»
Romantico andava bene. James stava già accarezzando pensieri romantici su Fiona, il cui vestito da cocktail nero fasciava la snella figura atletica. «È convinta che il terzo pezzo del calice sia nascosto da qualche parte nella mia proprietà in Scozia. Ha perfino offerto una ricompensa per chi lo troverà. Dovrei assumere guardie di sicurezza per impedire che cacciatori di tesori scavino nei miei prati e scavalchino le mura.»
«E non l’hai mai cercato?» chiese Fiona ridendo.
«No. Conosco modi più facili per guadagnare qualche migliaio di dollari.»
«Ma ha tutta l’aria di un’avventura.» Come reazione all’entusiasmo di Fiona, lui sentì salire la temperatura del proprio corpo. Resistette all’impulso di aprire il colletto, diventato di colpo stretto. «Secondo me, dovresti cercarlo. Chissà quali cose favolose potrebbero