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La proposta dell'erede: Harmony Destiny
La proposta dell'erede: Harmony Destiny
La proposta dell'erede: Harmony Destiny
E-book158 pagine2 ore

La proposta dell'erede: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Dominic Hardcastle porta un cognome importante che però non sente suo; è ancora troppo recente, infatti, la scoperta di appartenere a quella potente famiglia. Eppure chi sarebbe così folle da voltare le spalle a ricchezze e prestigio? Tuttavia, essere un Hardcastle comporta degli oneri, come occuparsi di Bella Andrews, una manager poco leale della compagnia che potrebbe rovinare il buon nome del patriarca.

Bella sa benissimo che quell'uomo spettacolare ha scritto addosso pericolo a lettere cubitali. Rappresenta il nemico e una tentazione irresistibile. Ma quando Dominic le fa una proposta, Bella non riesce a dirgli di no.
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2018
ISBN9788858988114
La proposta dell'erede: Harmony Destiny
Autore

Jennifer Lewis

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La proposta dell'erede - Jennifer Lewis

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Millionaire’s Secret Seduction

    Silhouette Desire

    © 2009 Jennifer Lewis

    Traduzione di Lucilla Negro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-811-4

    1

    «Se ne vada, prima che chiami la sicurezza!»

    La voce della donna rimbombò per l’ampio spazio. Dominic Di Bari batté ripetutamente le palpebre per proteggersi dal riverbero del sole che inondava la stanza dall’enorme vetrata.

    A quanto pareva non sapeva chi fosse. Mosse un passo in avanti.

    «Ho detto...»

    «Ho sentito cosa ha detto.» La donna era solo una figura indistinta in fondo alla stanza, di cui lui intravedeva a malapena la sagoma. «Non credo che ci conosciamo.»

    «Il corso per i nuovi venditori è al quattordicesimo piano. Qui siamo al quindicesimo.» Si incamminò verso di lui, producendo un picchiettio di tacchi contro il marmo.

    Dominic aguzzò la vista, ma continuava a non vedere granché. La donna indossava un camice bianco. Computer e altra attrezzatura tecnologica occupavano lunghi tavoli. Il pavimento di marmo bianco esaltava la forte luce del sole del primo pomeriggio.

    «Che cos’è, una specie di laboratorio?»

    «Non sono affari suoi.»

    «Una settimana fa, sarei stato d’accordo con lei.» Prima della strana telefonata che gli aveva stravolto la vita.

    «La avviso che sto per chiamare la sicurezza.» Estrasse un cellulare dal taschino del camice e compose un numero, battendo il piede sul pavimento e guardando dappertutto, tranne che verso di lui.

    Dominic non poté fare a meno di soffermarsi sulle sue lunghe gambe.

    Incrociò le braccia sul petto e represse faticosamente il sorriso che insisteva nel volergli affiorare sulle labbra. A giudicare dalle gambe, doveva esserci nascosto un corpo niente male sotto tutto quel cotone bianco inamidato. Capelli castani dai riflessi dorati le accarezzavano le spalle mentre premeva il telefono contro l’orecchio.

    «Sì, Sylvester, c’è un intruso al quindicesimo piano. Gli ho detto di andarsene, ma non mi vuole ascoltare.» Mentre parlava, gli scoccò un’occhiata ostile. Occhi grigi. «Grazie tante. Te ne sarei grata.» Richiuse il telefono. «La sicurezza sarà qui a breve. Tocca a lei decidere se andarsene o no con dignità.»

    «La dignità può essere noiosa, alle volte.» Si appoggiò contro lo stipite, continuando a guardarla. La rabbia, notò, le rendeva gli occhi incandescenti e le induriva la mascella. «È una ricercatrice?» le chiese.

    «Si dà il caso che sia la vicepresidente del settore cosmetici» puntualizzò, arricciando le labbra con piglio altero.

    «Interessante.» E così l’occhio di Tarrant per le belle donne si estendeva anche su quelle che sceglieva come dipendenti della sua azienda. La sua interlocutrice non sembrava avere più di venticinque anni. Era evidente che un paio di belle gambe avessero la meglio sul curriculum da quelle parti. Ma non c’era nulla di cui meravigliarsi, concluse, considerato quel che sapeva di Tarrant Hardcastle, il bastardo che il test del DNA aveva provato essere il suo padre biologico.

    Udì le porte di un ascensore aprirsi alle sue spalle.

    «È lui.» La donna gli puntò un dito contro. Un dito affusolato, dall’unghia corta, non laccata. Come mai non portava lo smalto, lavorando nel settore cosmetici?

    «Signor Hardcastle.» L’anziano capo della sicurezza, che era stato incaricato di cacciare l’intruso dall’edificio, lo salutò rispettosamente con un cenno del capo.

    Dominic sapeva di doverlo correggere. Era stato Dominic Di Bari per tutta la vita e non aveva intenzione di cambiare nome per accontentare le manie di grandezza di un milionario che aveva improvvisamente bisogno di un figlio.

    Ma essere il signor Hardcastle, in quel momento, gli tornava utile.

    Le carnose labbra della donna si schiusero in un’afona articolazione di stupore. «Che cosa?»

    «Ha sentito, no?» Dominic spostò il peso del corpo da una gamba all’altra. «C’è qualche problema, Sylvester?»

    «La signorina Andrews mi diceva di un intruso.»

    «Credo ci sia un errore.» Dominic parlava lentamente e alla fine lasciò che il sorriso che stava da tempo osteggiando gli affiorasse sulle labbra. «Piacere, Dominic.» Tese la mano verso di lei perché gliela stringesse.

    La donna lo fissò in preda all’imbarazzo e allo sconcerto. Poi fece un passo in avanti e gliela strinse. «Bella Andrews. Non immaginavo... Voglia accettare le mie scuse. Maneggiamo materiale delicato in questo laboratorio e non possiamo consentire che degli estranei...» Non portò a termine la frase.

    «Capisco.» La sua pelle era morbida e levigata. Non poteva essere altrimenti, rifletté, considerata la sua professione. La palma era sudata mentre la teneva stretta nella sua un po’ più del dovuto.

    Gli occhi grigi della signorina Andrews lo fissavano imperscrutabili, non lasciando trapelare nulla circa la natura dei suoi pensieri in quel frangente.

    Quando allentò le dita attorno alla sua mano, lei la ritrasse in fretta e si rivolse alla guardia. «Grazie, Sylvester. E scusa per il disturbo.»

    Rimasero entrambi in silenzio mentre il responsabile della vigilanza se ne andava.

    Gli sembrava quasi di sentire la sua bruciante curiosità, come una forza palpabile nell’aria satura di essenze chimiche. Sorrise, quasi a invitarla ad articolare la domanda che fremeva dalla voglia di rivolgergli.

    «È un parente di Tarrant?» Arrossì subito dopo averglielo chiesto.

    «Sono suo figlio.» Sorrise di fronte al suo stupore. «Non mi dica che non sapeva che avesse un figlio?»

    «Io...» Si fermò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Un gesto automatico di chiara natura nervosa.

    Dominic decise di non divulgare l’intera storia, almeno per il momento. Talvolta poteva essere divertente lasciare che la gente lavorasse di fantasia. Specialmente se si trattava di una persona di scienza il cui mestiere era quello di provare la correttezza delle sue ipotesi.

    «Mio padre mi ha invitato qui per mostrarmi come funziona l’azienda.» Mosse un passo verso di lei. «Le ripeto, quindi, la domanda. È un laboratorio, questo?»

    «Sì.» Osservò le sue dita eleganti spazzolare via una patina immaginaria di polvere da sopra uno dei monitor. «Voglia di nuovo scusarmi. Ma spero abbia compreso che ho agito nell’interesse della compagnia.»

    «Certo. La fonte dell’eterna giovinezza deve essere salvaguardata a tutti i costi.»

    La vista si era finalmente abituata alla luce e riusciva a vedere la fine della lunga stanza. I lavandini e i bruciatori che si aspettava di trovare in un laboratorio erano lì, separati dalle file di computer e di altra strumentazione robotica. Non vedeva, però, nessuna provetta né cannule per gli esperimenti. Dovevano essere nascosti dentro ai preziosi armadietti allineati lungo la parete in fondo.

    «Mi lasci indovinare, lei ha settantotto anni.»

    Una fossetta le affiorò sulla guancia levigata. «Non proprio. Anche se si sono fatti passi da gigante nei prodotti antietà. Ha per caso esperienza nel settore?» Infilò le mani in tasca mentre si voltava e si incamminava lungo il laboratorio, producendo con quel gesto il delizioso effetto di tendere il camice attorno al fondoschiena.

    «Per niente, purtroppo. Sono qui per imparare.»

    Per imparare il più che poteva su Tarrant Hardcastle e il suo maledettissimo impero, dove, fino a qualche settimana prima, gli era stato interdetto l’ingresso.

    Ancora gli bruciava aver perso l’appalto per la serie di drogherie in bancarotta che contava di utilizzare come immobili per la sua catena di negozi di alimentari e prelibatezze gastronomiche. Tarrant lo aveva battuto, offrendo una cifra maggiore e soffiandogli l’affare.

    Se l’avesse fatto apposta o no, non poteva dirlo.

    Il solo pensiero di essere stato pugnalato alle spalle da suo padre gli faceva salire il sangue alla testa.

    A ogni modo, avrebbe avuto il suo tornaconto.

    Bella Andrews raccolse delle carte che erano sparse su un tavolo e le ficcò frettolosamente dentro a un cassetto. Sembrava tesa, agitata.

    E forse aveva tutte le ragioni per esserlo. Il suo atteggiamento prepotente e il modo in cui teneva le labbra carnose sigillate in una linea di disappunto gli fornirono lo stimolo per prendersi una piccola, soave vendetta.

    Doveva sbarazzarsi di lui. Grazie al cielo non si era soffermato con lo sguardo sui documenti che stava consultando. L’intero staff di ricercatori chimici era a un congresso ed era sicura di poter ficcanasare indisturbata. E invece aveva rischiato di farsi cogliere con le mani nel sacco niente meno che dal figlio del capo.

    Tarrant Hardcastle aveva un figlio? Ancora non si capacitava.

    «Qui è dove il nostro gruppo di chimici sperimenta nuove formule e migliora le vecchie. Ci sono una serie di procedure da seguire e ciascun prodotto viene scrupolosamente testato prima che venga immesso sul mercato.»

    «Su animali?» s’informò lui, inorridito.

    La domanda le suonò strana sulle sue labbra. Nonostante l’abito elegante e l’aspetto ricercato, il tenebroso Dominic Hardcastle aveva più l’aria di chi degli animali apprezzasse la carne da sbranare cruda, che di quello che si preoccupava della loro salvaguardia.

    «Abbiamo eliminato i test sugli animali da quando sono arrivata io. Non sono necessari per i nostri prodotti.» Inspirò profondamente. «Al momento, stiamo lavorando su una nuova linea di cosmetici antietà. In effetti, il nostro primo lancio è fra qualche giorno. Tarrant spera di ottenere la distribuzione su larga scala entro la fine dell’anno.»

    «Non credo ci riuscirà.» Qualcosa nel suo tono di voce la costrinse a sollevare lo sguardo. I suoi occhi color caffè la puntavano intensi. «Le piace lavorare per la Hardcastle

    «Certo, perché?» La voce le uscì stridula, così come le capitava tutte le volte che diceva una bugia.

    C’era qualcosa in quell’uomo che le metteva addosso una certa agitazione. E non era quel suo aspetto da Uomo Vogue. Ci era abituata. Tarrant Hardcastle amava circondarsi di belle facce, sia maschili sia femminili, tra i suoi dipendenti.

    E neppure quel suo fisico statuario dalle spalle possenti, poggiato con indolenza contro il ripiano di marmo.

    C’era una luce nel suo sguardo che le dava l’idea che fosse capace di leggerle fra i pensieri. Una possibilità che le faceva contrarre lo stomaco dall’ansia.

    «Semplice curiosità.»

    L’espressione soddisfatta che gli affiorò sul viso la indusse a pensare che forse era riuscito davvero a intuire le sue losche manovre. La tensione crebbe. «Che cosa vuole che le mostri?»

    I suoi occhi scuri si posarono sul davanti del camice, come a volerle dire... te. «Per il momento ho visto solo gli uffici amministrativi, la direzione e le sale riunioni. Ero qui per dare un’occhiata al laboratorio, poi...» Piegò il capo da un lato e affilò lo sguardo con aria velatamente beffarda. «Se per lei non è troppo disturbo, mi piacerebbe visitare il reparto della vendita al pubblico.»

    Certo, che problema c’era. Tutti i suoi programmi erano irrilevanti se il figlio del capo aveva bisogno di lei.

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