Un'affascinante ammaliatrice: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Pochi oserebbero sfidare Zak Constantidines, tutti lo temono. Così, quando il magnate degli alberghi scopre che l'arredatrice d'interni del suo hotel di Londra ha delle mire su suo fratello minore, certo che si tratti solo di un'arrampicatrice sociale la trasferisce senza alcuna esitazione a New York. Emma Geary potrà anche avere degli scheletri nell'armadio, ma cercare di circuire il fratello di Zak non è uno di quelli. Così, una volta a New York, cede alla tentazione di far abbassare la cresta al suo dispotico datore di lavoro, trasformandosi nell'ammaliatrice che Zak pensa lei sia...
Sharon Kendrick
Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.
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Anteprima del libro
Un'affascinante ammaliatrice - Sharon Kendrick
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Playing the Greek’s Game
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2012 Sharon Kendrick
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-792-3
www.eHarmony.it
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1
Il cuore che le batteva all’impazzata, Emma entrò nell’ufficio situato sull’attico, ma l’uomo seduto dietro la scrivania non si prese nemmeno la briga di sollevare la testa per guardarla.
La luce filtrava dall’enorme finestra che offriva una vista mozzafiato su uno dei parchi più belli di Londra. Il panorama era uno dei motivi di vanto del Granchester, che in parte giustificava le tariffe esorbitanti applicate dall’albergo. Ma la bellezza della vista scompariva al cospetto di quella dell’uomo intento al suo lavoro, la sua attenzione era tutta per la pila di documenti che aveva davanti.
Zak Constantidines.
I raggi del sole gli accarezzavano i capelli neri come l’ala del corvo, la stoffa della camicia era tesa sulle spalle ampie e muscolose. Dal corpo massiccio emanavano potere e virilità e, come incantata, Emma lo fissò. Aveva i nervi tesi come corde di violino, un fenomeno comprensibile... Il suo capo era arrivato a Londra inaspettato, e l’aveva convocata con urgenza nel suo ufficio. Il che era sorprendente, perché i milionari greci non sprecavano il proprio tempo con nullità come lei.
L’ordine le era stato trasmesso mentre era arrampicata su una scala, intenta al suo lavoro, e si vedeva. Indossava un paio di jeans consumati e una maglietta di cotone, era accaldata e sudata e qualche ciocca sfuggiva alla coda di cavallo in cui aveva costretto i capelli. Non era esattamente al suo meglio, ma c’era ben poco che potesse fare al riguardo.
Ovviamente lui era consapevole della sua presenza, ma continuò a occuparsi delle sue carte, facendola sentire invisibile. Oppure era una strategia deliberata, un modo per sottolineare da subito chi era al comando. Come se fosse stato necessario! In realtà sapeva – glielo aveva confidato proprio il fratello di Zak – che il signor Constantidines era non solo un maniaco del controllo, ma anche un uomo che traeva godimento nell’imporre la propria autorità.
A disagio si schiarì la voce. «Signor Constantidines?»
Finalmente lui alzò la testa, mostrando un viso dalla pelle olivastra e dai lineamenti duri ma perfetti. Un greco, in tutto e per tutto. Tranne che per gli occhi, non castani come sarebbero dovuti essere considerata la sua etnia, ma di un grigio profondo e inquietante.
Quegli occhi si posarono su di lei, ed Emma sentì qualcosa scattarle dentro. Qualcosa cui non seppe dare un nome. Come una sorta di presagio. Ovvio, una reazione dettata dai nervi, e cos’altro? Gli uomini non la notavano, non più, e sicuramente non uomini ricchi sfondati che avevano a propria disposizione le donne più belle e affascinanti del pianeta.
Lui socchiuse gli occhi. «Ne? Ti thelis?»
Emma esibì un sorriso incerto. Aveva parlato in greco solo per mettere ulteriore distanza fra loro? In quel caso, aveva avuto successo perché la sua ansia aumentò in modo esponenziale. «Sono Emma Geary. Voleva vedermi?»
Zak si appoggiò alla spalliera della poltrona e lasciò scorrere pigramente lo sguardo su di lei. «Infatti» confermò. «Si sieda, signorina Geary.»
«Grazie» replicò lei, acutamente consapevole delle spille da balia che aveva appuntato sulla maglietta, e della ciocca di capelli che si era praticamente incollata sulla fronte umida di sudore. Doveva avere un aspetto tremendo, ma chi non lo avrebbe avuto dopo aver passato ore in cima a una scala appendendo tende?
In quanto arredatrice del Granchester, era stata impegnata nella sistemazione di una delle suite più piccole del settimo piano quando il manager dell’albergo le aveva telefonato.
«Il capo ti aspetta nel suo ufficio. Subito» le aveva comunicato l’uomo.
Si era precipitata verso l’ascensore che conduceva all’attico, ma adesso si pentiva di tanta fretta. Avrebbe dovuto concedersi qualche minuto per applicare un po’ di trucco al viso. O per indossare una camicia più decente. O per fare una qualsiasi cosa per evitare quello sguardo di disapprovazione al quale al momento era sottoposta. «Mi dispiace» mormorò, «non ho avuto il tempo per cambiarmi...»
«Non è un problema, non siamo a una sfilata di moda» la interruppe Zak. Osservò i jeans consumati e la maglia di cotone che, anche se di due taglie più grande, non nascondeva la curva provocante del seno. Solo le mani erano perfettamente curate, notò, le unghie lunghe e laccate di rosso. Forse lei si era resa conto che le stava guardando, perché ne portò una sul petto, attirando la sua attenzione su un seno. Un inaspettato crampo di desiderio gli contrasse il basso ventre, seguito da un moto d’impazienza. Mantenne l’espressione del viso impassibile. «Quello che sto per dirle non può essere influenzato dal modo in cui si veste.»
«Wow. Sembrerebbe una minaccia.»
«Davvero?»
Emma si accomodò sulla sedia posta di fronte alla scrivania. Il sorriso svanì dalle sue labbra, e un brivido di consapevolezza le increspò la pelle quando i suoi occhi incontrarono quelli grigi e gelidi di lui. Un fatto bizzarro, pensò, perché non credeva nell’attrazione a prima vista. Non credeva nell’attrazione, e punto. Poteva paragonarsi a una di quelle donne perennemente a dieta che non mangiavano cioccolata da tanto di quel tempo che al solo pensiero di assaggiarne un pezzettino avvertivano un senso di nausea. Era quello che provava lei nei confronti degli uomini. O almeno, era quello che provava di solito. Ma in quel preciso istante la sua indifferenza sembrava averla abbandonata, lasciandola vulnerabile a quell’uomo dal volto severo che la stava fissando con tanta intensità. Forse perché non era mai stata sola con lui prima. O forse perché era strano vederlo lì, negli uffici del Granchester Hotel. Zak Constantidines amministrava da lontano l’albergo, affidandone la gestione locale a dipendenti di fiducia. Viveva a New York, e la sua presenza in albergo era un fatto sicuramente straordinario.
Emma lo aveva visto solo una volta, e solo di sfuggita. Zak lasciava che il suo assistente personale, Xenon, si occupasse dei rapporti con i dipendenti, coadiuvato in quel compito dal fratello minore Nat.
Il loro unico, breve incontro si era svolto in occasione dell’inaugurazione della Moonlight Room, la grande sala per i ricevimenti, la cui ristrutturazione era per lei un fiore all’occhiello. Constantidines le aveva rivolto un sorriso freddo e l’aveva lodata per il lavoro svolto, ma in modo così formale e succinto da farle credere che avesse parlato per pura cortesia. Non se ne era preoccupata. Sapeva cosa si raccontava sul suo conto, cioè che si era fatto strada nel mondo degli affari grazie al suo atteggiamento freddo e remoto. Si diceva che non avesse sentimenti, un fatto confermato dalla schiera di donne che avevano intrecciato relazioni con lui per finire con il cuore in pezzi. Zak Constantidines era una sorta di leggenda – degli affari e del sesso – il tipo di uomo dal quale qualsiasi donna dotata di un minimo di buon senso avrebbe tenuto le distanze. In particolare quelle come lei, che sembravano attratte dai problemi come le falene dalla luce.
Molto tempo prima infatti aveva capito di essere un disastro quando si trattava dei rapporti con l’altro sesso, una caratteristica che sembrava avere ereditato. Proprio come sua madre infatti, aveva fatto pessime scelte nel passato, e aveva dovuto pagarne le conseguenze. Ormai aveva imparato a fare a meno degli uomini, a proteggere il suo cuore e il suo corpo da chiunque si mostrasse interessato. Era più facile così.
Respirò a fondo nel tentativo di riguadagnare un minimo di calma. Osservò il suo datore di lavoro. La sera dell’inaugurazione della Moonlight aveva indossato uno smoking, l’abbigliamento più adatto a un milionario del suo calibro.
Ora era diverso.
La camicia di cotone grezzo color crema era sbottonata sul collo lasciando intravedere una porzione di pelle abbronzata oscurata da una peluria bruna. Le maniche arrotolate rivelavano muscoli potenti. Non sembrava un magnate, piuttosto qualcuno impegnato in un lavoro più materiale dello studiare documenti.
«Ha qualche idea del perché l’ho convocata?» domandò lui.
Emma scrollò le spalle.
«No. Mentre venivo qui ho cercato di indovinarlo, ma davvero non riesco a immaginarlo. Spero che non sia insoddisfatto del mio lavoro, signor Constantidines.»
Zak notò il rossore che le aveva soffuso le gote, e le lunghe ciglia che ombreggiavano i grandi occhi verdi. Il suo compito sarebbe stato più facile in caso di un rendimento scadente? Se fosse stato nella posizione di corrisponderle il dovuto, e dirle di sparire per sempre dalla vita di suo fratello?
L’aveva ereditata quando, due anni prima, aveva comprato il Granchester. Un’operazione che aveva perseguito con tenacia perché annoverare il prestigioso hotel londinese nella sua catena alberghiera era stato uno dei sogni della sua vita, dunque non aveva avuto motivo di modificare una struttura che era già perfetta. Emma Geary era brava, e lui era troppo scaltro per sacrificare un talento, a meno che non fosse assolutamente necessario.
Adesso probabilmente lo era diventato.
Perché sembrava che quella donna dai capelli biondo cenere e dalle unghie laccate di rosso avesse intenzione di mettere le mani sul suo fratellino.
Curiosamente però il suo aspetto non era quello che si era aspettato. Certo, l’aveva vista solo una volta, e solo di sfuggita, tanto che non ricordava nemmeno più il loro incontro. Si imbatteva in decine di donne ogni giorno di ogni settimana, e quella che aveva davanti in quel momento decisamente non era il suo tipo, per quanto non disdegnasse bionde dalle curve provocanti e dalle labbra piene e sensuali. Le foto che gli aveva inviato l’investigatore privato erano datate, immagini di una creatura vibrante e colorata che assomigliava ben poco alla modesta arredatrice che aveva davanti, decisamente poco notevole nei suoi vecchi abiti da lavoro.
Non sembrava nemmeno il tipo di suo fratello, con quella pelle bianca e delicata. Forse proprio quel dettaglio aveva fatto squillare campanelli di allarme nella sua testa, insieme al fatto che Nat si faceva vedere in pubblico sempre più di frequente con lei. Era già preoccupato in previsione della massiccia eredità che il fratello stava per ricevere. Una preoccupazione che si era rafforzata quando Nat aveva liquidato l’ultima fidanzata – un rapporto che era sembrato serio e duraturo – e lui aveva scoperto che razza di persona fosse davvero Emma Geary.
Strinse i pugni, poi distese le dita e le appoggiò sul ripiano lucido della scrivania.