Verso la verità: Harmony Collezione
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Ad Alexander Doumas sono bastati pochi minuti di conversazione telefonica per capire che fino a quel giorno gli avevano fatto credere una assurda menzogna che riguarda il suo bene più prezioso: la famiglia.
Ora deve subito volare a Londra e...
Michelle Reid
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Verso la verità - Michelle Reid
successivo.
1
Era una fredda e ventosa giornata di gennaio. Dalla finestra dello studio di suo padre, Mia osservava la pioggia che si abbatteva rumorosamente contro i vetri, mentre alle sue spalle, un violento diverbio si stava disputando tra i due uomini.
Ma lei non vi prestava attenzione, conosceva già l'argomento della discussione, la sua presenza lì era puramente formale.
«La mia offerta è questa!» dichiarò bruscamente suo padre. «Non ho intenzione di mercanteggiare, a lei la scelta, può accettare oppure decidere di lasciar perdere.»
«La sua proposta è inconcepibile, addirittura disumana!» replicò con forza il suo interlocutore. «Sono un uomo d'affari, non un mercante di schiavi! Se ha difficoltà a trovare un marito per sua figlia, si rivolga a un'agenzia matrimoniale» aggiunse con sarcasmo, «io non sono in vendita!»
Davvero? Per nulla offesa da quell'affermazione, Mia non sapeva che valore dare alle parole di Alexander Doumas. Credeva davvero che sarebbe stato lì, se Jack Frazier non fosse stato assolutamente certo di poterlo comprare? Si illudeva davvero di non avere anche lui un prezzo, come chiunque altro?
Jack Frazier non correva rischi, puntava sempre sul sicuro. Era un uomo astuto e privo di scrupoli, che aveva costruito da sé la propria fortuna. Essendo partito dal nulla, aveva dovuto farsi largo nella vita a gomitate per diventare il maggior azionista di un'importante multinazionale, e aveva imparato a valutare con precisione tutti i minimi dettagli prima di giungere a un accordo. In questo modo era sempre certo di avere la vittoria in pugno.
Jack Frazier non lasciava mai nulla al caso.
Alexander Doumas era la perfetta antitesi di Jack. Lui proveniva da una ricchissima famiglia greca, che per generazioni aveva fatto parte dell'alta società mondiale. Ma, mentre negli ultimi vent'anni Jack Frazier era emerso come astro nascente nel campo della finanza, la famiglia Doumas aveva subito un grave tracollo e di certo non si sarebbe più ripresa se sulla scena non fosse apparso Alexander.
Nel giro di una decina d'anni, infatti, aveva salvato dalla catastrofe finanziaria la sua famiglia e l'aveva quasi riportata agli splendori di un tempo. Per ristabilire completamente la situazione originaria, mancava un solo obiettivo.
Ma per raggiungere quell'ultimo obiettivo, aveva avuto la sfortuna di incappare proprio in Jack Frazier. Povero diavolo!, pensò Mia con sarcasmo, sapendo che in nessun modo Alexander Doumas sarebbe riuscito a ottenere da suo padre ciò che voleva, senza pagare il prezzo richiesto.
«È questa la sua ultima risposta?» chiese Jack Frazier in tono provocatorio, confermando i pensieri della figlia. «Se è così, può andarsene, dal momento che io non ho più nulla da dirle.»
«Ma io sono disposto a pagare il doppio del prezzo di mercato!» protestò con veemenza Alexander.
«Signor Doumas, quella è la porta...»
Mia rimase immobile, in attesa di scoprire che cosa avrebbe fatto Alexander Doumas. Per come la vedeva lei, aveva due possibilità. Avrebbe potuto andarsene a testa alta e con l'orgoglio ancora intatto, ma in questo caso avrebbe dovuto rinunciare per sempre al sogno che lo aveva condotto lì. Oppure avrebbe potuto mettere da parte l'orgoglio e i suoi sani principi per abbassarsi al livello di Frazier, e pagare il prezzo che gli era stato chiesto per realizzare il suo sogno.
«Dev'esserci un altro modo per risolvere la questione.»
No, non c'è, pensò Mia, per la semplice ragione che suo padre non era disposto a prendere in considerazione nessuna alternativa. Alexander Doumas aveva definito disumana la proposta di Frazier, ma disumano non era che un eufemismo per indicare la vera natura di suo padre. Lei, più di qualsiasi altra persona, lo sapeva bene.
Jack Frazier non si diede nemmeno la briga di rispondere. Rimase seduto immobile alla scrivania e attese che il suo interlocutore accettasse la sua proposta oppure se ne andasse.
«Voglio che lei sappia che la disprezzo per avermi costretto a questo» mormorò Alexander Doumas.
Era la voce affranta di un uomo che si rendeva conto di aver perso.
Quando suo padre si alzò, Mia udì lo scricchiolio della vecchia poltrona di pelle. Si trattava di un rumore familiare, un rumore a cui era abituata dall'infanzia e che aveva imparato a riconoscere con paura. Un rumore che, ancora a venticinque anni, le attanagliava lo stomaco, come quando era bambina.
Jack Frazier era un uomo prepotente e violento. Lo era sempre stato e avrebbe continuato a esserlo anche in futuro, con gli uomini e con le donne, con gli amici e con i nemici, con gli adulti e con i bambini. Il suo bisogno di dominare sempre e comunque non conosceva eccezioni.
«Allora le lascio discutere i dettagli con mia figlia» concluse. «Domani si metta in contatto con il mio avvocato, risponderà lui a tutte le sue domande e le sottoporrà il contratto per la firma.»
Avendo ottenuto ciò che voleva, Jack Frazier abbandonò lo studio con un sorriso crudele, lasciandoli soli.
Su Mia e Alexander cadde un pesante silenzio, un silenzio più insopportabile di qualsiasi rumore.
Dovevo sciogliere i capelli, pensò Mia con la stessa fatalistica indifferenza con cui aveva assistito a quel colloquio.
Era quello l'unico modo per sopravvivere, difendersi dietro al fatalismo e all'indifferenza, isolarsi in un proprio mondo, dove la malvagità di suo padre non poteva raggiungerla. Non avrebbe mai potuto contrastarlo e sperare di avere la meglio.
Avrebbe potuto cedere, lasciarsi andare, piangere tutte le sue lacrime, ma lo aveva già fatto inutilmente in quei venticinque anni. Disperandosi non avrebbe mai risolto nulla, anzi sarebbe stato ancora peggio.
«Qualcosa da bere?»
Il tintinnio dei bicchieri di cristallo, la indussero a voltarsi. Alexander Doumas le indicò una bottiglia di whisky.
«No, grazie» rispose lei, mentre lui se ne versava una dose generosa in un bicchiere.
Povero diavolo!, pensò di nuovo Mia. Gli uomini come lui non erano abituati a cedere ai ricatti.
Quando era arrivato quel pomeriggio, Alexander Doumas aveva l'aria di chi possiede un'assoluta fiducia nelle proprie capacità. Ora invece doveva digerire il fatto di essere stato preso all'amo da un uomo che sapeva esattamente quale esca utilizzare per catturare la sua preda. E nemmeno l'ottimo whisky al malto che stava assaporando poteva rendere più gradevole l'amaro sapore della sconfitta.
Alexander la guardò, i suoi occhi neri la fissarono con disprezzo.
«Avresti potuto dire qualcosa...»
Mia fece un'alzata di spalle.
«Io conto meno di chiunque altro, non sarebbe servito a nulla.»
«Quindi devo presumere che tu sia felice di accettare questo assurdo accordo?»
Felice? Mia rifletté qualche istante sul significato del termine e giunse alla conclusione che... sì, probabilmente era felice: grazie a quell'accordo, infatti, avrebbe raggiunto il proprio scopo.
«Lascia che ti spieghi una cosa» rispose, nel tentativo di mitigare la sua rabbia, «mio padre agisce solo quando è assolutamente certo che tutti faranno esattamente ciò che vuole lui. È così che funziona, lo ha sempre fatto. Quindi se speri che io possa intercedere per te, mi spiace deluderti, ma è impossibile.»
«In altre parole, sei disposta ad andare a letto con chiunque, se lo ordina papà» concluse Alexander, fissandola con attenzione.
«Sì.»
Nonostante fosse stata insultata, il viso di Mia non tradiva alcuna emozione, né vergogna, né rabbia, né disappunto.
Era chiaro che Alexander Doumas la considerava una sgualdrina, e forse lei si comportava come tale permettendo a suo padre di farle questo, pensò Mia. Di certo quel che era accaduto in passato non faceva che confermare i pensieri di Alexander.
«Sei stata tu a scegliere me? È andata così?» le chiese lui all'improvviso.
Mia lo guardò sorpresa, prima di scoppiare a ridere di gusto.
«Oh, no! Mio padre è una persona orribile, come hai potuto notare, non mi permetterebbe mai di scegliere qualcosa. Molto presuntuoso da parte tua pensarlo...» aggiunse in tono ironico.
«Dovevo saperlo» mormorò Alexander, lievemente imbarazzato.
«Ho l'impressione che tu ti ritenga l'unica vittima di tutta questa storia» riprese Mia con serietà.
«Che cosa stai cercando di dirmi? Che sei vittima della tirannia di tuo padre?»
Il suo scetticismo era evidente.
«Non sto cercando di dirti niente» rispose Mia, «tanto più che non devo certo giustificarmi con te.»
Dopo tutto, pensò, perché avrebbe dovuto giustificarsi, dal momento che non erano giustificabili nemmeno i motivi che spingevano Alexander Doumas ad accettare? Alexander stava cercando un capro espiatorio su cui riversare tutta la rabbia che si portava dentro.
«No» mormorò lui con cinismo, «devi solo venire a letto con me.»
Sarebbe stata lei il suo capro espiatorio, si disse Mia.
«Mi rendo conto che per me sarà tutto molto più facile» riprese lei, senza mai perdere le staffe. «Essendo una donna, non dovrò far altro che starmene distesa a gambe aperte, chiudere gli occhi e pensare ad altro, mentre tu dovrai... essere all'altezza della situazione. Certo che sarà un problema, se mi trovi tanto disgustosa...» aggiunse in tono asciutto.
Era riuscita a scioccarlo, osservò Mia, per la prima volta era riuscita ad attirare l'attenzione di Alexander su di sé.
Con un sorriso soddisfatto, si staccò dalla finestra e si avvicinò alle due poltrone in pelle, poste davanti al caminetto. Il fuoco acceso rendeva il locale stranamente caldo e accogliente. Il bagliore delle fiamme conferiva una tonalità più accesa ai capelli color rame di Mia. Lei si accorse che lo sguardo di Alexander la seguiva con attenzione.
Sta valutando la merce
, pensò con cinismo. Che faccia pure.
Gli altri sostenevano che lei fosse bella, ma Mia non si era mai considerata tale, forse perché non aveva mai nutrito stima per se stessa. Naturalmente sapeva di non essere brutta, ma si considerava a malapena decente, niente di speciale.
Raggiunte le due poltrone, si voltò e lasciò che lo sguardo di Alexander ammirasse le morbide curve del suo corpo, prima di sedersi in poltrona accavallando le lunghe gambe.
Anche Alexander Doumas non era niente male, dovette riconoscere Mia, anzi, sarebbe stato il marito ideale per gran parte delle donne. Era alto, abbronzato, innegabilmente bello, con un corpo atletico, degno di un dio greco. Aveva i capelli neri, dritti e corti, la carnagione olivastra, gli zigomi alti e pronunciati e una bella bocca, nonostante in quel momento fosse piegata in una smorfia di disgusto. Anche il naso, piuttosto lungo e affilato, s'intonava bene con i lineamenti del viso. Inoltre, era elegante e raffinato. Il completo grigio antracite che indossava doveva essere sicuramente firmato.
Ma erano gli occhi a renderlo speciale. Occhi neri, dallo sguardo languido e penetrante, che avevano il potere di farla rabbrividire, nonostante in quel momento la stessero osservando con disprezzo, pensò Mia,