Dolce vendetta: Harmony Collezione
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Michelle Reid
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Anteprima del libro
Dolce vendetta - Michelle Reid
successivo.
1
Giancarlo Cardinale arrivò sulla soglia della sala riunioni della Knight e capì subito, dai vassoi e dalle bottiglie sparse qua e là, che era in corso una specie di festa. I presenti, una ventina, chiacchieravano e ridevano riuniti a gruppetti, sorseggiando champagne.
«Di che cosa si tratta?» chiese a Howard Fiske, che lo accompagnava.
«Del rinfresco per la presentazione del lavoro a un cliente importante» rispose lui. «Edward doveva avere almeno il buongusto di intervenire.»
Howard non fece alcuno sforzo per nascondere il risentimento. Non solo il presidente della compagnia in persona era piombato lì senza preavviso, ma aveva anche scelto un giorno in cui il direttore era sparito chissà dove.
Giancarlo non disse nulla. L'irresponsabilità di Edward gli era nota. Anzi, per essere precisi era venuto lì a Londra proprio per occuparsene, e intendeva farlo al più presto per il bene di tutti. C'era un'unica domanda a cui doveva trovare una risposta prima di passare all'azione. Lei qual era?
In piedi, mentre gli impiegati intorno non aveva no ancora messo bene a fuoco la sua presenza, incominciò a scrutare la stanza, arredata in stile lussuoso e moderno grazie ai fondi elargiti personalmente da lui per svecchiare l'azienda.
Non era altrettanto semplice svecchiare il personale, pensò osservando i colletti inamidati e le facce grigie di sempre.
Strinse i denti. Solo l'anno prima, quando si era avviata la fusione tra la Knight e la Cardinale, Edward gli aveva promesso che avrebbe ristrutturato radicalmente la sede e l'organico di Londra. Era stato lui, Giancarlo, a esigerlo, perché per quanto fossero cognati, la Cardinale non era un ente di beneficenza.
E invece, nonostante tutte le promesse, Edward non era andato oltre un vistoso cambio di arredamento. A che cosa gli erano serviti gli altri fondi che aveva richiesto? Non certo ad assumere nuovo personale: i volti erano quelli di sempre...
O quasi, pensò Giancarlo socchiudendo gli occhi. C'era solo una persona che corrispondeva alla descrizione fornitagli dalla sua fonte riservata: una donna giovane con i capelli rossi e una spiccata capacità di seduzione. Sì, doveva essere proprio lei, Natalia Deyton.
Giancarlo la osservò, mentre si muoveva nella stanza con assoluta professionalità. La sua qualifica era quella di segretaria di direzione e al momento parlava con un giovanotto dall'aria accaldata, che la divorava con gli occhi. Con quel viso e quel corpo c'era da sorprendersi che Edward non l'avesse addirittura nominata sua vice!
La giovane donna rise, il giovanotto arrossì e Giancarlo si sentì rivoltare di indignazione.
Però era bella, fu costretto ad ammettere a se stesso. E proprio in quel momento lei si girò e incontrò il suo sguardo.
Non aveva mai visto due occhi così grandi, e di un azzurro così intenso. Non poté fare a meno di chiedersi come sarebbero diventati nella frenesia di un amplesso...
Edward lo sapeva? Lo aveva già verificato di persona?
Senza preavviso, Giancarlo si sentì sommergere da un'emozione nuova e sconcertante. Lui non desiderava affatto che suo cognato Edward sapesse com'era Natalia Deyton a letto. Non desiderava che nessun altro lo sapesse, a parte lui...
Natalia trattenne il fiato, travolta dall'intensità di quello sguardo. In tutta la sua vita non le era mai successo niente del genere. Certo, era abituata alle occhiate maschili, e sapeva bene che effetto aveva di solito sugli uomini...
Ma lo sguardo di quello sconosciuto era qualcosa di totalmente nuovo. Era imperioso e possessivo, capace di entrarle sotto la pelle e di reclamare una sudditanza assoluta.
Profondamente scossa, Natalia guardò altrove. Si sforzò di ignorare la sensazione di calore liquido che le percorse le vene, cercò di concentrarsi sulla conversazione che si svolgeva attorno a lei, ma per qualche istante nella sua testa si confuse tutto in un ronzio indistinto, mentre continuava a ripensare all'immagine di quello sconosciuto alto, asciutto, con i capelli corvini, la pelle olivastra e gli occhi neri capaci di trapassarla da parte a parte. Chi era? In quale veste si trovava lì? E, soprattutto, perché la guardava in quel modo?
Non resistette alla tentazione di voltarsi di nuovo, solo per assicurarsi che non fosse stato lo champagne a provocarle un'allucinazione.
Fu un sollievo scoprire che lo sconosciuto adesso si era messo a parlare con Howard Fiske. Tutto in lui era straordinariamente sexy, dal naso leggermente aquilino al corpo possente avvolto in un vestito di ottima fattura italiana.
Natalia distolse di nuovo lo sguardo. Non le era mai successo di guardare un uomo come se volesse spogliarlo...
«Natalia, ti senti bene?» Una voce, che sembrava giungere da chissà quale distanza, riuscì finalmente a riportarla alla realtà.
«Sì, certo» rispose lei, sforzandosi di sorridere. «Ma credo che dovrò smettere di bere champagne, per questa sera.» Appoggiò il bicchiere sul vassoio più vicino. «Un altro sorso e finirò distesa sul pavimento a russare.»
«Sono sicuro che non russi affatto...» Il giovane Ian Gant era così serio e ingenuo da farla sorridere. Contenere la crescente infatuazione che sembrava nutrire per lei non sarebbe stato un problema.
«Come sta la tua incantevole fidanzata?» gli chiese. «Se non sbaglio, mancano ormai solo poche settimane alla data delle nozze.»
Fu sufficiente. Il giovane arrossì, anche perché Randall Taylor, il futuro suocero, scelse proprio quel momento per unirsi alla conversazione.
E siccome Taylor e Gant erano appunto i committenti per i quali era stata indetta la festa, Natalia si immerse nelle proprie funzioni professionali, respingendo l'immagine dello sconosciuto bruno fuori dalla mente. Taylor e Gant avevano già minacciato di rivolgersi a un'altra ditta di marketing, se la Knight non migliorava le proprie prestazioni...
Un tocco leggero sulla spalla la costrinse a voltarsi con un sorriso, che però le morì sulle labbra quando si trovò davanti Howard Fiske.
Con gli occhi gelidi e la bocca serrata in una linea dura, Howard le affondò le dita ossute nel braccio e la tirò in disparte.
«È richiesta la tua presenza» sibilò, e le scrutò la scollatura con un'insolenza che la fece fremere. «Nell'ufficio di Edward. Subito.»
Edward. «È arrivato?» domandò Natalia, e si sentì di colpo straordinariamente sollevata. La presenza di Edward era fondamentale, quel giorno, per spianare gli attriti con la Taylor & Gant e invece lui era rimasto irreperibile per tutta la mattina. In quel periodo aveva troppe cose per la mente, era confuso e combattuto... molto combattuto. Certo, sospirò Natalia, poteva capirlo: di colpo si era ritrovato con la vita sottosopra, e non sapeva neppure lui da che parte incominciare per mettere ordine.
«Scusati e vai di là» ordinò seccamente Howard.
Contraddirlo era pericoloso, come sei mesi di lavoro gomito a gomito le avevano insegnato, così Natalia strinse i denti e annuì.
Si girò verso i due uomini in attesa e si scusò con un sorriso.
«Quella giovane è il fiore all'occhiello della vostra compagnia» commentò Randall Taylor seguendola con lo sguardo mentre si accomiatava dai presenti a uno a uno prima di dileguarsi oltre la porta.
Ancora per poco, pensò Howard, con un sogghigno malevolo. Ormai, l'assistente personale di Edward aveva le ore contate. Stava per incontrare la sua Waterloo, a meno che Giancarlo Cardinale non fosse l'uomo che tutti dicevano che fosse.
Mentre calpestava con i tacchi a spillo la moquette grigia del corridoio, Natalia era troppo in ansia per Edward per preoccuparsi di altro.
La porta chiusa non la fermò. Bussò appena ed entrò nell'ufficio senza esitazioni. «Edward, accidenti!» sbottò. «Dove sei stato tutta la mattina? Si può sapere che cosa ti è preso?»
«Spiacente, ma Edward non c'è» disse una voce vellutata e del tutto sconosciuta, con una lievissima inflessione straniera.
Natalia, ancora girata per chiudere la porta, si voltò di scatto e rimase senza fiato. Nella poltrona di Edward era seduto lo sconosciuto alto e bruno che aveva notato poco prima al rinfresco, che la guardava come se avesse tutti i diritti di trovarsi lì!
Si era tolto la giacca del vestito scuro, e la camicia candida spiccava sul rivestimento di pelle nera della poltrona, sottolineando l'ampiezza del suo torace e delle spalle...
«Lei chi è?» chiese seccamente Natalia, sforzandosi di ritrovare il sangue freddo. «E con quale diritto sta seduto lì?»
Lui non si preoccupò neppure di rispondere. Continuò invece a esaminarla con scrupolosa attenzione, dalla sommità del ciuffo di capelli fiammeggianti alla punta delle sue impeccabili scarpe nere.
Natalia si irrigidì.
«Le ho fatto una domanda» insistette.
«Ne ha fatte due» precisò lui, in tono suadente.
«Ora chiamo la sicurezza.» Natalia si volse di nuovo verso la porta.
«Anzi, quattro» continuò lo sconosciuto, senza scomporsi, «considerando quelle che avrebbe fatto a Edward, se fosse stato qui.»
Edward. Di nuovo, bastò quel nome per immobilizzarla. Natalia cercò di mettere ordine nella mente.
Poco prima lo sconosciuto parlava con Howard. Ora era seduto alla scrivania di Edward. E si era persino tolto la giacca, come se intendesse rimanervi per un bel pezzo. Una giacca di ottima fattura italiana, che si accordava appunto con la sua lieve inflessione straniera... italiana, appunto.
Oh, no! Natalia rabbrividì. «Lei è Giancarlo Cardinale» sussurrò con voce malferma.
«Brava» si complimentò lui, con un sorriso che non le piacque affatto. «E adesso, per favore...» Le indicò la poltroncina davanti alla scrivania. «Venga a sedersi, signorina Deyton. Credo che dovremmo parlare un po'.»
Ora che sapeva chi era, Natalia non aveva alcun desiderio di uscire da quella porta.
Non prima di avere chiarito alcuni aspetti fondamentali della faccenda.
«Che cosa è successo a Edward?» chiese, con voce tesa. «Sta bene? Non è malato?»
Negli occhi neri di lui balenò un lampo di collera. «Non è successo niente a Edward. Lui non si ammala mai, come avrà certamente capito.»
Il suo tono di voce non le piacque. «Si tratta di sua moglie, allora?» insistette Natalia.
L'espressione di Giancarlo Cardinale divenne gelida. «Lei fa troppe domande, per essere una semplice impiegata» osservò.
«Non sono una semplice impiegata» ribatté Natalia con fierezza.
«Ah, no? E che cos'è, allora?»
Lei trasalì e raddrizzò la schiena. Impossibile che lui sapesse, no? Scrutò con attenzione il suo viso, per capire che cosa avesse in mente, perché di certo aveva in mente qualcosa, se era lì.
Aveva forse scoperto il suo segreto?