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Opportunità d'amore: Harmony Destiny
Opportunità d'amore: Harmony Destiny
Opportunità d'amore: Harmony Destiny
E-book167 pagine2 ore

Opportunità d'amore: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Dopo due lunghi anni, Sam Wyatt è ritornato a casa con grandi progetti per rilanciare la stazione sciistica di famiglia. Ma prima deve fare i conti con il dolore di chi ha lasciato dietro di sé: in particolare deve affrontare la sua innamoratissima moglie. Dopo quell'abbandono, che le ha spezzato il cuore, Lacy ha giurato a se stessa di non fidarsi più di un uomo. Ora, però, è costretta a lavorare al fianco di Sam, ogni giorno, e lentamente ma inesorabilmente tutte le barriere che ha innalzato intorno al suo cuore si sgretolano. Finché Lacy scopre che la passione del marito non è affatto disinteressata e che forse non merita una seconda occasione... neanche come futuro padre.
LinguaItaliano
Data di uscita20 apr 2016
ISBN9788858947432
Opportunità d'amore: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Opportunità d'amore - Maureen Child

    successivo.

    1

    «E così, alla fine, sei tornato a casa» mormorò Sam Wyatt tra sé e sé, posando gli occhi sull'albergo di famiglia per la prima volta dopo due anni. «La domanda è: ci sarà qualcuno felice di vederti?»

    Del resto, perché avrebbero dovuto esserlo? Se n'era andato da Snow Vista subito dopo la morte del fratello gemello, lasciando alla famiglia l'onere di rimettere insieme i pezzi lasciati sulla strada dalla morte di Jack.

    Era stato il senso di colpa a costringerlo ad andarsene. E a tenerlo lontano. Ora, un diverso senso di colpa l'aveva riportato a casa. Forse, si era detto, era arrivato il momento di affrontare i fantasmi che infestavano la montagna.

    Il lodge aveva l'aspetto di sempre: ceppi tagliati grossolanamente, tegole grigie e invecchiate dal tempo, e un ampio porticato punteggiato di sedie Adirondack ammorbidite da cuscini di colore brillante. Era un edificio di tre piani, di cui il terzo era stato aggiunto dai Wyatt solo pochi anni prima, come residenza di famiglia. I due piani sottostanti accoglievano le stanze per gli ospiti, e sparsi per la proprietà c'erano altri piccoli chalet che offrivano privacy oltre che una vista impareggiabile.

    Per lo più, comunque, i turisti che andavano a sciare a Snow Vista alloggiavano negli alberghi qualche miglio più a valle. Il resort dei Wyatt non poteva ospitarli tutti. Qualche anno prima, Sam e Jack avevano fatto dei progetti per espandere il lodge, ingrandendo la struttura principale e trasformando il Resort Wyatt nella meta sciistica più ambita dello Utah. I loro genitori, Bob e Connie, erano stati favorevoli all'idea, ma evidentemente ogni proposito di ampliamento era svanito quando Sam se n'era andato. D'altro canto, molte cose erano scomparse, no?

    Strinse nel pugno la maniglia del borsone, sperando invano di poter controllare i propri pensieri con altrettanta energia. Tornare a casa non sarebbe stato facile, ma ormai la decisione era presa: era ora di affrontare il passato.

    «Sam!»

    La voce che lo chiamò era familiare. Kristi, sua sorella, avanzò decisa verso di lui, procedendo con lunghe falcate sbrigative. Indossava una giacca a vento blu elettrico e pantaloni da sci infilati nei doposci. I grandi occhi azzurri lampeggiavano, e non era un segnale di benvenuto. Ma diamine, non si era certo aspettato una parata di accoglienza, giusto?

    «Ciao, Kristi.»

    «Ciao?» Si fermò a un passo da lui e piegò la testa all'indietro per incrociare il suo sguardo. «È tutto quello che hai da dire? Ciao, Kristi? Dopo due anni?»

    Accettò la collera della sorella con rassegnazione. Niente di meno di quanto si fosse aspettato. «Che cosa vorresti che dicessi?»

    La sorella rise beffarda. «È un po' tardi per chiedere a me cosa voglio, non credi? Se te ne fosse importato qualcosa, me lo avresti chiesto prima di andartene.»

    C'era poco da ribattere, e dall'espressione di Kristi era evidente che sarebbe stato inutile provarci.

    Una volta la sorella aveva guardato a lui e a Jack con ammirazione, come esempi da seguire, e Sam si rese conto che non era facile accettare di non essere più il suo eroe.

    La colpa, però, era solo sua.

    Tuttavia, non era per questo che era tornato; non intendeva rimettere in discussione le decisioni prese un tempo: all'epoca aveva fatto ciò che andava fatto, proprio come quel giorno.

    «Due anni fa, ti avrei chiesto di non andartene» stava dicendo Kristi, e lui notò un velo di lacrime che le copriva gli occhi. Lei però sbatté le palpebre, per trattenerle, e Sam gliene fu grato. «Ci hai abbandonato. Te ne sei semplicemente andato, come se nessuno di noi avesse più importanza, per te...»

    Esalando il fiato, lui mollò per terra il borsone e si infilò le mani tra i capelli. «Certo che avevate importanza. Ce l'avete ancora. Tutti voi.»

    «A parole è facile, eh, Sam?»

    Sarebbe servito a qualcosa spiegarle che ogni giorno, per tutto il tempo che era stato lontano, avrebbe voluto telefonare a casa? No, si rispose da solo. Perché non l'aveva fatto. Non aveva avuto alcuna forma di contatto con la famiglia, se non qualche cartolina per far sapere loro dove si trovava in quel momento. Finché la madre non aveva trovato il modo di rintracciarlo in Svizzera, la settimana prima.

    Come ci fosse riuscita, ancora non l'aveva capito. Connie Wyatt però era una forza della natura e, quando si poneva un obiettivo, niente al mondo riusciva a fermarla. Probabilmente, aveva chiamato ogni albergo del posto finché non l'aveva trovato.

    «Ascolta, non sono venuto per discutere con te. Non adesso, perlomeno. Non finché non ho visto papà.» Si fermò un secondo. «Come sta?»

    Negli occhi della sorella vide luccicare un lampo di paura, che però fu subito rimpiazzato da una nuova ondata di collera. «È vivo, e il medico dice che starà benone. È triste che abbia dovuto avere un infarto perché tu tornassi a casa.»

    Poi, però, la collera scemò. Kristi abbassò la voce a poco più di un sussurro, spostando lo sguardo verso la montagna. «È stato terribile. Mamma è stata una roccia, come sempre, ma è stato terribile. Sentire che si è trattato solo di un avvertimento lo ha reso un po' più facile, però adesso abbiamo l'impressione che...»

    Le sue parole si spensero, tuttavia Sam avrebbe potuto terminare la frase al suo posto: un avvertimento significava che ora la famiglia osservava Bob come se fosse una granata vivente, in attesa di esplodere.

    «Comunque sia...» La voce di Kristi tornò a essere tagliente come prima, «se ti aspettavi un comitato di benvenuto, resterai deluso. Siamo troppo impegnati per occuparcene.»

    «Meglio così» replicò, anche se, che la sorellina fosse tanto fredda con lui, proprio non gli andava giù. «Non sono in cerca di perdono.»

    «Allora perché sei tornato?»

    Lui la fissò dritta negli occhi mentre rispondeva. «Perché c'è bisogno di me.»

    «C'era bisogno di te anche due anni fa» gli ricordò, e questa volta Sam sentì la sofferenza nella sua voce.

    «Kristi...»

    La sorella però scosse il capo, prima di stamparsi in faccia un sorriso di circostanza. «Ho una lezione tra qualche minuto. Parleremo più tardi... sempre che tu sia ancora nei paraggi.»

    Detto ciò, si voltò e si incamminò verso una delle piste baby, dove gli sciatori novellini avevano il primo approccio con lo sport. Kristi era stata una dei maestri fin da quando aveva quattordici anni; tutti i Wyatt erano cresciuti con gli sci ai piedi, e insegnare ai principianti faceva parte della tradizione di famiglia.

    Appena fu scomparsa, a testa bassa e con passo deciso Sam si avviò verso casa.

    Il lodge era esattamente come lo ricordava.

    Quando se n'era andato, la ristrutturazione era stata a buon punto, e ora l'edificio aveva tutta l'aria di essere sempre stato così: le finestre della facciata principale erano più ampie, c'erano dozzine di poltroncine di pelle radunate a gruppetti per la conversazione e il fuoco nel grande camino di pietra era sempre acceso.

    Fuori poteva anche far freddo, con il vento e la neve, ma all'interno del lodge si sentiva calore e accoglienza. Sam si chiese se sarebbero stati estesi anche a lui.

    Fece un cenno di saluto a Patrick Hennessey, al banco della reception, quindi oltrepassò le scale per raggiungere l'ascensore privato che portava al terzo piano; il tragitto fu fin troppo breve, e quando le porte della cabina si aprirono di nuovo si ritrovò di punto in bianco nel soggiorno di casa.

    Ebbe il tempo di darsi una veloce occhiata in giro, e notò con un certo sollievo che anche lì non era cambiato niente. Alle pareti erano appese le stesse foto di famiglia insieme agli stessi scatti professionali della montagna in inverno e in primavera, i tavoli vari erano cosparsi di lampade fatte a mano, e sul tavolino di legno piazzato in mezzo ai due comodi divani imbottiti c'era il solito assortimento di libri e riviste. Dalle finestre si poteva ammirare l'intera estensione del resort, e nel camino sulla parete opposta il fuoco scoppiettava di luce e calore.

    Tuttavia furono le due persone nella stanza a catturare la sua attenzione. La madre era rannicchiata sulla sua poltrona preferita, con in mano un libro; e il padre, notò Sam con un sospiro di sollievo, era allungato sulla grande poltrona di pelle, i piedi sollevati sul pouf, e stava guardando un vecchio film western.

    Nel lungo volo dalla Svizzera, e durante il tragitto dall'aeroporto fino al lodge, Sam non era riuscito a pensare ad altro che al padre che aveva avuto un attacco cardiaco. Certo, gli avevano detto che Bob Wyatt stava bene ed era stato dimesso dall'ospedale, ma fino a quel momento non si era ancora concesso di crederci.

    Vederlo a casa, nel suo ambiente, la solita aria burbera e imponente, sciolse l'ultimo nodo che gli aveva legato lo stomaco.

    «Sam!» Connie Wyatt mise da parte il libro, balzò in piedi e gli corse incontro per abbracciarlo e stringerlo forte, quasi temesse che potesse svanire di nuovo. «Sam, sei qui.» Tirò indietro la testa per sorridergli. «È così bello vederti.»

    Nel rispondere a quel sorriso, Sam si rese conto di quanto gli fossero mancati la madre e tutta la famiglia. Per due anni era stato un vagabondo, e non aveva fatto altro che spostarsi di paese in paese all'inseguimento dell'avventura successiva. Non aveva portato altro con sé che il borsone che ancora stringeva nella mano, e non aveva guardato oltre il successivo aeroporto o stazione ferroviaria.

    Aveva sciato, ovviamente. Sam non praticava più lo sport a livello agonistico, tuttavia non era riuscito a stare per troppo tempo lontano dalle piste. Sciare ce l'aveva nel sangue, anche quando passava la maggior parte del tempo a occuparsi di affari, a progettare piste in alcune delle località sciistiche più famose del mondo.

    La produzione di indumenti per la neve cui aveva dato vita insieme a Jack si era rivelata un altro successo, e con le due imprese era riuscito a tenersi abbastanza occupato da non avere troppo tempo per pensare.

    Ora però era a casa, a incrociare lo sguardo intenso del padre da sopra la spalla della madre. Era surreale, e giusto.

    Lasciò andare il borsone, prese tra le braccia la madre e la strinse forte. «Ciao, mamma.»

    Connie si tirò indietro, gli diede uno schiaffo scherzoso sul petto e scosse la testa. «Non riesco a crederci che tu sia qui. Sarai affamato; vado a prepararti qualcosa...»

    «Non è necessario» tentò, anche se già sapeva che sarebbe stato inutile: per Connie Wyatt tutte le situazioni difficili erano un'occasione per nutrire il prossimo.

    «Ci metto un minuto» insistette infatti, prima di rivolgersi al marito. «Preparo anche del caffè. Tu non ti muovere da lì.»

    Bob Wyatt fece un cenno con la mano alla moglie, ma tenne gli occhi fissi sul figlio. Mentre Connie usciva dalla stanza per andare in cucina, Sam si avvicinò al padre e si sedette sullo sgabello di fronte a lui. «Hai un ottimo aspetto, pa'.»

    Accigliandosi, il padre si spostò una ciocca di capelli bianchi dalla fronte e socchiuse gli occhi verdi. «Sto bene. Il dottore dice che non è stato niente di che, solo troppo stress.»

    Stress. Perché aveva perso un figlio, e l'altro l'aveva abbandonato costringendolo a gestire da solo la conduzione del resort. Cercò di ignorare il senso di colpa che lo punzecchiò di nuovo quando si rese conto che la sua scomparsa aveva lasciato tutti nei pasticci.

    Corrugando ancora di più la fronte, il padre si voltò verso la porta da dove era sparita la moglie.

    «Tua madre è determinata a farmi passare per un invalido, però.»

    «L'hai fatta spaventare» gli fece presente Sam. «Diamine, hai fatto prendere un bello spavento anche a me.»

    Il padre lo guardò per lunghi momenti prima di replicare. «Be', anche tu ci hai fatto spaventare non poco, due anni fa. Sparire così, senza farci sapere dov'eri o come stavi...»

    Sam inspirò a fondo e rilasciò il fiato. E il senso di colpa ritornò all'attacco, appollaiandosi sulle sue spalle come un ospite non gradito. L'aveva avuto accanto così a lungo, ormai, che Sam temeva non se ne sarebbe mai liberato del tutto.

    «Un paio di cartoline non

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