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Assedio d'amore: Harmony Collezione
Assedio d'amore: Harmony Collezione
Assedio d'amore: Harmony Collezione
E-book150 pagine2 ore

Assedio d'amore: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Saul Parenti punta solo al meglio: per questo ha preso a lavorare con sé Giselle Freeman. E se dietro quell'impenetrabile facciata si nascondesse un'ardente passione, in attesa solo di essere infiammata?
Giselle, gelida e algida bellezza, ha eretto da anni intorno al proprio cuore alte mura d'acciaio. La sua infanzia non è stata facile, e lei ha dovuto trovare il modo di superare gli ostacoli della vita con le sue sole forze. Il problema è che adesso si ritrova accanto all'unico uomo in grado di abbattere le sue difese.
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2018
ISBN9788858988015
Assedio d'amore: Harmony Collezione
Autore

Penny Jordan

Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.

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    Anteprima del libro

    Assedio d'amore - Penny Jordan

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Reluctant Surrender

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2010 Penny Jordan

    Traduzione di Maria Paola Rauzi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-801-5

    1

    Mentre svoltava nel parcheggio sotterraneo dello studio di architettura in cui lavorava, Giselle notò una macchina fare retromarcia. Automaticamente si concentrò sulla conquista di quello spazio vitale prima che qualcun altro lo individuasse.

    Solo all’ultimo si accorse che un’auto sportiva di lusso, con alla guida un uomo di straordinaria bellezza, era in attesa di occupare lo stesso posto.

    Il conducente la fissò con un’espressione arrogante mista a incredulità.

    Per qualche istante Giselle esitò, la sua risolutezza che veniva meno, ma poi notò lo sguardo dello sconosciuto che si spostava deliberatamente dal suo volto al décolleté, come se lei fosse un oggetto, e uno scatto di rabbia tutta femminile la spinse a impadronirsi dell’ambita meta.

    Immediatamente percepì l’occhiata gelida e feroce che l’uomo le lanciò e scorse un’imprecazione formarsi sulle labbra scolpite della sua bocca virile mentre lo superava con le mani sudate strette al volante.

    Non si era comportata così soltanto perché l’arroganza di quell’individuo l’aveva fatta infuriare. Quella mattina l’avevano chiamata dallo studio per chiederle di arrivare prima del solito per assistere alla fine di un’importante riunione dei soci più anziani. Insomma, non poteva permettersi di fare tardi, pertanto la necessità aveva avuto la meglio sull’imbarazzo che normalmente avrebbe provato per quella mancanza di buone maniere.

    Poi il tizio le aveva rivolto quello sguardo odioso e arrogante che la diceva lunga sul tipo d’uomo che era: predatore, insensibile e completamente concentrato sui propri bisogni e desideri.

    Peccato che il suo bisogno di parcheggiare fosse decisamente più pressante, si disse Giselle. Avrebbe dovuto essere in ufficio già da un quarto d’ora e quel tizio aveva tutta l’aria di uno che delegava al suo autista una cosa banale come il posteggio dell’auto.

    Si tolse le ballerine e infilò un paio di scarpe col tacco. Il rombo di un motore che si allontanava le fece tirare un sospiro di sollievo. Evidentemente lo sconosciuto se n’era andato stizzito.

    Dopo essersi spostato di qualche metro per fare passare un’altra auto, Saul Parenti fissò con rabbia incredula il ladro che gli aveva appena sottratto il posto. Il fatto che il reato fosse stato commesso da una donna aggiungeva soltanto insulto all’ingiuria.

    Nelle vene di Saul scorreva il sangue di generazioni di uomini potenti, uomini abituati al potere e all’autorità, e in quel momento si sentiva ribollire.

    Lui non si sarebbe sicuramente definito un misogino. Anzi, le donne gli piacevano moltissimo, anche se il luogo in cui preferiva incontrarle era il suo letto e non un parcheggio dove aveva atteso pazientemente che si liberasse un posto.

    Accostò l’auto, bloccando l’uscita a un paio di veicoli, poi aprì la portiera e scese.

    Giselle non si rese conto di dover affrontare le conseguenze del suo gesto finché non uscì dalla sua piccola vettura. Di solito usava il breve tragitto fino all’ascensore per indossare la maschera con la quale sperava di celare il disprezzo per l’interesse maschile di cui era spesso vittima in ufficio.

    Era così concentrata ad adottare un atteggiamento altero e professionale, nonché a sollevare il mento perché tutti capissero che era inavvicinabile, da non rendersi conto del pericolo finché non fu troppo tardi. Dovette bloccarsi per non finire addosso all’uomo che stava tra lei e l’uscita.

    «Non così veloce. Vorrei scambiare una parola con te.»

    L’inglese dello sconosciuto era impeccabile e in un certo senso contrastava con il suo aspetto. A ogni modo lei non aveva nessuna voglia di parlargli. Lo oltrepassò e sussultò oltraggiata quando lui la fermò, avvicinandosi.

    Giselle ebbe la sensazione che ogni respiro fosse pregno del suo odore maschile. «Sei sulla mia strada» gli disse, cercando di sembrare fredda.

    «E tu hai parcheggiato al mio posto.»

    Poteva anche essere vero, ma lei non aveva intenzione di cedere. «Il possesso è regolato al novanta percento dalla legge» ribatté, pentendosi subito dopo, quando lo vide farsi più vicino e imprigionarla con la sua presenza.

    «Il possesso è per quelli che sono abbastanza forti da prendersi ciò che vogliono e tenerselo, che si tratti di un parcheggio o di una donna.»

    E lui era un uomo che avrebbe posseduto eccome la sua donna.

    Quella constatazione riuscì a penetrare l’armatura protettiva di Giselle. Iniziò a sentirsi debole mentre una febbrile eccitazione, provocata dalle sue parole, risvegliò in lei un pericoloso desiderio di mettere alla prova l’autocontrollo dello sconosciuto.

    Un brivido la scosse. Era pura follia. Tanto per cominciare perché quello che aveva davanti era un uomo.

    E pure uno di straordinaria bellezza.

    Era alto più di un metro e ottanta, tanto che Giselle, malgrado i tacchi, doveva tirare indietro la testa per guardarlo in viso. Inoltre possedeva una tale aura di sensualità che nessuna rappresentante del gentil sesso avrebbe potuto ignorare e alla quale nessuna sarebbe stata in grado di resistere. La sua stessa inspiegabile vulnerabilità innescò una reazione a catena, alternando il panico alla rabbia. Emozioni intensificate dal fatto che non erano in grado di bloccare gli effetti che la sua virilità stava avendo su di lei.

    Pensieri indesiderati e pericolosi si insinuarono nella sua testa con un tale vigore che le fu impossibile allontanarli.

    Quel corpo muscoloso non aveva un grammo di grasso superfluo. Come sarebbe stato toccarlo?

    Sopraffatta da un doloroso desiderio, Giselle si portò una mano al cuore nel tentativo di bloccarne il battito impazzito. Non avrebbe dovuto sentirsi in quel modo con nessun uomo.

    Provò a distogliere lo sguardo e a spezzare l’incantesimo, senza però riuscirci.

    Era evidente che i geni di quel tizio non fossero anglosassoni. Impossibile, con quel naso pronunciato e i tratti bizantini del viso. Aveva la mascella decisa, gli zigomi alti e la pelle del colore tipico delle popolazioni mediterranee. Tutto in lui dava a intendere che fosse una persona ben istruita e aristocratica.

    E poi aveva due occhi grigi che erano simili a un raggio laser pronto a penetrare il suo scudo.

    Quello era un uomo con la U maiuscola. Un uomo convinto di poter avere qualunque cosa desiderasse e di vedere soddisfatti tutti i suoi bisogni e capricci.

    Il confronto stava avendo effetti devastanti su Giselle. A causa di quel tizio, i suoi sensi erano riusciti a spezzare la cintura di castità mentale dietro la quale li aveva tenuti saldamente nascosti per lungo tempo e adesso erano pronti a banchettare con lo sconosciuto che aveva di fronte.

    Peccato che lei non glielo avrebbe permesso e li avrebbe ridotti all’ubbidienza grazie ai tanti anni di pratica.

    Giselle decise che era troppo bello per lei, per la propria tranquillità. Era per quello che non le piaceva? Perché aveva intuito istintivamente che non sarebbe più stata protetta come avrebbe voluto?

    Ovviamente no.

    Saul studiò la donna che aveva davanti con sguardo esperto: media statura, magra, anche se il tailleur nero informe e la camicia bianca gli impedivano di capire quanto realmente fosse femminile il suo corpo.

    I capelli biondi erano raccolti in un morbido chignon che metteva in mostra la delicata struttura del collo e del viso. Aveva una pelle luminosa e portava solo il mascara e un filo di rossetto. Alcuni uomini avrebbero considerato quell’aria algida alla Grace Kelly sessualmente attraente, ma lui non era fra quelli. A Saul piacevano donne licenziose in modo accattivante.

    Ma, anche se fosse stata il suo tipo, in quel momento la sua attenzione era concentrata più sul desiderio di punirla per ciò che aveva fatto, non sulla seduzione.

    «Fammi passare» gli intimò Giselle, tornando a concentrarsi sulla situazione reale.

    Quella brusca richiesta fece infuriare ulteriormente Saul. Gli aveva sottratto il posto auto e si comportava in modo testardo e polemico, rifiutandosi di ammettere di essere in torto. Il suo desiderio di metterla in riga aumentò. Non si sarebbe spostato e l’avrebbe fatta arrivare al lavoro in ritardo.

    Decisa ad allontanarsi, Giselle scattò di lato, ma lui l’afferrò saldamente per un braccio.

    Lei percepì la pressione delle sue dita sulla sua pelle e rimase scioccata dalla sensazione che provò. Il panico le fece serrare i pugni. «Lasciami andare» gridò, furiosa.

    Lasciarla andare? Saul non desiderava niente di meglio. Quella donna gli aveva causato più problemi in cinque minuti di quanti ne avrebbe consentito a chiunque altra.

    La fissò in viso. Era pallida, i suoi occhi lanciavano saette e la bocca...

    Senza lasciare la presa, sollevò la mano libera e le tolse deliberatamente il rossetto dalle labbra con il pollice, come se si stesse preparando a baciarla.

    Giselle rimase immobile, spaventata da quel gesto così intimo e dai brividi che quello sguardo fisso sulla sua bocca le procurava.

    L’improvviso rumore del clacson di un’auto li fece sussultare. Saul lasciò la sua prigioniera, allontanandola da sé. Che cosa gli era preso? E cosa sarebbe successo, se non fossero stati interrotti?, si chiese mentre lei ne approfittava per scappare.

    Con grande sollievo di Giselle lui non la seguì.

    E per fortuna l’ascensore era vuoto. Con la mente in subbuglio e il cuore che batteva impazzito, cercò di non pensare a ciò che le era appena successo e si concentrò sul motivo per cui erano stati convocati tutti in ufficio.

    Da quando, due anni prima, era stata assunta in quel prestigioso studio di architetti, Giselle stava lavorando a un grosso progetto per conto di un milionario russo, il quale aveva acquistato un’isola al largo della costa croata per trasformarla in un lussuoso luogo di vacanza.

    La crisi economica aveva messo a rischio l’intera operazione, con grande preoccupazione dei soci anziani dello studio. Fortunatamente, però, il giorno prima avevano ricevuto la notizia che l’isola aveva un nuovo proprietario, un altro imprenditore di successo che aveva visionato i progetti e voleva metterli a punto con i responsabili.

    Agli architetti che avevano lavorato per il magnate russo era stato chiesto di essere presenti dopo la riunione preliminare con i capi, nel caso in cui l’attuale proprietario avesse preteso dei chiarimenti.

    La speranza di tutti era che potessero continuare a occuparsi del progetto.

    L’ascensore si fermò al piano. Giselle si diresse nell’ufficio che divideva insieme ad altri giovani architetti. I suoi colleghi erano tutti maschi e determinati a dimostrare di essere per lo studio un investimento migliore di lei.

    «Tutto a posto» le disse Emma Lewis, la segretaria.

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