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L assistente dello sceicco: Harmony Collezione
L assistente dello sceicco: Harmony Collezione
L assistente dello sceicco: Harmony Collezione
E-book155 pagine2 ore

L assistente dello sceicco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Tariq, sceicco e playboy, ha sempre vissuto alla massima velocità, perennemente sulla corsia di sorpasso. Non è abituato a fare affidamento sugli altri, fatta eccezione per Isobel Mulholland, la sua inappuntabile assistente personale che non gli ha mai fatto mancare il proprio aiuto dal punto di vista professionale. Quando un incidente automobilistico lo mette nelle condizioni di dipendere in tutto e per tutto da lei, la prima reazione di Tariq è andare su tutte le furie: si sente un leone in gabbia. Piano piano, però, avere Isobel a sua disposizione giorno e notte gli regala una prospettiva diversa...
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2021
ISBN9788830523692
L assistente dello sceicco: Harmony Collezione
Autore

Sharon Kendrick

Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.

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    Anteprima del libro

    L assistente dello sceicco - Sharon Kendrick

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Sheikh’s Undoing

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2012 Sharon Kendrick

    Traduzione di Paola Mion

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-369-2

    1

    Fu svegliata dal suono del telefono, e non ebbe bisogno di guardare il nome sul display per sapere chi fosse. Chi altri avrebbe potuto chiamarla a quell’ora della notte a parte l’uomo che pensava di avere il diritto di fare tutto ciò che voleva... e che spesso lo faceva?

    Tariq, il principe playboy, come veniva definito, ovvero il principe Tariq Kadar al Hakam, Sceicco di Khayarzah, come recitava il suo altisonante titolo. Ed era il capo, se non proprio dell’inferno, certo di qualche posto altrettanto oscuro e complicato.

    Guardò l’ora. Le quattro. Era presto anche per i suoi standard. Sbadigliando prese il telefono, chiedendosi che diavolo fosse accaduto questa volta. Aveva fatto una delle sue solite strepitose offerte d’asta? O si era coinvolto con qualche nuova bionda – erano sempre bionde – e voleva che Isobel rimandasse i suoi impegni del mattino? Sarebbe poi arrivato in ufficio tardi, con la barba del giorno prima e un sorriso sornione sulle labbra sensuali, oltre alla traccia di un profumo sconosciuto ancora sulla pelle... Non sarebbe stata certo la prima volta. Accigliandosi, Isobel rammentò qualcuna delle sue famose conquiste, prima di ricordare a se stessa che era stata assunta come assistente personale, non come guardiano della sua moralità.

    Gli amici a volte le domandavano se non fosse stanca di un capo che le chiedeva così tanto, o se non fosse mai stata tentata di dirgli quanto il suo comportamento fosse oltraggiosamente sciovinista, e la risposta era . Qualche volta. Ma il generoso stipendio metteva presto a tacere ogni sua disapprovazione. Perché il denaro le forniva quel genere di sicurezza che nessuna persona poteva garantire. Isobel lo sapeva meglio di chiunque altro. Sua madre non le aveva insegnato la miglior lezione sul fatto che una donna doveva imparare a essere completamente indipendente? Gli uomini potevano andarsene in qualsiasi momento, e dato che potevano... spesso lo facevano.

    «Pronto?»

    «I... Isobel?»

    I sensi si misero subito in allerta. C’era qualcosa di strano nella sua voce, anche per uno che fosse in uno stato semicomatoso dopo una notte di sesso. Era... esitante, una caratteristica che non gli apparteneva. Di solito era sicuro e carismatico, l’uomo cui nessuna donna resisteva, pur sapendo che avrebbe disintegrato il suo cuore in mille pezzi.

    «Tariq?» La voce le uscì preoccupata. «Qualcosa non va?»

    Tra le pulsazioni dolorose che sembravano martellargli in testa, Tariq recepì la voce familiare della sua assistente, il primo contatto con la realtà dopo quelle che gli sembravano ore di caos e di confusione.

    Quasi impercettibilmente lasciò uscire un sospiro di sollievo mentre schiudeva un poco gli occhi. Izzy era la sua ancora, Izzy l’avrebbe tirato fuori di lì. Un soffitto gli apparve alla vista e sbatté gli occhi alla luce.

    «Incidente.»

    «Incidente?» Isobel saltò sul letto, il cuore stretto nell’udire il dolore nella voce di lui. «Che genere di incidente? Tariq, dove sei? Che è accaduto?»

    «I...»

    «Tariq?» Isobel udì qualcuno rimproverarlo dicendo che non avrebbe dovuto usare il telefono, poi un rumore confuso prima che una voce di donna giungesse dall’apparecchio.

    «Chi parla, prego?»

    Il tono ufficiale della donna la impensierì e dovette fare uno sforzo perché la voce non tremasse.

    «S... sono Isobel Mulholland e lavoro per lo sceicco al Hakam, potrebbe dirmi che cosa sta succedendo per cortesia?»

    Ci fu una pausa. «Sono una delle infermiere del Pronto Soccorso del St. Mark’s Hospital di Chislehurst. Mi dispiace doverle comunicare che lo sceicco è stato coinvolto in un incidente d’auto...»

    «Sta bene?» la interruppe Isobel.

    «Temo di non poterle dare altre informazioni al momento.»

    Intuendo la resistenza inflessibile della donna, Isobel gettò le gambe giù dal letto. «Arrivo» disse chiudendo la linea.

    Si infilò un paio di jeans e la prima maglia che le capitò, calzò gli stivali di montone e si infilò in tutta fretta nell’ascensore per scendere al parcheggio sotterraneo del palazzo in cui si trovava il suo piccolo appartamento di Londra. Attivò subito il navigatore, e scoprì che Chislehurst era sul confine della contea del Kent, a circa un’ora di strada da lì. Sebbene non vi fosse traffico a quell’ora, Isobel dovette fare uno sforzo per concentrarsi sulla guida, la mente preda della preoccupazione. Che diavolo faceva Tariq in giro a quell’ora di notte? E come aveva potuto avere un incidente, dal momento che guidava con la stessa disinvolta abilità con cui cavalcava il suo cavallo da polo? Strinse le mani intorno al volante nel figurarsi il principe che giaceva ferito, ma era un’immagine che non gli apparteneva. Alto e potente, con quel colore d’oro bronzeo, lo sceicco Tariq al Hakam attirava l’attenzione ovunque andasse. Sconosciuti si fermavano ad ammirarlo per strada, e le donne si accaparravano il suo numero di telefono. L’aveva visto succedere un’infinità di volte. I suoi lineamenti fieri e a volte crudeli rievocavano l’idea di un angelo caduto, e trasudava tanta passione ed energia che era impossibile concepire che qualcosa potesse annullare quelle qualità anche solo per un secondo.

    Le si strinse la gola. Che cosa avrebbe fatto se l’avesse trovato... in pericolo di vita? Non aveva mi pensato a lui come a un essere mortale, e adesso non riusciva a immaginare niente altro. Il cuore mancò un battito quando il suono di un clacson la fece sobbalzare. Strinse di più il volante. Non c’era alcun bisogno di essere così negativa. Qualunque cosa fosse, Tariq l’avrebbe superata, come faceva sempre, perché era forte come un leone, e lei non poteva concepire che qualcosa potesse oscurare la sua forza.

    Pioveva a dirotto quando giunse nel parcheggio dell’ospedale, prima che il giorno sorgesse. Si avviò quasi di corsa al reparto Emergenze e l’infermiera all’accettazione sollevò il capo. «Posso aiutarla?»

    Isobel si deterse la pioggia dal volto.

    «Sono qui per... uno dei vostri pazienti. Si chiama Tariq al Hakam e mi hanno detto che è stato coinvolto in un incidente d’auto.»

    «E lei è...?» domandò l’infermiera, le sopracciglia accuratamente disegnate che sparivano sotto la frangia scura.

    «Isobel Mulholland. Lavoro per lui.»

    «Allora temo di non poterle dire nulla» rispose l’altra con un sorriso spiacente. «Non è una sua parente, vero?»

    Isobel scosse il capo. «I suoi famigliari vivono in Medio Oriente.» Deglutendo, si maledisse per aver indossato dei jeans e una vecchia maglia. Con i capelli raccolti in una coda non aveva un’aria molto rappresentativa, di certo non sembrava una persona così vicina a uno sceicco. Era per questo che l’infermiera era così... riservata? «Lavoro a stretto contatto con il principe da cinque anni» spiegò con urgenza. «Per favore, mi permetta di vederlo. Io sono... sono...»

    Per un assurdo momento pensò di dire sono tutto quello che ha, prima di rendersi conto che lo shock di saperlo ferito doveva averle annebbiato la mente. Perché Tariq aveva una intera scuderia di donne che poteva chiamare in qualsiasi momento volesse. Donne che gli erano molto più vicine di quanto Isobel fosse mai stata o sarebbe mai potuta essere. «Sono la persona che lui ha chiamato proprio un’ora fa» concluse con voce carica di speranza. «È a me che si è rivolto.»

    L’infermiera la fissò per un attimo, poi sembrò provare un po’ di compassione. «Ha avuto una commozione cerebrale» la informò pacata, poi scosse il capo alla silenziosa domanda che le lesse negli occhi. «I controlli non hanno dato segni di emorragie, ma lo stiamo tenendo sotto osservazione.»

    Niente emorragia. Un sospiro le sfuggì dalle labbra e dovette appoggiarsi al bancone. «Grazie» sussurrò. «Posso vederlo? Per favore, solo per un momento...»

    Ci fu un attimo di incertezza, poi la donna annuì. «D’accordo, ma solo per un momento. Un volto familiare potrebbe rassicurarlo. Ma non lo faccia eccitare... capisce?»

    Isobel fece uno strano sorriso. «Oh, non c’è nessun pericolo che accada» rispose, perché per Tariq lei era eccitante come un noioso quadro alle pareti.

    Spesso lui l’aveva definita come la donna più pratica e razionale che avesse mai conosciuto, e una volta l’aveva sentito dire che era un sollievo aver trovato una donna sotto i trent’anni che non rappresentasse una distrazione. Anche se ne era stata ferita, si era abituata. Sapeva quale fosse il suo posto nella vita di lui, e non l’avrebbe certo modificato adesso. Il suo compito era di lisciargli le piume arruffate, non di eccitarlo. C’erano fin troppe concorrenti per il resto.

    Seguì l’infermiera lungo il corridoio e il cuore le mancò un battito quando fu introdotta in una stanza. Coperto da un bianco lenzuolo di cotone, il suo boss giaceva nel letto. Sembrava troppo lungo e possente per quel giaciglio d’ospedale, ed era immobile. Il bianco intorno evidenziava il suo colore dorato, e anche da dove era Isobel poté scorgere le macchie rosso scuro del sangue che gli aveva imbrattato i folti capelli neri. Ondate di vertigini la colsero nel vedere quell’uomo indistruttibile così prostrato, ed ebbe l’impulso di correre a toccargli il viso, ma ricordò le raccomandazioni dell’infermiera. Si avvicinò piano e notò che aveva gli occhi chiusi, le folte ciglia d’ebano che spiccavano sul viso pallido nonostante la pelle ambrata.

    Deglutì il sapore acido della paura. Nei cinque anni passati l’aveva visto in condizioni molto diverse: tagliente ed elegante durante gli incontri d’affari, o sconvolto per la mancanza di sonno dopo aver trascorso una notte al casinò a giocare ed essersi recato direttamente in ufficio sventolando un mucchietto di banconote con un sorriso noncurante. Una volta che iniziò a ricordare, non riuscì più a fermarsi. Tariq in tenuta da equitazione che giocava a polo con abilità mozzafiato, il sudore che gli incollava i calzoni alle cosce possenti. Tariq in jeans e maglietta quando vestiva casual, o con l’aspetto di un idolo del cinema quando portava lo smoking alle cene eleganti. L’aveva visto anche con la bianca veste svolazzante del suo paese, quando era partito per una delle rare visite al ricco emirato del Khayarzah, dove suo fratello Zahid regnava.

    Ma prima di allora non l’aveva mai visto così indifeso e qualcosa dentro di lei si sciolse. Ebbe l’impulso di prenderlo tra le braccia per confortarlo. Povero, vulnerabile Tariq. Poi la realtà della situazione le sovvenne alla mente e recuperò il controllo. Tariq sembrava vulnerabile perché in quel momento lo era. Giaceva ferito in un letto d’ospedale. Il cuore le batteva forte sotto la maglia, e provò un senso di nausea e panico.

    «Tariq» mormorò. «Oh, Tariq...»

    Tariq dischiuse gli occhi. Anche attraverso il dolore fu consapevole di qualcosa di familiare e tuttavia insolito nella voce della donna che gli parlava. Conosceva quella voce, apparteneva a un’area ristretta e precisa, e calma, che si trovava all’interno della sua folle vita. Era la voce di Izzy, realizzò, ma come non l’aveva mai udita prima. Di solito era fredda e pratica, con una traccia di disapprovazione, non aveva mai sentito quel tremito e quella morbidezza. La guardò, sorpreso dall’ombra di paura che vide nei suoi occhi. Studiò la piega morbida delle due labbra e avvertì un brivido

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