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La gran fiera magnara
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E-book71 pagine39 minuti

La gran fiera magnara

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Info su questo ebook

Uno dei massimi scrittori del Novecento italiano, a torto ritenuto complesso e ostico, autore di La cognizione del dolore e Quer pasticciaccio brutto di Via Merulana, nell’analisi di una sua componente letteraria fondamentale: il cibo.

Con tutte le ricette originali della cucina milanese e romana.
LinguaItaliano
Data di uscita8 dic 2009
ISBN9788896720721
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    La gran fiera magnara - Massimo Novelli

    La gran fiera magnara

    Leggere è un gusto!

    percorsi tra cucina, letteratura e…

    Massimo Novelli

    La gran fiera

    magnara

    Le ricette di Carlo Emilio Gadda

    art

    In copertina: Gino Covili, Festa (1979-80), particolare, tecnica mista su tela. Per gentile concessione dell’Autore.

    Tutte le ricette sono di Adriano Pistorio.

    ISBN: 978-88-96720-72-1

    © Copyright 2003

    Edizioni Il leone verde

    Via della Consolata 7, Torino

    Tel/fax 011 52.11.790

    e-mail: leoneverde@leoneverde.it

    http://www.leoneverde.it

    Indice

    LA GRAN FIERA MAGNARA

    Della cognizione del mangiare

    Del risotto e dell’ossobuco

    Elegia dello spaghetto nonché della Bismarck

    Elogio del mercato e della porchetta

    Dei tagli limone-seltz e di analoghe dolcezze

    Del vino de li Castelli e di svariati beveraggi

    Del dopopranzo

    Ma un bel mangiare, alla fine della fiera…

    BIBLIOGRAFIA

    INDICE DELLE RICETTE

    La gran fiera magnara

    Roma, 1927, ar tempi de vigor nuovo del Mascellone, Testa di Morto in bombetta, poi Emiro col fez, e col pennacchio. Ai tempi del Benito Mussolini, a farla breve: Je lo dissi chiaro e tonno che ciavevo fame. Basterebbe questa battuta di uno dei personaggi che affollano Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, il romanzo più compiuto nell’incompiutezza di quasi tutte le sue opere, per comprendere quanto il cibo sia una componente fondamentale nell’universo umano e letterario straordinariamente vorace di Carlo Emilio Gadda, uno dei massimi scrittori di tutto il Novecento anche per quanto riguarda il coté mangereccio.

    Nella letteratura italiana del secolo scorso, d’altro canto, il mangiare, la fame da appetito, non hanno frequente cittadinanza: c’è semmai fame da bisogno ancestrale e c’è la fame contadina nelle storie di Beppe Fenoglio, questo sì. E sicuramente s’avviva il racconto di un pranzo quasi luculliano di campagna, sempre piemontese, ne L’ombra delle colline di Giovanni Arpino. E poco altro, se memoria non tradisce, ma naturalmente si annoveri il Gian Carlo Fusco de L’Italia al dente.

    Nemmeno risalendo al 1800 si traggono troppe immagini suggestive e all’uopo: restano, tra i frammenti, la cucina del castello di Fratta ne Le confessioni di un italiano di Ippolito Nievo, un risotto nel Piccolo mondo antico di Antonio Fogazzaro (Risotto sì. Risotto ai tartufi; non sente? si esclama a un certo punto), le abusate citazioni dell’Alessandro Manzoni su capponi e similia ne I promessi sposi, un pranzo di poveri (ma con frittura di pesci, stufato, torta pasqualina con le uova, pollo arrosto, latte dolce alla spagnuola) ne La bocca del lupo di Remigio Zena.

    Meglio comunque il teatro e il cinema, soprattutto la commedia comica degli anni Cinquanta e Sessanta, e il Pier Paolo Pasolini de La ricotta. Meglio fare riferimento a Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta, del 1887 però, magari nella versione cinematografica con il principe Totò che sarabanda una danza folle con lo spaghetto, oppure ricordarsi della fame atavica di Capannelle ne I soliti ignoti, o di certi film con Peppino De Filippo che va al ristorante, mangia come il proverbiale lupo e non paga il conto. E questo in una linea che continua, e s’incorona, con l’Alberto Sordi immortale de Un americano a Roma.

    In Gadda, invece, il cibo è molto. E non è casuale se, a proposito della energia vitale e della tensione onnivora verso l’esistenza dello scrittore milanese, uno dei suoi studiosi più autorevoli, il critico Dante Isella, abbia scritto che si potrebbe parlare di "un’ingordigia di Gadda,

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