La rosa delle Maleterre
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Info su questo ebook
"Ombre Rosa" è una collana e insieme un viaggio alla riscoperta di un'intera generazione di scrittrici italiane che, tra gli anni Settanta e gli anni Duemila, hanno posto le basi del romanzo rosa italiano contemporaneo. In un'era in cui finalmente si colgono i primi segnali di un processo di legittimazione di un genere letterario svalutato in passato da forti pregiudizi di genere, lo scopo della collana è quello di volgere indietro lo sguardo all'opera di quelle protagoniste nell'ombra che, sole, hanno reso possibile arrivare fino a questo punto, ridando vita alle loro più belle storie d'amore.
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Anteprima del libro
La rosa delle Maleterre - Roberta Ciuffi
Roberta Ciuffi
La rosa delle Maleterre
SAGA Egmont
La rosa delle Maleterre
Cover image: MidJourney
Copyright ©2008, 2024 Roberta Ciuffi and SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788727061160
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
www.sagaegmont.com
Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.
Sommario
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Regno Italico, Marca di Fermo. Anno 1001
Nel palazzo del signore della Rocca dei Rovi, un bambino si riscosse con violenza dal sonno. Dimenò braccia e gambe, affannato, sbarrò gli occhi nel buio senza vedere nulla e infine liberò la sua oppressione in un grido di terrore.
Qualche stanza più in là, un vecchio si rigirò infastidito nel letto. «Maledizione» borbottò. «Eccolo che ricomincia.»
Allungò un braccio, cercando nel corpo morbido accanto a sé il conforto per tornare a dormire. Invece trovò il posto vuoto e il bordo del coltrone rovesciato. Di colpo del tutto sveglio, sbarrò gli occhi e sollevò la testa dal cuscino. «Perché ti sei alzata?»
Impegnata a infilarsi la veste sopra la camicia che indossava per la notte, la donna non rispose.
«Cosa stai facendo?» insistette il conte.
«Vado a controllare che stia bene.»
«Ti ho già detto che non voglio che mio nipote venga trattato come una femminuccia!»
Columba non aveva bisogno di luce per immaginare il volto contrariato dell'uomo che era il suo amante da più di quarant'anni.
«Continuerà a gridare» argomentò, calma, passandosi la cintura attorno alla vita. «Sveglierà tutti e spaventerà le domestiche. Devo andare da lui.»
«Maledizione!» Il conte ruotò le gambe fino a posare i piedi sul pavimento gelido. «Stavolta lo riempio di nerbate, lo giuro davanti a Dio.»
Quando raggiunsero la piccola camera in cui Valentino, in obbedienza agli ordini del nonno, dormiva da solo, si accorsero che l'uscio era aperto e una voce, proveniente dall'interno, stava mormorando qualcosa in un basso sussurro rassicurante.
«Beata!» abbaiò il conte, spalancando la porta.
La ragazza accanto al letto sussultò. La lucerna posata in terra mandava una luce troppo fioca per mostrarne il volto, ma il modo in cui si alzò in piedi rivelò un atteggiamento colpevole. «Ero solo venuta per calmarlo» si affrettò a giustificarsi. «Non intendevo restare.»
«Ti avevo ordinato di stargli alla larga!»
«Ma gridava! L'avete sentito anche voi…»
«La cosa non ti riguardava. I miei ordini erano…»
Alle loro spalle, Valentino emise un singulto, come se stesse per soffocare. Il suono di petto, roco, lancinante, dissipò la rabbia del nonno.
«Che cos'ha?» gridò il vecchio, spaventato.
Columba si avvicinò al letto. Il ragazzo si dimenava come se qualcosa gli ostruisse la gola. Lo osservò preoccupata.
«Insomma, che ha?»
«Stanno arrivando!» Valentino spalancò gli occhi. Agli altri parve che brillassero come quelli di un animale acquattato nel buio. Il suo corpo si tese, immobile per un istante. «Eccoli, eccoli!» gridò terrorizzato.
«Chi, Valentino? Chi arriva?» chiese Beata, prima che il nonno le imponesse di tacere.
«Loro. Sono loro…»
«Beata, ti ho detto che non voglio che il ragazzo…»
«Volete sentire cos'ha da dire?» l'interruppe, furiosa al punto da dimenticare la prudenza. «O siete oramai tanto vecchio da non avere più memoria della Voce?»
Il conte fu troppo sbalordito per replicare.
Columba emise un sibilo tra i denti: «Ora l'hai fatta grossa».
«Caro, vuoi dirmi cosa ti sta dicendo?» chiese Beata, cercando di non pensare alla punizione che di certo l'attendeva il giorno dopo. «Chi sta arrivando, dimmi?»
«I Maleterre» rispose il ragazzo, quasi stupito che qualcuno potesse rivolgergli una simile domanda. «Sono i Maleterre, che stanno arrivando…»
Beata s'irrigidì, mentre Columba si faceva un rapido segno della croce. «La Vergine Maria ci liberi…»
«Dove?» tuonò il nonno, abbandonando ogni altra preoccupazione. «Dove sono?»
«Vicini. Sotto la Rocca. Ci attaccheranno.»
Un suono strozzato uscì dalla gola del conte. Strinse una mano a pugno e poi si guardò attorno, d'improvviso sperduto.
«Nonno, bisogna dare l'allarme» lo richiamò la nipote, spaventata. «Subito.»
«Sì. Subito, sì…» farfugliò, arretrando fino al corridoio.
Si portò una mano alla fronte, sentendola imperlata dal sudore. Erano passati molti anni dall'ultima volta che aveva udito la Voce, talmente tanti che a volte poteva perfino convincere se stesso che non fosse mai accaduto, o che si trattasse solo di una favola da bambini. Che cosa doveva fare?, si chiese, confuso. Un lupo ululò, lontano, oltre le mura. Quel suono lo riscosse. L'allarme!
Con passo rapido raggiunse la scalinata che scendeva fino alla sala grande. Gli uomini dormivano, avvolti nelle coperte. I cani si aggiravano tra i bracieri spenti, cercando l'illusione di un po’ di calore.
«Alle armi!» gridò, dall'alto delle scale.
Bastò il suono della sua voce perché dai fagotti stesi a terra iniziassero a sollevarsi delle teste, scuotendosi nella penombra.
«In piedi, uomini! In piedi! All'armi! Siamo attaccati!»
La sala si riempì del brusio di un paio di dozzine di soldati, subito desti. «Chi ci attacca, signore?» chiese qualcuno, risalendo i gradini.
«Maleterre.»
Oderisio ascoltò il boato colmo d'odio che fece eco alla sua esclamazione. I barbari avevano fatto male i loro conti. Quella sera la Rocca dei Rovi avrebbe bevuto il miglior sangue delle Maleterre.
Anche se Dio sapeva se non si sentiva troppo vecchio, per tutto questo!
2
Arcidiocesi di Ancona
«Cosa ci fa lui qui? Che inganno è mai questo?» L'uomo balzò in piedi con un vigore inaspettato per la sua età.
Il conte Oderisio si fermò appena oltre la soglia. «Buongiorno Rainulfo» disse con calma, mentre il segretario del vescovo richiudeva la porta alle sue spalle. «Ti trovo bene.»
«È una trappola! Mi avete consegnato nelle mani del mio nemico!»
«Tornate a sedere e non dite sciocchezze» lo interruppe il vescovo, seccamente. «Devo parlare a entrambi e quel che ho da dire va ascoltato con attenzione.»
«Non siederò accanto a questo…»
«Lo farete invece. Non avete scelta.» La voce rivelò una nota d'impazienza. «Una decina di soldati sta controllando la stanza e ho dato disposizioni perché la scorta che vi ha accompagnato fosse disarmata. Come vedete, avete validi motivi per obbedirmi.»
Il conte Oderisio si accostò per baciare l'anello del vescovo. Mentre compiva l'atto di sottomissione, un'occhiata d'intendimento scoccò tra i due uomini.
L'altro, quello rimasto in piedi, non se ne accorse. Era alto, dall'aspetto ancora imponente e il volto mostrava tracce dell'antica bellezza che in gioventù gli aveva meritato il nome di Rainulfo il Bello. Tuttavia, il conte non aveva detto il vero. Gli occhi incavati, nei quali si annidava un'espressione quasi di sgomento, e il pallore livido delle guance rivelavano la presenza del male che si stava scavando un nido nel suo corpo di soldato.
Rainulfo non aveva ancora molto tempo da vivere e il vescovo lo sapeva. Se lo sapesse anche lui, era un mistero.
Dopo una breve esitazione, il barone tornò a sedere. Si sistemò tenendo la schiena leggermente girata, in modo da evitare di trovarsi a faccia a faccia con il suo nemico.
Era passato molto tempo dall'ultima volta che erano stati così vicini… senza una spada nel mezzo. Ognuno dei due credeva di possedere buoni motivi per odiare l'altro. Per quanto riguardava Oderisio, però, questi avevano perso la capacità di alimentare il suo rancore. Ormai desiderava solo la pace.
«Ho avuto notizia» disse il vescovo, «di uno scontro tra i vostri uomini.»
Si era trattato di molto più di questo, ma Ulrico non aveva intenzione di gettar legna sul fuoco, se poteva evitarlo.
L'assalto subìto da Rocca dei Rovi era un avvenimento molto grave e il vescovo non sapeva cosa avesse spinto Rainulfo a una simile follia. Si chiese se non fosse più consapevole di quanto sembrasse del male che stava per sopraffarlo.
«Un fatto del genere non deve più avvenire» proseguì. «Questa rivalità mette in pericolo le popolazioni sottoposte alla vostra autorità e danneggia le coltivazioni e i raccolti.»
Rainulfo sedeva impettito, i denti serrati, fissando un punto nel muro di nuda pietra. I pugni premuti sulle ginocchia rivelavano la sua collera, ma erano anche l'unico segno manifesto del dolore che lo straziava. Quel giorno si sentiva particolarmente male e la sorte avversa aveva stabilito che fosse quello in cui avrebbe incontrato il vecchio nemico. Ma che il diavolo lo portasse se gli avrebbe dato la soddisfazione di accorgersene!
Al lieve cenno del vescovo, Oderisio si schiarì la gola. «In realtà, eminenza, la colpa non è stata mia» disse in tono blando. «Come certamente saprete, sono stato assalito nella mia casa, nel pieno della notte. La mia vita e quella dei miei famigliari è stata messa in pericolo.»
«Le circostanze dello scontro mi sono note, conte Oderisio. Tuttavia vorrei che rammentaste entrambi che la possibilità che le vostre case rimangano tali è a totale discrezione dell'imperatore… e mia.»
L'affermazione scosse il barone dal suo apparente torpore. «Che significa questo?» sibilò, puntando le mani contro i braccioli della seggiola. «State minacciando di togliermi le mie terre?»
«Quelle terre furono concesse a vostro nonno perché le amministrasse per conto dell'imperatore. Ma sapete bene che la concessione non è ereditaria.»
Rainulfo scattò in piedi, rosso in viso, le vene perfettamente visibili sotto la pelle flaccida del collo. «La mia gente vive là da generazioni…» sibilò, quasi soffocato dalla collera. «Nessuno ci toglierà le nostre terre, vescovo o imperatore che sia!»
Ulrico non diede segno d'allarme. L'unica reazione fu un leggero sollevarsi di sopracciglio, sprezzante più che intimorito. «Barone Rainulfo…» disse con calma, incatenando gli occhi del vecchio con i propri. Con un cenno noncurante della mano inanellata, gli indicò la sedia. «Sedete, barone. Queste non sono faccende che si risolvano con la forza.»
L'altro obbedì, tremando visibilmente in tutto il corpo. Lo sforzo di trattenersi doveva essere immenso. Se non avesse corso il rischio di mandare a monte l’intera operazione, Oderisio si sarebbe messo a ridere. Figurarsi, in vita sua Rainulfo aveva sempre risolto ogni cosa con la forza.
«Ditemi, barone» seguitò il prelato, dopo un breve silenzio, «il vostro atto di ostilità era forse motivato da provocazione?»
Gli occhi dell'uomo, i famosi occhi dorati dei signori delle Maleterre, scintillarono nella pallida luce invernale. I suoi denti stridettero, come se faticasse ad allentare la morsa che li serrava.
Almeno lui ce li ha ancora, pensò Oderisio con una punta di rancore.
La voce uscì arrochita, difficoltosa. «I miei contadini si lamentano che la terra non dà frutto. Una gelata ha quasi distrutto il raccolto dello scorso anno. Una malattia aggredisce gli orti, facendo marcire le radici nel terreno.»
«E questo che ha a che fare con la Rocca dei Rovi?»
Un braccio di Rainulfo saettò in direzione di Oderisio. «Quell'uomo e la sua genia di stregoni hanno maledetto le nostre terre!» tuonò. «Dovevo aspettare che morissimo tutti di fame?»
Il vescovo inclinò la testa di lato. Pensava che nulla potesse più stupirlo, ma a quanto pareva si sbagliava. «Intendete accusare il barone e la sua famiglia… di sortilegio?»
«È esattamente quello che intendo fare!»
«Ma è assurdo!» protestò Oderisio. «Anche i nostri raccolti hanno sofferto di quella peste! Sono due anni che viviamo al limite dell'inedia e questo… questo folle ritiene che la responsabilità sia mia?»
Il volto di Rainulfo sbiancò per la collera. Ogni traccia di salute abbandonò le sue guance. «Quelle sciagure non sono avvenute per caso» sibilò. «C'è sotto un maleficio…»
«Ma di che parli?» sbottò l’altro, dimenticando ogni senso di opportunità. «Lo scorso anno le febbri mi hanno portato via due nipoti: due bambine che erano la luce dei miei occhi! Dovrei accusarti di maleficio per questo, vecchio demente?»
Il volto del suo nemico parve farsi ancora più incavato. Le iridi gialle si spostarono su di lui, attraversate da un lampo d'odio. Le labbra pallide tremarono, prima di stringersi in una linea dura. Oderisio si sentì gelare. Era possibile che credesse ancora a quella storia? Dopo… quanti anni? Venti?
«Signori, calmatevi» li esortò il vescovo. «Non siamo qui per dare il via a un'altra guerra. Anzi, è l'esatto contrario.» Fece una piccola pausa a effetto, che riempì aggiustando le pieghe della tunica sulle ginocchia. «Desidero che la casa della Rocca dei Rovi e quella delle Maleterre mettano fine per sempre ai loro contrasti. E ritengo che il modo migliore per farlo sia di unirle con un matrimonio.»
Per un po’ nessuno reagì: Oderisio perché sapeva già cosa aspettarsi e Rainulfo perché la proposta suonava talmente assurda ai suoi orecchi da ritenere di aver capito male.
Reputando di dover fare qualcosa, il primo lanciò un'esclamazione sdegnata. «Cosa?» gridò, alzandosi a mezzo dalla sedia. «Far sposare una delle mie ragazze a un barbaro, un brigante… Come potete chiedermi questo?»
«Conte…»
Rainulfo batté le palpebre. Allora era vero. Aveva sentito bene. «È assurdo» mormorò, privo della forza necessaria a manifestare il suo orrore. «Non consentirò mai.»
«Non avete scelta, nessuno dei due» ribatté seccamente il vescovo. «La vostra posizione è precaria. Credo sappiate che il nostro buon imperatore Ottone non è affatto restio a sottrarre i domini ai suoi sottoposti per donarli alla chiesa. È un giovane lodevolmente devoto.»
«Io… io ho molti uomini. Fedeli. Combatterò. Io…» Il vecchio fece per alzarsi ma crollò a sedere, tremante. «Come potete chiedermi questo? Voi sapete quali torti mi siano stati fatti da quella razza di negromanti…»
«Cominciò vostro padre, quando rapì mia madre» esclamò l'altro, esasperato.
«Era una vedova, libera e priva di protezione!»
«Era una donna in viaggio verso le sue terre, con tanto di scorta! E tuo padre la rapì per obbligarla al matrimonio.»
Ulrico notò con preoccupazione che la fronte di Rainulfo era imperlata di sudore. Bisognava farla finita prima che il vecchio si sentisse troppo male per prendere una decisione. Sollevò le mani e le mosse come per zittire una rumorosa congregazione di fedeli.
«Basta. Queste vecchie storie sono ormai perse nel tempo. E anche voi siete vecchi, amici miei. Dovete pensare al bene delle vostre famiglie.»
«E quale sarebbe il mio tornaconto?» replicò con amarezza Rainulfo, premendosi una mano contro il ventre. Il dolore era diventato troppo acuto perché si preoccupasse di mascherarlo. «Sto per morire, non fingete di non saperlo. Cosa volete che m'importi più, del mio titolo di barone?»
Il vescovo scosse il capo. Poi, sorridendo, unì le mani come in preghiera. «Se state o no per morire, lasciate che sia Dio a deciderlo. Quanto al resto, credo che i termini del contratto potranno interessarvi.»
«Dite» sibilò l'altro, socchiudendo le palpebre.
«Manterrete il possesso delle Maleterre e il titolo diverrà ereditario.»
Colpito suo malgrado, il barone sussultò.
«La stessa cosa, naturalmente, avverrà al feudo dei Rovi. Ma per voi, barone, in più ci sarà…» Il vescovo lasciò morire la voce e inclinò il corpo in avanti in modo da accostarlo a quello del vecchio guerriero, che ormai lo ascoltava con tutta la sua attenzione. «Per voi, ripeto, c'è… la legittimazione di Alessandro Niger.»
3
Per qualche istante il vecchio restò immobile. Solo i suoi occhi si muovevano, eseguendo piccoli scatti di lato.
«Che significa?» chiese poi, nella voce la cautela di un giocatore scaltrito da una vita d'inganni. «Io non ho bisogno di un simile favore. Mio nipote Alessandro è già legittimo. Non ci sono dubbi in proposito.»
«Al contrario, ce ne sono molti e voi lo sapete.»
«Mio figlio e la straniera furono sposati secondo i precetti della chiesa.»
«Qualcuno ne dubita. Dov'è l'atto che lo certifica? Chi ha assistito a quell'unione? Nessuno che sia in vita. Se il matrimonio fosse stato ripetuto nelle Maleterre, allora… Ma la donna è morta troppo presto e a voi è rimasto un erede incerto.»
Di nuovo Rainulfo non rispose subito. Il movimento degli occhi si era accentuato, come in conseguenza di un'eccitazione nervosa. Oderisio si costrinse a non guardare.
Il barone non aveva approvato l'unione del suo primogenito con la donna orientale – si diceva una tartara – che Rainulfo il Giovane aveva sposato a sorpresa, nel corso di un viaggio. Aveva negato il suo consenso, invalidando di fatto il matrimonio, certo di poter contare un giorno su un successore più idoneo. Aveva creduto di poter plasmare la realtà a suo piacimento e la realtà ora rideva di lui.
«La donna chiamata Maria Advena morì di parto, non è vero?» La voce del vescovo spezzò il silenzio, che si stava protraendo troppo.
«Sì» sibilò l'altro, sfidandolo a contraddirlo.
Le chiacchiere avevano parlato di veneficio, indicando lui come mandante. Un'assurdità, naturalmente. Oderisio sapeva che Rainulfo non avrebbe mai fatto del male a una donna. Neppure a una straniera priva di parentele illustri.
«E vostro figlio si risposò. Molti anni dopo.»
«Sì.» Tutti gli anni che era riuscito a opporsi al dominio paterno. Poi aveva ceduto ma la sorte, o Dio, aveva beffato i progetti di Rainulfo.
«Dal secondo matrimonio sono nate solo due bambine.»
Il vecchio annuì. Sapeva cosa stava facendo il vescovo. Lo stava ponendo di fronte ai suoi fallimenti, per dimostrargli che qualunque piano futuro avrebbe avuto il medesimo esito, a meno che non si affidasse a lui. O a Dio, che per Ulrico era la stessa cosa.
Il vescovo sospirò. «E il vostro secondo figlio si è fatto monaco, dopo aver generato solo un erede illegittimo.»
Il cucciolo di una schiava, nessuna speranza d'eredità.
«Forse non rammentate» insorse Rainulfo, con un sussulto d'orgoglio, «che mi sono risposato di recente e mia moglie è giovane. Potrei essere io a dare un erede alle Maleterre.»
«Certo, potreste» consentì gentilmente il vescovo, celando la sua vera convinzione. «Siete ancora vigoroso, nonostante l'età. Ma siete vecchio, amico mio: lasciatevelo dire da uno che lo è appena meno di voi. Oso pensare che la nascita di un bambino, oggi, costituirebbe una sventura piuttosto che un caso fortunato. Porterebbe divisioni tra la vostra gente. Alessandro Niger…»
«Farà quel che dico io!»
«Ne dubito. Gli uomini, anche i più fedeli, hanno le loro ambizioni. E chi tra i vostri si porrebbe al servizio di un neonato, piuttosto che dell'erede che conosce e rispetta da una vita? Morto voi, vostro figlio sarebbe in costante pericolo. A meno che non usiate la precauzione di liberarvi per tempo di ogni possibile concorrente.»
A quelle parole Rainulfo impallidì, perché aldilà di ogni cosa al mondo amava Alessandro Niger, il figlio della straniera. Anche contro le ambizioni della propria giovinezza.
«Avanti, parlatemi di questo accordo» acconsentì di malagrazia. «Chi è la giovane?»
«La maggiore delle nipoti del conte. Ha diciotto anni, è matura per il matrimonio ma non troppo vecchia.»
«Abbastanza vecchia, per la verità…»
«Il suo precedente fidanzato è morto di cancrena del sangue. Lei non lo ha mai conosciuto.»
«Che tipo è?»
La faccia segnata di Oderisio si aprì in un sorriso. «Non il tipo che sviene se trova un rettile sul suo cammino. Ha polso, la ragazza, e se quanto ho sentito dire di Alessandro Niger risponde al vero, le servirà.»
«Alessandro Niger?» Il vecchio sussultò. «Ma io pensavo…»
«No, Rainulfo» l'interruppe il vescovo prima che potesse completare la frase e l'offesa al conte. «Questo patto dovrà essere una cosa seria. Il primo sangue di una parte con il primo sangue dell'altra. Niente di meno è accettabile.»
Oderisio fissò il suo nemico con espressione imperscrutabile. Aveva messo in conto che cercasse di ingannarlo, di prendersi il meglio dell'accordo. E tuttavia si sentiva furioso per il tentativo.
«Ho due nipoti ancora nubili» insistette Rainulfo. «Oderisio ha un nipote maschio.»
«È troppo giovane, bisognerebbe aspettare anni per la consumazione e nel frattempo potrebbe accadere di tutto. No, la nipote del conte deve sposare Alessandro Niger e il matrimonio dovrà essere consumato immediatamente.»
A quanto sembrava, non c'era possibilità di discussione. Il tono del vescovo non lasciava dubbi in proposito. Rainulfo era confuso. Non sapeva se sentirsi ingannato o sollevato. La questione della legittimità del nipote, pur se taciuta, era stata sempre una spina nel suo fianco. E un pensiero molesto nella mente di tutti gli altri. Nonostante la sua millanteria di poc'anzi, era consapevole di aver poche possibilità di generare un figlio prima di morire. Quell’esasperante ragazza che si era trovato… Be’, non era il momento di pensarci.
«Va bene. Sia come volete. Ma vi avverto…» aggiunse, indicando in direzione del conte, «che se questo stregone tenta un trucco, saprò come vendicarmi.»
«Nessuno di voi due tenterà niente» lo rassicurò il vescovo. «Vigilerò io sull'accordo, con tutta l'autorità della Santa Chiesa.» Omise di nominare quella del suo esercito ben armato, perché non ce n'era bisogno. Era certo che i due ne fossero consapevoli. «E ora, amici miei» concluse alzandosi in piedi, «andiamo a pregare, affinché il Signore conceda la sua benevolenza al nostro accordo.»
Oderisio lo imitò. Affiancato al vecchio nemico, si dispose a seguire il vescovo. Fu solo quando il prelato si trovava già sulla soglia della porta, tenuta aperta da un armigero, che il capo dei Maleterre si voltò a guardarlo. Era più alto di lui di tutta la testa, ma entrambi erano massicci e duri come vecchi alberi provati dal tempo. Solo che uno stava per essere abbattuto.
Gli occhi dorati di Rainulfo scintillarono. «Dov'è lei?» chiese in un soffio che non mutò la fredda impassibilità del volto. «Dimmelo adesso.»
Il conte arretrò prima di potersi controllare. In quel momento il vescovo si girò per vedere cosa li trattenesse, risparmiandogli la necessità di una risposta.
Beata Vergine, pensò sentendo dei brividi gelidi scorrergli per la spina dorsale. In che follia sto trascinando la mia famiglia?
«Buon Dio, padre! Un accordo con i Maleterre… Sarebbe come accordarsi con il serpente dell'Eden.»
Il conte rise, divertito dal sincero sgomento di suo figlio. «Ah, Guido, credi che io non sappia quello che sto facendo? Tu per primo mi tormentavi perché si mettesse fine a questa faida.»
«Sì, ma… un matrimonio? Sapete cosa significa? Che i Maleterre pianteranno un piede nella Rocca dei Rovi! Se succedesse qualcosa a Valentino, potrebbero a buon diritto chiederne l'assegnazione all'imperatore.»
La rapidità con cui l'espressione di Oderisio passò dall'ironia alla collera rammentò al figlio il rapido eclissarsi del sole sotto una nuvola temporalesca.
«Non succederà niente a Valentino» sibilò tra i denti. «Dio non lo permetterà.»
Guido non aveva idea dei disegni di Dio, ma conosceva abbastanza quelli degli uomini. «Rainulfo potrebbe decidere di aiutare la natura. Una volta che sarà imparentato con noi…»